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Un'organizzazione, perché? - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:30

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Un’organizzazione, perché?

Sovente ci si ritrova a parlare con i compagni di fede dell’organizzazione in termini entusiastici, critici o anche interrogativi. A volte ci sfugge l’importanza di farne parte, o sentiamo che ci limita, altre volte ancora abbiamo paura di perdere la nostra individualità. In queste pagine ci siamo posti alcune domande partendo da quelli che secondo noi sono gli aspetti più “critici” e abbiamo cercato ispirazione nelle parole del maestro

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Sovente ci si ritrova a parlare con i compagni di fede dell’organizzazione in termini entusiastici, critici o anche interrogativi. A volte ci sfugge l’importanza di farne parte, o sentiamo che ci limita, altre volte ancora abbiamo paura di perdere la nostra individualità. In queste pagine ci siamo posti alcune domande partendo da quelli che secondo noi sono gli aspetti più “critici” e abbiamo cercato ispirazione nelle parole del maestro

Perché è necessaria l’organizzazione? Qual è lo scopo della Soka Gakkai?

Forse la parola “organizzazione” può evocare un’immagine negativa ad alcune persone; ma in realtà qualunque cosa nella vita comporta una forma di organizzazione. Nel corpo umano, ad esempio, ci sono più di sessanta miliardi di cellule che lavorano in sintonia: è un’organizzazione veramente efficiente, dove ognuna di queste cellule realizza la sua funzione particolare in armonia con le altre. Tutta la vita funziona così: una stretta collaborazione e interazione reciproca sono gli elementi necessari per il funzionamento più efficace. Se abbiamo un grande obiettivo e vogliamo sviluppare noi stessi, è naturale che esista un sistema organizzato e finalizzato a perseguire questi scopi.
[…] La Soka Gakkai è un’organizzazione che lavora per realizzare il grande obiettivo di kosen-rufu, cioè per rendere concreto l’ideale di pace e felicità basato sulla filosofia di Nichiren Daishonin. Si basa proprio sullo spirito di incoraggiare con tutto il cuore l’altra persona, sul desiderio di vedere qualcun altro diventare felice. La nostra crescita si è sempre basata sui forti legami che si andavano formando tra gli individui. Per questo bisogna tenere sempre a mente che l’organizzazione esiste per la gente, e non viceversa, e riconosce come suo massimo valore la dignità di ogni essere umano. Per questo Toda dichiarò che la Soka Gakkai era più preziosa della sua stessa vita (D. Ikeda, I protagonisti del XXI secolo, esperia).

Il legame di maestro e discepolo è il cuore della Soka Gakkai. Vorrei comprenderne il significato.

Il sentiero di maestro e discepolo non è qualcosa di straordinario. Proprio come gli uccelli seguono la rotta degli uccelli e i pesci seguono la rotta dei pesci, anche gli esseri umani hanno la loro strada. Il sentiero di maestro e discepolo ci rende capaci di condurre l’esistenza più significativa possibile e di continuare a impegnarci per il nostro miglioramento. Anche in ambiti quali il mondo accademico, le arti e lo sport, ci sono maestri che insegnano la via corretta da seguire (NR, 561, 6).
Qual è il significato della non dualità di maestro e discepolo nel Buddismo? Fisicamente, il maestro e il discepolo sono ovviamente due entità separate. Ma nel cuore, nella Legge sostenuta da entrambi, sono inseparabili. Perciò è importante cercare un maestro che pratica correttamente la Legge, e proseguire sulla sua strada con la determinazione di condividerne perfettamente lo spirito. […] Il Buddismo esiste quando il discepolo fa suo lo spirito del maestro di procedere costantemente verso kosen-rufu. Senza questa relazione non può esserci alcun progresso (Saggezza, 3, 454). Fin quando lo spirito di maestro e discepolo prospererà, la Gakkai continuerà a svilupparsi in eterno.
[…] Anch’io mi sono dedicato con tutto me stesso al mio maestro Toda, l’ho protetto e ho assolto la mia missione di discepolo realizzando tutti gli obiettivi che mi ha indicato. Nel mio cuore parlo sempre con Toda. Mi chiedo continuamente cosa farebbe in una data situazione, e che cosa mi direbbe se vedesse quello che sto facendo. Un maestro è un modello di comportamento da seguire per tutta la vita (NRU, 17, 14).

Perché è così importante l’unità tra compagni di fede?

