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Volume 30, capitolo 6, “Il voto”. puntate 29-35 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 08:11

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Volume 30, capitolo 6, “Il voto”. puntate 29-35

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Contesto storico

È il 1990 e nel corso dei suoi viaggi Shin’ichi Yamamoto si trova in Russia dove incontra il presidente Mikhail Gorbaciov. Shin’ichi inizia il dialogo augurandosi uno scambio sincero e vivace, «dal quale possa scaturire anche qualche “scintilla”» (p.ta 28).

Potete leggere le puntate del volume 30 pubblicate su www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[29] Alle parole di Shin’ichi il presidente Gorbaciov rispose con altrettanto umorismo: «Ho sentito molto parlare delle sue attività, ma non avevo capito che fosse una persona così impetuosa! Anch’io amo i dialoghi schietti. Mi sembra di trovarmi di fronte a un vecchio amico. È come se ci conoscessimo da tempo e fossimo due persone felici di incontrarci di persona per la prima volta».
Shin’ichi annuì e rispose: «Provo le stesse sensazioni. Ma lei è un capo di stato sotto i riflettori del mondo, un politico di fermi principi che ha prima di tutto a cuore la pace tra i popoli, un leader carismatico e dotato di grande integrità oltre che di vivida passione e intelligenza. Io invece sono un privato cittadino. Oggi vorrei quindi vestire i panni dell’allievo e chiedere il suo punto di vista su vari argomenti a beneficio delle persone nel mondo che attendono il suo messaggio, a nome delle generazioni future».
Il presidente Gorbaciov si aprì nell’ampio sorriso per il quale andava famoso e disse: «Mi ha battuto sul tempo e mi ha preceduto nel darle un benvenuto come si deve! Non mi permetterei mai di considerarla mio allievo. Come sostenitore di valori e ideali umanistici, lei sta dando enormi contributi all’umanità. Nutro per lei profondo rispetto e ammirazione. I suoi ideali risuonano profondamente dentro di me e nutro un profondo interesse per il lato filosofico delle sue attività. Anche il “nuovo pensiero” connaturato al programma della perestrojka (riforma) è un ramo dell’albero di quella stessa filosofia».
Shin’ichi espresse il suo pensiero senza riserve: «Sono un sostenitore della perestrojka e del “nuovo pensiero” che lei cerca di promuovere. Ritengo che ci siano molte affinità con le mie idee, il che è prevedibile, considerata la nostra comune attenzione verso l’essere umano. Tutti gli esseri umani condividono la stessa natura. Ripongo grandi aspettative in lei, che considero uno statista filosofo».
Venticinque anni prima, Shin’ichi aveva proposto l’idea di un “socialismo umanistico” e, nel frattempo, il presidente Gorbaciov aveva dato inizio a una riforma per creare un socialismo dal volto umano.
Quando le persone si basano sulla visione universale della comune umanità, possono unirsi armoniosamente.

[30] Il presidente Gorbaciov menzionò le attività per la pace e volte al miglioramento della società portate avanti da Shin’ichi Yamamoto.
«Ho il massimo rispetto per le sue attività intellettuali e sociali, e per il movimento pacifista che sta guidando; una delle ragioni è l’aspetto spirituale presente in tutti i suoi sforzi. Anche noi stiamo cercando di incorporare gradualmente elementi spirituali come la moralità e l’etica nel governo. Certo, si tratta di una sfida, ma se avremo successo, i risultati saranno notevoli. Al momento, le persone potrebbero non credere che sia possibile, ma mi piacerebbe invece pensare che lo sia».
Shin’ichi e Gorbaciov concordarono anche sull’importanza di integrare politica e cultura. Essi discussero poi di una vasta gamma di altri argomenti, tra cui le relazioni nippo-sovietiche, lo stato attuale e il significato della perestrojka, e le speranze che i due uomini riponevano nei giovani.
In quell’incontro con il presidente Gorbaciov, Shin’ichi aveva in mente un obiettivo ben preciso. Erano infatti trascorsi quasi quarantacinque anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, eppure nessun capo di stato sovietico aveva mai visitato il Giappone; molti si chiedevano se Gorbaciov sarebbe stato il primo. Ma durante un incontro con una delegazione della Dieta giapponese avvenuto due giorni prima, non era stata menzionata la possibilità di un viaggio in Giappone.
Shin’ichi chiese al leader sovietico: «Dov’è andato in viaggio di nozze? Come mai non è venuto in Giappone?».
Aggiunse poi sorridendo: «Molte donne giapponesi sperano vivamente che lei visiterà il Giappone, suo “vicino di casa”, con sua moglie Raissa in primavera, quando i ciliegi sono in fiore, o in autunno, quando le foglie autunnali si ammantano di colori bellissimi».
«Grazie. Lo inserirò nei miei programmi», rispose Gorbaciov senza esitare. Shin’ichi ripeté il suo invito: «In quanto filosofo che ama il Giappone e l’Asia, e che desidera la pace nel mondo, spero sinceramente che visiterà il nostro paese».
«Lo farò sicuramente», dichiarò il presidente Gorbaciov. «Sono pronto a impegnarmi in un dialogo su un’ampia gamma di argomenti. Se mi sarà possibile, mi piacerebbe venire in Giappone in primavera».
Le porte di una nuova era stavano iniziando a spalancarsi.

