Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Un cuore matto - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:52

    361

    Stampa

    Un cuore matto

    Dimensione del testo AA

    GIUSI: Nel 2003, poco prima dell’estate, un’amica mi parlò della pratica buddista e io che ero parecchio “giù di corda” iniziai subito a recitare Daimoku: «Tutto sommato – pensai – non ho niente da perdere». Parallelamente iniziai anche una terapia farmacologica antidepressiva, così quando dopo un po’ di tempo cominciai a sentirmi meglio decisi di sospendere l’assunzione dei farmaci per verificare quale delle due “terapie” mi facesse quell’effetto benefico. Scoprii che era Nam-myoho-renge-kyo.
    VINCENZO: D’estate, con mia moglie, mia figlia, suo marito e i due nipoti, siamo andati a trascorrere le vacanze nella casa che abbiamo a Taranto. Un giorno ero in giardino e ho sentito una “strana musica”, ho salito le scale e ho visto mia figlia seduta su un gradino che stava dicendo una specie di litania. Sono rimasto colpito proprio dalla musicalità e le ho chiesto: «Cos’è?». Lei mi ha risposto: «È il Sutra del Loto, dopo te lo spiego, intanto ripeti con me quello che dico io». E così abbiamo recitato Daimoku insieme.
    GIUSI: Fra l’altro una delle cose strane che mi stavano accadendo da quando avevo cominciato a praticare era che, in maniera del tutto naturale, stavo ristabilendo relazioni con delle persone con le quali i rapporti, per vari motivi, si erano interrotti in maniera anche molto brusca.
    VINCENZO: Finite le vacanze sono rientrato a Milano, ogni tanto recitavo Nam-myoho-renge-kyo, ma sempre in maniera incostante. A marzo del 2004 sono andato a fare un’ecografia addominale che ha evidenziato la presenza di un tumore maligno di tre centimetri alla prostata. Mi sono messo a piangere ma mia figlia mi ha detto: «Non ti preoccupare» e mi ha portato a casa sua a recitare un’ora di Daimoku (davanti al muro perché non aveva ancora il Gohonzon). Stranamente quando abbiamo terminato mi sentivo felice, non pensavo più al mio male, non pensavo più a niente. Ero completamente tranquillo.
    GIUSI: Dopo però il Gohonzon è arrivato… e precisamente il 25 aprile.
    In genere ci poniamo dei grandi obiettivi prima di ricevere il Gohonzon. Io avevo determinato che papà restasse ancora con noi: non ero pronta a lasciarlo andar via, avevamo ancora un sacco di cose da fare insieme. Una decina di giorni dopo è stato operato e tutto è andato bene, si è ripreso benissimo, tanto che come al solito a fine giugno è ripartito per le vacanze nella casa al mare.
    VINCENZO: Sì, ero proprio in vacanza quando il 12 luglio sono stato colpito da un infarto e ricoverato all’ospedale di Taranto, dove non esisteva un reparto specializzato. Giusi è arrivata subito. Dovevamo decidere in quale ospedale farmi trasferire: avrei voluto tornare dalle parti di Milano ma i medici insistevano per farmi andare al Policlinico di Bari o a Lecce, dicevano che un lungo trasferimento in ambulanza nelle mie precarie condizioni di salute sarebbe stato troppo pericoloso.
    GIUSI: Non sapevo proprio quale decisione prendere, così mi sono affidata al Gohonzon: una sera ho determinato: «Entro domattina voglio sapere cosa devo fare». La mattina dopo mi sono svegliata e ho acceso la televisione, cosa che di solito non faccio. La prima notizia che ho sentito riguardava un problema che aveva avuto luogo proprio nell’ospedale dove sarebbe dovuto andare mio padre. L’ho interpretata come un “segno” e così abbiamo optato per il San Matteo di Pavia. Il viaggio è durato undici ore, ma tutto è andato per il verso giusto.
    VINCENZO: Per forza! Ho recitato dalla partenza all’arrivo… sottovoce però! Anche in ospedale recitavo più che potevo: tre, quattro, cinque ore di Daimoku, ma sempre a bassa voce, per non dare fastidio agli altri. Quando i miei compagni di stanza mi chiedevano cosa stavo facendo gli parlavo della pratica buddista. A fine luglio mi hanno fatto l’angioplastica, un intervento chirurgico di ricostruzione dei vasi sanguigni e agli inizi di settembre sono stato dimesso. A ottobre però mi è venuto un altro infarto, sono stato nuovamente ricoverato e mi è stata fatta una seconda angioplastica. Recitavo e recitavo, non potevo farne a meno, ne sentivo proprio il desiderio, era come se avessi sete e volessi “bere” il Daimoku.
    GIUSI: Noi cominciavamo a essere un po’ stressati. Soprattutto mia mamma. Fuori e dentro dagli ospedali, sempre col patema d’animo, sempre a lottare contro i dubbi. È stato un periodo di grandi alti e bassi. Grazie alla pratica però e al fatto di non cedere mai nel Daimoku, sono riuscita a tirare fuori un “carattere” che non pensavo neanche di avere. Fra l’altro papà non ha fatto in tempo a essere dimesso dopo il secondo infarto, che gli hanno scoperto un tumore alla vescica. Ci crollò il mondo addosso, avevo la sensazione di muovermi in un labirinto. Nonostante tutto recitavo sempre con la sicurezza che il Daimoku mi avrebbe indicato la via d’uscita.
    VINCENZO: Io intanto avevo cominciato a pensare di ricevere il Gohonzon e anche i miei compagni di fede mi incoraggiavano in questo senso, ma io non mi sentivo pronto.
    E poi ero sempre in ospedale. Ho avuto dodici ricoveri in ventidue mesi. Per fortuna recitavo Nam-myoho-renge-kyo e anche i compagni nella fede del mio settore recitavano per me. Sento di dovergli tanto. La sera prima dell’operazione, l’11 giugno, Giusi mi ha telefonato da casa sua, mi ha fatto ascoltare delle persone che stavano facendo Daimoku, mi ha detto: «Stanno tutti recitando per te». La cosa mi ha commosso.
    GIUSI: Infatti poi l’operazione è andata benissimo ed è stato in quel momento che ho determinato con tutta me stessa che papà avrebbe ricevuto il Gohonzon entro l’anno; ero pronta a tutto purché lui potesse ridiventare padrone della sua vita sconfiggendo il male.
    VINCENZO: È andato tutto molto bene, ho fatto anche una convalescenza da record. Io lo so che è merito del Daimoku e ovviamente anche dei bravi medici che ho incontrato. Una mattina si è presentato il professore con sei, sette dottori e ha detto: «Quest’uomo è un mistero: ieri era mezzo morto e oggi sembra resuscitato!». “Vincenzo dei misteri” mi chiamava. Pensavo sempre alla frase di Nichiren: «Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito di un leone. Quale malattia può quindi essere un ostacolo?» (Risposta a Kyo’o, SND, 4, 149).
    GIUSI: A metà luglio, quando è stato dimesso, abbiamo tirato un sospiro di sollievo: due infarti e due tumori. «Adesso basta!» abbiamo pensato, ma evidentemente non era ancora arrivato il momento di rilassarsi. Già perchè pensavamo fosse finita e invece…
    VINCENZO: Invece sono stato ricoverato ancora due volte: la prima per un’infezione alla vie urinarie, la seconda perché sono stato colpito da un batterio particolarmente agguerrito. Così il 19 settembre, quando sono uscito dall’ospedale ho pensato: «Basta! Adesso voglio ricevere il Gohonzon e qui dentro non ci metto più piede». Infatti è andata proprio così: il 27 novembre 2005 ho ricevuto il Gohonzon e mi sono perfino emozionato. Poi ho scoperto che recitare davanti al proprio Gohonzon è molto diverso che farlo davanti a un muro bianco. Adesso al mattino il mio desiderio più forte appena alzato è quello di recitare.
    GIUSI: Il giorno in cui papà ha ricevuto il Gohonzon per me è stato qualcosa di speciale. Non capita a tutti i figli di poter accompagnare i propri genitori verso la rinascita. Mi ritengo fortunata ed è una delle cose di cui vado più fiera.
    VINCENZO: Io per il futuro voglio rimanere sempre sano. Eh sì, quello per forza, stare vicino alla mia famiglia e aiutare il più possibile gli altri. Con tutto il cuore.

    ©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata