Il nostro parco giochi è diventato in quasi due anni un prezioso punto di riferimento per tante famiglie. Il mio stato vitale, nutrito da un nuovo senso di missione, mi fa desiderare ogni giorno di stringere relazioni di valore basate sul rispetto e sulla fiducia
Fin da piccola mi facevo scoraggiare dalle minime difficoltà, così ogni mio sogno sembrava lontano e irrealizzabile. A ventun anni, quando iniziai a praticare, qualcosa di profondo si modificò, scoprii di avere coraggio e determinazione e il mio cuore era libero di osare. Sperimentare l’immenso potere della Buddità era diventato un avvincente modo di affrontare le piccole, grandi sfide che la vita mi proponeva.
Andavo all’università e per pagarmi gli studi lavoravo. Desiderai e conquistai una borsa di studio per realizzare la tesi di laurea a Parigi. Mi innamorai di un ragazzo di fronte al quale tremavo sempre dall’emozione e grazie a una profonda e lunga trasformazione interiore nel giro di un anno ci mettemmo insieme.
Conclusi gli studi, mi buttai nel mondo del lavoro. Avevo imparato a osare e mi sfidai rispondendo a un annuncio per il ruolo di assistente di direzione all’interno di una grande azienda. Lo ottenni.
Come giovane donna, incoraggiata dalle parole del mio maestro: «Qual è il tesoro della gioventù? È la lotta. Chi affronta difficoltà in gioventù non avrà nulla da temere» (D. Ikeda, Giorno per giorno, esperia, 15 luglio), sostenuta da tanto Daimoku e dall’attività volta alla felicità degli altri, avevo assaporato il gusto di tante vittorie. Ogniqualvolta mi sfidavo, puntualmente la paura di agire mi pietrificava e ogni volta il Daimoku, le riunioni, l’attività byakuren e il desiderio di incoraggiare le giovani donne la spazzavano via, lasciando il posto a un profondo e “giusto” desiderio di ricevere il meglio che la vita potesse offrirmi.
Con quel ragazzo che tanto mi emozionava, uniti da un profondo legame di amore, rispetto e stima, decidemmo di sposarci e mettere su famiglia. Il mio lavoro così impegnativo cominciò a starmi un po’ stretto; nel frattempo erano nate le mie due bambine, desideravo passare più tempo con loro e sentivo che quell’esperienza professionale aveva concluso la sua importante funzione nella mia vita. Davanti al Gohonzon il mio cuore ambiva ad altro, ma ero immobilizzata dall’incertezza del futuro e non riuscivo ad agire. La coerenza della vita ancora una volta mi stupì: dopo la seconda gravidanza non mi fu rinnovato il contratto di lavoro. Con mio marito eravamo un po’ preoccupati per la situazione economica, ma continuammo a non risparmiarci nel sostenere le attività e nel fare l’offerta per kosen rufu.
Inaspettatamente, nello stesso mese in cui smisi di percepire lo stipendio, lui ricevette un aumento pari a quello che non avrei più guadagnato io. Spogliata della mia identità lavorativa mi sentivo senza prospettive, priva di qualsiasi sogno. Guardavo la mia vita fluirmi davanti senza gustarne più il sapore. La mia fedele compagna, la paura, troneggiava di nuovo indisturbata nel mio cuore e al suo fianco era arrivata una nuova e fino ad allora sconosciuta presenza: la tristezza.
Recitavo Daimoku e continuavo a fare attività per gli altri, ma senza sentire gioia. Inoltre, non facendo più attività con i giovani mi cimentavo con le problematiche delle donne, molto più grandi di me, che sentivo spesso complicate e distanti.
Confido alla mia responsabile che sentivo venir meno la passione e l’amore per il Buddismo. Senza vacillare e con una profonda convinzione nel cuore mi tranquillizza dicendomi che la mia vita è pronta a compiere un importante passaggio e ad abbracciare il mio karma trasformandolo in missione. Non capisco ma decido di affidarmi alla preghiera.
