Praticavo da soli sei mesi quando Chiara, la mia amica che mi aveva avvicinato al Buddismo, mi ha parlato della manifestazione europea dei giovani che si sarebbe svolta a Milano il 16 marzo 2008. Il suo racconto ha scaturito in me un forte desiderio di partecipare a quell’evento, anche se, razionalmente, lo vedevo come una possibilità remota.
Più si avvicinava il momento nel quale avrebbero annunciato i nomi dei partecipanti e più recitavo con la determinazione di partire: il mio cuore mi diceva che sarei andata, ma la mia testa cercava di riportarmi coi piedi per terra e mi faceva credere che sarebbe stato impossibile. Ha vinto il cuore: il 16 marzo anch’io sarei andata a Milano! Visto che mi era stata data questa grande opportunità, ho deciso di mettermi in gioco accettando di fare parte del coro, nonostante il mio inglese maccheronico e la memoria veramente scarsa. Sono stati giorni molto intensi quelli prima della partenza, mi sforzavo di combattere le mie tendenze da “pigrona”: andavo alle recitazioni, alle prove del coro e a fare attività di protezione come byakuren ai centri culturali di Cecina e di Livorno. Ma tutti i giorni avevo a che fare con la paura: di non essere adatta, di non riuscire a fare tutto, di ritrovarmi in un ambiente sconosciuto. Tutte le paure sono sparite appena salita sul pullman per Milano dove sono stata accolta da persone gentili; ognuna di loro, con semplici parole, piccoli gesti e dolci sorrisi mi stupiva e mi regalava gioia, istante dopo istante.
Io, però, in quell’ambiente di grande apertura e vitalità iniziavo a rendermi conto di quanto fosse spessa la corazza che mi ero costruita intorno al cuore. Percepivo chiaramente quanto fosse radicata in me la diffidenza verso le persone che non facevano parte della mia ristretta cerchia di amici.
Poi, in un attimo, mi si è accesa la “lampadina”. Ho capito che l’incapacità di riuscire a interagire con i miei compagni di fede durante una riunione di discussione e l’agitazione che avevo quando mi chiedevano di preparare un intervento non era, come mi ero raccontata fino a quel giorno, semplicemente dovuto alla mia timidezza. Esse erano dovute alla chiusura che mi imponevo, al desiderio di non condivisione con gli altri e alla paura del giudizio. Era l’ansia di una prestazione che pretendevo perfetta e calcolata.
In quel pullman mi circondavano persone di valore con le quali, per la prima volta, riuscivo a raccontare le mie esperienze di fede. Nessuno mi giudicava. Nessuno sottolineava i miei errori. Tutt’altro! Da ognuno di loro traspariva il desiderio di essere d’aiuto, di trovare parole incoraggianti, di avere uno scambio di idee libero e costruttivo. Mi sentivo in perfetta sintonia con quelle persone meravigliose, nonostante ci conoscessimo da poco; eravamo collegati gli uni con gli altri dalla voglia di un arricchimento reciproco.
Eravamo tutti lì, ognuno con il proprio bagaglio d’esperienza, con le proprie diversità, insieme da ogni parte d’Europa, con il medesimo obiettivo. Il presidente Ikeda ci aveva consegnato l’opportunità di essere gli autori di kosen-rufu, una grande responsabilità che mi rendeva ancora più viva, più motivata, che liberava il mio “piccolo io” e mi faceva sentire più leggera. I pensieri negativi mi sembravano granelli di sabbia, perché finalmente avevo qualcosa di più importante e nobile per cui lottare e a cui dedicare la mia vita. Tutte le sofferenze che mi accompagnavano erano diventate relative, e tutto ha iniziato ad andare a ritmo. Il mio cuore esplodeva di gioia e grazie alla forte energia delle oltre cinquemila persone presenti, la mia corazza ha cominciato a rompersi e il nodo che stringeva il mio cuore a sciogliersi.
Ora il mio stato vitale è orientato all’azione, facendo interagire il mio cuore, la mia anima e la mia testa, tutti assieme, con assoluta sincerità. Alle riunioni di discussione ho cominciato a sentirmi a mio agio come a casa, a voler creare un legame con tutti i miei compagni di fede, offrendo e ricevendo sostegno.
Tutti i giorni, davanti al Gohonzon, ringrazio Chiara, Giovanni e Matteo, perché mi hanno regalato la chiave per aprire la mia vita. Ringrazio Nichiren Daishonin e i nostri tre presidenti, che hanno dedicato la loro esistenza, hanno rischiato la loro vita, per una causa così nobile quale la felicità degli esseri umani. Senza i loro continui e costanti sforzi, senza la loro determinazione nel trasformare la paura in coraggio e le difficoltà in opportunità, noi non saremmo qui, oggi, a fare la nostra rivoluzione umana, col desiderio di propagare la Legge.
Ho capito quanto sia importante leggere i loro scritti decidendo di mettere in pratica tutti i loro insegnamenti, nelle piccole e nelle grandi cose della vita quotidiana. Se ci mettiamo in gioco, andando contro le nostre tendenze, potremo veramente comprenderli e farli nostri, solo così riusciremo a sconfiggere la paura, a estrarre il coraggio e a rafforzare la stima di noi stessi.
Concludo con la frase che Ikeda ci ha dedicato il 16 marzo 2008:
«Lo spirito di questo giorno non emerge da cerimoniali sontuosi o da discorsi altisonanti. Esso è espresso dalla nostra vittoria. Questo è il più importante di tutti gli sforzi. Nella vita e in kosen-rufu noi vinciamo o perdiamo. Desidero che siate vincitori in entrambi questi aspetti. A dispetto di qualsiasi scusa, cedere alla sconfitta ci porterà a soffrire e a perdere il rispetto degli altri. Spero che la vita di tutti voi sia un trionfo indistruttibile» (Giorno per giorno, esperia, 16 marzo).
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