L’insieme dei praticanti buddisti può essere assimilato all’ordito e alla trama di un tessuto. Per tessere, si stende l’ordito nel senso della lunghezza e poi lo si intreccia con la trama. L’ordito rappresenta il legame tra maestro e discepolo e la trama quello tra i membri. Quando questi si intrecciano si crea lo splendido broccato di kosen-rufu. Finché alla base della Soka Gakkai vi sarà la relazione tra maestro e discepolo, sarà possibile formare uno splendido disegno di solidarietà fra i discepoli […].
L’unità nella fede è la chiave affinché kosen-rufu diventi realtà. La pratica buddista non è qualcosa che possiamo portare avanti per conto nostro. Per andare avanti è vitale incoraggiarci e sostenerci a vicenda, essere “buoni amici” gli uni degli altri. La pratica buddista è una lotta costante contro gli ostacoli e le forze demoniache. Per questo l’unità di “diversi corpi, stessa mente” è così importante (cfr. D. Ikeda, Il mondo del Gosho, esperia, pag. 174).

Ma così non si mette in secondo piano l’individualità di ognuno? Cosa significa “diversi corpi, stessa mente”?

“Diversi corpi” significa permettere a ciascun individuo di dare ampio respiro al suo potenziale e alla sua individualità. “Stessa mente” significa che ciascuno lavora in simbiosi con gli altri, basandosi sulla fede e condividendo lo stesso obiettivo e lo stesso proposito. Questa è la vera unità. “Diversi corpi, stessa mente” può essere paragonato a un boschetto di bambù nel quale ogni canna cresce individualmente, anche se le loro radici sono strettamente avviluppate e unite alla stessa terra […]. La vera unità si raggiunge solo quando ognuno ha la forza di alzarsi da solo e ha la convinzione e la fermezza per avanzare anche se si ritrova da solo. La dipendenza dagli altri non è una buona condizione (D. Ikeda, Preghiera e azione, 71).

A volte sento il rischio che far parte di un’organizzazione limiti la mia libertà…

Questo è sicuramente l’aspetto negativo che le organizzazioni possono avere. In ogni caso, rimanere da soli è davvero indice di libertà? Rifuggire dagli sforzi e limitarsi a fare solo ciò che ci piace non è libertà, è semplicemente irresponsabilità ed egoismo. La libertà esiste nell’autocontrollo. Ci sono tanti aspetti che possono contribuire a farvi sentire liberi: le capacità intellettuali, la buona salute, la resistenza fisica, la forza mentale ed emotiva, la capacità di prendervi cura di voi stessi e di mantenervi economicamente. Ma la qualità più importante è la condizione spirituale, lo stato vitale. Potete evitare gli sforzi dichiarandovi uno spirito libero, ma non potete sfuggire a voi stessi, alla vostra debolezza, alla vostra personalità e al vostro destino. Sarebbe come sfuggire alla propria ombra. La vita è una lotta per conquistare una suprema e illimitata libertà. Lo scopo della fede è forgiare questo tipo di io. La fede ci consente di ottenere uno stato di insuperata libertà (Ibidem, 67-68).

Come fare quando proprio non si riesce ad andare d’accordo con un compagno di fede?

In ogni gruppo di persone ci sarà sempre qualcuno con cui non si va d’accordo e inevitabilmente sorgeranno incompatibilità. Da un lato, provare questi sentimenti è del tutto umano e naturale, quindi non c’è da preoccuparsi. Al tempo stesso però, è stupido farsi sviare dalle simpatie o antipatie personali e trascurare per questo la pratica buddista. Agire in questo modo significa solo lasciare aperta una breccia alle funzioni demoniache, cadendo preda di queste forze negative. Per questo Nichiren ammonisce severamente i suoi seguaci dicendo di non parlare male gli uni degli altri: «Per quanto possa non piacerti, devi stringere rapporti amichevoli con loro» (RSND, 1, 753); «La cosa importante è mantenere buoni rapporti con coloro che credono in questo insegnamento, non è vedere, sentire o dire ciò che può dispiacerti» (RSND, 1, 806).
Il Daishonin afferma che quando le persone si abituano a criticare gli altri, non si liberano mai di questo atteggiamento sbagliato e sembrano essere destinate ai cattivi sentieri. Perciò sostiene: «Dovete rispettarlo come fareste con il Budda» (RSND, 1, 671).
Essere mossi dallo stesso ideale e discutere insieme apertamente è fondamentale. In qualsiasi situazione il dialogo è uno sforzo positivo, che crea solidarietà e costruisce unità. Rifiutare gli altri provoca solo ripercussioni negative, invita alla divisione e conduce alla distruzione. Il punto è incontrarsi e parlare. È normale che a volte si abbiano punti di vista diversi, ma il dialogo fa sorgere fiducia, anche tra coloro che non hanno le stesse idee. Anche nella società la comunicazione è il fondamento per la pace, mentre il rifiuto è la strada per la guerra.
Il Daishonin scrive: «Anche un estraneo, se riesci a comunicare con lui cuore a cuore, potrà mettere a rischio la propria vita per te» (RSND, 1, 394); […] dice anche: «Dovreste sempre conversare insieme per liberarvi dalle sofferenze di nascita e morte e raggiungere la pura terra del Picco dell’aquila dove potrete annuire l’uno all’altro e parlare con un’unica mente» (RSND, 1, 808). Sono davvero molte le affermazioni di questo tipo in tutti gli scritti di Nichiren. Dopo tutto, i legami tra compagni di fede che hanno lottato insieme per realizzare kosen-rufu sono eterni. Magari vi capiterà di pensare: «Una sola vita insieme a quello mi basta!», ma l’importante è lavorare insieme al fine di trasformare in maniera radicale il nostro stato vitale.
Come dice Nichiren: «Vi siete intrattenuto con un amico nella stanza delle orchidee e vi siete raddrizzato come l’artemisia che cresce fra la canapa» (RSND, 1, 24). Il punto è che le persone cambiano. E se noi non cambiamo in meglio, che senso ha la pratica buddista? (cfr. D. Ikeda, Il mondo del Gosho, esperia, pag. 175-7).

Le riunioni a volte mi sembrano noiose e poco incoraggianti.

È importante ricordare che tutto dipende da noi stessi: se si è davvero determinati a crescere “assorbendo” continuamente, sarà più facile apprendere qualcosa da qualunque riunione a cui si partecipa. In ogni caso, se le riunioni a cui partecipiamo sono noiose e improduttive, la cosa più importante è fare noi per primi lo sforzo di cambiare la situazione. L’organizzazione è un mezzo, non è il fine e quindi non è perfetta.
Nei primi anni di pratica io stesso non ero soddisfatto della Soka Gakkai come organizzazione: a quei tempi non si era particolarmente impegnati in attività culturali e io non riuscivo proprio a farmi piacere un’organizzazione così. Venuto a conoscenza del mio malcontento, il presidente Toda mi disse: «Se è questo ciò che provi, perché non crei un’organizzazione che ti piaccia? Lavora duramente e dedicati sinceramente a costruire un’organizzazione ideale attraverso i tuoi sforzi!» (cfr. D. Ikeda, Preghiera e azione, pag. 75).
La storia è creata dalle persone. Ognuno di voi è un protagonista chiave di questa impresa. Non contate sugli altri. Alzatevi risolutamente. Aprite un varco nel guscio del vostro piccolo io. Una nuova era si apre affrontando nuove sfide. Avanzate e migliorate voi stessi giorno dopo giorno. Vincete coraggiosamente oggi. Questa è la formula per raggiungere la vittoria completa (NRU, 2, 143).

Qual è il ruolo dei responsabili?

Così spiegava Toda: «I responsabili non devono assolutamente essere arroganti. Non devono opprimere gli altri.» […] È importante che un responsabile sia una persona seria, affidabile, educata, gentile, paziente, di larghe vedute: la lista potrebbe anche allungarsi. Queste qualità non devono essere viste come straordinarie perché sono quelle che rendono ognuno di noi un essere umano vero e completo e andrebbero coltivate e rafforzate quotidianamente. Ciò comporta, da parte nostra, la ricerca di un continuo miglioramento della propria personalità: un’accelerazione giornaliera della propria rivoluzione umana. Un’organizzazione, anche se nata per realizzare un nobile scopo, acquista valore attraverso le qualità umane delle persone che ne fanno parte (Vi affido i membri della Soka Gakkai, pag. 23).

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Per me la Soka Gakkai è…

Gianmarco, 23 anni: La Soka Gakkai rappresenta oggi l’unica speranza concreta per molti giovani che, come me, provengono da percorsi e realtà sociali che li hanno privati del loro valore e della loro utilità nel mondo. Se penso a qualcosa da migliorare mi vengono in mente gli zadankai: mi piacerebbe che ci fosse almeno un membro con tanta esperienza di fede per evitare confusione tra i principianti e per non cadere nell’opinione personale riguardo al Buddismo.

