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Un'ondata di prove concrete / 07 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:25

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Un’ondata di prove concrete / 07

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Da giovane imprenditore che ha costruito una solida attività, ci racconti la tua prima esperienza sul lavoro?

Nel 2005 l’azienda per cui lavoravo nel mondo della pelletteria si era talmente ingrandita che i titolari decisero di affidare ad alcuni dipendenti certi settori della produzione, creando delle piccole società. Con altre quattro persone ne aprimmo una che si occupa della produzione delle borse. Dopo un po’ di tempo uno dei soci mi accusò alle spalle di aver rubato dei soldi della società, parlando male di tutta la mia famiglia, persino di mio padre che era morto un anno prima e dicendo che ero un tipo poco raccomandabile. Lì per lì mi sono arrabbiato, ho pianto, se non avessi avuto il Gohonzon avrei sicuramente fatto qualche sciocchezza. Invece sono andato subito a recitare Daimoku e ho sentito che con la fede potevo vincere sulla calunnia facendo emergere la verità.
Con questa convinzione tranquillizzai anche i miei fratelli: dovevamo solo stare attenti a non insultarlo, perché non avremmo offeso lui, ma la nostra stessa vita e avremmo fatto vincere la tendenza a disprezzare. Come afferma il Gosho: «Disprezzare una persona è disprezzare il Budda stesso» (Le quattordici offese, RSND, 1, 670).
In quell’occasione i miei due fratelli hanno cominciato a praticare il Buddismo. Nonostante fosse un periodo difficile, il fatto di approfondire la fede e studiare il Buddismo l’ha reso un momento proprio bello della mia vita.
Un compagno di fede mi parlò di una guida di Toda che mi incoraggiò tantissimo: «Se qualcuno cerca di farvi licenziare, se credete nel Gohonzon sarà quella persona a essere costretta a dare le dimissioni o a essere retrocessa» (Saggezza, 3, 286).
Dopo un po’ quel socio, insieme alla moglie, decise di uscire dalla società. Non avevamo i soldi per rilevare le loro quote e inoltre la società aveva dei debiti. L’unica soluzione sembrava chiudere, ma in questo caso avremmo dovuto pagare ancora di più. Inaspettatamente il direttore aziendale decise di pagarci tutti i debiti mettendo in pari il bilancio della società permettendoci, a sue spese, di aprire una nuova “ragione sociale”: mi ritrovavo così con una nuova società e una base economica per ripartire. La situazione, iniziata con una calunnia, si è trasformata in un beneficio.
Fu la prima volta che sentii di aver fatto un’esperienza completamente con la fede. È stata una dura prova, andata avanti per più di un anno, ma che vittoria! Con l’apertura della nuova società è iniziata un’altra fase.

Cosa è successo?

Economicamente le cose continuavano a non andare bene. Prima ero apprendista, ora avevo una società con quindici dipendenti senza alcuna esperienza da imprenditore. I primi anni, ogni volta che chiudevamo i conti eravamo in perdita, ma il direttore vedendo il nostro impegno, risanava sempre la situazione. Nel 2008 c’era crisi nel lavoro, così recitavo Daimoku per capire come superare quel brutto momento.
Ho cominciato a ragionare sui tempi di produzione e la sera mi fermavo in ufficio per trovare il modo di migliorarli. Una volta il direttore passando mi chiese su cosa stessi lavorando, glielo spiegai e iniziò a collaborare con me per trovare una soluzione. In un anno e mezzo ci siamo inventati un sistema che in Italia non esisteva: un programma informatico che consente di stabilire i tempi necessari in ogni fase produttiva per realizzare un certo articolo.

Questa invenzione è stata sicuramente importante. Ha cambiato la qualità del lavoro?

Creare questo programma è stata una grandissima esperienza, abbiamo reso il lavoro degli operai più efficiente e razionale. Fabio, il direttore aziendale, portava i manager di Gucci, di Bottega Veneta, di Saint Laurent, a vedere quello che avevamo inventato. Io ho la terza media, e grazie alla pratica buddista questa cosa non mi ha più limitato. Da quando ho conosciuto il Buddismo ho aperto la mia vita.
Quando parlo con i giovani, raccontando la mia esperienza nel lavoro, li incoraggio a credere che anche loro, se si impegnano al massimo, possono realizzare tutto quello che vogliono. Prima mi limitava tanto non aver studiato, vedevo gli amici che andavano avanti, io invece mi sentivo sempre uno “zero”, nessuno mi spronava a studiare, ma grazie al Buddismo ho cominciato a scrivere e a leggere e ho imparato che posso tirar fuori qualsiasi cosa da me stesso. Questa pratica mi ha salvato la vita. Non è una semplice bella esperienza, io grazie alla fede ho cominciato a vivere veramente!

Gli altri aspetti della tua vita come andavano?

Era un periodo in cui facevo shakubuku tutti i giorni condividendo con quante più persone possibile i benefici della pratica. I miei due fratelli hanno ricevuto il Gohonzon e la mia mamma, che è diventata membro della Soka Gakkai, una volta ha detto: «Come sto bene! Non abbiamo niente, ma sto proprio bene!». Andavo a mille e Fabio un giorno mi disse che mi brillavano sempre gli occhi e che gli piaceva che nonostante fossi così impegnato ero sempre gentile con tutti.
Era colpito dalla mia condizione vitale, perciò decise di venire a una riunione. È un grandissimo imprenditore, una persona straordinaria, sono felice di avergli fatto conoscere il Buddismo.
Nel 2007 lavoravo tantissimo, dalle sei di mattina alle sette di sera, ma con una tale gioia! Mi ritagliavo solo il tempo per andare alle riunioni. Tutto il mio tempo libero era dedicato all’attività per gli altri, poi tornavo al lavoro. Quell’anno nel gruppo buddista di Valentano ci fu una grandissima crescita.

