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Vincere il bullismo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:32

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Vincere il bullismo

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Molti lettori ci hanno chiesto di approfondire il tema del bullismo, un fenomeno molto diffuso, ma che troppo spesso rimane nascosto o poco evidente. Sono innumerevoli infatti i giovanissimi coinvolti in dinamiche ripetute di violenza fisica, verbale e psicologica. Nella maggior parte dei casi però il tormento di chi subisce resta silenzioso. Subire atti di bullismo significa vedere violata la propria dignità e accade quasi sempre che le vittime si colpevolizzino e non riescano a esprimere la loro sofferenza.
Il Buddismo offre una chiave per porre fine a questo problema.
In questo Focus pubblichiamo un saggio e diversi estratti del presidente della SGI Daisaku Ikeda sul tema, insieme alla testimonianza di una mamma e della figlia, e una tavola rotonda con alcuni ragazzi. Ci auguriamo che queste pagine siano di incoraggiamento a genitori, figli e insegnanti per affrontare e superare il bullismo, contribuendo a costruire una società basata sul rispetto di ogni persona.

Il bullismo riflette i problemi della società degli adulti

Inquietanti episodi di bullismo continuano a far notizia. Sentiamo ogni giorno tragedie di bambini che, incapaci di sopportare le molestie e le violenze inflitte loro dai compagni, sono portati al suicidio. È straziante pensare allo sgomento e alla disperazione che può causare il suicidio di un bambino, al dolore devastante e al rimpianto delle famiglie.
Il bullismo non è un problema che affligge solo il Giappone. Tuttavia, la natura chiusa e insulare della società giapponese fa da sfondo ad alcuni tipi di bullismo estremo.
Gli individui di forte personalità, che possiedono particolari doti distintive, sono spesso bersaglio di gelosia e vengono etichettati come “diversi” e “strani”.
In quanto tali, possono diventare vittime di complotti organizzati per ignorarli o emarginarli, come se la loro stessa esistenza venisse negata. Tale isolamento può essere accompagnato da minacce, estorsioni e violenze fisiche. Alcuni bambini possono diventare attivi sostenitori del bullismo mentre altri, temendo di essere a loro volta presi di mira, restano spettatori passivi.
È raro che genitori e insegnanti raccolgano il coraggio e la solidarietà necessarie per affrontare questo tipo di bullismo.
Sembra inoltre che in Giappone esista una particolare tendenza a dare subito la colpa alla vittima. È un’idea largamente diffusa, forse inconsapevolmente, che le vittime del bullismo siano almeno in parte responsabili della situazione. Questo modo di pensare porta a giustificare il bullismo, porta a quell’indifferenza che permette al bullismo di continuare.
Come si può pensare che ci siano persone al mondo che meritano di essere vittime di bullismo? Il bullismo è un comportamento che non può e non deve mai essere legittimato.
Le persone non sono vittime di bullismo in quanto deboli: piuttosto, il bullismo riflette la debolezza interiore di chi lo perpetra, la sua incapacità di resistere agli istinti più ignobili. Come ha sottolineato il Mahatma Gandhi, la violenza, in ultima analisi, nasce dalla codardia.
Il primo passo per affrontare il bullismo è trasformare gli atteggiamenti culturali che lo consentono. Ciò significa innanzitutto dichiarare apertamente che la responsabilità di un atto di bullismo è al cento per cento di chi lo compie.
Inoltre è necessario che gli adulti – genitori e insegnanti – che vengono a conoscenza di atti di bullismo parlino chiaramente, mostrando ai bambini un modello di coraggio e di azione. Altrettanto cruciale è sforzarsi di diventare il tipo di persona a cui un bambino vittima di bullismo può rivolgersi con fiducia.
Bisogna essere in grado di riconoscere le richieste spesso silenti di questi bambini.
Il bullismo è venuto alla luce come grave problema sociale in Giappone negli anni Ottanta. Le varie forme di violenza che avevano afflitto le scuole negli anni Settanta furono sì poste sotto controllo, ma si può facilmente immaginare che avendo utilizzato le maniere forti per raggiungere questo risultato, i problemi di fondo siano rimasti irrisolti, spingendo la violenza ancora più nel profondo. L’aggressione, precedentemente diretta contro gli insegnanti e le scuole stesse, si è rivolta in questo modo contro i compagni di classe.
I rapidi cambiamenti della società hanno esposto i bambini a forme di stress enormi.
La fredda e spietata logica del mondo degli adulti viene applicata senza mediazioni alla vita dei bambini, che vengono sottoposti a livelli eccessivi di competizione, selezione, classificazione e standardizzazione.
La disfunzione così evidente nel bullismo scolastico dei nostri giorni rispecchia lo stato della società degli adulti, piena di insidiose forme di bullismo: crudeltà che nascono dal cinismo e dagli interessi personali, violazioni dei diritti delle persone da parte dei media, programmi televisivi che si prendono gioco delle persone più vulnerabili, pregiudizio e discriminazione nelle sue varie forme.
Far crescere i bambini in questo tipo di realtà e poi aspettarsi che si comportino in modo “ideale”, non è affatto giusto. L’urbanizzazione e il crollo della famiglia allargata hanno privato i bambini degli spazi fisici e sociali all’interno dei quali venire affettuosamente accolti e sviluppare tranquillamente le loro amicizie.
E i genitori sono spesso talmente pressati dalla mancanza di tempo e stressati dal lavoro da non riuscire a coinvolgere o interagire pienamente con i loro figli.
Molti bambini che diventano violenti si portano dentro una sensazione profondamente radicata di venire trascurati e ignorati.
Per poter crescere sani, i bambini devono sentirsi accettati e accolti così come sono.
Quando i bambini e le bambine si sentono accettati, sviluppano una naturale consapevolezza del proprio valore unico e insostituibile. Arrivano a valorizzare la propria vita e a prendersi cura di sé. Allo stesso tempo, ciò risveglia in loro sentimenti di fiducia e rispetto per gli altri. In fin dei conti, i bambini desiderano solo una cosa: essere amati. Per questo motivo la famiglia per loro deve costituire un rifugio sicuro e una protezione.
Rosa Parks una volta mi riferì queste parole di sua madre: «Non c’è legge che stabilisca che le persone devono soffrire». Sua madre le insegnò inoltre il valore del rispetto di sé, per poter rispettare sia se stessa che gli altri. Penso che in queste lezioni dell’infanzia possiamo individuare la profonda fonte di coraggio e dignità alla base del boicottaggio degli autobus di Montgomery del 1955, che finì per segnare una svolta storica nel movimento americano per i diritti civili.
Ogni bambino ha il diritto di avanzare fiero verso il futuro, a testa alta. L’aspetto terribile di una società permeata da diverse forme di bullismo è che il senso di autostima dei bambini viene calpestato, privandoli della luce di un futuro di speranza.
Tutti i giovani hanno bisogno di essere rassicurati con chiarezza sul fatto che quando soffrono, sebbene possa sembrare che l’oscurità continuerà per sempre, non è affatto così.
La notte cede sempre all’alba.
Benché possa sembrare che non finisca mai, il freddo inverno è sempre seguito dalla primavera. Coloro che hanno sofferto di più sono i più capaci di comprendere il cuore delle persone. Proprio loro hanno un contributo unico e fondamentale da offrire. I bambini sono il nostro futuro, la nostra sola, insostituibile speranza. I bambini ci stanno esortando – letteralmente a rischio della propria vita – a prendere coscienza delle distorsioni del mondo degli adulti. La nostra risposta al loro grido silenzioso è la chiave per curare la disperata malattia dei nostri tempi. Solo rivolgendoci direttamente ai bambini e alle bambine, ai loro sentimenti e ai loro bisogni, saremo in grado di riscattare la nostra umanità.

Citazione di Daisaku Ikeda

«A voi che state affrontando il bullismo vorrei dire: non rassegnatevi assolutamente! I benefici derivanti dalla forza della Legge mistica sono certi. Il potenziale insito nelle vostre vite è infinito. Continuate a recitare Daimoku fino alla fine e fate emergere dalle vostre giovani vite la grande condizione vitale del re leone, un attributo del Budda. E dicendo: «Non permetterò a me stesso di arrendermi!» vincete con coraggio e ferma decisione. Io sarò sempre al vostro fianco. Io continuerò a pregare per voi. Il maestro è un leone. Di conseguenza anche i discepoli sono leoni. Vincete assolutamente per voi stessi, per i vostri genitori e per il mae­stro. Non facciamo paragoni con gli altri. Il vero vincitore è colui che ogni giorno riesce a fare anche un solo passo avanti»

Daisaku Ikeda (NR, 487, 7)

Ascoltare la voce dei bambini
Alcune indicazioni concrete del maestro Ikeda per affrontare il bullismo

Individuare in tempo il fenomeno del bullismo è fondamentale.

Gli insegnanti devono sviluppare un’acuta sensibilità, in modo da riuscire a notare il minimo cambiamento di atmosfera in classe. Ciò è possibile se si dialoga costantemente con gli studenti e si tengono i canali di comunicazione sempre aperti.

Quando si scopre che è in atto tale fenomeno, la priorità è fermarlo e assicurarsi che non si ripresenti mai più.

Cercare di scoprire chi sia il responsabile di un atto di bullismo è secondario, anzi, concentrarsi solo su questo aspetto talvolta può inasprire la situazione. Se in aula avvengono atti del genere, l’intera classe deve per prima cosa riconoscere il fenomeno ed evidenziarlo. L’insegnante deve chiarire che tutti, che siano stati direttamente coinvolti nei fatti o siano rimasti in silenzio lasciando che avvenissero, sono responsabili. Tutta la classe deve rendersi conto che il bullismo è un comportamento sbagliato e lavorare insieme per superare il problema.
Il bullismo causa sofferenza non solo alla vittima, ma ferisce anche chi compie l’azione.

Una delle cause all’origine del bullismo è l’impulso a rifiutare coloro che sono diversi.

Ecco perché è ancora più importante che insegnanti e studenti diano valore all’individualità di ogni persona e riconoscano l’importanza del dialogo per comprendere e superare le diversità. […] Dobbiamo imparare dalle differenze che rendono unico ognuno di noi e farne una fonte di creazione di valore.
Nel mondo di oggi in cui le persone spesso scambiano l’autoindulgenza per libertà e il piacere per felicità, e considerano le differenze un motivo di discriminazione, è necessario riconsiderare cosa vogliamo che i nostri figli apprendano dalla diversità.

È anche vero che l’ambiente domestico non è sempre sicuro per i bambini.

Ci sono casi in cui bambini vulnerabili provenienti da famiglie con situazioni difficili cercano bambini più deboli di loro per tiranneggiarli.
È una reazione a catena di abuso e bullismo in cui le condizioni emotive negative di adulti sopraffatti dalla realtà si rispecchiano nei figli.

È necessario creare una società che sia al servizio dei bisogni essenziali dell’educazione, il cui principio guida sia la felicità dei bambini.

Per fare questo dobbiamo costruire una rete di protezione per i nostri figli, che coinvolga scuole, famiglie, comunità e responsabili delle politiche sociali.
Ciò che intendo per “società al servizio dei bisogni essenziali dell’educazione” è una società in cui vengano ascoltate soprattutto le voci dei bambini. Solo quando la collettività ascolta e fornisce loro risposte, adulti e bambini possono godere di pace e felicità. La ricerca della felicità dei bambini è collegata alla gioia e alla realizzazione degli adulti. È mia speranza e convinzione che la voce di un solo educatore che parli in nome dei ragazzi e delle ragazze e protegga il loro benessere, ha il potere di aiutare loro e le famiglie e trasformare la società. (NR, 542, 7)

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Più forti di prima

Non ho fatto un solo passo in questi anni senza aver recitato Daimoku, anche quando ero davvero disperata. Aurora ha terminato la scuola media sostenuta da tutta la classe e a sua volta ha sostenuto i suoi compagni, perché lei per prima ha imparato che nessuno deve restare indietro

