Durante il periodo di emergenza sanitaria da Coronavirus stiamo ricevendo tantissime esperienze da tutta Italia, alcune le abbiamo pubblicate nelle NR Newsletter, che trovate online sul sito sgi-italia.org e ilnuovorinascimento.org. Ogni storia dimostra quanto valore possiamo creare in ogni situazione se ci basiamo sulla fede nelle Legge mistica e sul legame con il maestro. Di seguito due storie di rivoluzione umana
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Con leggerezza e gratitudine
di Valeria Parodi, Chiavari (GE)
Valeria è un’infermiera del 118, ha trentotto anni e pratica il Buddismo dal 2011. In questo periodo di emergenza Coronavirus ha affrontato un serio problema di salute e, sostenuta da tutti, sta realizzando una meravigliosa esperienza
Sono un’infermiera del 118 e le mie principali passioni sono i viaggi e la corsa agonistica, grazie alle quali ho potuto creare tantissimi legami in Italia e nel mondo e, quindi, parlare della pratica buddista a tantissime persone.
Recentemente, durante un mio turno alla centrale operativa, ho aiutato un bambino di dieci anni a salvare la vita a sua nonna attraverso il massaggio cardiaco. L’ho guidato al telefono, passo dopo passo, fino all’arrivo dell’ambulanza. Questa storia è stata pubblicata su diversi giornali locali, ha avuto una forte risonanza nel mio ambiente e ho ricevuto molte espressioni di apprezzamento.
Nel frattempo l’emergenza Coronavirus si intensificava e la situazione al lavoro cominciava a farsi sempre più difficile.
Quel sabato avevo smontato la notte e non ero andata a riposare, e nel pomeriggio decisi di partecipare al flashmob sul terrazzo insieme ai miei vicini di casa ma, dopo poco, mi accorsi di non riuscire più né a cantare e né a parlare. Dopo essere rientrata in casa, mi guardai allo specchio e capii subito che era un problema serio. Ho lanciato immediatamente l’allarme alle mie colleghe le quali, dopo avermi tranquillizzata, hanno inviato un’ambulanza. Non riuscivo a parlare e l’ultima cosa che sono riuscita a scrivere è stata “non volgio morire”: ho sentito molta gratitudine e amore per la vita e ho determinato che ce l’avrei fatta, così una grande forza derivante dal mio Daimoku è emersa dentro di me.
Arrivati in ospedale, ho trovato un altro collega che è stato con me finché non mi hanno fatto la TAC. Non mi sono mai sentita sola: tantissime persone mi scrivevano per dimostrarmi la loro vicinanza.
Volevo sapere cosa mi stesse accadendo e volevo combattere con la stessa forza che mi ha sempre trasmesso il maestro Ikeda. La mia missione in quel momento era essere un esempio per tutti coloro che come me stavano lottando.
La diagnosi fu di emorragia cerebrale causata da una malformazione congenita arterovenosa che ignoravo di avere. Coinvolgeva la parte destra del viso, il braccio e il piede destro. Ed erano stati colpiti i centri della parola e della scrittura. Mi hanno subito operata, un intervento di sei ore.
Tutti i miei amici hanno pregato: buddisti, cristiani, musulmani… Come scrive Sensei nella prefazione alla Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin: «Inoltre, continuando a percorrere questo cammino di dialogo e reciproco miglioramento, ogni fede potrà manifestare il proprio valore intrinseco, contribuendo alla creazione di un sodalizio di religioni per l’essere umano in grado di trasformarsi nella forza più grande per la realizzazione della pace nel mondo» (RSND, XI). Sentivo intorno a me un sodalizio di umanità.
Durante il ricovero ho incontrato persone che conoscevano già il Buddismo e ho voluto dare prova concreta attraverso la mia vita.
C’era il rischio che ci fossero altri problemi ma, il giorno dopo, la seconda angio TAC ha dato esito negativo! Lì ho incontrato Paolo, un infermiere che ho scoperto essere buddista da molti anni. Mentre collegava la flebo ha iniziato a incoraggiarmi con le sue esperienze. Mi ha detto che tempo fa in Giappone aveva avuto occasione di recitare Daimoku con una persona muta: «Ognuno recita Daimoku così com’è – mi ha detto – e la voce svolge il lavoro del Budda».