[31] Durante la loro conversazione, il presidente Gorbaciov condivise onestamente con Shin’ichi i suoi sentimenti: «Non voglio eludere alcun argomento, niente è interdetto. La prego di esprimersi liberamente su tutto ciò che vuole. Io farò lo stesso.
«Con i giapponesi che ho incontrato finora, le conversazioni sono sempre state piuttosto stereotipate, ma se iniziamo a lavorare insieme in uno spirito di cooperazione, qualsiasi problema può essere risolto. Se i rappresentanti di due grandi popoli si incontrano ma si concentrano solo sulle “condizioni imprescindibili” o sugli ultimatum da imporre l’uno all’altro, non si otterrà nulla». In quelle parole Shin’ichi percepì quanta importanza il presidente Gorbaciov desse al dialogo.
Il dialogo è fruttuoso quando entrambe le parti mettono da parte le questioni di potere o posizione sociale e affrontano in profondità i vari problemi esprimendo apertamente e francamente i loro punti di vista. Non si dovrebbe mai iniziare una discussione avendone in mente l’esito. Se si discute a fondo con flessibilità e perseveranza, si aprirà una nuova strada.
La conversazione tra il presidente Gorbaciov e Shin’ichi durò circa settanta minuti.
La notizia del loro incontro rimbalzò immediatamente in tutto il mondo. In Unione Sovietica fu riportata con grande rilevanza da Radio Mosca, dalla Pravda, il giornale del Partito Comunista, e dal quotidiano governativo Izvestia.
L’annuncio che il presidente Gorbaciov avrebbe visitato il Giappone aprì un nuovo spiraglio nelle relazioni tra Unione Sovietica e Giappone, che ristagnavano da anni.
Già quella sera, la notizia dell’incontro tra i due leader e della visita imminente del presidente Gorbaciov in Giappone fu riportata dalla rete radiotelevisiva nazionale del Giappone, la NHK, e da molte altre reti televisive e radiofoniche. Tutti i giornali nazionali riportarono la notizia in prima pagina.
Come promesso, nell’aprile dell’anno seguente, il 1991, il presidente Gorbaciov si recò in Giappone. Shin’ichi gli fece una visita di cortesia a Tokyo presso la residenza dei capi di stato stranieri in visita, Palazzo Akasaki.
Entrambi felicissimi di rivedersi, si impegnarono subito in una vivace conversazione. Shin’ichi manifestò la sua profonda ammirazione per il coraggio del presidente Gorbaciov che aveva sacrificato i suoi interessi personali per intraprendere la difficile via della perestrojka per il bene dell’Unione Sovietica e del genere umano. Entrambi espressero il forte desiderio di realizzare una solida amicizia tra i loro paesi, un’amicizia che sorgeva e brillava come il sole, illuminando il futuro.

