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Umanità e compassione - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:32

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Umanità e compassione

Marco Callegari, Savona

Mi colpiva il concetto di “rivoluzione umana”. Era chiaro: per trasformare il rapporto con mio padre – così come l’ambiente di lavoro – dovevo partire da un mio cambiamento interiore

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Mi colpiva il concetto di “rivoluzione umana”. Era chiaro: per trasformare il rapporto con mio padre – così come l’ambiente di lavoro – dovevo partire da un mio cambiamento interiore

Quando ero piccolo mio padre aveva problemi con l’alcool e spesso sfogava la sua rabbia su di me. Questo fece crescere in me talmente tanto stress che la notte lo sognavo digrignando i denti.
Nel 2014 conobbi il Buddismo di Nichiren Daishonin. Da subito i compagni di fede mi incoraggiarono a recitare Daimoku, studiare i princìpi buddisti e mettermi degli obiettivi. Il primo fu allontanarmi da quella casa. Mio padre non vedeva bene questa pratica e spesso, mentre recitavo Daimoku, entrava in camera insultandomi. Così decisi profondamente che entro la fine del 2016 avrei risolto questo rapporto e sarei andato a vivere da solo.
Iniziai a recitare molto Daimoku e ad approfondire la fede attraverso lo studio.
Nel frattempo, dopo essermi laureato in Giurisprudenza, iniziai a lavorare in uno studio legale dove però non venivo stipendiato.
Decisi quindi di trovare un lavoro stabile e che mi gratificasse.
Un giorno un cliente dello studio mi informò che cercavano un operatore legale per un centro di accoglienza per migranti. Sentivo che era un lavoro in linea con i valori buddisti di umanità e compassione. Dovetti affrontare delle sfide molto dure: fui inserito all’interno del Progetto SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) rivolto a creare integrazione e inserimento socio-lavorativo dei migranti sul territorio, ma non ebbi il tempo di ricevere un’adeguata formazione. Decisi quindi di acquisire le competenze necessarie in modo autonomo. Di giorno lavoravo e di sera studiavo. In alcuni momenti pensavo che questa sfida fosse troppo grande ma pregavo intensamente per dimostrare le mie capacità e creare valore.
Mio padre, essendo contrario a ogni forma di immigrazione, non era d’accordo con questo tipo di lavoro.
Avevo letto nel Gosho di Capodanno che «l’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» (RSND, 1, 1008). Mi colpiva, inoltre, il concetto di “rivoluzione umana”. Era chiaro: per trasformare il rapporto con mio padre – così come l’ambiente di lavoro – dovevo partire da un mio cambiamento interiore.
Decisi di ricevere il Gohonzon e proposi a mio padre di aiutarmi a costruire il mobile per custodirlo. Improvvisamente qualcosa in lui cambiò. Accettò e per la prima volta passai del tempo con lui senza litigare. A febbraio del 2016 ricevetti il Gohonzon e a distanza di pochi mesi mio padre partecipò a due riunioni buddiste. Iniziammo a instaurare i primi dialoghi sinceri e questo mi fece conoscere una persona nuova, estremamente sofferente per la relazione con mia madre e per la solitudine che sentiva. Per la prima volta provai per lui compassione.
Sul posto di lavoro mi diedero sempre più ore e diventai vice-coordinatore. Avviai inoltre una collaborazione con Amnesty International per combattere i cosiddetti hate speech (discorsi discriminatori e di incitamento all’odio) e le fake news che coinvolgono il mondo dell’immigrazione, il gruppo LGBT e il gruppo rom.
Tuttora, a livello nazionale, monitoriamo i blog, i social network e le pagine online dei giornali per verificare se viene violata la Carta di Roma, che si occupa di questi temi. Il nostro compito è dialogare con coloro che fanno commenti razzisti per capire il loro punto di vista e trasmettere informazioni corrette affinché possano esprimere un giudizio più consapevole. Questo allenamento mi ha portato ad aprirmi ancora di più in famiglia.
Alla fine del 2016 decisi di andare a vivere da solo e mio padre mi propose di stare nella casa dei nonni. Mi trasferii con la consapevolezza che non stavo più scappando: tutta la mia rabbia si era trasformata in affetto. Sentii di aver realizzato l’impossibile.
Da quando ho ricevuto il Gohonzon, non sogno più di litigare con mio padre e non ho mai più digrignato i denti. Con i miei genitori cerco sempre di mettere in pratica le parole del presidente Ikeda: «È importante portare avanti la nostra rivoluzione umana e sviluppare noi stessi per diventare una sorgente di luce che comunica speranza alla propria famiglia. La via diretta per costruire una famiglia armoniosa consiste nel diventarne il sole splendente» (BS, 180, 55).
Anche mia madre e mia sorella hanno partecipato a diversi incontri buddisti. Tutto questo ha avuto un’influenza molto positiva sulla nostra famiglia.
Nel lavoro ho l’obiettivo di aprire la prima sede a Savona di Amnesty International per continuare a sostenere le persone che vengono emarginate dalla società.
Inoltre desidero sostenere i giovani uomini che stanno crescendo a Savona.
Per il 16 marzo 2018, nel capitolo dove faccio attività, da tre o quattro persone che solitamente partecipavano alle riunioni giovani, abbiamo raggiunto diciotto presenze di cui molti giovani uomini che partecipavano per la prima volta! Anche in occasione del 18 novembre abbiamo fatto un’attività meravigliosa, a cui hanno partecipato tantissime persone, e solo in un settore eravamo ben cinquantaquattro!
Ciò è stato possibile grazie all’unità tra giovani e adulti, che ci hanno sostenuto al massimo. Le persone stanno emergendo in maniera naturale e molti giovani hanno ricevuto il Gohonzon.Desidero che la zona di cui sono responsabile continui a crescere e possa contribuire alla felicità di tutte le persone della Liguria e d’Italia e mi impegnerò al massimo per questo.

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