di Rosa Colucci, Torino

Sono nata con una lussazione congenita alle anche che mi ha condizionata per tanti anni. Mentre tutti giocavano e facevano sport, io ero ingessata fin sopra la schiena o comunque costretta a non muovermi. Più andavo avanti, più i miei sogni si frantumavano e collezionavo delusioni in ogni campo, da quello sentimentale a quello lavorativo.
Sempre più devastata dalla sofferenza, nel 1998 ho incontrato il Buddismo. Da quel momento è ricominciata la mia vita. Grazie all’attività nella Soka Gakkai ho riconosciuto la mia dignità. Costruendo un nuovo equilibrio interiore, anche il mio fisico è migliorato e ho avuto diversi benefici al lavoro. Mi fidanzai, il mio compagno diventò membro della Soka Gakkai e nacque Aurora Hiromi, seguita un anno dopo da Achille Takashi, che sono cresciuti sempre sostenuti dalla famiglia Soka. Oggi hanno quattordici e tredici anni.
Ma in questi anni le difficoltà non sono affatto mancate.
Aurora era una bambina solare e intelligente. Con la sua vitalità ha affrontato la scuola elementare, e da qui ha avuto inizio la sua lotta, la nostra lotta.
Aurora è stata vittima di bullismo, fisico e psicologico, che ha segnato fortemente la sua tenera età. Si sentiva inferiore e inadeguata e così, pian piano, anche io insieme a lei, di nuovo. Venne presa di mira con attacchi e frasi come: «Non ti vogliamo con noi», «Toccare la tua pelle ci fa schifo». Venne presa a spintoni giù per le scale, le spaccarono il labbro con una testata, fino all’episodio più eclatante, a nove anni, quando due compagni durante la ricreazione la condussero in un angolo: mentre uno la teneva ferma, l’altro tentava di infilarle un rametto negli occhi per accecarla. Fortunatamente un’amichetta vide la scena e riuscì a scongiurare il pericolo. Aurora tornò a casa cercando di nascondere, come sempre, i graffi e i torti subiti.
Già da tempo ci eravamo accorti che qualcosa non andava, chiedendo il perché dei lividi, del labbro rotto, ma sia lei che la scuola rispondevano che tutto era casuale e non c’era cattiva intenzione da parte dei compagni.
Aurora si isolava sempre di più. Io recitavo Daimoku più forte, per trasformare il karma completamente.
La mattina dopo quel terribile episodio, all’ingresso della scuola Aurora si buttò per terra piangendo e implorandomi di portarla via, che piuttosto avrebbe preferito un collegio!
In quel momento tutto mi è stato chiaro.
Accompagnai in classe Aurora, che finalmente raccontò tutto.
Abbiamo affrontato gli insegnanti e il dirigente scolastico, col desiderio di far rialzare nostra figlia che viveva ormai in uno stato di rifiuto verso se stessa e si era chiusa nella lettura, come per fuggire dalla realtà.
Le vittime di bullismo diventano vittime di se stesse: colpevolizzandosi, si convincono di essere diverse, deboli, strane.
Achille, che fortunatamente ha avuto un percorso scolastico sereno, insieme a noi si è confrontato con le lacrime e con gli attacchi di panico della sorella, incoraggiandola sempre, mentre recitavamo Daimoku finché si addormentava. Gli sono molto grata per la sua pazienza e comprensione. Attraverso questo percorso lui stesso ha costruito la sua identità sviluppando rispetto verso il prossimo.
Con Ciro, mio marito, ci ripetevamo che “l’inverno si trasforma sempre in primavera” (cfr. RSND, 1, 476), che la nostra preghiera avrebbe avuto risposta.
Pian piano la nostra vita si è aperta a un nuovo inizio, sono emersi medici e psicologi preparati che hanno conquistato il cuore di Aurora, che si è fidata di loro. Ho incontrato una grande amica e compagna di fede che viveva lo stesso dolore per la situazione di suo figlio. Insieme abbiamo cominciato a occuparci di inclusione scolastica in tutta Italia. Aurora ha cambiato scuola e ha cominciato a rinascere. Liberata da ogni discriminazione, ha trovato dei compagni accoglienti e gli insegnanti si sono “innamorati” di lei, facendola appassionare alle materie.
Io però decisi di non abbandonare la vecchia scuola. Nonostante i conflitti e le difficoltà, venni eletta al consiglio di istituto.
Collaborando con il dirigente scolastico abbiamo usufruito di progetti gratuiti per la formazione dei docenti sul tema del bullismo.
A gennaio 2017 è stato lanciato un concorso chiamato ­#MYHERO. Ho partecipato raccontando la storia della mia eroina, che mi ha insegnato che dalla sofferenza si può emergere più forti di prima.
L’11 febbraio, giorno del compleanno di Aurora e del secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda, abbiamo vinto il concorso. Durante la premiazione Aurora è stata molto incoraggiata dal testimonial della premiazione, un attore molto impegnato su diverse tematiche sociali, e ha deciso di iscriversi a una scuola di teatro. Poco dopo ci ha contattati un regista che stava realizzando un lungometraggio sul bullismo e l’omofobia in età adolescenziale, per raccontare la storia di Aurora nel suo film.
Con il suo consenso abbiamo accettato, così Aurora ha partecipato alle riprese e ha vissuto l’esperienza del set cinematografico.
Il film è uscito al cinema a marzo 2018.
Oggi io, la mamma che aveva paura di tutto, lavoro alle cause legali della mia azienda, mi occupo di produzione cinematografica e vado a fare interventi di formazione sul bullismo nelle scuole. In questi anni sono riuscita ad aiutare tantissimi ragazzi e famiglie che soffrono a causa di questo problema.
Non ho fatto un solo passo in questi anni senza aver recitato Daimoku, anche quando ero davvero disperata.
Aurora ha cominciato il liceo classico e desidera diventare pediatra. Ha terminato la scuola media con un orale da applauso, sostenuta da tutta la classe, e a sua volta ha sostenuto i suoi compagni, perché lei per prima ha imparato che tutti devono andare avanti e nessuno deve restare indietro.

