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Verso il 3 maggio, con il voto di maestro e discepolo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:24

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    Verso il 3 maggio, con il voto di maestro e discepolo

    Miriamo alla prossima tappa del 3 maggio, determinati a creare un’onda di crescita nei nostri gruppi, nei nostri settori, in particolare dei giovani! Il punto essenziale è mantenere un ichinen risoluto e pregare fino alla concretizzazione dei nostri obiettivi

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    Miriamo alla prossima tappa del 3 maggio, determinati a creare un’onda di crescita nei nostri gruppi, nei nostri settori, in particolare dei giovani! Il punto essenziale è mantenere un ichinen risoluto e pregare fino alla concretizzazione dei nostri obiettivi

    Tra poco è il 3 maggio, il giorno della Soka Gakkai, il giorno in cui Josei Toda (nel 1951) e Daisaku Ikeda (nel 1960) furono nominati presidenti. È anche il giorno delle madri Soka, che si dedicano senza sosta allo sviluppo di kosen-rufu.
    Come tutte le date collegate alla storia della Gakkai, è l’occasione per rinnovare la nostra determinazione e dare nuovo slancio alle attività di propagazione avvicinando al Buddismo i nostri amici e familiari.
    Qual è lo spirito con cui prepararci a questo giorno così importante?
    Sensei scrive che «il 3 maggio è il giorno in cui la Soka Gakkai determina di realizzare il grande voto di kosen-rufu attraverso la propagazione compassionevole del Buddismo, in completo accordo con il mandato del Budda Shakyamuni e di Nichiren Daishonin. Lo spirito del 3 maggio consiste in questo voto condiviso da maestro e discepolo. Formulare un voto personale e agire per realizzarlo è il vero atteggiamento di un Budda» (NR, 352, 11). In queste parole è racchiusa l’essenza del 3 maggio, che si tramanda grazie all’esempio dei tre presidenti.
    Adesso, in questo anno così cruciale, è importante rinnovare questo spirito mentre ci sfidiamo ogni giorno per realizzare gli obiettivi che ci siamo posti a livello personale e nelle attività per kosen-rufu. Il “segreto” è mantenere nel cuore questo voto di maestro e discepolo, decisi a concretizzare gli ideali del maestro e trasmetterli agli altri.
    Dove possiamo imparare questo spirito?
    Leggendo La rivoluzione umana e La nuova rivoluzione umana, che rappresentano il nostro “manuale” della fede. È lì che impariamo lo spirito di non arrendersi qualunque cosa accada, e di continuare a sfidarsi per adempiere il voto di kosen-rufu, ovvero la felicità di ogni persona. Quest’anno ci stiamo tutti impegnando per arrivare a 20.000 giovani membri in Italia. Ognuno sta cercando di allargare le proprie amicizie, creare nuovi legami.
    A proposito di questo sensei scrive: «Noi abbiamo la responsabilità di far crescere le persone a cui abbiamo fatto shakubuku, di agire insieme a loro fino a che non sono in grado a loro volta di introdurre altre persone al Buddismo. In altre parole, l’azione di shakubuku dura tutto il tempo necessario per far sì che una persona comprenda e metta in atto la pratica per sé e per gli altri» (NRU, vol. 30, cap. 5, p.ta 81).
    Con queste parole nel cuore, miriamo alla prossima tappa del 3 maggio, determinati a creare un’onda di crescita nei nostri gruppi, nei nostri settori, in particolare dei giovani! Il punto essenziale è mantenere un ichinen risoluto e pregare fino alla concretizzazione dei nostri obiettivi, senza nutrire dubbi.
    «Solo se abbiamo nel cuore la determinazione di riuscire assolutamente, continuando a sfidarci con passione, tentando e ritentando, sarà possibile trasformare un’epoca»: così ci esorta il presidente Ikeda (ibidem, p.ta 82), ma spesso per noi è difficile rimanere agganciati al cuore del maestro e mettere in pratica le sue guide.
    In ogni caso, se vogliamo dare una svolta alla nostra vita e alle nostre attività, senza accontentarci di ciò che abbiamo realizzato finora, è essenziale rinnovare noi stessi e ripartire dai punti essenziali della fede: Daimoku, studio e shakubuku.
    Ricordiamoci che il nostro impegno per kosen-rufu, la nostra rivoluzione umana e la trasformazione del karma non sono separate. Anzi, è proprio quando non lesiniamo i nostri sforzi per la Legge, per i compagni di fede, per kosen-rufu, che il potere del Gohonzon si manifesta in modo incredibile.
    Il Buddismo insegna che tutto dipende dal cambiamento di un singolo individuo, perciò è importante iniziare incontrando una persona, recitando Daimoku insieme, studiando il Gosho, incoraggiandoci reciprocamente. Come scrive il Daishonin: «Uno più uno diventa due, due diventa tre e così via fino a dieci, cento, mille, diecimila, centomila, un asamkhya. Comunque “uno” è la madre di tutto» (RSND, 1, 595).

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    Vivere con lo spirito di non arrendersi
    Estratto da una lezione di Daisaku Ikeda

    Il primo punto essenziale per vivere con lo “spirito di non arrendersi” è credere fino in fondo in se stessi. Credere fino in fondo nella natura di Budda insita in se stessi dal tempo senza inizio, senza dubitare mai, qualsiasi cosa accada. Questo è il requisito fondamentale di un praticante che ha “lo spirito di non arrendersi”. Nel Gosho Il conseguimento della Buddità in questa esistenza il Daishonin indica chiaramente che “chiunque può sicuramente diventare un Budda in questa esistenza”. Afferma inoltre che una persona che recita il Daimoku della Legge mistica, a prescindere da quali siano le condizioni attuali, sarà sicuramente in grado di aprire la strada per l’eterno futuro.
    L’esito finale, la vittoria o la sconfitta della propria vita, non può essere determinato a metà strada. Anche se dovessimo essere attaccati da ogni tipo di difficoltà o sofferenza, se continuiamo a recitare Daimoku e a vivere per realizzare kosen-rufu riusciremo sicuramente a trasformare ogni veleno in medicina.
    La vittoria nella vita di una persona si può ottenere attraverso una trasformazione radicale, un capovolgimento perseguito con tenacia, fino in fondo. Questa è la strada che conduce direttamente al conseguimento della Buddità in questa esistenza.
    Il Buddismo del Daishonin parte dalla consapevolezza che “dentro di noi vi è la grande condizione vitale del Budda”.
    Di conseguenza, la nostra preghiera non è una fede passiva che ci salva da qualcosa, a cui ci si aggrappa. È una lotta continua per riuscire a credere fino in fondo nelle proprie potenzialità, che permette di far emergere la condizione vitale di Buddità insita nella nostra vita.

    (di prossima pubblicazione)

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