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Una lontananza da colmare - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:36

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Una lontananza da colmare

Si può essere paesi confinanti, ma divisi da secoli di storia. Quello che Shin’ichi cerca di fare attraverso l’esperienza educativa degli istituti scolastici Soka, è creare un ponte fra culture diverse che possa scardinare anche i pregiudizi. In questo caso i due paesi interessati sono Cina e Giappone che si incontrano grazie agli studenti

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Si può essere paesi confinanti, ma divisi da secoli di storia. Quello che Shin’ichi cerca di fare attraverso l’esperienza educativa degli istituti scolastici Soka, è creare un ponte fra culture diverse che possa scardinare anche i pregiudizi. In questo caso i due paesi interessati sono Cina e Giappone che si incontrano grazie agli studenti

Parlare con i giovani fa bene al cuore, perché la loro passione ardente li spinge a volare alto nel cielo luminoso del futuro.
Shin’ichi Yamamoto [pseudonimo di Daisaku Ikeda, n.d.r.] parlò alla delegazione dei giovani cinesi con l’intento di affidare loro il futuro: «Avete la missione di consolidare il sentiero dell’amicizia. Come? Con l’azione. Le azioni concrete sono più importanti delle parole, anche delle più nobili. Agite con coraggio. Questo è ciò che io stesso ho fatto e continuerò a fare. Compiamo insieme azioni di valore per l’amicizia tra Giappone e Cina».
I giovani cinesi annuirono e Shin’ichi percepì la loro appassionata determinazione. Conversarono a lungo con piacere, e questo contribuì a rafforzare l’impegno reciproco per ampliare l’amicizia da entrambe le parti. Prima che quell’incontro si concludesse, Shin’ichi strinse loro ancora una volta la mano, uno a uno, e li salutò pregando dentro di sé per la loro crescita.
Via via che passavano gli anni la quantità di lavoro svolto da Shin’ichi continuava a crescere. Partecipava alle riunioni mensili dei responsabili del consiglio direttivo, alle varie riunioni di Divisione, agli eventi legati ai gruppi universitari e si incontrava regolarmente con i responsabili di ogni Divisione. Partecipava anche, per quanto possibile, agli eventi e alle mostre presso l’Università Soka, le scuole Soka, il Museo d’arte Fuji e l’Associazione concertistica Min-On, come fondatore di quelle istituzioni.
Nella sua agenda incredibilmente fitta trovava anche il tempo per incontrarsi con pensatori e personalità dei più diversi ambiti e dialogare con loro. Il 20 marzo incontrò gli uomini d’affari più importanti del Kansai e il professor Eiichi Isomura dell’Università Toyo. Il 24 marzo vide l’ambasciatore israeliano in Giappone, Shaul Ramati, e sua moglie, il giorno successivo accolse l’ambasciatore rumeno in Giappone, Niculae Finantu. Il 29 marzo s’incontrò con Gerhard Olschowy, professore emerito dell’Università di Bonn, quindi porse il benvenuto all’ambasciatore ad interim dell’Uganda T. Bigombe e a sua moglie.
Per portare avanti il dialogo, il coraggio e la convinzione sono fondamentali. Il primo passo è decidere di dialogare, ma poi è necessario creare la situazione per farlo. E quando si comincia a parlare, è importante dire senza paura ciò che si ritiene sia la verità: questo è il modo di costruire una vera amicizia. Come dichiarò il poeta e drammaturgo tedesco Friedrich von Schiller (1759-1805): «Per i coraggiosi, i determinati, [questo è] un momento propizio!».
Il terzo viaggio di Shin’ichi in Cina si stava rapidamente avvicinando. Questa volta sarebbe partito dal Kansai, il 14 aprile.
Il 7 aprile, prima della cerimonia di apertura dell’Università Soka, fu organizzato un evento per accogliere i nuovi studenti che avrebbero alloggiato nel campus. Avendo saputo dai funzionari dell’università che quell’anno ci sarebbero stati anche alcuni studenti cinesi, Shin’ichi organizzò la propria agenda in modo da poter partecipare alla cerimonia di accoglienza, organizzata nella sala riunioni del dormitorio Takiyama.
Gli studenti cinesi non solo stavano affrontando la sfida di vivere in un nuovo paese, ma avrebbero anche alloggiato insieme a studenti giapponesi. Immaginando quanto dovevano sentirsi ansiosi, Shin’ichi volle incontrarli per incoraggiarli e si prestò anche a fare da garante personale per i sei studenti cinesi.
