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Vi racconto una storia andalusa - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:40

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    Vi racconto una storia andalusa

    Il pregiudizio costruito sulla sofferenza ha impedito a Gabriella di tornare in Spagna per molti anni finché, dissipata la paura, ha deciso di ricongiungersi col paese da sempre amato e parlare di Buddismo a chi anni prima l’aveva sostenuta e aiutata

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    Il pregiudizio costruito sulla sofferenza ha impedito a Gabriella di tornare in Spagna per molti anni finché, dissipata la paura, ha deciso di ricongiungersi col paese da sempre amato e parlare di Buddismo a chi anni prima l’aveva sostenuta e aiutata

    Nel 1983 ero a Siviglia per un corso di perfezionamento dello spagnolo. Conobbi e amai un uomo dal quale ebbi una figlia. Lui soffriva per una situazione dovuta alla famiglia d’origine, io mi illudevo di “salvarlo” con il mio amore. Lasciai tutto: studi, famiglia, la mia città e mi trasferii con lui in un paesino. Fu un anno infernale. La paternità gli scatenò molta sofferenza e vissi quel periodo subendo menzogne, tradimenti, aggressione psicologica, invisibile ma devastante. Fu allora che nella mia vita apparvero Nati e Javier, moglie e marito. Si resero conto dell’inferno in cui vivevo e mi aiutarono a fuggire. Non avevo scelta. Tornata a Roma, dalla mia famiglia, trascorsi un periodo tra minacce, avvocati, servizi sociali. Ero preda del senso del dovere e del senso di colpa per essere fuggita. Poi lui sparì nel nulla, dimenticando la nostra esistenza. Ho ricostruito la mia vita basandola sulla paura e sulle scelte obbligate. In più vigeva un esilio non dichiarato: per anni non sono tornata in Spagna, luogo che amavo moltissimo. Nella mia mente si è creato un pregiudizio su quella terra e sui suoi abitanti, frutto dell’impedimento della paura. Quando iniziai a praticare il primo beneficio fu che mia figlia, ormai ventenne, annunciò che voleva ritrovare suo padre. Lo trovò e io ne fui grata. Successivamente riuscii a rivederlo anch’io. L’incontro fu bello, ma sentii che restava un residuo dell’antica paura. Chiesi a Nati e Javier di accompagnarmi perché temevo chissà cosa. Poi fui capace di riconoscere che per tutti quegli anni avevo nutrito un sentimento di nostalgia mista a rimorso per quel luogo, scenario di un incompiuto: essere fuggita, sottraendo una figlia a un padre, era stata un’azione che lasciava un sospeso. Così cominciai a praticare per comprendere il mio legame con quella terra. A un certo punto ho deciso di tornarci a vivere. Misi l’obiettivo del “ritorno” insieme alle persone che oggi sono nella mia vita. Sembrava tutto pronto: casa, progetto di lavoro. Poi la frenata. Gli ostacoli. La delusione in agguato. Ma si sa: «I desideri terreni sono Illuminazione»! Questi anni di pratica sono stati un incessante galoppo, ho avuto molti benefici visibili. Oggi ho accanto un uomo affidabile e dal quale non voglio fuggire per paura dell’abbandono.
    Poi mi sono ricordata di un sogno nel cassetto: scrivere. Ho scritto e pubblicato il mio primo libro. Ma in quel momento niente andava come desideravo: ero come stanca di farcela. Con quella sensazione addosso la scorsa estate sono andata a Jerez de la Frontera, dove ora vivono Nati e Javier: lo scopo apparente era curare la traduzione del mio libro in spagnolo. Sono arrivata lì disarmata, senza pregiudizio. Prima di partire il grande beneficio: incontro una compagna di fede che mi riaggiusta il tiro. Parlando con lei ho capito che tornava la vecchia tendenza, l’oscuro pensiero che mi costringe alla contrazione: mi convinco che se sono felice qualcun altro ne soffrirà. Vecchia ferita dell’abbandono tramandata in linea retta nella mia famiglia di donna in donna. Allora mi sono detta: è arrivato il momento di fare il grande salto e rompere la catena che ci costringe in un’unica sofferenza. Ho compreso quanto la scelta del padre di mia figlia era avvenuta sulla stessa “frequenza karmica”. Nel viaggio ho portato nel cuore le parole della mia compagna di fede: «È impossibile che la tua felicità causi infelicità. Sei discepola del presidente Ikeda e lui è felice delle tue lotte e delle tue vittorie. Questo è alla base di ogni valutazione. La relazione con il maestro è la più profonda, supera quella con i genitori!». Il risultato? Venti giorni dedicati a kosen-rufu. A Nati ho insegnato Gongyo parola per parola, suo marito si è unito a noi negli ultimi giorni del mio soggiorno e quando ha intonato Daimoku la mente è andata al nostro primo incontro, nel paesino andaluso dove evidentemente capitarono solo perché ci incontrassimo.
    La crisi in Spagna ha avuto un forte impatto: le persone che incontravo soffrivano e mi chiedevo come alleviare tanta pena, temevo di venir rifiutata consigliando il Daimoku come cura. Ma il mio maestro era con me e quando un giorno una donna mi ha detto: «Non ho più il coraggio di avere speranza» mi ha provocata. Ho dichiarato apertamente. Senza paura. Ma soprattutto ho vinto sul mio pregiudizio. Ho incontrato di nuovo il padre di mia figlia: ero serena, sicura di me. La paura era andata via e gli ho parlato del Buddismo. Ho smesso di salvare le persone non avendo cura della mia vita: ora conosco uno strumento sicuro che assicura a me e agli altri pace e sicurezza. Ho promesso di insegnarlo ad altri. Ora so che quella storia, che causò sofferenza a tanti, era l’espediente. Il 13 ottobre 2012 sono tornata a Siviglia per una riunione commemorativa del passaggio di sensei in Spagna nel ’61. In Andalucia non c’è ancora un Centro culturale e in quell’occasione Nati e suo marito sono diventati membri. Quale gioia! Ho ripagato il mio debito di gratitudine verso chi, ventisette anni fa, ebbe la compassione del Budda di riconoscere la mia sofferenza e tentò di alleviarla. Ricordo le parole di Nichiren: «Uno è la madre di diecimila» e rido di gioia al pensiero. Nati diffonde l’insegnamento buddista a spron battuto. Ho sentito cosa significa allargare il cuore oltre i confini personali e geografici e comprendo il senso di missione. Ho trasformato così il mio legame con la Spagna. Ora si basa sulla Legge mistica e non sulla tendenza karmica. Ogni volta che ci andrò avrò un Gohonzon per praticare e molti amici nuovi da incoraggiare. E non è finita qui. Ecco gli effetti della “campagna andalusa” nella mia vita: il mio libro è stato tradotto in spagnolo. Ho trovato a Siviglia l’editore interessato a pubblicare il libro che sta per uscire. Sono stata invitata a partecipare a un convegno sulla scrittura femminile che si terrà a Madrid a fine ottobre, il cui titolo è “Ausencias…” (Assenze).

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