Un fiore di loto con otto petali, che sembrano espandersi all’infinito, rappresenta il manifestarsi della Buddità presente in ogni persona. Allo stesso tempo è anche il simbolo della rivoluzione umana di ogni persona, la cui vita trabocca di benefici
Con questo numero inizia il secondo capitolo del volume 25, pubblicato sulle pagine del Seikyo Shimbun.
Il testo integrale è disponibile su www.ilvolocontinuo.it
Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto
Come scrisse una volta il grande storico francese Jules Michelet (1798-1874): «La storia non è altro che un resoconto delle gesta compiute».
Quanto più andiamo avanti, tanto più saremo in grado di aprirci la strada. E quanto più riusciamo a dialogare, tanto più saranno numerosi i semi di speranza che saremo in grado di piantare. Non tiriamoci mai indietro di fronte alle difficoltà. Tutto il sudore e le lacrime versate diventeranno le gemme preziose della nostra fortuna. Una vita meravigliosa, proprio come si vede nel tronco di un albero, è formata da splendidi anelli concentrici grazie ad azioni impregnate di dedizione altruistica.
Il sole ha annunciato l’arrivo di una nuova alba sorgendo nel cielo a est. Ora iniziamo a intraprendere azioni decise e fiduciose. È giunto il tempo di avanzare con velocità e dinamismo verso un brillante futuro.
I membri erano tutti al settimo cielo. I compagni di fede avanzavano gioiosamente, pervasi da un’energia inarrestabile. Erano decisi a vivere per kosen-rufu e per la Soka Gakkai, per realizzare la loro missione di Bodhisattva della Terra.
Il 19 marzo del 1977 ciascuno di loro fu colto da un’incontenibile contentezza sfogliando le pagine del Seikyo Shimbun. In alto, nella seconda pagina, c’era un titolo a caratteri cubitali: «È nato il nuovo logo della Soka Gakkai» corredato da un articolo divulgativo di tre colonne dove si mostrava anche il disegno: un fiore di loto a otto petali.
Nell’articolo si leggeva: «Questa immagine stilizzata di un loto a otto petali è stata approvata a maggioranza durante l’ultima conferenza dei rappresentanti di centro del 16 marzo, per diventare il logo della Soka Gakkai.
«Riflettendo sul significato delle parole di Nichiren, dove egli afferma che “la parola otto, o apertura, rivela che il corpo e la mente della fanciulla drago sono la Legge meravigliosa (BS, 115, 50)”, il disegno del fiore a otto petali che sembrano espandersi all’infinito è il simbolo del manifestarsi della condizione di Buddità che può emergere da ognuno di noi, ma è anche il simbolo della propagazione del meraviglioso insegnamento del Daishonin che abbraccerà il mondo per l’eternità. Inoltre, tutta l’immagine nel suo complesso rappresenta la profonda rivoluzione umana di ogni membro della Gakkai, nonché la sua esistenza traboccante di benefici. Questo nuovo logo sarà sicuramente utilizzato e protetto con affetto dai membri e diventerà un “simbolo di speranza” della Soka Gakkai, che sta aprendo un nuovo capitolo di kosen-rufu». Al posto dell’emblema dell’airone usato fino a quel momento, nacque così un nuovo logo, simbolo di una “Nuova era Soka”.
Il 1977 fu l’anno in cui aprirono con grande fermento i cantieri per la costruzione dei nuovi Centri culturali, mentre altri Centri in tutto il paese sarebbero diventati le sedi di riferimento nelle rispettive prefetture e aree. Il completamento di questi edifici costituiva una tappa importantissima per permettere alla Soka Gakkai di spiccare il volo nel cielo del ventunesimo secolo, inaugurando una nuova era di kosen-rufu.
Da fine marzo fino a tutto aprile, Shin’ichi Yamamoto partecipò a tutte le riunioni organizzate per inaugurare il Centro della Pace di Meguro, il Centro culturale di Katsushika, il Centro culturale di Chubu e altri. Arrivò poi il 3 maggio e i compagni di fede di tutto il Giappone celebrarono il diciassettesimo anniversario della nomina di Shin’ichi a terzo presidente della Soka Gakkai, mentre esultavano per la costruzione dei nuovi castelli della Legge disseminati in tutto il paese.
Senza mai fermarsi un attimo, il 10 maggio Shin’ichi visitò il Kansai, dove lo aspettavano tutta una serie di appuntamenti, tra cui la riunione di inaugurazione del Centro culturale di Shiga e l’incontro informale con i responsabili del Kansai. Fece ritorno a Tokyo il 14 maggio, per poi ripartire il 17 per il Kyushu e Yamaguchi. Shin’ichi era profondamente determinato. «Proprio ora che stiamo per entrare in una nuova fase di kosen-rufu con il completamento dei nuovi Centri culturali in ogni prefettura e in ogni area, devo costruire solide e indistruttibili basi della fede nel cuore di tutti i membri. Al contempo, scoprirò nuove persone di valore e le farò crescere. Realizzerò castelli inespugnabili di individui capaci in tutto il paese!».