Ludovica, 21 anni: È un luogo che permette alle persone di essere ciò che sono veramente mettendo in luce la loro parte più preziosa, un luogo in cui le differenze sociali e culturali diventano l’occasione per apprezzare ciò che è diverso. Penso che la Soka Gakkai svolga un ruolo complesso nella società perché diffonde valori molto belli ma altrettanto difficili, che vengono percepiti dalle persone come impossibili da applicare: ad esempio la compassione.

Isabella, 15 anni: Per me è come una casa dove mi sento a mio agio e ho la fiducia di trovare sempre qualcuno che può rispondere alle mie domande e chiarire i miei dubbi, dove ho la libertà di esprimere me stessa senza essere giudicata, ma anzi ascoltata e valorizzata. Vedo che la Gakkai ha un illimitato potenziale per la nostra epoca, un tesoro di cui molte persone non sanno l’esistenza. In una società in cui dominano i conflitti, è fondamentale rispettare la nostra vita e quella degli altri. Ho constatato che ciò è possibile praticando e quindi mi sto impegnando, nel mio piccolo, a contagiare con questa felicità le persone che mi stanno a cuore.

Ersilia, 29 anni: All’inizio mi sono sentita attratta, perché è bellissimo far parte di un gruppo e al tempo stesso mantenere la propria individualità. Quando poi mi hanno dato delle “direttive” mi sono bloccata, perché io mi chiudo quando mi dicono cosa fare. Poi però ho capito che erano consigli, e che ognuno ha un suo modo di esprimersi.

Lorenzo, 26 anni: La Soka Gakkai mi ha insegnato a vivere insieme alle persone, ad amarle e a chiedere aiuto quando mi trovo in difficoltà. Ho imparato che la vita di ognuno ha un valore immenso e che la felicità è autentica solo se è condivisa.

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Una fede più forte del conflitto

Arrabbiata, delusa, mortificata; e non era la prima volta. Mi sentivo un membro di “serie B”. Una compagna di fede mi disse: «Vai oltre, non fermare la tua vita». Invece stavo così male che saltai lo zadankai successivo e poi la riunione di studio. Misi tutto a tacere, in un angolo del mio cuore. Decisi di praticare al di fuori della Soka Gakkai e cercai su Internet tutte le scuole Nichiren. Iniziai a seguire le lezioni di una di queste scuole. La mia vita personale si arenò, mi sentivo persa, con un peso enorme sul cuore. Tenni tutta questa confusione dentro di me per cinque mesi senza parlarne con nessuno, finché un’amica che non sentivo da tempo mi chiamò.
Finalmente mi sentii più leggera. Trascorremmo il pomeriggio insieme, mi ringraziò per essermi aperta con lei e mi incoraggiò a fare Daimoku cercando il cuore del mio maestro. Riuscì a trasmettermi il suo calore e la sua convinzione. Da quel momento iniziai a recitare per sentire sensei al mio fianco. Mi venne in mente una guida ricevuta anni prima: affrontare i momenti difficili utilizzando il Gosho come un “libro di istruzioni”. L’indomani ritornai, dopo mesi, alla riunione di studio. Ero felice, avevo deciso: non avrei più seguito la mia oscurità. Lì una ragazza disse che i tesori del cuore riguardano lo splendore della natura di Budda lucidata dalla fede: ecco cosa avevo perso, la fede, la cosa più importante! Le cose accadono e i conflitti sono all’ordine del giorno, ma non dobbiamo mai dimenticare i nostri obiettivi, il nostro voto. I responsabili possono sbagliare, ma anche loro stanno recitando Daimoku per migliorare e io, se voglio realizzare kosen-rufu, devo proseguire al loro fianco. Così la mia rivoluzione umana illuminerà anche la strada degli altri e il mio beneficio sarà per tutti.
Il mio Daimoku non è più stonato, assumendomi la responsabilità della mia vita tutto il puzzle si ricompone. Nei giorni successivi, dopo averla cercata in lungo e in largo, per tanti mesi e invano, all’improvviso mi imbatto nella casa che combacia perfettamente con i miei desideri… proprio a pochi passi dalla casa che mi aveva accolta alla riunione di studio qualche sera prima.
Rosa Calzana

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