Epoche tumultuose come la nostra schiudono anche grandi opportunità, ma per coglierle è indispensabile «costruire una barca capace di reggere anche le peggiori tempeste», cioè «plasmare un forte io capace di sopravvivere alle più dure prove nei mari agitati della vita»
Il secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, era solito dare indicazioni molto precise ai giovani: «La società si occupa della reputazione. Il governo si occupa di premi e punizioni. Il Buddismo si occupa di vittoria o sconfitta».
«La società si occupa della reputazione». L’opinione pubblica è in balìa della reputazione buona o cattiva di una persona. In fondo però, cose come la reputazione e la popolarità non sono altro che illusioni; sono metri inaffidabili e menzogneri per misurare il valore di una persona. Lasciare che regolino la nostra vita e così facendo perdere di vista il nostro vero io, è veramente stupido.
«Il governo si occupa di premi e punizioni». La gente viene premiata o punita in base alle sue azioni. Ma anche questa è una valutazione a senso unico, che non riguarda essenzialmente la creazione di vera felicità.
«Il Buddismo si occupa di vittoria o sconfitta». Lo scopo del Buddismo è quello di permetterci di vincere nella vita, di vincere su ogni tipo di difficoltà, sofferenza o karma. Questo è lo scopo del Buddismo e lo scopo della fede è raggiungere la felicità. Il Buddismo insegna la Legge che pervade le tre esistenze di passato, presente e futuro. Nessuno può sfuggire a questa Legge; è una forza priva di compromessi che governa la vittoria e la sconfitta nella vita.
Oggi con noi ci sono anche i membri della Germania. Il tedesco Georgius Agricola (1494-1555) è stato un famoso mineralogista degli inizi del Rinascimento. Oltre a essere considerato il padre della mineralogia, era anche metallurgo e medico. La sua opera De re metallica (Sulla natura dei metalli), esponendo in forma enciclopedica un’analisi degli scavi minerari, ha esercitato una grande influenza. Fu anche sindaco di una città. [Nel 1546 fu eletto borgomastro di Chemnitz, un importante centro dell’industria mineraria nel nord della Germania, n.d.r.].
Una volta Agricola disse che i buoni amici sono più preziosi dell’oro e dell’argento; osservazione acuta, che ha trovato d’accordo numerosi filosofi e pensatori. Quanto più profondi sono i legami che condividiamo come compagni di fede che praticano il Buddismo del Daishonin! Abbiamo scelto volontariamente di essere compagni di fede in modo da adempiere al nostro voto di realizzare kosen-rufu. Siamo tutti nati in questo mondo con una missione da compiere, che è solo nostra, che portiamo avanti nei paesi e nelle comunità in cui ci troviamo. I legami che ci uniscono come membri sono eterni attraverso passato, presente e futuro, e infinitamente profondi.
Anche i nostri splendidi membri della Gran Bretagna sono qui con noi oggi. Sono certo che tutti voi avete sentito parlare dello scrittore e poeta inglese dell’Ottocento Samuel Johnson (1709-1784), considerato una delle più significative figure letterarie del suo tempo. Johnson, malato sin da piccolo, aveva lottato contro la povertà ma non si era mai arreso alla disperazione. Con una volontà di ferro, seguì il cammino dell’umanesimo e ricercò ardentemente la verità per tutta la vita. Oltre che un saggista di notevole acume e profondità, è famoso per esser stato l’autore di uno dei primi dizionari della lingua inglese. «Non c’è piacere più nobile e sublime nella vita che quello dell’amicizia» scriveva Johnson e nessuna amicizia è più nobile, più forte o più ricca di quella tra i membri della SGI. Ci possono essere momenti in cui ci si sente frustrati dai rapporti interpersonali all’interno dell’organizzazione e ci troviamo a pensare che sarebbe più semplice recitare Gongyo e Daimoku da soli. Ma purificare la nostra vita attraverso il Buddismo non è qualcosa che si può fare da soli. È inevitabile prima o poi imboccare qualche altra direzione e deviare dal sentiero corretto per l’Illuminazione. Per questo è tanto importante un’organizzazione unita e armoniosa dove tutti avanzano insieme per il Buddismo, la verità, la giustizia e la realizzazione della pace. Vivere la propria vita con gli altri che si dedicano a kosen-rufu è la più alta strada del bene ed è la via principale verso la felicità.