Come ha superato le difficoltà economiche la tua azienda?

Nel 2009 ci fu un grande incremento economico proprio grazie al sistema che avevamo inventato. Così pian piano ho cominciato a guadagnare e questo mi ha permesso di sostenere anche mia mamma. Le cose sono cambiate, ma non piove niente dal cielo, non è perché faccio Daimoku che arrivano i soldi. Bisogna sforzarsi, allora sicuramente si creano le circostanze giuste. Due anni fa ho fatto una grande esperienza quando Fabio decise di portare a Valentano la produzione di una grande firma della moda e mi chiese di raddoppiare il personale.
Il fatto di assumere più personale nuovo che non conosceva il lavoro, aspirare a fare dei buoni prodotti e avere anche un profitto era un’idea folle. Raddoppiare il personale, però, significava creare lavoro a Valentano per circa centocinquanta persone!
Ero preoccupato, ma recitando Daimoku cominciai a sentire che dietro questa richiesta c’era l’occasione di dimostrare il potere del Gohonzon. Sensei ci incoraggia sempre a mostrare la prova concreta.
Le persone nella società hanno bisogno di vedere dei risultati concreti per capire quanto è potente il Gohonzon. Perciò accettai la sfida. Ora dovevo chiedere ai dipendenti se volevano sfidarsi insieme a me. Ho sempre creato dei bei rapporti con tutti loro, con la convinzione che chi viene a lavorare per me deve svegliarsi la mattina contento di farlo, sentire che siamo una famiglia.
Li ho riuniti per decidere tutti insieme se accettare la proposta; stavo chiedendo loro di lavorare quasi sedici ore al giorno per poter continuare la produzione e fare contemporaneamente la formazione ai nuovi apprendisti. Incredibilmente hanno accettato tutti!
Li abbiamo pagati bene, abbiamo dato loro tutto il ricavato di quel mese. Anche i nuovi apprendisti, tutti giovani, sono rimasti, nessuno è andato via.
Ci fu un profitto enorme, siamo riusciti a guadagnare un sacco di soldi. Tutto è cambiato nel momento in cui ho deciso di accettare quella sfida per kosen rufu.

Che rapporti hai con i tuoi concittadini?

In paese tutti sapevano in che condizione era la nostra famiglia.
Noi figli avevamo un sacco di problemi, la nostra vita girava intorno al mondo della droga. Da quando ho iniziato a praticare il Buddismo ci fu una svolta nella nostra famiglia. Anche i miei fratelli ne sono usciti, uno lavora con me, l’altro è parrucchiere. Quando esco per strada le persone mi salutano con rispetto e sanno che pratichiamo tutti. Valentano è una cittadina di tremila abitanti, ci sono due luoghi di riunioni, in un anno abbiamo consegnato dodici Gohonzon.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Tutto quello che so fare l’ho imparato dall’esempio del maestro Ikeda. Grazie all’attività nella Soka Gakkai ho capito che la cura delle persone è l’aspetto più importante per realizzare qualsiasi cosa. Ho deciso di cercare sempre nuove sfide per approfondire la fede e migliorare come essere umano. In particolare nel lavoro, sto sperimentando un nuovo sistema di gestione del personale che consenta agli operai di migliorare la propria condizione di vita, anche in un’attività lavorativa così intensa. La cosa che mi stupisce è la fiducia che ricevo ogni volta dalle persone, sia dai dipendenti che dai miei capi. Perciò voglio fare del mio meglio per rispondere a questa sincerità e portare un miglioramento nell’ambiente che mi circonda.

Come vuoi concludere questa intervista?

Nel lavoro e nei momenti di turbolenza ho sempre vinto concentrandomi sul presente: quello che faccio ora costruirà il mio domani.
Se mi guardo intorno non c’è speranza, ma se guardo dentro di me è diverso. Davanti al Gohonzon la mia vita si muove, nasce la certezza che posso fare qualsiasi cosa. Dedicare la vita a kosen-rufu è la gioia delle gioie e la buona fortuna si esaurisce se kosen-rufu non è al primo posto. Nichiren Daishonin scrive: «Da innumerevoli kalpa avete sacrificato la vostra vita un numero di volte superiore ai granelli di polvere della terra per i genitori, i figli o le terre, ma non una sola volta avete dato la vita per il Sutra del Loto» (Le azioni del devoto del Sutra del Loto, RSND, 1, 677).
Le parole di Nichiren Daishonin sono vere. Sensei fa così, in ogni cosa mette sempre al primo posto il desiderio di far sviluppare la Soka Gakkai.
Prima di venire a fare quest’intervista ho fatto shakubuku a un mio collaboratore e una ragazza che lavorava con noi mi ha detto che ha cominciato a praticare. Mi ha riempito il cuore di gioia. Condividere il Buddismo con gli altri mi ha permesso di non perdere mai la direzione. Lo shakubuku è il timone di tutto.

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