Con la normalizzazione delle relazioni diplomatiche che seguì la firma del comunicato ufficiale congiunto cino-giapponese, nel settembre del 1972, gli affari e le transazioni commerciali tra le due nazioni stavano facendo progressi, ma gli scambi culturali ancora ristagnavano. In particolare era difficile trovare università giapponesi disposte ad accettare formalmente studenti provenienti dalla Cina. C’erano alcuni studenti cinesi che seguivano le lezioni universitarie come uditori, ma in generale venivano trattati con freddezza. Gran parte dei giapponesi coltivava un’immagine negativa della Cina a causa della Rivoluzione culturale che in quel periodo stava conoscendo la massima espansione.
Dopo la sua seconda visita in Cina, alla fine del 1974, Shin’ichi aveva organizzato nella sede del Seikyo Shimbun una riunione con Jin Sucheng, appena giunto in Giappone per assumere la carica di primo segretario presso l’ambasciata cinese. Shin’ichi conosceva già molto bene Jin Sucheng per il ruolo che questi contemporaneamente ricopriva nel consiglio dell’Associazione per l’amicizia cino-giapponese. Proprio conversando con lui, Shin’ichi aveva appreso che la Cina stava cercando atenei giapponesi disposti ad accettare i propri studenti.
«Sarei felice di sostenere quest’iniziativa», disse Shin’ichi. Promettendo di fungere da garante personale per gli studenti e di fare il possibile per farli sistemare all’Università Soka.
Come disse lo scrittore francese Victor Hugo (1802-85): «Formare i giovani di oggi significa creare gli uomini di domani. L’uomo di domani è la repubblica universale».
«Benvenuti!», esclamò Shin’ichi Yamamoto stringendo con calore la mano, uno a uno, agli studenti cinesi durante la cerimonia di accoglienza. È bellissimo vedervi qui. Voglio congratularmi con i nostri nuovi studenti e dar loro il benvenuto in questa residenza. In particolare, i nostri nuovi studenti stranieri che vengono dalla Cina, frequentando l’Università Soka compiono un primo passo fondamentale per l’amicizia tra Cina e Giappone e per la pace nel mondo. Questo è un giorno storico, in cui accogliamo giovani amici straordinari che prenderanno sulle spalle il futuro della Cina. Ho fatto di tutto per essere qui, soprattutto perché volevo incontrare voi».
Shin’ichi osservò uno a uno gli studenti cinesi: sembravano tutti giovani seri e impegnati. In quanto fondatore dell’università che essi avevano scelto di frequentare, egli era determinato a vegliare su di loro, compiendo ogni sforzo per assicurarsi che realizzassero una crescita e uno sviluppo straordinari prima di tornare nel loro paese. Sentiva che era il minimo che poteva fare per rispondere alle aspettative del primo ministro cinese Zhou Enlai.
Le scuole esistono nell’interesse degli studenti e, ugualmente, il fondatore della scuola e i suoi docenti esistono per essere al servizio degli studenti: questa era la filosofia di Shin’ichi.
Egli proseguì dicendo: «Ogni singolo anno della vostra giovinezza è infinitamente prezioso, vale come oro. Per gli studenti internazionali la mia speranza è che, durante la vostra permanenza qui, impariate tutto quello che potete sulla cultura giapponese, mentre vi dedicate alla vostra importante attività di studio, e insieme cercate di migliorare il vostro carattere.
«Mi auguro, inoltre, che tutti i nostri studenti giapponesi stringano delle amicizie con gli studenti internazionali e da queste scaturisca una lunga serie di legami costruttivi e duraturi con il popolo cinese. Questo è uno dei meravigliosi tesori che potete conquistare vivendo nelle residenze dell’Università Soka. È arrivato il momento in cui il sentimento di amicizia si diffonda in tutto il mondo».
Facendo riferimento al suo incontro con il primo ministro Zhou, nel dicembre del 1974, incoraggiò gli studenti a costruire un eterno ponte dorato di amicizia cino-giapponese.
Dopo la cerimonia parlò con gli studenti cinesi e, dei sei che erano stati accettati, uno non era ancora arrivato in Giappone. Tutti conoscevano il giapponese abbastanza bene da poter sostenere una normale conversazione. Shin’ichi regalò ai giovani dei taccuini rilegati in pelle che aveva acquistato appositamente per loro.
