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Volume 30, capitolo 6 “Il voto”, puntate 70/74 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 08:10

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Volume 30, capitolo 6 “Il voto”, puntate 70/74

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Contesto storico

Siamo tra il 1990 e il 1991. Continua il dettagliato racconto degli attacchi alla Soka Gakkai da parte del clero della Nichiren Shoshu, basati su gravi distorsioni degli insegnamenti di Nichiren Daishonin.

Potete leggere le puntate del volume 30 pubblicate su www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[70] Uno studioso descrisse le cerimonie funebri condotte dalla Soka Gakkai come «un cambiamento che potremmo definire rivoluzionario nelle liturgie funebri giapponesi», aggiungendo che «a causa della loro natura progressista, tali cerimonie potranno forse trovare resistenza presso i conservatori, ma in fin dei conti rappresentano i funerali del futuro ed è evidente che si diffonderanno ampiamente nella società». Questo studioso aggiunse: «Lo sviluppo e la crescita della Soka Gakkai sono avvenuti a una velocità sorprendente. In soli trent’anni la Soka Gakkai ha rovesciato il sistema delle affiliazioni ai templi locali che in Giappone era in auge da tre secoli».
Negli anni successivi alla prima fase della questione con il clero, la vera natura autoritaria della Nichiren Shoshu era emersa con veemenza. La reazione dei membri della Soka Gakkai di tutto il Giappone fu di alzare la testa e, basandosi sui princìpi originali e sull’intento del Buddismo di Nichiren Daishonin, di intraprendere quella che fu in seguito denominata la Riforma dell’epoca Heisei.
L’intimazione di scioglimento inviata alla Soka Gakkai da parte della Nichiren Shoshu non fece che rafforzare la decisione dei fedeli laici di battersi per le riforme. Essi diedero l’avvio a una petizione chiedendo a Nikken Abe di dimettersi dalla posizione di patriarca per aver violato gli insegnamenti di Nichiren Daishonin e tentato di distruggere l’armonia all’interno della comunità dei credenti che lottano insieme per kosen-rufu.
In meno di dieci giorni dall’avvio della petizione, furono raccolte quasi cinque milioni di firme, a eloquente testimonianza di quanto i fedeli laici si sentissero oltraggiati dalle azioni irragionevoli e inaccettabili della Nichiren Shoshu nei confronti della Soka Gakkai.
I membri avevano inoltre la forte sensazione che fosse arrivato il momento in cui gli insegnamenti umanistici del Buddismo di Nichiren Daishonin si sarebbero diffusi in tutto il mondo. Egli aveva predetto che «i tre potenti nemici appariranno sicuramente» (RSND, 1, 350), e ora le sue parole erano diventate realtà.
Anche prima del 1991 la Soka Gakkai aveva subìto numerosi attacchi, calunnie e abusi da parte del primo dei tre potenti nemici, i laici arroganti ignoranti del Buddismo. Aveva inoltre subìto molestie e attacchi da parte del secondo dei tre potenti nemici, i preti arroganti che invece di ricercare i veri insegnamenti del Buddismo rimanevano attaccati alle proprie convinzioni arbitrarie.
Ma fino a quel momento non aveva ancora sperimentato il terzo dei tre potenti nemici, i falsi saggi arroganti, ovvero i preti di alto rango che fanno mostra di santità mentre in cuor loro nutrono gelosia e perseguitano i praticanti del Sutra del Loto.
Ora, anche questo terzo potente nemico era apparso sotto le spoglie del patriarca Nikken che stava perseguitando la Soka Gakkai, l’organizzazione che si batteva per kosen-rufu in accordo con il mandato del Budda. Era una chiara dimostrazione del fatto che la Soka Gakkai stava praticando il Sutra del Loto nell’epoca presente nel modo prescritto dal Daishonin.

[71] Il 29 novembre, tre settimane dopo che la Soka Gakkai aveva ricevuto l’intimazione di scioglimento da parte della Nichiren Shoshu, arrivò un altro documento da parte del clero, intitolato Notifica di scomunica della Soka Gakkai.
Nella lettera si ratificava la scomunica della Soka Gakkai da parte della Nichiren Shoshu, con la motivazione che l’organizzazione laica non aveva rispettato le richieste specificate nella precedente comunicazione. Avvisava inoltre che sarebbero state scomunicate anche «tutte le organizzazioni affiliate alla SGI e altre simili che accettavano e seguivano la guida della Soka Gakkai».
I responsabili pionieri della Soka Gakkai che avevano aderito al Buddismo ai tempi del presidente Makiguchi e collaborato con il presidente Toda per ricostruire la Soka Gakkai dopo la Seconda guerra mondiale, da tempo si erano resi conto della vera natura del clero della Nichiren Shoshu, e denunciarono senza mezzi termini le trame di Nikken e dei suoi accoliti. Tra loro c’erano Hiroshi Izumida, presidente del consiglio esecutivo della Soka Gakkai, Hisao Seki e Katsu Kiyohara, rispettivamente presidente e vicepresidente della consulta dell’organizzazione.
Izumida commentò disgustato: «Ma chi pensano di aver scomunicato? Di solito la scomunica è un’azione intrapresa contro un individuo, mentre qui scomunicano organizzazioni come la Soka Gakkai e la SGI. Stanno esortando i singoli membri della Soka Gakkai e della SGI ad abbandonare queste organizzazioni per passare sotto il mantello della Nichiren Shoshu. È ovvio che stanno cercando di strapparci i nostri membri per affiliarli ai loro templi.
«L’autoritarismo, l’attenzione esclusiva ai propri interessi personali, la codardia e la disonestà della Nichiren Shoshu non sono affatto cambiati rispetto al passato. I preti non hanno un briciolo di fede. Ecco perché hanno accettato il talismano shintoista e stralciato passi cruciali dagli scritti del Daishonin su richiesta del governo militarista durante la Seconda guerra mondiale. Ogni volta che sorgeva qualche problema tra il clero e la Soka Gakkai minacciavano di non consegnare più i Gohonzon ai nostri membri, usando l’oggetto di culto come uno strumento per dominare i credenti laici.
«Un altro aspetto da considerare attentamente è il modo in cui hanno tentato di recidere i legami tra il maestro e i discepoli della Soka Gakkai.
«Pensiamo poi all’incidente che coinvolse Jiko Kasahara, il prete corrotto che durante la Seconda guerra mondiale sostenne la dottrina secondo cui il Buddismo era subordinato allo Shintoismo. Nel 1952, durante un pellegrinaggio commemorativo in occasione del settecentesimo anniversario della fondazione degli insegnamenti del Daishonin, i giovani della Soka Gakkai lo obbligarono a scusarsi per le sue offese davanti alla tomba di Makiguchi.
A quel tempo, il Consiglio della Nichiren Shoshu votò una mozione per sollevare Josei Toda dal suo incarico di rappresentante laico anziano della Nichiren Shoshu e per impedirgli di visitare il tempio principale. Con la punizione del solo presidente Toda, essi tentarono di recidere il legame tra il maestro e i discepoli Soka, cercando di portare i membri della Gakkai sotto il controllo della Nichiren Shoshu».