Mi sono scese le lacrime e tutta la tensione si è sciolta. Mi ha detto anche: «Quando torni in camera, fai Gongyo e Daimoku come puoi».
Era un nuovo inizio. Sentii risvegliarsi in me lo spirito di un leone. Siccome non riuscivo a comunicare con gli altri come volevo, ho iniziato un dialogo con me stessa e sono riuscita a percepire quanto era preziosa la vita arrivando a coglierne l’eternità. Ero profondamente felice. Per ringraziare lo staff del reparto ho mandato loro una frase del maestro Ikeda.
L’estate scorsa avevo rinunciato ad andare in vacanza per stare vicino a mia cugina malata di tumore, e adesso era lei che mi sosteneva mandandomi biancheria pulita e tanti messaggi di sostegno. Questa occasione ha rafforzato i legami familiari e ci siamo dette quanto bene ci volevamo.
La mia difficoltà era ricominciare da capo a scrivere e a parlare, così ho iniziato il percorso riabilitativo logopedico. Quando ho incontrato la logopedista ho scoperto che anche lei conosceva la pratica buddista. In ogni istante cercavo di dare valore alla mia vita e nel luogo dove mi trovavo, contagiando il personale di neurochirurgia con la gioia e l’allegria. Grazie a ciò che mi è successo, tante persone si sono unite nella preghiera, altre che non si parlavano più si sono riconciliate e altre persone che si erano allontanate sono tornate davanti al Gohonzon. Questa ondata di affetto è stata l’occasione per essere io a incoraggiare e infondere forza e speranza alle persone. Sono o non sono una Bodhisattva della Terra?
Ora sono a casa e mi prendo cura di me stessa, del mio corpo e del mio spirito. Riesco a fare Gongyo e a tenere il ritmo del Daimoku.
Sto portando avanti fede, pratica e studio come posso, e tutte le mattine in videochiamata condivido lo studio con una mia responsabile. Tutto ciò mi aiuta anche nel percorso logopedico.
Sento che la mia vita è infinita, alzo lo sguardo e mi apro a nuove prospettive. Questa fiducia mi fa vivere con leggerezza e tanta gratitudine.
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Scambiare sassi con oro
di Sabrina Niccoli, Roselle (GR)
Nella difficile situazione sanitaria del nostro paese, Sabrina sperimenta la protezione e la buona fortuna che derivano dal dedicarsi sinceramente alla felicità degli altri
Ho iniziato a praticare nel 1983 e ho sperimentato il potere infinito del Gohonzon in molti aspetti della mia vita. In questo ultimo mese ho avuto ulteriori conferme che le parole del Gosho «non contengono alcuna falsità!» (I due tipi di fede, RSND, 1, 798).
La prima conferma riguarda la mia famiglia.
Quando nei primi giorni di marzo è scoppiata questa gravissima epidemia in Italia, i miei due figli Edoardo e Isabella si trovavano a Madrid.
In Spagna non c’era ancora nessun allarme, la vita scorreva tranquilla senza alcuna restrizione. L’8 marzo i miei figli sono ripartiti per l’Italia in treno passando per le stazioni delle città più critiche: Bergamo, Brescia, Verona…
Il giorno seguente sono iniziate le severe restrizioni per il nostro paese, mentre dalla Tv si apprendeva la gravissima situazione a Madrid.
Ho pensato subito alle parole del Gosho: «La fragranza interna otterrà protezione esterna» (I tre tipi di tesori, RSND, 1, 752).