È stato nel 1972 che per la prima volta ho incontrato il grande storico del ventesimo secolo Arnold J. Toynbee. Il suo appartamento era al quinto piano e quando con mia moglie siamo usciti dall’ascensore, lui e sua moglie ci sono venuti incontro a braccia aperte. Entrambi erano sinceramente felici di vederci e con calore ci hanno dato il benvenuto a casa loro, facendoci visitare ogni stanza. Nonostante all’epoca Toynbee avesse ottantatré anni e io quarantaquattro, ricordo ancora oggi la grande cortesia e il rispetto con cui mi trattava.
Il nostro dialogo, proseguito poi nel maggio seguente, è durato quaranta ore. Cominciò per via di una lettera che Toynbee mi aveva mandato, dove esprimeva il suo desiderio di impegnarsi in una discussione sui problemi più importanti dell’umanità. Essendo piuttosto anziano e fragile di salute, non poteva viaggiare fino in Giappone e così mi invitò a visitarlo a Londra. Quando ci siamo incontrati di persona, il dottor Toynbee sembrava diventare più vivace ed energico col procedere del dialogo, come se la sua mente e la sua forza vitale acquistassero maggior vigore. Oggi il nostro dialogo è stato pubblicato in ventiquattro lingue. Presto sarà disponibile un’edizione in serbo, mentre quella in russo è in preparazione.
Quando mi incontro con importanti pensatori di varie parti del mondo, molti mi comunicano la profonda impressione che il dialogo con Arnold Toynbee ha esercitato su di loro. Quest’anno una delle più importanti librerie della Cina, la Libreria Sanlian, ha compilato la lista dei cento libri che hanno esercitato maggiore influenza in Cina negli ultimi vent’anni e il dialogo fra Toynbee e me era fra quelli.
Il giorno conclusivo della nostra conversazione, Toynbee ci invitò fuori a colazione e più tardi quello stesso pomeriggio disse: «Ho ricevuto un gran numero di dottorati onorari dalle università di tutto il mondo e sono certo che tu ne riceverai molti di più». Allora presi le sue parole come un affettuoso incoraggiamento ma, a distanza di più di trent’anni, in effetti ho ricevuto 166 dottorati e cattedre onorarie da università e istituti accademici di tutta la terra. Non sono riconoscimenti che provengono dalla minuscola nazione del Giappone, ma da tutto il mondo e io li ho ricevuti come vostro rappresentante.
Toynbee ha detto una volta che niente di notevole può essere conseguito senza passione e il suo motto personale, “Laboremus”, esprime bene la sua convinzione. Niente che abbia il minimo valore può essere portato in fondo senza passione.
La riunione di oggi commemora anche il giorno della fondazione della Soka Gakkai (18 novembre). Gli amici da tutto il mondo ci hanno mandato le loro sincere congratulazioni per il nostro anniversario. Uno di loro è Michail Gorbaciov, l’ex presidente dell’Unione Sovietica, che ha parlato all’Università Soka nel 1993 e ha visitato le scuole Soka di Kansai nel 1997. Sia io che mia moglie eravamo anche molto amici di sua moglie, Raissa, ora scomparsa. Era una bellissima persona. Dopo la sua morte, sostenuto dall’affetto della famiglia, Gorbaciov ha continuato con vigore la sua attività sulla scena del mondo e questo mi riempie di gioia. Incontrai Gorbaciov per la prima volta il 27 luglio 1990 in una stanza del Presidium del Cremlino di Mosca. L’anno prima, l’89, il presidente Gorbaciov aveva posto fine alla Guerra Fredda tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Fu durante quell’incontro che egli espresse il desiderio di visitare il Giappone nella primavera del 1991. Diventò subito una notizia internazionale, trasmessa dalla NHK, l’emittente nazionale giapponese e poi riportata da tutte le maggiori stazioni televisive del Giappone. Continuo a essere un grande amico di Gorbaciov a tutt’oggi.