[72] La Soka Gakkai è un’assemblea di Bodhisattva della Terra impegnati nella missione di realizzare kosen-rufu, il cui fulcro è la relazione tra maestro e discepolo. Questo è il motivo per cui il re demone del sesto cielo, con l’intento di distruggere il movimento di kosen-rufu, impiega tutti i mezzi possibili per recidere quel legame.
I responsabili come Hiroshi Izumida, pionieri della Soka Gakkai, erano consapevoli della corruzione all’interno della Nichiren Shoshu e del profondo disprezzo del clero per i fedeli laici. Rendendosi conto che quello era il momento di lottare una volta per tutte contro quell’atteggiamento, guidarono in prima persona la protesta contro il clero.
L’unico modo di trasmettere fino in fondo lo spirito della Soka Gakkai alle generazioni più giovani è che i membri più anziani e più esperti dimostrino questo spirito attraverso il loro esempio e le azioni. Far crescere i giovani successori è la missione e il dovere dei compagni più anziani nella fede.
Izumida dichiarò risolutamente: «Non vi è più dubbio che con queste ultime azioni la Nichiren Shoshu abbia oltraggiato gli insegnamenti del Buddismo del Daishonin e si sia trasformata in una scuola di calunniatori della Legge. Non potranno sfuggire alla disapprovazione di Nichiren Daishonin e di Nikko Shonin».
Lo spirito dei membri della Soka Gakkai era sereno. Tutti provavano la sensazione che da ora in poi avrebbero potuto avanzare gioiosamente e a cuor leggero verso la diffusione di kosen-rufu in tutto il mondo, senza doversi preoccupare delle meschinità e dell’autoritarismo del clero.
Il 29 novembre, il giorno in cui arrivò la Notifica di scomunica alla Soka Gakkai, presso il Centro Internazionale dell’Amicizia Soka di Sendagaya a Tokyo si svolse una cerimonia di conferimento di un premio al presidente della SGI Shin’ichi Yamamoto, in riconoscimento dei suoi contributi all’educazione, alla cultura e all’umanità. Si trattava di un’iniziativa dell’Associazione dei delegati africani a Tokyo, un gruppo diplomatico che rappresentava ventisei nazioni africane. Alla cerimonia di premiazione erano presenti ambasciatori e rappresentanti di diciannove ambasciate africane, il rappresentante in Giappone del Congresso nazionale africano e altri funzionari.
Era estremamente inusuale che così tanti ambasciatori e rappresentanti diplomatici si unissero in un’iniziativa di questo genere.
Nel discorso che pronunciò alla cerimonia, l’ambasciatore del Ghana e presidente dell’associazione riconobbe gli sforzi per la pace mondiale compiuti da Shin’ichi e dalla SGI, citando il sostegno al movimento anti-apartheid e la promozione degli scambi educativi e culturali tra il Giappone e l’Africa attraverso l’Università Soka, l’Associazione concertistica Min-On e altre organizzazioni affiliate alla Soka Gakkai. Definì inoltre la SGI un’assemblea di cittadini del mondo che condividono gli stessi ideali umanistici, affermando: «Sono convinto che abbiamo fatto la scelta giusta nell’individuare la SGI come nostro partner per realizzare gli ideali comuni».

[73] Parlando a nome di tutta la delegazione africana, l’ambasciatore del Ghana disse a Shin’ichi Yamamoto: «Lei è un vero cittadino del mondo e il più grande ambasciatore che il Giappone possa avere».
Quella del continente africano è stata troppo a lungo una storia di lotte contro l’oppressione, le discriminazioni e innumerevoli altre sfide. Shin’ichi si sentiva profondamente onorato per essere stato scelto come destinatario di questo riconoscimento da diplomatici il cui acuto discernimento era frutto di lotte di ampia portata.
La sala si riempì di applausi nel momento in cui a Shin’ichi venne consegnato il premio, le cui motivazioni recitavano: «In riconoscimento dell’impegno nel promuovere la pace mondiale attraverso l’educazione, la cultura, il comportamento etico; per la tutela dell’uguaglianza etnica, il rispetto dei diritti umani, la lotta alla povertà, gli incoraggiamenti spirituali. L’Associazione dei delegati africani di Tokyo riconosce nelle azioni da lei rese al servizio dell’umanità la dimostrazione delle sue eccezionali qualità umane, e per questo desidera conferirle questo premio».
Quando fu il turno di Shin’ichi di parlare, egli disse: «Questo è un momento commovente; è una giornata che passerà alla storia».
Proseguì ripercorrendo la storia della Soka Gakkai dalla sua fondazione, le lotte da essa sostenute per difendere la dignità e l’eguaglianza tra gli esseri umani, e osservò che il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda aveva sostenuto l’ideale di una cittadinanza globale. Shin’ichi ribadì di volersi impegnare ancora più energicamente nella promozione degli scambi tra Giappone e Africa, il “continente del ventunesimo secolo” che avanzava verso il trionfo delle persone comuni.
Il rappresentante del Congresso nazionale africano (ANC) consegnò a Shin’ichi un messaggio da parte del presidente Nelson Mandela, che trasmetteva i suoi cordiali saluti e preghiere sincere per la salute di Shin’ichi.
Quando arrivò il momento di congedarsi, Shin’ichi salutò i delegati africani stringendo loro le mani a uno a uno, esprimendo così la sua profonda gratitudine.
È solo aprendo nuove vie all’educazione, alla cultura e all’umanità che il vero spirito del Buddismo del Daishonin potrà pulsare in modo vibrante in tutto il mondo; solo in questo modo l’umanesimo e il pacifismo, che costituiscono l’essenza del Buddismo, supereranno ogni barriera e potranno unire le persone. La corretta pratica buddista consiste nell’agire per far sì che tutto questo diventi una realtà; è l’obiettivo verso cui si dirige un movimento di cittadini del mondo del ventunesimo secolo.
Quel giorno si alzò il sipario su una nuova epoca di vittorie nella lotta per i diritti umani. Le sincere felicitazioni dei diplomatici africani erano un’espressione di stima e delle grandi speranze che essi riponevano nella Soka Gakkai, che aveva coraggiosamente conquistato la propria indipendenza spirituale.