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L’essenza dei diritti umani

Da un dialogo tra Daisaku Ikeda e i responsabili del Gruppo futuro in Giappone

Responsabile Futuro: Vorrei leggere dei brani scritti da alcuni studenti a proposito della violenza nelle scuole. Uno di loro scrive: «C’è un ragazzo nella nostra classe che se la prende solo con quelli più deboli di lui. Ogni volta che si trova con qualcuno che considera più forte, lo adula e cerca di mettersi in mostra. Penso che persone del genere debbano essere biasimate».
Un altro dice: «Ho sperimentato di persona la violenza. Ma avevo degli amici, il che faceva la differenza. Grazie a loro non ho perso la speranza. Il consiglio che posso dare agli studenti che patiscono tutto questo è di affrontare apertamente quelli che fanno tali angherie. Se avete il coraggio di fronteggiarli smetteranno di infastidirvi dopo un po’.
È inoltre importante non sprofondare nell’autocommiserazione. Ho deciso che non avrei lasciato che mi picchiassero ancora! Non avrei lasciato che rovinassero la mia vita!».
Un’altra studentessa scrive: «Io sono stata maltrattata, ma ho un’amica con cui posso parlare di tutto e i miei genitori sono stati di grande aiuto con il loro incoraggiamento. Ma soprattutto, io ho il Gohonzon. Molte volte mi sono ritrovata a piangere davanti al Gohonzon mentre praticavo per trasformare la situazione. Fortunatamente l’ho cambiata, ma sono decisa a non dimenticare mai questa esperienza. Voglio diventare una persona forte, tollerante e piena di compassione che può dare il suo contributo per fermare la violenza».
Un altro ragazzo scrive: «Avevo l’abitudine di maltrattare gli altri, ma ho capito quale cosa terribile stessi facendo e mi sono scusato. Adesso vado d’accordo con tutti».

Daisaku Ikeda: Qualunque sia il motivo, l’uso della violenza è un errore. Forse quelli che maltrattano gli altri hanno una scusa per farlo. Forse vogliono riversare la loro sofferenza sugli altri. Ma qualunque sia la ragione, il maltrattamento e la discriminazione sono impossibili da giustificare. Dobbiamo essere tutti d’accordo sul fatto che la violenza è un crimine contro l’umanità.
[…] Quando con i vostri soli sforzi non potete fare in modo che le persone violente smettano di prendersela con gli altri, allora parlate con il preside, con un insegnante fidato, con gli studenti più grandi o con i vostri genitori.
Cercate qualche modo per migliorare la situazione. Se tutto questo non dovesse funzionare, continuate a pregare davanti al Gohonzon. Ma qualsiasi cosa accada, non dovete incolpare voi stessi se non riuscite a risolvere tali situazioni. Anche se sentite di non saper dire o fare niente in questo momento, è importante riconoscere che la violenza è una cosa sbagliata.
Piuttosto che decidere che siete inutili, concentratevi sul vostro sviluppo personale così da poter determinare un cambiamento positivo nel futuro. Se vi unite alla rissa e venite picchiati anche voi, non risolverete nulla.
Cercate di trovare una soluzione a lungo termine. Fondamentalmente, a meno che non sviluppiamo una piena consapevolezza dei diritti umani nella società, non possiamo sperare che la violazione di tali diritti smetta di esistere. Spero che ognuno di voi diventi consapevole dei suoi diritti e di quelli degli altri, così che il vostro possa diventare un paese esemplare nel rispetto dei diritti umani. (cfr. Giovani cittadini nel mondo, esperia, pag. 3)

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Non arrendersi mai!

Carlotta, Leonardo e Livia condividono esperienze personali e riflessioni sul tema del bullismo

Hai mai vissuto episodi di Bullismo?