Ho anche un affettuoso ricordo del mio incontro con il premier sovietico Aleksey Kosygin (1904-1980). Allora avevo quarantasei anni e il premier ne aveva settanta. Durante il nostro incontro mi chiese: «Qual è la sua ideologia di base?». C’erano molte persone con noi. Ho risposto senza esitare: «Credo nella pace, nella cultura e nell’educazione, alla base delle quali c’è l’umanesimo». Ho esposto gli ideali buddisti senza mai usare termini buddisti e Kosygin si dichiarò d’accordo con quanto avevo affermato. Chiesi anche senza mezzi termini a Kosygin: «L’Unione Sovietica attaccherà la Cina?». Prima di andare in Unione Sovietica avevo visitato la Cina (in maggio e giugno del 1974) e la gente lì scavava rifugi antiaerei per paura di un possibile attacco russo. La popolazione della Cina, che è di circa un miliardo di persone, stava vivendo con ansia la situazione di stallo in cui si trovavano le due nazioni.
Il premier mi rispose: «L’Unione Sovietica non ha nessuna intenzione di attaccare la Cina e tanto meno di isolarla». «Posso riferirlo alla dirigenza cinese?», gli chiesi. «La prego di farlo», mi rispose. E io l’ho fatto, ho comunicato il suo messaggio alle autorità cinesi.
Molta gente ha criticato le mie visite in questi due paesi, ma io ero convinto della necessità di agire per il bene della pace mondiale, indipendentemente da quello che potevano dire gli altri.
Quando si tratta di dialogare, quel che conta è parlare in modo franco e chiaro. Spero che tutti voi diventiate esperti di dialogo e responsabili esemplari. Che sfortuna avere dei responsabili privi di arguzia, di saggezza e di calore, dei parlatori spenti che non trasmettono speranza e fiducia. Per questo è particolarmente importante che i responsabili della Soka Gakkai siano persone d’insuperabile saggezza. Nessuno può veramente essere chiamato un responsabile a meno che abbia la capacità di coinvolgere nel dialogo persone di ogni genere, di parlare in modo interessante e convincente e di promuovere una più ampia comprensione e condivisione dei propri scopi. Spero che voi, responsabili del nostro movimento, rispondiate con disinvoltura a ogni sfida e sappiate essere fonte di ispirazione e incoraggiamento.
Lester Thurow, l’economista statunitense col quale ho avuto più volte occasione d’incontrarmi e discutere, ha osservato con acume che nei momenti di grande cambiamento e nei periodi di transizione storica si aprono molte frontiere non ancora esplorate e nuove occasioni. Egli dice che il fattore assolutamente vitale per chi s’imbarca verso l’ignoto, è costruire una barca capace di reggere anche le peggiori tempeste.
Una barca che possa far fronte a una tempesta. Anche noi come individui abbiamo bisogno di plasmare un forte io capace di sopravvivere alle più dure prove nei mari agitati della vita. Per esempio, nello sport si diventa campioni attraverso un severo allenamento. Non è facile ed è un duro lavoro. La stessa cosa è vera tanto nella vita che nel Buddismo; non si può diventare veri vincitori nella vita se si vive senza uno scopo, facendosi portare dalla corrente. Il Buddismo ci insegna che per raggiungere l’Illuminazione occorre essere irremovibili di fronte agli assalti dei tre ostacoli, dei quattro demoni e dei tre potenti nemici.
L’importante è avanzare con unità d’intenti secondo il principio di “diversi corpi, stessa mente”. Il Daishonin ci ricorda che coloro che hanno l’animo diviso da scopi contrastanti, avranno difficoltà a realizzare qualsiasi cosa (vedi SND, 4, 267, n.d.r.).
Per il sessantesimo anniversario della morte del nostro presidente fondatore Tsunesaburo Makiguchi, che il 18 novembre morì in prigione per tener fede alle sue convinzioni, i membri della famiglia Makiguchi come quelli della famiglia Toda sono qui con noi oggi. Nonostante l’età avanzata, Makiguchi ha continuato la sua lotta senza farsi scoraggiare dalle persecuzioni. Ha protetto la Soka Gakkai con grande forza.
[Il 6 luglio del 1943, Tsunesaburo Makiguchi era stato arrestato con l’imputazione di aver violato la famosa legge giapponese “Preservare la Pace”, emessa in tempo di guerra, ed era accusato di aver commesso tradimento contro lo stato (reato di lesa maestà). Il suo discepolo, Josei Toda, fu arrestato lo stesso giorno. Durante un aspro interrogatorio condotto dalla Polizia Speciale e dall’inquirente per i reati d’opinione, Makiguchi difese con tutte le sue forze la verità del Buddismo e arrivò a condividere gli insegnamenti del Daishonin con una delle sue guardie carcerarie. Morì poco dopo le sei, la mattina del 18 novembre 1944, nell’infermeria della prigione all’età di settantatré anni, n.d.r.]
