Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Una palestra per crescere e migliorarsi - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 07:00

834

Stampa

Una palestra per crescere e migliorarsi

Tavola rotonda

Con il desiderio di approfondire il significato dell’attività di protezione portata avanti dai giovani, abbiamo intervistato i responsabili nazionali dei Gruppi byakuren e sokahan, Ilaria Belbusti e Francesco Sangregorio e il responsabile nazionale del Gruppo giovani, Michele Giuseppone

Dimensione del testo AA

Qual è il significato che ha per voi l’attività byakuren sokahan?

Ilaria: Per me il cuore di questa attività è abbracciare il voto condiviso di maestro e discepolo. La mia tendenza è concentrarmi su cosa c’è da fare e sulla performance, ma l’attività di protezione non si esaurisce semplicemente nel tenere aperto il Centro culturale, piuttosto consiste nell’impegno di mantenere alto il nostro stato vitale a prescindere da qualsiasi condizione si manifesti nell’ambiente, riuscendo, anche quando nasce l’imprevisto, a “uscire dal nostro piccolo io” e tornare velocemente a una condizione ampia e universale, a rivolgere il nostro cuore al benessere e alla felicità di chi abbiamo di fronte. Ed è incredibile sperimentare quanto tornare in ogni istante al voto condiviso di maestro e discepolo ci aiuti non solo durante le attività ma anche nelle sfide quotidiane!

Francesco: La prima volta che ho sentito parlare di attività di protezione è stato dalla mia responsabile di gruppo, per me questa attività è sempre stata sinonimo di accoglienza e preghiera. Infatti, quando c’era uno zadankai arrivavo in anticipo nel luogo di riunione per preparare tutto, accoglievo chi arrivava con un sorriso, cosa che per me in quel momento non era affatto scontata!
È stato un allenamento a non concentrarmi solo su me stesso, sulle mie sofferenze o sul carico della mia giornata. Grazie a questo sforzo il mio stato vitale cambiava e così anche il risultato della riunione.
Ho imparato a utilizzare la preghiera per risolvere le situazioni. Ho imparato anche a stabilire volta per volta quali sono le priorità tra le cose da fare, perché durante il turno in certi momenti bisogna prendere delle decisioni, e se restiamo passivi e non le prendiamo… scopriamo che anche non prendere una decisione porta con sé degli effetti!

Michele: Per me significa sentire che se non mi assumo io la responsabilità, non lo farà nessun altro. Essere consapevole che ogni cosa dipende da te, senza pesantezza ma con senso di responsabilità, significa diventare protagonista nel contribuire a una vittoria.
La nostra organizzazione si basa su attività svolte presso le abitazioni, nei Centri culturali e talvolta con eventi aperti alla società. Concretamente sokahan e byakuren dedicano parte del proprio tempo prezioso per sostenere i membri, indossando una divisa per essere individuabili, evitando che si creino incidenti, accorgendosi, ad esempio, che se c’è qualcuno che non si sente bene è importante sostenerlo prima che si crei un problema. Alla base di tutto c’è sempre recitare Daimoku con serietà, per evitare qualsiasi incidente e assicurare il successo di ogni attività.

Quando iniziamo a fare i turni sokahan e byakuren c’è l’entusiasmo legato alla novità, ma poi è difficile incoraggiare le persone a utilizzare questa attività come un’occasione per temprare la propria fede. Come possiamo trasmettere l’importanza e la serietà di questa attività senza essere pesanti o rigidi?

Michele: Trasmettendo lo spirito fondamentale che anima l’attività di protezione, i giovani saranno entusiasti di farla. Senza forzarli, si impegneranno in modo spontaneo.
Inizialmente il Gruppo sokahan è nato in Giappone allo scopo di gestire gli spostamenti dei membri durante le attività, occupandosi della logistica e del flusso di persone che si recavano alle riunioni. Successivamente, in vari momenti difficili nella storia della Soka Gakkai in cui il clero della Nichiren Shoshu disprezzava i membri e il presidente Ikeda, i giovani uomini del Gruppo sokahan hanno avuto un ruolo cruciale nel sostenere la nostra organizzazione.
Qual è lo spirito fondamentale alla base di questa attività? È proteggere la persona più importante dell’organizzazione, ovvero ogni singolo membro. I sokahan si impegnano per forgiare questo spirito e applicarlo nella vita di tutti i giorni, non solo durante il turno, facendo tesoro di ogni singola persona. Lo scopo è approfondire la fede tanto da diventare degli esempi di leader nella società.

Ilaria: Svolgere l’attività di protezione significa creare delle occasioni in più per ampliare il nostro stato vitale, ispirandoci all’esempio del maestro.
Per non essere pesanti o rigidi nell’incoraggiare le persone che desiderano intraprendere questa attività è fondamentale metterle a conoscenza di che cosa si tratta nello specifico. Essere seri non significa essere pesanti.
Quando emergono persone nuove che vogliono sfidarsi, per far sì che continuino a dedicarsi all’attività, il punto è quanto noi che già la facciamo da tempo decidiamo di sostenerle. Nel Gosho leggiamo:

«Accettare è facile, continuare è difficile» (RSND, 1, 417)

Personalmente, quando sostengo le ragazze che si dedicano all’attività byakuren, mi chiedo: “Riesco a continuare ogni volta a incoraggiarle, tornando allo spirito di base, anche dopo che si spengono gli entusiasmi, anche quando vedo che hanno varie difficoltà per riuscire a portare avanti il loro impegno?”. Quanto è importante mantenere insieme il desiderio di perseverare ancora, e ancora, basando tutto sull’incoraggiamento da cuore a cuore!

Francesco: C’è un ulteriore aspetto da considerare: l’attività di protezione è la punta di diamante tra le attività dei giovani, è una meravigliosa occasione di crescita personale e nella fede. È sicuramente temprante dal punto di vista fisico e mentale, perché implica uno sforzo ulteriore.
In quanto giovani un aspetto da rafforzare sempre è coltivare una fede “come l’acqua che scorre”.
Io ripeto a me stesso di sperimentare la costanza, essere serio e imparare a essere affidabile, per diventare una persona degna di fiducia in famiglia e nel lavoro. Per farlo è essenziale tornare al punto di origine della fede, per rinnovarmi.
Se non torniamo al motivo per il quale ci stiamo sfidando nell’attività di protezione è difficile rinnovare la determinazione di continuare a sforzarci con serietà.

Molte volte ci troviamo davanti a ragazze e ragazzi con tanta voglia di fare attività sokahan e byakuren, ma che praticano da pochissimo. È bene incoraggiarli prima ad approfondire le basi della pratica buddista o possono cimentarsi di già?

Ilaria: Questa domanda è interessante perché negli anni, a seconda delle zone, sono state date svariate indicazioni a riguardo. Non credo ci sia una risposta unica, d’altronde non esiste un metodo per misurare la fede! Essere giovani nella fede non significa necessariamente essere meno seri o non essere pronti per fare attività sokahan o byakuren. Di nuovo, ciò che conta è tornare al punto d’origine, trasmettere con grande serietà che noi trasformiamo il karma grazie a una pratica quotidiana personale solida.
Se non mi impegno a costruire questo tipo di solidità, posso fare innumerevoli turni e attività ma manca l’aspetto fondamentale. Incoraggiamo le persone ad approfondire le basi della fede, della pratica e dello studio.

Francesco: Parlando di come coinvolgere le persone giovani nella fede che desiderano fare attività di protezione, la chiave è sempre fare insieme a loro il più possibile. Questo punto non cambierà mai.
Possiamo “insegnare” tanti aspetti tecnici di come fare attività, ma ciò che è più importante è trasmettere lo spirito di “sfidarsi insieme”. La questione, dunque, si ribalta perché il focus non è tanto sulla persona che ha deciso di sfidarsi in un’attività così importante, quanto su chi si assume la responsabilità di sostenerla decidendo di fare un’esperienza insieme a lei.

Michele: Come membri dei Gruppi giovani donne e giovani uomini abbiamo tante occasioni per approfondire la fede e dedicarci a kosen-rufu, ma prima di tutto dobbiamo stabilire delle solide basi di fede e impegnarci nelle attività quotidiane a sostegno di kosen-rufu nei settori e nei gruppi, condividendo il Buddismo con le persone e sostenendo i membri. Non c’è bisogno di mettere delle “regole”, l’unico requisito davvero importante è la decisione di sostenere le persone, in ogni circostanza.
Ampliamo sempre più la rete che può sostenere e incoraggiare coloro che desiderano intraprendere l’attività di protezione!

Potete condividere un’esperienza legata all’attività di protezione che ha avuto un forte impatto nella vostra vita e nella relazione con Sensei?

Michele: Quando ho fatto i primi turni sokahan ero giovanissimo ed ero in balia delle dinamiche tipiche di quell’età. Sfidarmi nei turni settimanali ha cambiato il mio atteggiamento verso la vita, a partire dalla divisa, che era una cosa che non potevo proprio vedere!
Faceva affiorare un punto della mia vita che mi faceva soffrire: ero molto attaccato all’immagine che mostravo agli altri e mi sono reso conto che, al contrario, il mio vero desiderio era vincere su tanti aspetti legati alla mia vita. Volevo fare emergere chi ero io veramente! Indossare una divisa e dedicarmi agli altri ha scardinato a poco a poco quella tendenza a voler apparire, tant’è che i miei amici che vivevano una situazione simile si sentirono ispirati dal mio cambiamento. Così quasi tutti i miei compagni di corso all’università sono venuti alle nostre riunioni e tre di loro sono diventati membri della Soka Gakkai.

Ilaria: Una cosa che devo all’attività byakuren è aver allenato la mia capacità di rilanciare nel giro di un istante. Durante un turno sei chiamato a prendere decisioni, spesso velocemente. Ho potuto vedere con i miei occhi come in quei momenti basarsi sulla preghiera e su azioni che derivano dal desiderio di realizzare kosen-rufu, cercando di far proprio il cuore del maestro, porti alla risoluzione totale di imprevisti e problemi.
Ho anche preso coscienza di quanto io possa influenzare positivamente il mio ambiente, sia nel lavoro, in famiglia e in generale nella società, sviluppando grazie all’attività byakuren la capacità di mettere a proprio agio gli altri e diffondere armonia. 
Un ultimo aspetto che vorrei condividere è che impegnandomi in questa attività ho aumentato di molto la mia capacità di resistenza. Resistenza fisica nelle attività faticose, ma anche resistenza emotiva mettendomi a contatto con tantissime persone diverse, con le quali non avrei mai potuto entrare in relazione altrimenti.
Ho tante esperienze concrete accumulate, tutti noi possiamo dire che a ogni turno impariamo delle cose, anche piccole, che non ci lasciano più!
Ve ne racconto una: alla fine di uno dei primi turni, avevo diciannove anni, stavo facendo il giro dei bagni per controllare sapone e carta. Ho trascorso mezz’ora a cercare la chiave per aprire il porta-carta igienica, ma visto che venti minuti dopo avrei finito il turno, mi arresi e decisi che sarebbe stato sufficiente appoggiare la carta igienica sopra il contenitore, senza aprirlo. Dopo qualche minuto, arrivò una persona che, vedendo come era stata messa la carta igienica, disse che c’era il rischio che cadesse e si sporcasse!
Quella fu per me una bella lezione sul trasformare la mia tendenza all’approssimazione, lezione che mi è servita poi in ogni aspetto della mia vita. Infatti, nelle situazioni di difficile soluzione ero solita dirmi: “Va bene lo stesso!”. Da quella esperienza è partita una riflessione su quanto avessi difficoltà nella mia vita ad andare fino in fondo, senza mollare, finché una questione non è risolta, e ho deciso di cambiare.

Francesco: Grazie Ilaria! In effetti questo atteggiamento è un grande ostacolo, che mi fa pensare anche all’importanza che diamo alla realizzazione dei nostri obiettivi: “Va bene lo stesso se non realizzo entro questa data”, “Va bene uguale se non realizzo gli obiettivi”. Siamo sicuri che “Va bene uguale”? Il maestro Ikeda ci sta chiedendo di realizzare un grande balzo in avanti e di espandere il nostro movimento per la pace. Ce lo sta chiedendo adesso, “non va bene uguale” se lo realizziamo tra dieci anni!
Per quanto riguarda la mia esperienza personale nell’attività di protezione, non ho mai avuto difficoltà nel recepire, rispettare e portare a termine i compiti richiesti dall’attività nel Gruppo sokahan.
Ma continuando a sforzarmi turno dopo turno, a un certo punto ho scoperto una mia tendenza negativa che non mi permetteva di crescere in tutti gli ambiti della vita: nelle relazioni, negli studi universitari, nel campo lavorativo. La tendenza a “fare il compitino”, ad apparire privo di debolezze e perfetto in ogni situazione, a sentirmi riconosciuto solo quando le persone mi consideravano come tale.
Si dice spesso che l’attività nel Gruppo sokahan rappresenti una “palestra”: per migliorare, crescere, diventare più educati, rispettosi, gentili, degni di fiducia. Personalmente ho soprattutto imparato a prendere delle decisioni, ad assumermi seriamente la responsabilità di realizzare quello che ho deciso e dare il mio massimo anche nelle attività “invisibili” e quindi (superficialmente) non suscettibili di riconoscimento da parte degli altri.
Sforzandomi di forgiare questo atteggiamento in ogni turno, ho potuto portarlo poi anche nel quotidiano. Così ho cominciato a sentirmi davvero libero: posso anche sbagliare, ma ciò che mi rende felice è rimanere sempre fedele a me stesso, senza dovermi sentir dire da qualcuno “che sono stato bravo”.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata