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Uno strumento per trasformare la vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:11

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Uno strumento per trasformare la vita

Marco Antonelli, Roma

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«Lo stesso vale per un Budda e una persona comune. Quando una persona è illusa è chiamata essere comune, quando è illuminata è chiamata Budda. È come uno specchio appannato che brillerà come un gioiello se viene lucidato. Una mente annebbiata dalle illusioni derivate dall’oscurità innata è come uno specchio appannato che, però, una volta lucidato, sicuramente diverrà limpido e rifletterà la natura essenziale dei fenomeni e il vero aspetto della realtà. Risveglia in te una profonda fede e lucida con cura il tuo specchio notte e giorno. Come dovresti lucidarlo? Solo recitando Nam-myoho-renge-kyo»

(Nichiren Daishonin, Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 4)

La prima volta che la mia amica Laura – alla quale sarò grato per sempre per avermi parlato del Buddismo di Nichiren Daishonin – mi accompagnò a uno zadankai mi portò un fogliettino con questa frase di Nichiren Daishonin.
Avevo ventidue anni e un lavoro a tempo indeterminato, quindi anche un’indipendenza economica. Tuttavia mi sentivo proprio come descrive questo Gosho: 

«Una mente completamente annebbiata dalle illusioni» 

Cosi iniziai a praticare il Buddismo. Ho cominciato a recitare Nam-myoho-renge-kyo prima di conoscere i concetti fondamentali e mi colpì profondamente il fatto che nonostante non avessi ancora approfondito il significato della frase che stavo recitando, sentivo dentro di me un benessere che non avevo mai provato.
Continuando a praticare il mio primo grande beneficio fu di sentirmi più forte. Iniziai a vedere le stesse cose di prima con un’ottica differente e avevo uno stato vitale completamente diverso. 

Studiando gli insegnamenti di Nichiren Daishonin e coltivando il mio legame con il presidente Ikeda raggiunsi ben presto una felicità che consideravo irraggiungibile fino a poco tempo prima.
Considero una grande fortuna aver potuto basare, da quel primo zadankai in poi, la mia vita sulla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo e, quindi, sul far emergere la natura di Budda dal profondo di me stesso. Da quel momento, infatti, ho potuto contare su uno strumento per trasformare tutte le difficoltà e le sfide: il Daimoku, lo studio del Gosho e le guide del maestro Ikeda.
Negli anni sono riuscito ad affrontare la disarmonia che regnava nella mia famiglia, la morte prematura di mia madre, la difficoltà di avere figli e la costruzione di una nuova famiglia con mia moglie Nina, le sfide nel lavoro, le sfide per il movimento di kosen-rufu, per diffondere il Buddismo…
Ho tenuto sempre dentro al mio cuore questa frase di Sensei: 

«Niente, del resto, può eguagliare il suono del Daimoku. Coloro che cavalcano questo suono non devono preoccuparsi o temere nulla. Niente è più forte del Daimoku. Lo sviluppo notevole che ha avuto oggi la SGI è avvenuto perché abbiamo marciato con questa fiducia incrollabile» (Buddismo oggi, 1996, pag. 42)

Tutte queste sfide e difficoltà sono state molto importanti perché mi hanno permesso di sperimentare il potere del Gohonzon. Oggi sento una profonda gratitudine per Nichiren Daishonin, per i maestri Makiguchi e Toda che hanno protetto a costo della vita gli insegnamenti di Nichiren, e per il maestro Ikeda che grazie alla sua determinazione di diffondere il Buddismo del Daishonin in tutto il mondo mi ha permesso di incontrare il Buddismo e trasformare la mia vita.

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