[74] La sera del 30 novembre, la giornata successiva alla cerimonia, si tennero in tutto il Giappone le riunioni dei responsabili sul tema “Una grande vittoria per il Rinascimento Soka”.
Shin’ichi Yamamoto partecipò all’incontro presso il Centro Internazionale dell’Amicizia Soka di Sendagaya, a Tokyo, insieme al presidente Eisuke Akizuki e ad altri responsabili della Soka Gakkai.
Shin’ichi aveva composto una poesia per commemorare quel giorno che segnava un nuovo inizio per la Soka Gakkai e la dedicò all’intera associazione:

L’ora del destino
è finalmente arrivata
per i campioni di Soka.

All’incontro, il presidente Akizuki lesse la poesia e spiegò che l’espressione “i campioni di Soka” voleva trasmettere l’idea che tutti i membri della Soka Gakkai fossero “campioni nella fede”. Poi chiarì quale fosse la vera natura del patriarca Nikken e della Nichiren Shoshu: «La Nichiren Shoshu, essendosi macchiata di innumerevoli offese alla Legge, si è ridotta a essere la “scuola Nikken”, perciò non ha alcun titolo o autorità per scomunicare la Soka Gakkai. A causa delle sue gravi offese, il patriarca Nikken sarà di sicuro rimproverato severamente dal Daishonin.
«Oggi voglio dichiarare con forza che la Nichiren Shoshu, a causa delle sue azioni volte a distruggere l’armoniosa comunità dei credenti e a ostacolare il progresso di kosen-rufu, è senza dubbio già stata scomunicata da Nichiren Daishonin stesso.
«Il vero intento celato dietro la scomunica della Soka Gakkai da parte del clero non è altro che un tentativo senza scrupoli di trasformare i membri della Soka Gakkai in affiliati ai templi della Nichiren Shoshu. La loro ambizione di demolire la Soka Gakkai non è cambiata. Dobbiamo vedere queste azioni per quello che sono veramente».
Alzando la voce, dichiarò con solennità: «Dalla prospettiva della fede, abbiamo tagliato le catene oscure e insidiose in cui volevano imprigionarci e ora possiamo avanzare liberamente e con forza verso la realizzazione di kosen-rufu in tutto il mondo. Oggi desidero affermare che abbiamo ottenuto una grande vittoria del Rinascimento Soka, conquistando la nostra indipendenza spirituale! Che ne pensate?». Grida entusiastiche e applausi fragorosi riempirono la sala.
Akizuki citò poi un passo dall’Eredità della Legge fondamentale della vita, uno scritto del Daishonin: «Sii fermamente deciso a risvegliare il grande potere della fede e recita Nam-myoho-renge-kyo con la preghiera che la tua fede continui a essere ferma e corretta anche nel momento della morte; non cercare mai un modo diverso da questo per ereditare la Legge fondamentale di vita e morte. […] Anche abbracciare il Sutra del Loto sarebbe inutile senza l’eredità della fede» (RSND, 1, 191).
Akizuki sottolineò: «La vera eredità della Legge risiede nella fede, e i benefici del Gohonzon si manifestano immancabilmente quando tutti i suoi quattro poteri sono attivati, ovvero quando i poteri del Budda e della Legge vengono messi in moto dai nostri poteri della fede e della pratica. Il “grande potere della fede” è in grado di manifestare un beneficio incommensurabile. Vi invito a manifestarlo, affinché la nostra prova concreta sia visibile a tutti».

(continua)

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