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Un inno di eternità, felicità, vero io e purezza - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:48

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Un inno di eternità, felicità, vero io e purezza

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Come campioni dello spirito
che si esercitano con serietà,
possiamo trasformare la condizione vitale
della sofferenza più atroce
in eternità, felicità, vero io e purezza.

Il mio maestro Josei Toda, un grande filosofo della vita, diceva: «Nessuno di noi presente qui oggi sarà ancora vivo fra cento anni. Nascita, invecchiamento, malattia e morte sono inesorabili. Di fronte a una simile realtà è necessario riuscire a vivere con fiducia e sicurezza. Per questo esistono gli insegnamenti del Buddismo». Nessuno, per quanto possa andar fiero del potere che esercita o della ricchezza che ha accumulato, è in grado di sfuggire alle sofferenze universali di nascita, invecchiamento, malattia e morte. Anzi, più uno va fiero di queste cose, più soffrirà alla fine.
Il terzo capitolo del Sutra del Loto, Parabola e similitudine, descrive con grande acutezza il mondo umano come un luogo «pieno di innumerevoli sofferenze, un luogo che incute timore, assediato di continuo dai dolori e dai tormenti della nascita, della vecchiaia, della malattia e della morte» (SDL, 3, 88). Nell’epoca attuale sta dilagando una violenza che miete in particolar modo vite innocenti. Per questo è così importante stabilire saldamente il principio della sacralità della vita come filosofia in grado di guidare tutta l’umanità.
Il famoso fisico Albert Einstein (1879-1955) diceva: «L’uomo veramente religioso non ha paura né della vita né della morte».

I miei amici e compagni di missione,
che si dedicano a
kosen-rufu,
superano e vincono
tutte le sofferenze della vita,
persino la malattia e la morte.

Quando seppe che uno dei suoi seguaci, Ota Jomyo, era ammalato, Nichiren Daishonin gli scrisse: «Sapere che tu soffri mi addolora, ma, d’altra parte, è anche motivo di gioia [perché rappresenta un’opportunità di cambiare il tuo karma e trasformare il veleno in medicina]» (La cura delle malattie karmiche, RSND, 1, 562). Il Daishonin era molto preoccupato delle condizioni di salute di Ota e pregava ardentemente per la sua guarigione. Lo incoraggiava, lo proteggeva e voleva che trionfasse sulla sua sofferenza, conseguendo un vasto stato vitale pervaso dalle nobili qualità della Buddità: eternità, felicità, vero io e purezza. Non c’è assolutamente motivo di sentirsi in colpa o di vergognarsi quando ci si ammala. Se lo consideriamo dalla vasta prospettiva del Buddismo, tutto ciò che ci accade ha un profondo significato; inoltre abbiamo il potere di trasformare qualsiasi cosa negativa ci accada in positiva, di cambiare il veleno in medicina. Il Daishonin cita in proposito l’insegnamento del Budda Shakyamuni sulle «persone malate che raggiungono la Buddità» (RSND, 1, 833).
Il giornalista americano Norman Cousins (1915-90), un mio caro amico [che credeva profondamente nel legame mente-corpo per quanto riguarda la salute e la guarigione], sottolineava l’importanza di rispondere con coraggio alla sfida della malattia invece di soccombere alla rassegnazione.
Inoltre il Buddismo di Nichiren Daishonin insegna il principio di “assumere volontariamente il karma appropriato”. L’esempio coraggioso di qualcuno che rifiuta di farsi sconfiggere dalla malattia può essere fonte di ispirazione per innumerevoli altre persone.

Amici miei,
come miei discepoli nella grande impresa
di realizzare
kosen-rufu nel mondo,
vivete fino in fondo
sul sentiero di maestro e discepolo.

Tutte le cose sono in costante mutamento. Come scrive il Daishonin: «Ono no Komachi e Soto’ori Hime erano belle come fiori, ma col tempo anche la loro bellezza fu spazzata via dai venti dell’impermanenza» (Conversazione fra un santo e un uomo non illuminato, RSND, 1, 93) [Ono no Komachi era una poetessa della metà del nono secolo sulla quale sono fiorite molte romantiche leggende. Soto’ori Hime era una figura femminile leggendaria che compare in Cronache del Giappone e in Cronache degli antichi avvenimenti, n.d.r.]. Anche la bellezza più perfetta svanisce inevitabilmente col passare del tempo. Solo quando dedichiamo la vita alla verità fondamentale rivelata dal Buddismo possiamo aprire le porte del palazzo della Buddità che è sempre presente dentro di noi e sviluppare un indistruttibile stato vitale di soddisfazione e gioia, pervaso dalle nobili virtù di eternità, felicità, vero io e purezza.
Il poeta indiano Rabindranath Tagore (1861-1941) scrisse: «Soltanto [la rettitudine] permette [a un essere umano] di vivere la vita dell’infinito e può aiutarlo nella sua crescita verso l’eterno». Quando siamo uniti nello spirito con un maestro che si dedica alla verità possiamo condurre vite di illimitata vittoria. Quando ci uniamo al ritmo dell’eterna Legge mistica possiamo condurre vite di sviluppo incessante.
Io ho dedicato tutta la mia giovinezza e tutto il mio essere a lavorare al fianco di Toda, il mio maestro di kosen-rufu. E grazie a questo, come beneficio della mia pratica buddista, ho potuto prolungare la mia vita e raggiungere quest’età avanzata, anche se da giovane ero sempre malato e mi dicevano che probabilmente non avrei vissuto abbastanza da vedere il mio trentesimo compleanno.
Vorrei che voi, miei successori della Divisione giovani, portaste avanti con coraggio questa fede vera e corretta che è il fondamento della vittoria di maestro e discepolo.
Nella Raccolta degli insegnamenti orali Nichiren Daishonin afferma: «E quando, mentre siamo in questi quattro stati di nascita, vecchiaia, malattia e morte, recitiamo Nam-myoho-renge-kyo, facciamo sì che essi diffondano la fragranza delle quattro virtù» (BS, 114, 45). Recitando Nam-myoho-renge-kyo con determinazione per affrontare fino in fondo qualsiasi cosa si presenti sul nostro cammino, continuiamo a diffondere le brezze fragranti di eternità, felicità, vero io e purezza, per il bene della Legge, dei nostri simili e della società.
Il grande eroe dell’indipendenza cubana José Marti (1853-95) proclamò: «Io vivo in modo da poter diventare più forte di tutti gli ostacoli». A Cuba, come in altre parti del mondo, le attività dei nostri membri brillano luminose. Il noto genetista e botanico indiano M.S. Swaminathan, pioniere della “rivoluzione verde”, ha osservato che i membri della SGI sono «i tedofori che portano la fiaccola di una nuova era nella storia dell’umanità, in cui prevarrà la pace, scomparirà la fame e la spiritualità diverrà longeva».
Oggi in ogni parte del mondo i membri della SGI cantano allegramente insieme. Dove ci sono voci felici che si levano in un canto, c’è speranza, giovinezza, progresso e unità. Intraprendiamo la marcia verso la vittoria della gioventù al ritmo della gioiosa canzone di eternità, felicità, vero io e purezza.

Oggi, ancora una volta,
intoniamo le canzoni della vita
che trasformano i nostri cuori
in luminose oasi
di eterna felicità.

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