«Qui, in questi taccuini – spiegò – spero che terrete un resoconto dei vostri studi all’Università Soka».
Dopo quella chiacchierata, la sera accompagnò gli studenti cinesi in un giro del campus. Gli alberi di ciliegio erano in fiore: «Vorrei che questo 7 aprile, giorno del nostro primo incontro, diventasse un’occasione speciale da celebrare anche negli anni futuri. Che ne dite?» disse Shin’ichi.
Gli studenti sorrisero, mostrandosi d’accordo e scattò anche una foto di gruppo con loro. «Se avete problemi o necessità particolari, per favore non esitate a farmelo sapere. Questa è casa vostra, la vostra alma mater».
Poi promise a se stesso di fare tutto il possibile per far sì che neanche uno di quegli studenti rimanesse deluso dall’esperienza all’Università Soka. Si sarebbe assicurato che tutti potessero portare con sé ricordi meravigliosi di quel periodo al campus.
Dopo la passeggiata, Shin’ichi si rivolse ad alcuni membri del corpo insegnante e agli studenti giapponesi: «Questi studenti sono i migliori della Cina, scelti dal loro paese per studiare all’estero. Per me sono membri preziosi della nostra famiglia. Vi prego, prendetevi cura di loro!».
I membri del corpo insegnante e gli studenti rimasero colpiti dalla sua straordinaria sollecitudine e promisero a se stessi di trattare gli studenti cinesi con la stessa cura e attenzione che lui dimostrava.
Amicizia e pace non sono concetti astratti: dipendono da come trattiamo coloro che fanno parte del nostro ambiente più prossimo. Questa è la strada verso una pace vera.
Il giorno seguente, Shin’ichi invitò gli studenti cinesi a unirsi a lui per l’ottava cerimonia inaugurale delle Scuole Soka di Tokyo. Dopo la cerimonia fu organizzato un torneo amichevole di tennis da tavolo per dare il benvenuto agli ospiti cinesi. Gli studenti cinesi, che erano piuttosto bravi, nel torneo a squadre conquistarono il primo posto battendo le squadre degli insegnanti e degli studenti.
Shin’ichi gareggiò negli incontri individuali. Nella finale si sfidarono i due migliori concorrenti, Shin’ichi e lo studente cinese Xu Jinping. Shin’ichi rispondeva con abilità agli ottimi servizi di Xu. Fu una partita entusiasmante e alla fine, col punteggio di 21 a 18 vinse Shin’ichi, che disse a Xu: «Oggi dovevi essere nervoso e non sei riuscito a giocare bene come al solito».
«No, – rispose Xu – lei è bravo davvero. Lo dice anche il punteggio, lei è davvero più bravo di me».
E i due si immersero in una vivace conversazione.
Dopo il torneo amichevole di ping-pong, alla Scuola Soka di Tokyo si tenne una cena di benvenuto per gli studenti cinesi. Erano invitati anche altri studenti, rappresentanti e professori dell’Università Soka. Shin’ichi Yamamoto aveva progettato questo evento per creare un sentiero di amicizia duratura fra i due paesi, con l’espediente di mettere a contatto gli studenti cinesi e quelli Soka.
Il 10 aprile ebbe luogo la cerimonia di apertura dell’Università Soka. Anche qui gli studenti cinesi furono accolti con calore e l’evento segnò l’inizio di un nuovo periodo nelle relazioni accademiche tra Giappone e Cina. Shin’ichi prese parte anche a quella cerimonia, la quinta per la scuola. Nel suo discorso salutò ogni studente cinese, chiamandolo per nome e facendo a tutti le sue più sincere congratulazioni per l’inizio degli studi.
Benché il primo gruppo contasse solo sei studenti cinesi, Shin’ichi prevedeva in quell’inizio un futuro di interminabile espansione per l’amicizia tra i due paesi. L’Università Soka avrebbe continuato ad accogliere studenti provenienti dalla Cina e negli anni il loro numero sarebbe arrivato a decine, se non centinaia, e pian piano forse quegli stessi studenti sarebbero diventati importanti leader nella società cinese. Se essi fossero arrivati a comprendere e sentire un legame d’affetto col Giappone, si sarebbe creato senza dubbio un grande flusso di amicizia tra i due paesi.
È necessario guardare oltre l’immediato presente, verso il futuro, in lontananza, dove un nuovo mondo si estende. Come dichiarò il filosofo americano Ralph Waldo Emerson (1803-82): «La nobiltà fa appello al futuro».
In seguito, Shin’ichi si recò nel Kansai, dove il 12 aprile partecipò all’inaugurazione della Scuola elementare Soka a Hirakata, Osaka. Il 13 aprile posò per una foto ricordo con le ragazze di una scuola media superiore Soka a Katano, sempre a Osaka. I ragazzi si dimostrarono entusiasti quando seppero della prospettiva della sua terza visita in Cina e si accomiatarono da lui con un caloroso arrivederci.
Il giorno seguente partì per la Cina. Durante questo viaggio era prevista la visita all’Associazione per l’amicizia cino-giapponese, la cerimonia per una donazione di libri all’Università di Wuhan, e la visita all’Università Fudan di Shanghai. Ciò che Shin’ichi aveva fortemente determinato era che il ponte dorato tra i giovani di Cina e Giappone si ampliasse attraverso gli scambi educativi con le università di Wuhan e Shanghai, seguendo l’esempio di Pechino.
Pechino era inondata dalla dolce luce della primavera. Mentre l’aereo scendeva apparve il verde luminoso degli alberi intorno all’aeroporto. L’aereo su cui si trovavano Shin’ichi e i suoi compagni era partito da Osaka diretto a Shanghai e poi a Pechino, dove arrivò il 14 aprile poco prima delle tre del pomeriggio.
Un gruppo di persone si era riunito per accoglierlo sulla pista, vicino alla scaletta dell’aereo: tra loro Zhang Xiangshan e Sun Pinghua, rispettivamente vice presidente e segretario generale dell’Associazione per l’amicizia cino-giapponese, e i rappresentanti dell’Università di Pechino e dell’Associazione buddista cinese, tutte persone di cui Shin’ichi era buon amico, e non appena lo videro gli sorrisero con calore.
Mentre si dirigevano verso l’Hotel Pechino, dove alloggiavano, Shin’ichi e il suo gruppo percorsero strade delimitate da salici che scintillavano del verde tenero della primavera. Qui e là s’intravedevano i fiori rosa dei peschi e i fiori bianchi dei peri, che si agitavano nella brezza, come a dar loro il benvenuto in città.
Quella sera, all’hotel, l’Associazione per l’amicizia cino-giapponese offriva un banchetto per accogliere Shin’ichi e i suoi.
Nel porgere i propri saluti il vice presidente Zhang espresse la gioia di poter incontrare ancora una volta Shin’ichi e approfondire la sua amicizia con lui, a soli quattro mesi dalla precedente visita di questi in Cina, avvenuta nel dicembre del 1974. Continuò poi citando i numerosi contributi di Shin’ichi all’amicizia tra i due paesi, ricordando che durante le tre visite precedenti egli aveva donato cinquemila libri all’Università di Pechino e adesso avrebbe donato tremila volumi all’Università di Wuhan. Zhang sottolineò che in Giappone molte persone avevano potuto conoscere la verità sulla Cina moderna grazie agli scritti di Shin’ichi, e che questi era in vari modi impegnato nella promozione di relazioni bilaterali amichevoli, ad esempio accogliendo con calore numerose delegazioni cinesi in visita in Giappone.
Guardando indietro, si notava che tutto ciò era avvenuto nel breve lasso di tempo, meno di un anno, dalla prima visita di Shin’ichi in Cina alla fine di maggio dell’anno precedente, cioè il 1974. In qualunque impresa la rapidità è essenziale. La sfida consiste nell’utilizzare al massimo il tempo limitato che abbiamo a disposizione. In Testimonianza storica, un classico cinese è scritto: «Difficile cogliere la giusta opportunità, facile perderla». Questo è il motivo per cui Shin’ichi aveva sempre agito con la convinzione che il momento giusto è sempre “adesso”, senza mai ritardare o rimandare. Aveva fatto del suo meglio per quell’amicizia bilaterale, perché sapeva che ogni attimo era cruciale.
«L’amicizia cino-giapponese – dichiarò con entusiasmo il vicepresidente Zhang – ha guadagnato uno slancio senza precedenti, che niente sarà in grado di fermare. Vorrei offrire un brindisi, con l’augurio che l’amicizia condivisa dai popoli delle nostre due nazioni duri per le generazioni a venire!». Tutti levarono in alto i bicchieri e brindarono.
(16. continua)

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