Carlotta, 14 anni: Sì, a me è successo. L’anno scorso a scuola alcuni miei compagni di classe mi prendevano in giro in continuazione. Soffrivo molto, ho iniziato a recitare Daimoku per questo, ma avevo così tanta sofferenza che poi ho smesso.
Dopo qualche mese è finita la scuola, ho ricominciato a praticare e ad andare alle riunioni Futuro. Sono diventata membro della Soka Gakkai e sono andata al corso Futuro a Milano dove ho fatto un sacco di amicizie fantastiche.
Dopo l’estate ho iniziato di nuovo la scuola con più gioia, ma dopo un mese i miei compagni hanno ricominciato a prendermi in giro, mi attaccavano lo scotch sui capelli, parlavano male alle mie spalle. A un certo punto sono uscita dalla classe, ero in lacrime, dopo qualche minuto ho incontrato la mia insegnante e le ho spiegato tutto. Lei mi ha aiutato e li ha sgridati.
Tornata a casa ho cominciato a fare Daimoku senza fermarmi. Sentivo tutti contro di me e non credevo più in me stessa. Ma poi davanti al Gohonzon ho detto “Io ce la posso fare, devo capire che sono fortunata e anche se è difficile, farò di tutto per credere in me stessa e superare questi momenti difficili”.
Adesso recito Daimoku tutti i giorni e i miei compagni non mi prendono più in giro.
Ma devo andare ancora avanti, continuare a percorrere la mia strada, perché sono certa che se lo farò e non mi arrenderò mai, anche di fronte agli ostacoli, anche se non sarà facile, arriverò alla vittoria.

Leonardo, 14 anni: Alle medie ho avuto un sacco di episodi di bullismo. Mi prendevano in giro perché avevo la pelle più scura degli altri, perché ero un po’ più grasso. È stata durissima. Una volta, era l’ultimo giorno della prima media, un ragazzo ha iniziato a offendermi e a prendermi a cazzotti e sono caduto per terra. Io già da tempo facevo kung-fu ma non sono riuscito a reagire. In quel momento si azzera tutto, la tua mente va in shock, non capisci quello che sta succedendo.
Sono caduto a terra e sono rimasto fermo finché non è arrivata una signora che l’ha fermato, chissà quanto avrebbe continuato altrimenti… Da quel momento mi sono detto: “Io non ce la faccio più, non posso vivere in questa condizione in cui tutti si prendono gioco di me perché mi vedono diverso!”.
Così ho iniziato a recitare Daimoku e ho fatto un’esperienzona! Mia mamma è buddista e già praticavo dieci minuti ogni giorno, ma quell’episodio è stato come un fulmine per me. Ho capito che dovevo fare più Daimoku, che quello che facevo non era abbastanza.
Ho trovato uno psicologo che mi ha detto che non dovevo subire quelle offese, dovevo reagire. Dovevo essere una roccia.
Oggi sono tranquillo rispetto al bullismo. Ci possono essere ancora episodi, ma se una cosa non mi va bene l’affronto subito e non ci soffro più.

Come incoraggeresti chi sta subendo episodi di bullismo?

Livia, 19 anni: Gli direi che è un fiore meraviglioso e prezioso, che dovrebbe partire dall’apprezzamento della sua vita senza giudicarsi, che nel Buddismo di Nichiren Daishonin si può decidere in qualsiasi momento di cambiare una situazione che fa soffrire. E mi piacerebbe fargli capire che tutto quello che ci succede dipende al 100% da noi, non come colpa, ma come responsabilità. Se da una parte questo può spaventare, dall’altra infonde grande speranza e coraggio! Siamo al volante della nostra vita, nessun altro può guidarla. Se non ci piace la direzione in cui stiamo andando possiamo dare una svolta!

Carlotta: Lo incoraggerei facendogli shakubuku e gli direi di non arrendersi mai, di essere forte e andare sempre avanti recitando Nam-myoho-renge-kyo.

Leonardo: Avendo vissuto anch’io episodi di bullismo, so che ci vuole un po’ di tempo per capire che vanno superati.
Gli direi così: «Tu sei capace di fare tutto, anche di superare questi momenti bruttissimi. Cerca di cambiare l’immagine che hai di te. Non più una roccia fragile, ma una roccia indistruttibile! Per me è stato importante il Buddismo, io ho affrontato tutto così. Il Buddismo è diverso da quello che pensi, non si tratta di mettersi seduti con gli occhi chiusi a immaginare non so cosa. Consiste nel recitare Nam-myoho-renge-kyo, anche solo cinque minuti. Quello che ho provato io è che la vita si trasforma, dal profondo dell’inferno che stai vivendo esce fuori uno stato vitale altissimo. Io prima ero fragilissimo, ma ora il Buddismo mi aiuta ad avere una forza interiore che mi spinge ad andare avanti, a fare le cose.
Questo vale per qualunque ambito, non solo per il bullismo. La pratica buddista serve a trasformare la vita. Quindi prova, e poi mi dici com’è andata!».

Cosa diresti a chi agisce come bullo?

Carlotta: Lo inviterei a una riunione Futuro o a uno zadankai. Grazie al Daimoku il veleno si trasforma in medicina.

Leonardo: Cercherei di capire perché sta facendo il bullo, perché quelli che fanno quelle cose magari sono i primi che le hanno subite. Gli direi di cambiare ottica ed essere né una persona fragile che sta a terra, né una persona che vuole apparire forte agli altri, bensì una persona che ha dei sentimenti ma non deve sfogarli sugli altri.
E direi: «I tuoi problemi devi affrontarli da solo, non devi mettere in mezzo gli altri. Puoi condividere il tuo problema ma non te la devi prendere con gli altri.
Mettiti nei panni di una persona fragile che sta subendo tali comportamenti e prova a immaginare cosa proveresti tu. Dopo aver fatto questo prova a pensare a un cambiamento nella tua vita, smetti di essere bullo, esci dalla tua maschera e mettiti nei tuoi panni di essere umano».

Livia: Chiunque offenda il valore di un’altra persona per prima cosa sta denigrando il proprio valore. Chi ferisce il prossimo, incide ferite ancora più profonde nel suo stesso cuore. Lo incoraggerei a basarsi sul principio di causa ed effetto: se sostieni gli altri sarai sostenuto e accolto a tua volta. Il principio “da ora in poi” vale per tutti, quindi smettendo di essere un bullo e dedicandosi a costruire amicizie sincere chiunque può iniziare a mettere le basi per un futuro meraviglioso.

Spesso è difficile per i ragazzi parlare con i genitori o gli insegnanti degli episodi di bullismo che hanno subito. Secondo te perché? Come li incoraggeresti a confidarsi con i genitori?

Leonardo: Io personalmente mi imbarazzo a parlare con i miei genitori perché non voglio disturbarli.
Fin da piccolo mi sono abituato a non chiedere niente. E quindi tuttora provo imbarazzo a chiedere qualcosa di serio, riguardo ad esempio ai sentimenti, come la tristezza o la rabbia.
Altri possono avere paura del giudizio dei genitori. Comunque è importante parlare con loro. Sono le persone che abbiamo più vicine. Se dovessero prenderla male possiamo riparlarne in seguito con più calma. Provare e riprovare.

Livia: Tante persone hanno paura di essere giudicate dagli altri, senza capire che un genitore ci ama e ci apprezza così come siamo.
Io ho sempre dialogato con mia madre e mio padre, sono stati e continuano a essere dei riferimenti importanti, sono meravigliosi e tante volte mi hanno messo davanti soluzioni brillanti che la mia mente offuscata dalla rabbia non avrebbe mai concepito.
La paura di aprirci ci fa sentire vulnerabili, lo capisco, ma affidarsi al Gohonzon e a persone sagge e che ci vogliono bene è l’”uscita di emergenza” da una spirale come il bullismo. Se chiediamo una mano ai nostri professori o familiari non causiamo loro una delusione. Piuttosto li feriamo se diventiamo scontrosi, aggressivi o depressi perché stiamo male. I nostri genitori meritano di vederci sorridere, e un figlio merita le attenzioni della sua famiglia.

Carlotta: Direi loro di avere coraggio e di trovare delle persone di cui fidarsi e che li possano aiutare.

E come incoraggeresti i genitori a parlare con i propri figli?

Leonardo: Gli chiederei di non esplodere dalla rabbia quando il figlio dice una cosa che li fa stare male, di solito se un genitore sente un dispiacere lo trasforma in rabbia.
Gli direi di aspettare che il figlio finisca di parlare, per ascoltare la sua esperienza, e di sostenerlo e fare un’esperienza insieme.

Carlotta: Io incoraggerei i genitori ad avere fiducia nei loro figli e ad ascoltarli.

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