[32] «Viva Mandela!».
Il 31 ottobre 1990, l’area di fronte alla sede del Seikyo Shimbun a Tokyo risuonò degli applausi di circa cinquecento giovani. Quel giorno Shin’ichi Yamamoto, insieme ai rappresentanti del Gruppo giovani, diede il benvenuto a Nelson Mandela, leader del movimento anti-apartheid nella Repubblica Sudafricana e vice presidente dell’African National Congress (ANC), e si intrattenne a dialogare con lui. Mandela, un valoroso eroe dei diritti umani, era rimasto in prigione per diecimila giorni – più di ventisette anni – ma alla fine aveva trionfato nella sua lotta contro la discriminazione. L’anno successivo, nel 1991, divenne presidente ANC e nel 1994 fu eletto presidente della Repubblica Sudafricana in occasione delle prime elezioni del paese che si svolsero a suffragio universale esenti da discriminazioni razziali.
«Desidero accoglierla con il mio più profondo rispetto, come un eroe del popolo!» disse Shin’ichi a Mandela appena sceso dall’auto.
In risposta, il leader sudafricano sorrise con calore e disse: «Per me è un onore poterla incontrare. Ho sempre pensato che nel caso in cui mi fossi recato in Giappone, avrei voluto incontrarla».
Shin’ichi diede inizio alla loro conversazione esprimendo la sua gratitudine per Mandela che si era recato appositamente a incontrarlo e la sua ammirazione per la lotta portata avanti dal vicepresidente: «Ha dimostrato che alla fine la giustizia trionfa. Lei ha infuso coraggio alle persone di tutto il mondo».
In prigione, Mandela aveva organizzato uno scambio di conoscenze e abilità tecniche tra detenuti. Aveva lottato contro innumerevoli ostacoli, espandendo con successo il diritto dei prigionieri politici ad apprendere mentre si trovavano in carcere. Aveva così ottenuto una vittoria su ciò che egli descriveva come la tendenza del carcere a indebolire lo spirito umano, a negare l’intelligenza e a creare schiere di robot senza cervello.
Toccando il tema della lotta di Mandela in prigione, Shin’ichi disse: «Ritengo che sia degno di nota il fatto che lei abbia trasformato la prigione in un luogo di apprendimento, una sorta di “università Mandela”. Sono profondamente colpito dalla passione con cui ha saputo promuovere l’educazione ovunque si trovasse, cercando continuamente di elevarsi come essere umano». Coloro che si impegnano instancabilmente per migliorare se stessi riescono a fare di qualunque situazione un luogo di apprendimento.

[33] In risposta agli elogi di Shin’ichi, Mandela disse: «La ringrazio per la sua calorosa accoglienza. Lei è famoso in tutto il mondo, presidente Yamamoto, e anche nel mio paese è noto a molti. Il suo ruolo a capo di un’organizzazione che promuove la creazione di saldi valori per l’umanità e unisce le persone in base a questi valori è molto importante per il mondo intero.»
Con un sorriso, aggiunse: «Desideravo conoscerla da quando ho sentito parlare di lei e della SGI, e ora che sono in Giappone, non potevo andarmene senza incontrarla».
Con gli occhi che brillavano, disse anche: «Considero questo incontro come una fonte di illuminazione, forza e speranza».
I grandi leader attribuiscono molta importanza al dialogo e grazie alle idee che nascono da questo tipo di confronto sono in grado di imprimere un’ulteriore crescita e sviluppo.
Ringraziandolo per le sue gentili parole, Shin’ichi elogiò il leader sudafricano per i viaggi che aveva compiuto in tutto il mondo sin dalla sua scarcerazione per raccogliere sostegno internazionale al movimento anti-apartheid.
Mandela aveva visitato ben trenta nazioni in Africa, Europa e Nord America, incontrandone i capi di stato. Ora stava facendo lo stesso in Asia e in Oceania.
Nell’intento di offrire un solido sostegno al movimento anti-apartheid, Shin’ichi avanzò una serie di suggerimenti. Invitò a studiare presso l’Università Soka un gruppo di borsisti dell’African National Congress, i giovani che avrebbero creato il futuro dell’Africa, a esibirsi in Giappone sotto l’egida dell’Associazione concertistica Min-On vari artisti sudafricani. Propose poi di organizzare una mostra che avrebbe potuto intitolarsi Apartheid e diritti umani e che, con la collaborazione delle organizzazioni internazionali competenti, avrebbe potuto essere allestita in tutto il mondo.
Offrì inoltre di ospitare in vari luoghi del Giappone una mostra fotografica anti-apartheid e vari seminari sui diritti umani, sull’apartheid e su altri argomenti.
Erano tutte proposte che nascevano dalla sua forte convinzione dell’importanza di sviluppare non solo l’amicizia tra il Giappone e il Sudafrica attraverso gli scambi educativi e culturali, ma anche di sensibilizzare le persone sull’apartheid, espandendo in Giappone e in tutto il mondo il sostegno ai diritti umani e alla loro protezione.
Trasformare la consapevolezza delle persone è essenziale per inaugurare l’epoca dei diritti umani.

[34] Shin’ichi sottolineò che, in una prospettiva più ampia, le azioni di Mandela lo avevano contraddistinto come un rappresentante dell’educazione umanistica e che l’Università Soka desiderava conferirgli la massima onorificenza in riconoscimento dei suoi meriti.
Il rettore dell’Università Soka, che era presente all’incontro, consegnò a Mandela il riconoscimento accademico.
Shin’ichi, riferendosi al fatto che il Sudafrica era noto come il paese dei fiori grazie alla sua ricchezza botanica, e che la regione intorno a Città del Capo ospitava oltre settemila specie di piante, introdusse a Mandela l’espressione “fiori umani”, che appare nel Sutra del Loto.
I «fiori umani» sono citati nel quinto capitolo del Sutra del Loto, la suprema delle scritture buddiste.
In quel capitolo, “La parabola delle erbe medicinali” (cfr. SDL, 162), gli esseri viventi con le loro differenti qualità e capacità sono paragonati alla grande varietà esistente di piante e alberi, mentre gli insegnamenti del Budda sono paragonati alla pioggia che cade imparzialmente su di loro e li nutre, consentendo a ciascuno di portare a fioritura la propria natura di Budda.
Come risulta evidente dal Sutra del Loto, il Buddismo sin dai suoi esordi si è sempre opposto alla discriminazione, sotto qualsiasi forma, a partire da quella basata sulle caste per arrivare a quelle fondate sulla classe sociale, sulla razza, l’etnia, la nazionalità, la religione, la professione o l’ambiente di vita. Proprio per questo motivo il Buddismo ha subito numerose persecuzioni da parte delle istituzioni e delle autorità costituite.
Nello scritto L’esilio a Sado, Nichiren Daishonin definì se stesso «figlio di una famiglia chandala» (RSND, 1, 176). Identificandosi con la classe sociale più umile ed emarginata, bersaglio della discriminazione, combatté per diffondere la filosofia buddista basata sull’eguaglianza assoluta.
Shin’ichi sottolineò che la SGI, nell’ottica della tradizione buddista e dell’etica dei diritti umani, stava diffondendo un movimento per la pace, la cultura e l’educazione basata sul Buddismo e aperto a tutti. Da una prospettiva a lungo termine, era secondo lui evidente che l’educazione fosse la promotrice e la causa dello sviluppo di una nazione.
Man mano che aumentano di numero gli individui capaci e consapevoli, infatti, sempre più persone sono in grado di osservare obiettivamente la realtà della loro società e distinguere chiaramente tra giusto e sbagliato, tra bene e male.
Shin’ichi dedicò al campione sudafricano dei diritti umani una poesia che aveva composto per esprimergli il suo rispetto e ammirazione:

A te che cammini sulla via dell’umanesimo,
orgogliosa coscienza d’Africa,
offro elogi che arrivano al cielo;
onoro la tua possente anima,
la forza indomita delle tue convinzioni
e, con profondo rispetto,
mi rivolgo a te come mio compagno nello spirito.

[35] Quando l’interprete ebbe terminato di leggere la poesia, Shin’ichi si alzò e strinse fermamente la mano a quel grande guerriero dei diritti umani.
Mentre si stringevano reciprocamente le mani, Mandela appariva profondamente commosso. Shin’ichi gli disse: «Non si dimentichi mai che ha dei compagni in Giappone e in tutto il mondo. E il loro numero crescerà in futuro».
Aggiunse che era rimasto profondamente impressionato dalle parole conclusive della dichiarazione rilasciata da Mandela subito dopo la sua scarcerazione nel febbraio del 1990. Erano le parole che originariamente Mandela aveva pronunciato durante il processo ventisei anni prima, il 20 aprile 1964. Shin’ichi lesse ad alta voce: «Ho combattuto contro il dominio dei bianchi e ho combattuto contro il dominio dei neri. Ho sempre avuto a cuore l’ideale di una società libera e democratica in cui tutte le persone possano convivere in armonia, godendo di pari opportunità. È un ideale che spero di trasformare in realtà e di vivere in prima persona. Ma è anche un ideale per cui sono disposto a morire, se necessario».
Shin’ichi commentò: «Queste parole racchiudono il suo spirito. Anch’io ho intrapreso la strada dei combattenti per la pace, per i diritti umani e per la giustizia, ed è il motivo per cui queste parole continuano a risuonare profondamente nel mio cuore».
Mandela rispose: «Il frutto prezioso del nostro incontro di oggi sono le sue parole di saggezza. Le targhe si possono distruggere, i diplomi e gli encomi si possono bruciare. Le parole di saggezza invece sono immortali. Da questo punto di vista, oggi, abbiamo ricevuto un dono che va al di là di qualsiasi targa o premio. Ascoltando le sue parole, lasceremo questo luogo come individui migliori di quando siamo giunti. Non la scorderò mai».
«La gratitudine che provo io per lei è ancora più profonda», rispose Shin’ichi.
Il vero dialogo è fonte di mutua ispirazione e illuminazione.

(continua)

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