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Un diritto inalienabile - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:45

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Un diritto inalienabile

Nel dibattito tra i partecipanti alla fondazione della SGI vengono individuati i punti qualificanti della nuova organizzazione: l’esigenza di ogni essere umano di essere felice, i legami umani e la diffusione della compassione buddista

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Nel dibattito tra i partecipanti alla fondazione della SGI vengono individuati i punti qualificanti della nuova organizzazione: l’esigenza di ogni essere umano di essere felice, i legami umani e la diffusione della compassione buddista

La sala dove si teneva la prima Conferenza mondiale per la pace esplose di gioia alla nomina di Shin’ichi Yamamoto [pseudonimo di Daisaku Ikeda, n.d.r.] a presidente della SGI. Vi era entusiasmo per l’avvenuta scelta del nuovo leader di kosen-rufu.
Il presidente della IBL fece un respiro profondo e continuò il suo discorso: «La ragione fondamentale per cui siamo riuniti qui oggi è che siamo praticanti del Buddismo di Nichiren Daishonin e, come tali, desideriamo realizzare la pace mondiale, che non solo è il più grande ideale del Daishonin, ma anche il desiderio profondo di tutta l’umanità. La strada potrebbe essere lunga e difficile ma dobbiamo essere veramente uniti e continuare a combattere per superare tutti gli ostacoli fino a quando non vedremo brillare la luce della pace in ogni angolo della terra. Con questa ferma determinazione, aderiamo alla Dichiarazione di pace che adesso leggeremo».
Il membro americano eletto segretario generale della IBL salì sul podio per leggere il testo della Dichiarazione di pace e la sua voce riempì la sala: «La vita è un diritto inalienabile di ogni essere umano, indipendentemente dalla razza, la nazionalità, la lingua o i costumi. Come buddisti nutriamo il desiderio sincero di ristabilire questo diritto per i popoli e farlo crescere. Per assicurare una pace durevole a tutta l’umanità siamo determinati a costruirla riconoscendo il valore assoluto della vita; getteremo dunque le fondamenta spirituali per la pace infondendo nel cuore delle persone la consapevolezza che la vita in se stessa è preziosa più di ogni altra cosa».
Nella premessa alla Carta dell’UNESCO si legge: «Poiché le guerre nascono nella mente degli esseri umani, è proprio nella mente degli esseri umani che deve essere costruita la pace». La domanda allora è: «Come creare la migliore fortezza della pace nel cuore delle persone?». Secondo la Dichiarazione di pace, questa può essere ottenuta riconoscendo il valore della inalienabile sacralità della vita. Il Buddismo insegna che tutti noi siamo dotati della nobile e suprema vita del Budda. Non conta con quanta forza si possa proclamare la sacralità dell’esistenza: se questo proclama non è sostenuto da una seria filosofia che ne raccolga la sfida, rischia di restare nient’altro che una vuota presa di posizione. La Dichiarazione di pace era una dichiarazione delle più profonde convinzioni e della coscienza morale dei buddisti, basata sul principio della dignità assoluta della vita.
Il segretario generale della IBL aveva una voce vibrante mentre continuava a leggere la Dichiarazione di pace: «In secondo luogo, nel processo di creazione della pace, i legami cuore a cuore fra le persone risvegliate alla sacralità della vita sono più forti di qualunque vincolo economico e politico fra le nazioni. È per questo che combatteremo per forgiare forti legami di solidarietà fra tutti coloro che nel mondo desiderano la pace. Infine, poiché una pace duratura non può prescindere dalla felicità di tutta l’umanità, miriamo a fare diventare la compassione buddista un nuovo elemento filosofico che sproni lo spirito di partecipazione, per garantire la felicità e la sopravvivenza del genere umano».
Mentre ascoltava, Shin’ichi sentiva che i membri di tutto il mondo stavano rendendo il Buddismo di Nichiren Daishonin accessibile a tutti identificandolo con i princìpi di pace e di felicità per l’umanità.
La Dichiarazione di pace continuava così: «Avendo vissuto in questo secolo gli orrori delle due guerre mondiali, è necessario comprendere che la nostra grande responsabilità verso le generazioni future è quella di fare del ventunesimo secolo un “secolo della vita”, l’epoca d’oro dell’umanesimo in cui tutte le persone potranno coltivare la sacralità della vita. Perciò gli ultimi venticinque anni di questo secolo saranno estremamente significativi per noi, che combattiamo sotto la bandiera della dignità umana per stimolare la rinascita spirituale e mantenerla viva fra la gente. Considerando questo giorno come un inizio, affermiamo qui la nostra determinazione nel voler generare un movimento solido e crescente per la creazione di una pace mondiale duratura attraverso la promozione di questi ideali in armonia con le nostre condizioni individuali».
La dichiarazione era stata adottata con la sottoscrizione di tutti i partecipanti alla conferenza. Una nuova alleanza per la realizzazione di una pace duratura nel ventunesimo secolo era stata creata.
Terminata la lettura, furono presentati i membri dei cinquantun paesi, iniziando da Hong Kong. All’annuncio di ciascun paese, i rappresentanti si alzavano in piedi acclamati dagli altri partecipanti. Fra di loro vi erano i membri della nazione caraibica di Trinidad-Tobago, del Laos, del Bangladesh, dell’Iran, di stati africani come il Ghana, il Kenya e la Nigeria. Alcuni delegati avevano avuto difficoltà a trovare i soldi per il viaggio fino a Guam, tuttavia erano risoluti a portare avanti la missione di pionieri di pace, aprendo il sentiero verso la felicità nei loro rispettivi paesi. Erano tutti campioni senza medaglie che cercavano di trasformare la storia dell’umanità.
Diversi membri intervennero a turno con brevi discorsi. Il delegato di Hong Kong, in rappresentanza dell’Asia, annunciò che i membri della sua zona avevano generato un’onda di pace nella loro società attraverso la realizzazione di un festival culturale svoltosi il 19 gennaio.
Parlando a nome delle delegazioni europee, il rappresentante francese riferì che i membri di tutta Europa si riunivano ogni anno, come una famiglia, con questo scopo: «Poiché abbiamo compreso come superare l’egotismo e pulire la nostra vita, ci stiamo impegnando per costruire una comunità spirituale fondata sui legami di cuore fra le persone di tutta Europa».
Il delegato del Perù, rappresentante del Nord e Sud America, affermò: «Il mondo di oggi ha bisogno di nuovi “cittadini globali” per gettare le basi di una società umana veramente unificata». Assicurò inoltre che i membri del Perù erano determinati a coltivare una forte consapevolezza personale del fatto di essere cittadini del mondo, e a estendere a tutta la nazione il principio buddista della sacralità della vita.
Le riflessioni del delegato keniota, che salutò la platea a nome di tutti i membri africani, furono accolte con particolare entusiasmo dai partecipanti: «Oggi l’Africa sta affrontando molti problemi gravi, compresi siccità e carestia. Sono tutti problemi che vanno affrontati in ambito internazionale, su scala globale. Ma il mondo manca delle fondamenta comuni necessarie per farlo. Non sono ancora stati identificati i legami spirituali universali che uniranno il mondo intero. È per questo motivo che nutriamo grandissime aspettative e comprendiamo l’immensa missione della prima Conferenza mondiale per la pace, motivata dal principio della compassione e voluta per costruire felicità e pace per l’umanità». Un applauso vigoroso mostrò quanto tutti condividessero il suo pensiero.
Il fondamento spirituale per l’umanità dovrebbe essere la consapevolezza condivisa che, al di là delle differenze nazionali, religiose, ed etniche, siamo tutti esseri umani che vivono insieme su questo pianeta. È un ideale che considera la vita come il bene supremo, e non accetta per nessuna ragione lo sfruttamento dell’individuo. Inoltre questo credo spirituale condiviso dovrebbe garantire a tutte le persone il diritto alla felicità. Josei Toda lo identificò con il concetto di cittadinanza globale e il Buddismo di Nichiren è la filosofia che sta alla base di questa idea.
Kiyoshi Jujo, direttore generale della Soka Gakkai dall’ottobre 1974, portò i saluti dei membri del Giappone. Quindi si alzò a parlare il patriarca Nittatsu, presidente onorario della IBL: «Questo evento non ha precedenti in tremila anni di storia del Buddismo. I vostri sforzi per realizzare questa conferenza internazionale sono veramente degni di lode, – disse con grande apertura, riflesso senza dubbio della genuinità dei suoi sentimenti, e continuò – Nichiren Daishonin esulterebbe certamente nell’assistere a questa grande riunione di membri energici e felici. Quasi non riesco a trattenere lacrime di gioia a questo pensiero».
Riferendosi all’insegnamento del Daishonin secondo cui la propagazione dipende dal tempo, sottolineò che il tempo per la fioritura del Buddismo di Nichiren in tutto il mondo era stato creato dagli sforzi di Shin’ichi: «Sono certo – disse – che il Daishonin loderebbe la dedizione instancabile del presidente Yamamoto».
Con l’entusiasmo nella voce, il moderatore annunciò il primo discorso di Shin’ichi in qualità di presidente della SGI. «Congratulazioni! E grazie a tutti!», disse Shin’ichi dal podio. Sorridendo a tutti i partecipanti espresse la sua sincera gratitudine ai membri di Guam che avevano dato il loro contributo ai preparativi della conferenza.

(4. continua)

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