La Soka Gakkai fondata da Makiguchi e da Toda adesso è diventata una grande nave di speranza per tutta l’umanità, serena anche nelle peggiori tempeste. È una fortezza, un bastione invincibile; la Soka Gakkai ha vinto. È anche chiaro però che, come paese, il Giappone è passato da un’epoca di navigazione sottovento a una di mare grosso. Molte delle organizzazioni e dei gruppi che un tempo prosperavano con successo sono andati declinando sempre più, mentre la Soka Gakkai ha continuato a svilupparsi e a progredire.
Da dove prendiamo il potere essenziale per cogliere ogni nuova opportunità, con coraggio e saggezza, per trovare la strada della felicità in quest’epoca di tumulti? Non dobbiamo mai dimenticare che esso ci viene dal Gohonzon, dalla nostra pratica della fede che ci permette di accumulare incommensurabili benefici.
La mostra Gandhi, King, Ikeda: un’eredità per costruire la pace attualmente sta viaggiando in tutto il mondo. Ideata originariamente da Lawrence Carter, del Morehouse College, l’università in cui studiò Martin Luther King, il paladino dei diritti civili negli Stati Uniti, attualmente è in California dove sta visitando una settantina tra scuole elementari, medie e superiori, con lo scopo di raggiungere più di un milione di bambini. Le scuole dove si è tenuta la mostra hanno riferito effetti molto positivi sull’ambiente scolastico, per esempio una significativa riduzione degli incidenti dovuti al bullismo e alla violenza e una crescente consapevolezza della pace da parte degli studenti.
In una lettera che mi ha scritto qualche tempo fa, Carter ha espresso tutto il suo appoggio verso il nostro movimento di umanesimo buddista: «Il movimento globale che lei sta guidando e che afferma la dignità di ogni individuo e i valori della pace e della convivenza sociale, sta giungendo ovunque nei quartieri. Ha una portata senza precedenti ed è proprio l’antidoto di cui il mondo ha urgentemente bisogno per arginare le tendenze all’isolazionismo, all’esclusione e al nazionalismo».
E prosegue: «La mia modesta opinione è che questo vivo interesse [verso la mostra] attesti l’ardente desiderio del mondo di ricercare all’interno dell’essere umano le soluzioni dei conflitti attuali proprio come lei e gli altri due giganti della pace [Gandhi e King] avete insegnato con il vostro esempio. È mio sincero desiderio continuare a promuovere questa preziosa eredità per il benessere della gente dovunque sia». Vi ho letto ciò che Carter scrive del nostro movimento nella speranza che vi incoraggi. È un esempio di come le persone di grande levatura morale a livello mondiale considerino le nostre attività.
Oggi, 11 novembre, è l’anniversario della persecuzione di Komatsubara, di cui Nichiren Daishonin fu oggetto nel 1264. Quella sera di 740 anni fa, il Daishonin con una decina di discepoli fu aggredito da una nutrita banda armata guidata dal signore del luogo, Tojo Kagenobu sulla strada principale di Matsubara nel villaggio di Tojo, provincia di Awa. Nel Gosho il Daishonin dice che gli uomini di Tojo erano «diverse centinaia». Stando alla sua descrizione fu un attacco feroce e furibondo: «Le frecce cadevano su di noi come pioggia e le spade come fulmini». Uno dei suoi discepoli venne ucciso, due furono feriti gravemente e anche il Daishonin fu colpito. «Sembrava che il mio destino fosse segnato» scrive (SND, 8, 229). Invece sopravvisse, con un braccio rotto e una ferita di dodici centimetri sulla fronte.
Appena un mese dopo questa persecuzione quasi mortale, il Daishonin scrisse una lunga lettera per incoraggiare il padre malato del suo giovane discepolo Nanjo Tokimitsu (Incoraggiamento a un malato, SND, 8, 215) in cui afferma che l’aggressione di Komatsubara è la prova concreta del brano dal Sutra del Loto «Poiché odio e gelosia verso questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?» (SDL, 10, 212) e continua affermando con orgoglio: «Perciò, Nichiren è il primo devoto del Sutra del Loto del Giappone» (SND, 8, 230).
Coloro che vengono insultati e calunniati mentre cercano di realizzare kosen-rufu sono certi di ottenere la Buddità. Coloro che continuano a lottare per kosen-rufu godranno per sempre di ricchi benefici, buona salute e di una condizione vitale pari a quella di un Budda. La nostra fede serve a questo. Pratichiamo il Buddismo in modo da vivere senza paura nonostante le persecuzioni e le avversità. Spero che voi, responsabili del nostro movimento, assumerete con decisione la guida di kosen-rufu, incoraggiando innumerevoli persone lungo il cammino e conducendo voi per primi vite di suprema felicità fino alla fine dei vostri giorni.
Di quanti lo perseguitavano, Il Daishonin diceva: «Devadatta provò più di ogni altro la validità degli insegnamenti di Shakyamuni. Anche in quest’epoca non sono gli amici, bensì i nemici coloro che aiutano una persona a progredire […] Per quanto mi riguarda, i miei migliori alleati per il raggiungimento dell’Illuminazione, sono Hei no Saemon ed il reggente Hojo Tokimune oltre a Tojo Kagenobu e ai preti Ryokan, Doryu e Doamidabutsu. Devo essere grato se penso che senza di loro non avrei mai potuto essere il devoto del Sutra del Loto» (SND, 4, 54). Sono quelli che ci perseguitano che ci permettono di purificare la nostra fede. Vincere fino in fondo sulle avversità è il modo per raggiungere la Buddità. Spero che v’imprimiate nel cuore questo severo principio del Buddismo che il Daishonin ha dimostrato con la sua stessa vita. Incontrare calunnie, ingiurie, odio e gelosia è la prova di essere un devoto, un praticante del Sutra del Loto. E noi, che portiamo avanti kosen-rufu con vigore, ne siamo la dimostrazione pratica.
Quando praticate il Buddismo del Daishonin esattamente come egli insegna e incontrate ostacoli e difficoltà, per favore abbiate il coraggio di considerarli segni che siete sulla strada che conduce alla Buddità. Il Daishonin ha detto che dovremmo considerare gli ostacoli come pace e sicurezza.
[Negli Insegnamenti orali, commentando il quattordicesimo capitolo del Sutra del Loto Pratiche pacifiche, il Daishonin dice: «Quando si pratica il Sutra del Loto in tali circostanze (nell’Ultimo giorno della Legge) sorgeranno difficoltà e dovranno essere considerate come “pratiche pacifiche”» (OTT, 115)].
Il 26 gennaio celebreremo il trentesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai. Di recente è stato deciso di rendere un imperituro omaggio ai pionieri della SGI che non sono più con noi. Il nome di chi ha contribuito in maniera particolare a kosen-rufu sarà iscritto su un monumento eretto nel Chugoku Peace Commemoration Memorial Park della Soka Gakkai a Hiroshima. Il primo gruppo di ventisette persone comprende: Richard Causton (direttore generale SGI-UK), Silvia Etsuko Saito (responsabile Divisione donne SGI-Brasile), Kensei Kishimoto (direttore generale SGI-Peru), Ted Osaki (vice direttore generale SGI-USA), Pascual Olivera (responsabile Divisione artisti SGI-USA), Qua Teng Leng (responsabile nazionale Malesia); Eiichi Yamazaki (responsabile europeo SGI) e Koh Kian Boon (direttore generale SGI-Singapore). [Fra gli altri 19 pionieri vi sono anche Amalia Miglionico e Kimiko Kaneda, Italia, n.d.r.]
Grazie alle ardue e generose imprese di questi pionieri, il potente flusso di kosen-rufu si è espanso in tutto il mondo e oggi, in ogni paese e territorio, sono cresciuti molti e capaci successori. Quello che hanno realizzato i nostri nobili pionieri scomparsi, che hanno aperto nuove frontiere di kosen-rufu nel mondo, è immenso e impossibile a dirsi. Spero che tutti voi, nei vostri rispettivi paesi e comunità, come responsabili di kosen-rufu, che è il più alto onore nella vita, trionferete in qualsiasi lotta dovrete affrontare. Vi prego, fate sì che le vostre vittorie e il vostro nome brillino eternamente negli annali del nostro movimento. Non esiste una vita più splendida di questa.