La mia pratica diventa “più seria”, il mio Daimoku aumenta in qualità e costanza, l’attività per gli altri non si arresta e l’immobilismo lascia il posto a uno spirito di ricerca mai conosciuto prima. Desidero prendermi cura del mio corpo e della mia mente stanca; anziché pretendere sempre il massimo, inizio a prendermi cura di me stessa. Mi iscrivo e porto a termine con buoni risultati un corso d’inglese intensivo e nel frattempo invio curriculum per un lavoro. Inaspettatamente vengo contattata per fare dei colloqui, in un mese ne ho sostenuti dodici!
In quel periodo inizio a comprendere lo spirito delle donne Soka di cui parla il presidente Ikeda. Guardandole negli occhi, talvolta stanche, disilluse, malate, la mia superbia e la mia arroganza cedono il passo alla compassione. Anche nel cinismo e nella rabbia di alcune riconosco qualcosa che mi appartiene. Ne nasce un desiderio libero di ascoltare e condividere senza dare ricette, decidendo di stare fianco a fianco di fronte al Gohonzon e vincere insieme.
Due dei colloqui sostenuti hanno un esito positivo, ma non corrispondono a quello che desidero e rifiuto. In quel periodo avrei tanto voluto lavorare con una cara amica, ma non era possibile perché lei aveva un lavoro stabile. Era l’aprile del 2013 e mi offrirono la responsabilità delle donne di capitolo. Accettai con grande gioia.
La mia condizione interiore era decisamente cambiata, però una mattina di fine giugno, recitando intensamente, riconobbi un pensiero strisciante e subdolo che mi autorizzava a sentirmi disillusa e arrabbiata. Mi diceva che avevo tante buone ragioni per essere triste, in fin dei conti non avevo quello che desideravo e che pensavo fosse giusto per la mia vita.
Grazie a una profonda preghiera mi accorsi di come questo pensiero influenzasse quasi ogni aspetto della mia quotidianità. Questa nuova consapevolezza mi permise di ricominciare a vivere pienamente le mie giornate, senza più “ma”. In quel momento mi incoraggiavano tanto le parole del Daishonin: «Se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura lo è anche la loro terra; non ci sono terre pure o terre impure di per sé» (RSND, 1, 4).
Dopo un po’ di tempo accadde un evento assolutamente inatteso. Quella mia amica mi chiamò, mi disse che il suo rapporto di lavoro si era repentinamente interrotto e mi parlò del progetto di aprire una struttura dove i bambini potessero giocare e passare piacevolmente il loro tempo libero. Ancora una volta, le circostanze favorevoli della mia vita erano riuscite a farmi vincere sulla paura di realizzare i miei sogni.
La gratitudine che avevo nel cuore mi fece sentire il senso di tutto ciò che era accaduto.
La missione di portare speranza e fiducia era ormai chiara. Sono stati mesi di duro lavoro in cui ho parlato della pratica a tanti amici.
Impegnate prima nella ricerca del locale, poi nella ristrutturazione, finalmente il 31 ottobre 2014 inaugurammo il parco giochi. Le nostre famiglie gioiosamente contribuirono ai preparativi. La felicità che vidi negli occhi dei miei genitori mi fece percepire che erano fieri di me e che stavo ripagando il debito di gratitudine nei loro confronti.
Il nostro parco giochi è diventato in quasi due anni un prezioso punto di riferimento per tante famiglie e la nostra cerchia di clienti si espande sempre di più.
Il mio stato vitale, nutrito da un nuovo senso di missione, mi fa desiderare ogni giorno di stringere relazioni di valore, basate sul rispetto e sulla fiducia nell’immenso potenziale insito in ogni essere umano.
Desidero continuare la mia rivoluzione umana e determino che di fronte a ogni nuova sfida non deluderò le aspettative del mio maestro, continuando a portare avanti il meraviglioso voto impresso nel mio cuore: «Attraverso una trasformazione spirituale interiore le persone possono risvegliarsi a un autentico senso di sacralità della vita. […] Questa trasformazione interiore è la base per realizzare allo stesso tempo la felicità individuale e una società pacifica» (BS, 132, 30).