Il rapporto tra maestro e discepolo è un legame indistruttibile che mira a dare un contributo notevole alla trasformazione del destino dell’umanità. Lo stesso eterno legame condiviso da Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e Daisaku Ikeda
«Non è dovuto alla relazione karmica formata nel passato se ora sei diventato discepolo di Nichiren? Certamente i Budda Shakyamuni e Molti Tesori lo sanno. Le parole del sutra “le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri” non possono essere false» (L’eredità della Legge fondamentale della vita, RSND, 1, 190)
Innanzitutto colgo l’occasione per ringraziare profondamente tutti i membri “senza corona” che si dedicano ogni giorno con grande impegno alla distribuzione del Seikyo Shimbun. Ogni giorno recito Daimoku con tutto il cuore per la loro salute e perché le loro attività si svolgano senza incidenti.
La relazione tra maestro e discepolo nel Buddismo è indistruttibile e attraversa l’eternità del tempo.
Io continuo ad avanzare «giorno dopo giorno e mese dopo mese» (Le persecuzioni che colpiscono il santo, RSND, 1, 885) insieme al mio maestro, il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda. Il maestro e il discepolo formano un tutto unico. Condividono la stessa lotta, determinando lo stesso obiettivo, assumendosi la stessa responsabilità.
Io inizio ogni giornata salutando il mio maestro e promettendogli nel profondo del cuore: «Anche oggi il tuo discepolo lotterà e vincerà!». Con questa determinazione mi accingo a guidare il movimento di kosen-rufu in Giappone e nel mondo e la sera riferisco al mio maestro Toda i risultati delle attività a cui mi sono dedicato con coraggio durante la giornata. La mia vita quotidiana è fatta di questa lotta. Sono passati sessantacinque anni dal primo incontro con il mio maestro. In ogni momento ho combattuto insieme a lui fino in fondo. Il messaggio di Josei Toda continua senza alcun dubbio a vivere attraverso di me. È sempre con me adesso, lo è stato nel passato e lo sarà nel futuro.
Il mio primo incontro con Josei Toda avvenne durante una riunione di discussione organizzata nella circoscrizione di Ota a Tokyo.
Era un giovedì sera, il 14 agosto 1947, lui aveva quarantasette anni, io diciannove. In quell’occasione gli domandai: «Qual è il modo giusto, il modo corretto di vivere?». Toda, fissandomi negli occhi, mi rispose: «Nel lungo corso della vita di una persona sorgono problemi di varia natura e difficile risoluzione. Gli esseri umani, per poter vivere, devono essere in grado di comprendere la questione della vita e della morte. Questo è il punto. Se non si risolve correttamente quel problema, non si potrà vivere in modo veramente giusto».
È fondamentale per l’umanità giungere alla comprensione che non esiste nessun modo al di là della fede nel Buddismo di Nichiren Daishonin per risolvere questo mistero. Un maestro come Josei Toda, che aveva maturato una così grande convinzione, si era messo tranquillamente a conversare con me, un giovane sconosciuto. La mia battaglia, basata sulla relazione di non dualità con il mio maestro, ebbe inizio da quell’incontro.
Ho seguito il mio maestro nella sua lotta per kosen-rufu per più di dieci anni, periodo in cui mi sono formato sotto la sua guida e di cui vado fiero più di qualunque altra cosa. Cento o mille anni di vita non potrebbero eguagliare il valore che riveste per me quel periodo.
Le parole dedicate a Sairen-bo
Nel Gosho che approfondiremo in questa puntata, L’eredità della Legge fondamentale della vita, viene rivelata l’essenza fondamentale dell’insegnamento buddista, ovvero la relazione tra maestro e discepolo.
«Non è dovuto alla relazione karmica formata nel passato se ora sei diventato discepolo di Nichiren? Certamente i Budda Shakyamuni e Molti Tesori lo sanno. Le parole del sutra “le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri” non possono essere false» (L’eredità della Legge fondamentale della vita, RSND, 1, 190).
Il Daishonin chiede a Sairen-bo se non sia diventato suo discepolo in quest’esistenza grazie alla relazione karmica creata nel passato. E aggiunge che i Budda Shakyamuni e Molti Tesori lo sanno con certezza. Non è possibile che le parole del sutra «le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri» siano false.
Questa lettera inviata da Nichiren al discepolo Sairen-bo, l’11 febbraio 1272 durante l’esilio a Sado, costituisce un importante trattato sulla dottrina buddista. Sairen-bo, era uno studioso di Buddismo Tendai che, per qualche motivo, era stato esiliato a Sado. E qui, attratto da Nichiren Daishonin e dal suo insegnamento, si era convertito a esso. Non solo fu un discepolo particolarmente intelligente e dotato di una profonda conoscenza della filosofia buddista, ma dimostrò sempre un appassionato spirito di ricerca. Ci sono pervenuti numerosi scritti importanti a lui inviati, come L’eredità della Legge fondamentale della vita e Il vero aspetto di tutti i fenomeni, dove vengono illustrati i princìpi ultimi della filosofia buddista.
Sairen-bo conobbe Nichiren a Sado, il luogo in cui fu esiliato, e determinò di percorrere fino in fondo la via del discepolo, affrontando insieme a lui grandi avversità e persecuzioni. La relazione karmica che lo univa al suo maestro era veramente mistica.
Il Daishonin loda profondamente Sairen-bo, che dimostrò la veridicità delle parole del settimo capitolo del Sutra del Loto, “La parabola della città fantasma”: «Le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri».
I maestri e i discepoli rinascono continuamente insieme in varie terre del Budda per dedicarsi alla pratica buddista. Il sutra rivela quindi esplicitamente che la relazione di causalità che unisce il discepolo al maestro non sussiste unicamente nella loro vita presente, ma per l’eternità. Potremmo dire quindi che l’argomento fondamentale del Sutra del Loto è la relazione di non dualità tra maestro e discepolo.
Possiamo cogliere la profonda compassione e saggezza del maestro Shakyamuni nel suo impegno affinché i discepoli, creando una relazione di non dualità con il proprio maestro, diventino consapevoli della capacità che possiedono di elevare il proprio stato vitale, fino a conseguire la Buddità.
I tre cicli di predicazione del Budda
Nel Sutra del Loto, il concetto di non dualità tra maestro e discepolo viene esposto da tre punti di vista a seconda del livello di comprensione dei discepoli “ascoltatori della voce” di Shakyamuni: dal punto di vista dottrinale, mediante una parabola, e infine attraverso la relazione esistente tra lui e i suoi discepoli sin dal remoto passato.
Non bisogna accontentarsi di manifestare nella propria vita la condizione di ascoltatori della voce o di risvegliati all’origine dipendente; tutti siamo in grado di conseguire lo stesso stato vitale del maestro, quello di Budda e di bodhisattva.
Si parla di “tre cicli di predicazione” in quanto per tre volte viene esposto l’insegnamento che porta i discepoli a risvegliarsi all’esistenza della relazione di non dualità tra maestro e discepolo.
Il maestro continua ripetutamente e con tenacia a guidare i suoi discepoli fino al momento in cui possono conquistare la vittoria nella propria vita. Il passo del sutra «le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri» viene esposto durante il terzo ciclo di predicazione (della relazione esistente tra lui e i suoi discepoli sin dal remoto passato). Ciò significa quindi che la relazione di causalità tra il Budda e tutti gli esseri umani non si è formata in quest’esistenza, ma ha continuato a esistere da un passato infinitamente remoto, sin dall’epoca in cui praticavano il Buddismo nell’esistenza passata.
Shakyamuni spiega che in un passato remoto di “tanti kalpa quanti i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi” (giap. sanzen-jintengo), prese le vesti del sedicesimo principe, un Budda chiamato Tathagata Grande Saggezza Universale, e diffuse l’insegnamento del Sutra del Loto per dare la possibilità alle persone di conseguire la felicità. Aggiunge che le persone che stavano ascoltando il suo insegnamento avevano in realtà creato una relazione di causalità con lui quando egli era quel principe nel remoto passato.
Poi espone l’insegnamento secondo cui «le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri».
La relazione karmica tra maestro e discepolo, quindi, è eterna.
I discepoli che ascoltano la predicazione di Shakyamuni provano per il maestro una profonda ammirazione e un’immensa gioia, percependo la relazione di non dualità tra maestro e discepolo nel profondo della loro vita, e giungono alla convinzione dell’esistenza di tale relazione, non da un punto di vista dottrinale o allegorico, ma attraverso la spiegazione della relazione di causalità.
Sairen-bo era sicuramente a conoscenza di questi versi del sutra, ma per comprendere una tale realtà nel profondo della propria vita ebbe tuttavia bisogno della relazione personale con un grande maestro, nella quale quest’ultimo trasfuse tutto il suo essere.
Leggendo l’affermazione di Nichiren secondo cui “le parole del sutra non possono essere false”, Sairen-bo si sarà senz’alcun dubbio convinto della profonda relazione karmica esistente tra lui e il suo maestro.
Le auree parole del Tathagata contengono sempre verità assolute. Tuttavia, per una persona comune che ha una comprensione superficiale delle cose, è difficile crederci. A volte, infatti, potrebbe pensare che siano racconti fantastici, lontani dalla realtà. Ma, incontrando un maestro che incarna la Legge mistica e percependo la sua vasta e illimitata condizione vitale, il discepolo potrà prendere naturalmente coscienza della verità di quest’insegnamento e comprenderla attraverso la propria esperienza personale. La compassione del maestro è più grande e profonda di quanto un discepolo possa pensare. La presenza del maestro lo rende in grado di rompere quel piccolo guscio che di fatto è il suo stato vitale e di elevarlo sempre più in alto.
Nel Buddismo i protagonisti sono le persone comuni
La maggior parte dei discepoli che hanno ascoltato l’insegnamento di Shakyamuni si sono risvegliati comprendendo la profonda relazione di causalità che li univa al Budda.
Le persone che percepiscono attraverso la propria vita l’umanità, la compassione e lo stato vitale del maestro, che lo rispettano dal profondo del cuore e che si impegnano al massimo per mettere in pratica il suo insegnamento, possono essere considerate discepoli che ereditano direttamente il suo spirito.
Sairen-bo, uno dei discepoli del Daishonin che si distingueva per le sue eccellenti capacità di comprensione, colse profondamente il cuore della Legge mistica quando oltrepassò lo stadio di conoscenza dei princìpi buddisti ottenuto attraverso lo studio, grazie alla fede nell’insegnamento che il suo maestro gli aveva trasmesso con il suo immenso stato vitale.
Nel Buddismo vale sempre e ovunque il principio di “sostituire la saggezza con la fede”. La fede non ha nulla a che fare con la posizione sociale o il curriculum accademico. La vittoria e la felicità di una persona dipendono infatti dal potere della fede, grazie al quale riesce a credere fermamente nelle parole del Budda, e dal potere della pratica con cui può impegnarsi fino in fondo nella pratica buddista.
Il Buddismo di Nichiren Daishonin non è stato concepito per una particolare élite di persone. I suoi protagonisti sono sempre coraggiose persone comuni, non famose. Josei Toda dichiarò che il terreno di azione della Soka Gakkai trabocca del potere che sgorga dalla gente. Coloro che disprezzano o fanno soffrire le persone che si impegnano seriamente per rafforzare la loro fede e realizzare kosen-rufu, commettono un’enorme offesa alla Legge e subiranno severe retribuzioni karmiche.
In una lezione sul Gosho oggetto di questa puntata, il presidente Toda spiegò: «Il maestro e il discepolo nascono sempre insieme. Alla luce delle parole del Daishonin, io mi sento veramente riconoscente nei vostri confronti, in quanto voi e io siamo nati mantenendo questa promessa». Questa è la promessa del maestro e del discepolo.
Vincere insieme al proprio maestro
Nel corso delle riunioni di discussione che furono un primo passo per la ricostruzione della Soka Gakkai nel dopoguerra, Josei Toda pronunciò la forte determinazione di dedicare eternamente tutti i suoi sforzi alla realizzazione di kosen-rufu insieme al suo maestro Tsunesaburo Makiguchi, morto in carcere per i suoi ideali, basandosi sulle parole del Gosho «le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri».
Il Daishonin ha spesso utilizzato nei suoi scritti il termine “patto” o “promessa”, come ad esempio in Risposta a Sairen-bo: «Poi, quando giungerai nella Terra della Luce Eternamente Tranquilla dove siedono i tre Budda e ti presenterai al cospetto dei Budda Shakyamuni e Molti Tesori, chiedi loro se è vero o no che noi siamo legati dal patto di maestro e discepolo sin dal passato senza inizio» (RSND, 1, 277).
Nella nostra società “patto” è un termine che ha molto peso, e qui viene inteso alla luce della Legge buddista; si tratta quindi della promessa assoluta del Budda.
Inoltre il “patto tra maestro e discepolo” nel Buddismo non si ferma all’esistenza presente. Il maestro e il discepolo, affrontando insieme grandi persecuzioni, si impegnano e lottano a costo della propria vita per l’edificazione della Terra del Budda e per trasformare il destino dell’umanità. Noi nasciamo per vincere, adempiendo alla suprema missione di kosen-rufu. Lottiamo e vinciamo insieme al nostro maestro. Questa è la promessa, il voto del maestro e del discepolo.
Le parole del Gosho «le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri» non sono altro che la descrizione di un’esistenza vissuta, in base alla relazione di non dualità tra maestro e discepolo, per adempiere eternamente al grande voto di kosen-rufu.
(continua)