Ero certa che il loro impegno sincero nelle attività sokahan e byakuren, durante le quali si erano dedicati alla protezione della vita degli altri, si sarebbe manifestato adesso come protezione nei loro confronti. Così è stato: hanno rispettato i quindici giorni di isolamento e ora stanno benissimo, come se fossero stati protetti da una campana di vetro…
Nel frattempo, in questa drammatica situazione sanitaria è arrivato il comunicato della donazione da parte della Soka Gakkai italiana di 500.000 euro alla Protezione civile: è stata una grande gioia per me! Mi sono sentita grata e fiera di far parte di questa organizzazione e ho determinato di impegnarmi ancora di più nell’offerta per kosen-rufu. Inoltre, pensando alla difficile situazione economica che avrebbe potuto colpire diversi membri, noi responsabili della regione Toscana Sud abbiamo deciso di approfondire insieme lo spirito dell’offerta per kosen-rufu, affinché ognuno potesse sperimentare le parole del Gosho: «Poiché non c’è cosa più preziosa della vita, se la si dedica a praticare il Buddismo, si consegue sicuramente la Buddità. Chi è pronto a dare la propria vita, perché dovrebbe lesinare altri tesori per la Legge buddista? D’altra parte, chi esita a offrire al Buddismo i propri beni materiali, come potrà dare la vita che ha un valore di gran lunga maggiore?» (Lettera da Sado, RSND, 1, 266).
Per incoraggiare sinceramente gli altri, dunque, volevo sfidarmi io per prima, e così, con coraggio e gratitudine, ho fatto l’offerta per kosen-rufu.
In quel momento al lavoro ero a rischio cassa integrazione in deroga e avrei dovuto formalizzare la mia richiesta alla direzione. Invece, la mattina dopo ho ricevuto una telefonata dal mio capo che mi comunicava la decisione di farci lavorare in smart working! Ingenuamente pensavo che la Cassa integrazione comportasse solo lo stare a casa, ma quando mia sorella – commercialista – mi ha spiegato che il mio stipendio in quel caso si sarebbe molto ridotto, ho compreso la grandezza del beneficio ricevuto. Non mi sono potuta trattenere e per manifestare la mia gratitudine, ho fatto di nuovo l’offerta!
Un ulteriore beneficio è che con lo smart working ho anche il tempo per fare volontariato nella mia comunità: consegno i buoni spesa del Comune a persone disoccupate o in gravi condizioni economiche e sono felice di poter portare loro, insieme ai buoni, anche delle parole di speranza!
Dopo tanti anni, ogni volta riscopro con gioia che praticare come insegna il nostro maestro equivale davvero a «scambiare sassi con oro».
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Lo spirito dell’offerta
«Il modo per diventare facilmente un Budda non è niente di straordinario: è come dare dell’acqua a un assetato in tempo di siccità, come dare del fuoco a una persona intirizzita dal freddo o come dare a un altro l’unico esemplare che si possiede di qualcosa, oppure offrire in elemosina ciò da cui dipende la propria vita» (Il ricco Sudatta, RSND, 1, 963).
All’epoca in cui fu scritta questa lettera Tokimitsu stava attraversando gravi difficoltà economiche […]. Ma, invece di preoccuparsi per se stesso, Tokimitsu si preoccupava del benessere del Daishonin all’approssimarsi di un nuovo anno sulle montagne di Minobu coperte di neve, e così gli aveva inviato un’offerta sotto forma di monete. In questa lettera il Daishonin esprime la sua gratitudine per il sincero sostegno del suo giovane discepolo. […]
«Il modo per diventare facilmente un Budda non è niente di straordinario», dice il Daishonin. Primo, scrive, è offrire agli altri ciò di cui hanno bisogno. […] Secondo, il modo per diventare facilmente un Budda consiste nell’offrire qualcosa di cui si possiede un unico esemplare o qualcosa senza la quale non si potrebbe rimanere in vita. […]. Nichiren sta dicendo che il dono ricevuto dimostra che Tokimitsu si sta già impegnando nella pratica per diventare un Budda, sta già percorrendo il cammino dell’Illuminazione. […] L’offerta di Nanjo Tokimitsu rappresenta la sua dedizione alla pratica buddista e quindi, come dice il Daishonin, è garantito che conseguirà la Buddità. (D. Ikeda, Lezione su Il ricco Sudatta, Esperia, pag. 15)