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Un disarmo globale - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:37

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    Un disarmo globale

    I responsabili della Divisione giovani riportano le loro esperienze: dalla lotta contro una terra diventata improvvisamente la peggior nemica, al coraggio di abbattere le proprie barriere interiori per riuscire a portare kosen-rufu nell’ambiente

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    I responsabili della Divisione giovani riportano le loro esperienze: dalla lotta contro una terra diventata improvvisamente la peggior nemica, al coraggio di abbattere le proprie barriere interiori per riuscire a portare kosen-rufu nell’ambiente

    Una terra da rispettare
    intervista a Katia Malaguti, San Felice sul Panaro (FE)

    A maggio 2012, a causa del terremoto, l’Emilia si è trovata di fronte a grandi sfide. Come hai vissuto quel periodo?
    Mi è venuto subito da pensare: «Come si comporterebbe il mio maestro?». Allora ho approfondito il principio della “triplice trasformazione della terra” e ho letto le parole del presidente Ikeda: «Dal singolo fattore della mente scaturiscono tutte le varie terre e le condizioni ambientali. […] la trasformazione della terra dipende dalle persone che trasformano il proprio cuore e la propria mente. Anche la terra ha uno stato vitale o condizione di vita. Quando i cuori delle persone che vivono in un determinato luogo sono tormentati e infelici, anche la terra sarà tormentata e infelice. Quando i cuori delle persone brilleranno di profonda forza e fiducia, fiorirà e prospererà anche la terra» (NR, 422, 3). Nella frase, «anche la terra ha uno stato vitale» ho compreso profondamente che la terra stava semplicemente manifestando se stessa e che non mi stava “facendo i dispetti”. Il suo tremare è un fatto naturale così come l’essere umano ha un suo moto, una sua rivoluzione. È anch’essa entità di Nam-myoho-renge-kyo e perciò degna di rispetto. Avevo il desiderio profondo di provare questo rispetto. Così ho recitato una preghiera potente con l’obiettivo che anche se la terra avesse tremato, io non sarei crollata. In quel momento feci pace con la terra, e quella notte per la prima volta dopo tanto tempo riuscii a prendere sonno nonostante la terra tremasse ancora.

    Che cosa senti di aver imparato grazie alla relazione maestro-discepolo?
    Nella Mappa della felicità c’è la frase del 26 aprile – proprio il giorno in cui quest’anno ho subìto un intervento allo stomaco – che ho scolpito nel mio cuore: «Perché la pianta di tarassaco non muore, anche se viene ripetutamente calpestata? Il segreto della sua forza sta nella radice che può estendersi oltre un metro in profondità. Lo stesso vale per l’essere umano. Nella vita vince la persona che riesce a sviluppare solide radici che le permettano di affrontare qualsiasi circostanza, continuando a sfidarsi con tenacia». La pratica, più che elevarti a qualcosa, ti porta in profondità. La vera grandezza si costruisce grazie a solide basi. Lo spirito che ogni giorno determino di manifestare è lo stesso spirito di sensei, ovvero quello di non arrendersi mai qualsiasi cosa accada.

    Che cosa significa per te che i giovani sono allenati direttamente da sensei?
    Un allenatore sa scegliere un giocatore in base al potenziale che vede in lui, non soffermandosi su ciò che non sa fare; lo sceglie proprio per insegnargli a manifestare le sue capacità. Sensei guarda a quel nostro potenziale che ancora noi non riusciamo a vedere permettendoci, con i suoi continui incoraggiamenti, di manifestarlo nella nostra vita. Ikeda mi ha allenata alla vita concreta, mi ha insegnato come affrontare le difficoltà per creare valore e così facendo ho imparato ad apprezzare le cose belle. Ho iniziato a rivalutare ciò che davo per scontato come la mia salute, avere un lavoro e l’amore che i miei genitori nutrono per me.

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    La diversità insegna
    intervista a Matteo Artoni, Mantova

    Dall’11 ottobre al 3 novembre si tiene a Bologna la mostra “Senzatomica. Trasformare lo spirito umano per un mondo libero dalle armi nucleari”. Tu sei responsabile del comitato. Che impatto ha avuto nella tua vita questo tipo di attività?
    Quando mi proposero questa sfida, all’inizio sentivo di non essere in grado. Ero consapevole che tutto sarebbe partito dal disarmo interiore. Sono tornato alla relazione con il mio maestro e ho accettato proprio perché il suo desiderio è che i giovani siano in prima linea. Nella mia vita è uscito subito molto “sporco” e ciò che mi ha dato un’ulteriore spinta è stato pensare che dovevo partire da questo, partire dalla mia oscurità e lavorare su di essa. Ho deciso di fare delle azioni concrete oltre a recitare da due a tre ore di Daimoku al giorno. Sono partito dalla famiglia. Mio papà faceva il contadino e ha studiato fino alla quinta elementare. Ho sempre pensato: «Tanto non capisce, tanto non mi ascolta». Il dialogo con mio padre rimaneva sempre in superficie. Un giorno ho deciso di regalargli Il quaderno di Hiroshima. Poco prima di fare questa azione ero lì a pensare: «Lo leggerà o no?”. Sono andato oltre i mille limiti, mi sono deciso e l’ho comprato. Il giorno dopo mi ha chiesto: «Chi l’ha scritto? Non riuscivo a smettere di leggerlo!». Così ho iniziato a parlargli di Senzatomica e lui ha raccontato tutto anche a mia zia. Per la prima volta dopo quindici anni abbiamo iniziato a parlare sinceramente di Buddismo in famiglia. Inoltre hanno deciso di organizzarsi per venire a visitare la mostra anche insieme ai loro amici. Da lì ho iniziato a rinnovare con forza sempre più grande le mie determinazioni in ogni ambito della mia vita. Questa esperienza mi ha insegnato che il disarmo interiore può essere rea­lizzato in qualunque situazione e da tutti, proprio per portare avanti il sogno di sensei.

    Nella campagna Senzatomica tutti i giovani si stanno impegnando in prima linea: che cosa significa per te sostenere il futuro?
    Ho iniziato a praticare a sedici anni. All’epoca c’erano pochi giovani, anzi quasi nessuno. Dopo quattro anni di pratica altalenante ho deciso di praticare correttamente e ho sentito subito l’importanza di sostenere i giovani. Pochi mesi dopo mi hanno dato l’incarico di seguire il gruppo dei giovanissimi del territorio Emilia. Da lì è nato questo desiderio di creare una Soka Gakkai dei giovanissimi. Quando è stata fondata la Divisione futuro ho sentito subito l’importanza di dare un forte sostegno. Non è così scontato che i giovanissimi continuino a praticare. Dobbiamo sostenerli non con il senso del dovere ma con un sorriso, andandoli a trovare a casa, sentendo noi per primi la gioia di fare questa attività.

    Che rapporto hai con Katia, la tua corresponsabile?
    Nella Nuova rivoluzione umana si legge: «Nessuna persona da sola è perfetta. Tutti noi abbiamo dei punti deboli, dei limiti. Ma finché siamo uniti possiamo compensarci l’un l’altro, dimostrando, come un organismo, una forza completa e perfetta» (NR, 514, 20). La relazione con Katia è stata la prova del mio totale disarmo interiore. Io sono una persona molto diplomatica, lei un treno inarrestabile. Ho accettato la sua diversità e il fatto di poter imparare da essa. Quando c’è la sincerità e il rispetto alla base si possono creare dei legami fortissimi.

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