Poco prima delle cinque del pomeriggio arrivò al Centro della Pace del Kyushu, nel quartiere Hakata, nella città di Fukuoka, situata sulla costa settentrionale dell’isola di Kyushu. Fukuoka è il luogo in cui i mongoli attaccarono il Giappone, con scontri cruenti, sia nel 1274 che nel 1281, quando Nichiren Daishonin era in vita. Erano passati settecento anni da allora e, con il desiderio che proprio da Fukuoka si propagassero i princìpi filosofici della pace duratura in tutta l’Asia e nel mondo, volle dare a questo nuovo castello della Legge il nome di Centro della Pace di Kyushu. A un certo punto Shin’ichi, sostando davanti al Centro della Pace, notò che tutti i preparativi per la cerimonia di inaugurazione della targa in marmo erano stati ultimati. Il monumento, che riportava inciso l’obiettivo del Centro, era coperto da un telo bianco, e non appena Shin’ichi lo vide, esclamò: «Ora per il Kyushu è giunto il momento di decollare! Diamo subito avvio alla cerimonia. Poiché siamo sempre in lotta contro il tempo, bisogna utilizzare al meglio ogni momento. Chi riesce a gestire il tempo è una persona vittoriosa!».
Furono quindi inaugurati i vari monumenti, tra i quali la targa commemorativa che recava inciso l’obiettivo del nuovo Centro della pace del Kyushu, e altri monumenti che riportavano le parole scritte nella calligrafia del primo presidente Tsunesaburo Makiguchi «Spirito Soka», e del secondo presidente Josei Toda «Adottare l’insegnamento corretto per la pace del paese».
Dopodiché Shin’ichi Yamamoto entrò nell’edificio e recitò Gongyo insieme ai rappresentanti dei responsabili locali per inaugurare l’apertura del Centro della pace del Kyushu. Di lì a poco, durante un incontro informale con una decina di responsabili provenienti da Fukuoka e dal Kyushu, Shin’ichi esclamò con profonda emozione: «Finalmente domani terremo la riunione con i responsabili di centro in questo Centro della pace. Siamo giunti a una fase epocale. Creiamo ondate di kosen-rufu che da Fukuoka si diffonderanno in tutto il paese e nel mondo intero. D’ora in avanti, ogni prefettura dovrà diventare così forte da potersi equiparare a una Soka Gakkai al completo ed essere in grado di costruire le sue sedi locali. E questa riunione di centro funge da prova generale».
Le riunioni di centro di solito erano organizzate presso l’aula magna della Nihon University o la sala conferenze del Nippon Budokan di Tokyo, ma circa tre anni e mezzo prima Shin’ichi, animato dal desiderio di aprire una nuova tradizione, aveva proposto qualcosa di diverso: «Che ne pensate di organizzare le riunioni di centro, anziché sempre a Tokyo e in grandi sale, in luoghi diversi, magari nella periferia delle città, per rigenerarsi e ripartire poi con freschezza e nuovo slancio?».
In seguito, le riunioni con i responsabili di centro si svolsero in varie zone esterne, a partire dalla riunione del gennaio 1974, tenutasi nella prefettura di Fukuoka al palasport dell’Energia elettrica del Kyushu, e quella successiva di febbraio al palasport della prefettura di Chiba. Inoltre, quando cominciarono a nascere in tutto il paese i Centri culturali e furono costruite le strutture adeguate per accogliere i corsi della Soka Gakkai, le riunioni per i responsabili di centro cominciarono a tenersi presso quelle sedi. Ad esempio nel 1977, nel mese di gennaio, la riunione di centro fu organizzata al Centro generale per i corsi del Kansai, nella prefettura di Wakayama, poi a febbraio al Centro culturale di Kawasaki, mentre nei mesi di marzo e aprile si tennero rispettivamente al Centro culturale Soka di Tokyo e al Centro della pace di Meguro.
Shin’ichi pensava che fosse finita l’epoca in cui Tokyo, l’unico motore pulsante, si trascinava dietro il resto del paese come una locomotrice. Sarà possibile realizzare un nuovo e grande progresso di kosen-rufu solo quando ogni territorio, ogni area e ogni prefettura sarà in grado di agire contando sulle proprie forze. Solo così sarà in grado di ispirare le altre località del paese perché manifestino le proprie caratteristiche uniche e irrepetibili, come accade nei treni ad alta velocità, dove ogni carrozza è dotata di un motore proprio. Solo quando si svilupperanno tutte le capacità a livello territoriale si potrà parlare di “un’era delle regioni”.
A mezzogiorno del 18 maggio si profilava una splendida giornata primaverile a Fukuoka, e i volti di tutti i responsabili del Kyushu erano sorridenti e soddisfatti, perché si poteva tenere la riunione di centro sotto un cielo sereno. Stando vicino alla finestra del Centro della pace del Kyushu con lo sguardo rivolto all’orizzonte, Shin’ichi Yamamoto disse a un vice presidente accanto a lui, che si occupava in particolare del Kyushu: «Mi è stato detto che ha smesso di piovere da poco e che tutti stanno bene e si stanno sforzando di dare il meglio di sé. Ne sono proprio contento».
Guardandolo con occhi perplessi, il vice presidente rispose: «Ma, veramente, negli ultimi giorni nel Kyushu non è piovuto quasi per niente. Sono tutti strafelici perché oggi il cielo è terso e ciò si addice particolarmente alla nuova partenza del Kyushu».
(continua)