Pur praticando il Buddismo da molti anni per comprendere fino in fondo cosa significhi cambiare davvero è necessario sperimentare sulla propria pelle le parole di Nichiren Daishonin. È stato così per Francesca che fra mille difficoltà ha deciso di affidarsi al Gosho per assaporare il gusto di una incredibile trasformazione
Ho conosciuto il Buddismo nel 1994 a ventidue anni. Ero una ragazza apparentemente normale, ma vivevo con insofferenza, cercavo di non fermarmi mai per non sentire il disagio che pervadeva la mia esistenza.
Un pomeriggio, quando avevo otto anni, mia nonna morì d’infarto, mentre ero sola con lei. Con i miei genitori, che avevano sempre lavorato, non esisteva altro rapporto se non quello segnato da pesanti violenze psicologiche, e soprattutto fisiche, che avevo subito fino dall’infanzia. Gli studi universitari andavano a rilento, passavo da un ragazzo all’altro senza farmi troppi problemi, non avevo progetti, non credevo in nulla.
Iniziai a praticare questo Buddismo e realizzai lo scopo di trovare un piccolo lavoro, tuttavia quando mi impegnavo per obiettivi più importanti mi bloccavo, non riuscivo a fare nessuna azione e maturavo un grande senso di frustrazione. Quando ricevetti il Gohonzon accadde qualcosa di grande: mi accorsi di quanto fossi permeata da un atroce senso di colpa nei confronti di quello che avevo vissuto da bambina, e di quanto fosse profonda la mia convinzione di non meritare nulla, ovviamente neanche di essere felice. Da quel momento ho iniziato a percepire la vita in modo completamente diverso: sono stata in grado di chiarire gli obiettivi e di realizzarne tantissimi, grazie alla recitazione del Daimoku, allo studio ma soprattutto a una intensa attività nella Divisione giovani e nel gruppo delle byakuren, quest’ultima fondamentale per approfondire il legame con il presidente Ikeda.
Ho iniziato a lavorare nel mondo della comunicazione, realizzando il sogno di scrivere per lavoro, mi sono sposata e ho avuto tre bambini meravigliosi e pieni di gioia di vivere. A dicembre del 2011 dopo la nascita della mia terza figlia, fortemente voluta, al rientro al lavoro mi viene comunicato che l’ente di ricerca presso il quale lavoravo avrebbe chiuso, perciò sarei stata licenziata. Erano circa tre mesi che non mi versavano l’indennità di maternità e non avevano più soldi neanche per la liquidazione. È stata una doccia fredda, non solo per le difficoltà economiche che la nostra famiglia si trovava ad affrontare, ma soprattutto perché lavorare è sempre stato importante per la mia identità. A quel punto ho deciso che per dare una vera svolta alla mia vita dovevo sterzare, dare più del massimo partendo dalla pratica; ho deciso di recitare tre ore di Daimoku al giorno finché la situazione non si fosse risolta. Non sapevo come ci sarei riuscita, ma lo avrei fatto senz’altro.
La qualità della mia vita è cambiata, ho sentito giorno per giorno crescere in me una condizione vitale alta e indistruttibile, ho provato grandissima felicità nell’incoraggiare le persone, ho rafforzato i legami con i miei compagni di fede e ho sentito che niente poteva sconfiggermi. A Capodanno, alla lettura della frase del Daishonin: «L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» (RSND, 1, 1008), ho dovuto guardare alla sofferenza del rapporto con i miei genitori che mai avevo affrontato in quasi diciotto anni di pratica. Le violenze e i maltrattamenti che avevo subito mi autorizzavano a percepirmi esente dal provare compassione, era molto facile giustificare me stessa: non potevo amare chi invece di proteggermi mi aveva fatto così male. Ma le parole del Gosho sono chiare, e non ci sono esclusioni che mi riguardano, così per essere coerente con il desiderio di realizzare la mia rivoluzione umana, ho deciso di sciogliere questa rabbia che provavo nei confronti dei miei genitori.
Stavo affrontando un momento difficile. Un giorno, improvvisamente, dopo aver recitato Daimoku, ho realizzato che stavo facendo tantissime cose insieme, tutte bene, tutte con il sorriso, ho sentito di avere una grandissima forza, di essere indipendente e di essere in grado di far sentire libere le persone vicino a me, sono stata felice di come ero e ho capito che potevo essere così solo grazie a tutte quelle difficoltà che avevo affrontato. In un attimo il mio cuore si è sciolto e ho pianto nel sentire vera gratitudine per i miei genitori, proprio perché umani, proprio perché imperfetti. Tanta rabbia è andata via e ho provato da quel momento la gioia di abbracciarli e di sentirli.
Questa esperienza mi ha cambiato. Ho iniziato a recitare Daimoku con il cuore più leggero e un maggiore rispetto per me; a metà febbraio in maniera inaspettata sono arrivati i pagamenti di tutti gli arretrati, insieme alla possibilità di collaborare a un progetto presso un ente pubblico. La posizione che mi veniva offerta era interessante però, purtroppo, avrei iniziato a lavorare e poi sarebbero arrivati i soldi e il contratto. Ho lavorato per sei mesi ma ogni mese c’era una scusa per rimandare la firma del contratto. Continuavo a recitare tanto Daimoku, e a sforzarmi nello shakubuku, dove sono un po’ schiappa, e tre persone hanno iniziato a praticare.
A settembre mi viene comunicato che, purtroppo, non c’è nulla da fare, i margini economici per la mia posizione non ci sarebbero stati. Ovviamente, nel frattempo avevo inviato curriculum ovunque senza avere risposta. Tutte le porte sembravano sbarrate, ma io non so perché, avevo la convinzione profonda che entro il primo ottobre avrei firmato un contratto. Come dice ancora il Gosho: «Se non si percepisce la vera natura della propria vita la pratica sarà un’infinita e dolorosa austerità» (RSND, 1, 4) e dopo aver ricevuto un incoraggiamento da un compagno di fede sono riuscita ad andare davanti al Gohonzon con l’unico desiderio di fare emergere la mia Buddità. Quel giorno stesso è arrivata una proposta per un colloquio di lavoro, non sembrava granché, perché mi richiedevano una presenza di otto ore per poche centinaia di euro al mese, ma sono andata con fiducia. Il colloquio è andato così bene che alla fine dell’incontro mi hanno offerto un lavoro di responsabilità per la redazione dei contenuti di un importante rivista online con un orario flessibile e il doppio dello stipendio, e ho firmato il contratto due giorni prima di iniziare a lavorare! Ora voglio che questo sia il mio nuovo punto di partenza.