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Tra il dire e il fare - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:51

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Tra il dire e il fare

Per mettere in pratica gli ideali pedagogici di Masaru non è sufficiente la sua passione per l’insegnamento. Gli allievi continueranno a guardarlo con distacco finché non decide di iniziare il cammino della rivoluzione umana. Partendo da se stesso

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Per mettere in pratica gli ideali pedagogici di Masaru non è sufficiente la sua passione per l’insegnamento. Gli allievi continueranno a guardarlo con distacco finché non decide di iniziare il cammino della rivoluzione umana. Partendo da se stesso

Il Nuovo Rinascimento presenta alcuni estratti dal volume 24, pubblicato sulle pagine del Seikyo Shimbun. Il testo integrale è disponibile su www.ilvolocontinuo.it

Non passò molto tempo che Masaru incontrò i primi ostacoli. Uno dopo l’altro, gli scolari della quinta elementare, di cui era tutor, iniziarono a marinare la scuola. Ci fu un giorno in cui su tutta una classe di venticinque alunni se ne presentarono solo dieci. Se si metteva a cercarli, li trovava in genere a bighellonare sulla riva di un fiume lì vicino; aveva anche scoperto che alcuni dei suoi scolari sniffavano la colla.
Masaru disse tra sé e sé: «Ho anche una certa conoscenza della psicologia e farò del mio meglio per aiutare questi bambini a rimettersi in sesto». Quindi si ributtò nell’insegnamento animato da ancora maggiore entusiasmo. Era anche ricercatore presso il centro comunale pedagogico, cosa che mise a frutto per impegnarsi nella consulenza pedagogica e nello studio della psicologia.
Si offrì di coprire i turni di sorveglianza notturna di altri insegnanti e, a volte, si tratteneva a scuola per interi giorni, senza mai rincasare. Una notte sentì un gran fracasso e scoprì che qualcuno aveva gettato alcuni pezzi di cemento e dei sassi contro il vetro di una finestra della scuola, seminando vetri ovunque: era stato un grave atto di vandalismo.
Alcuni dei suoi alunni rubavano nei negozi perché non avevano abbastanza da mangiare e non ne potevano più di essere sempre affamati. Masaru allora si recava in commissariato a riprendere quei bambini e, talvolta, a causa delle loro difficili situazioni familiari, li faceva anche stare con lui per un po’ di tempo.
La sua lotta accanita si protraeva nel tempo, un giorno dopo l’altro. Era sfinito, sia fisicamente che mentalmente, e anche il suo proverbiale spirito traboccante di passione si stava spegnendo.
Un giorno, una delle bambine gli confessò quando erano a scuola: «Lei ci ascolta sempre e si impegna più di chiunque altro insegnante, ma qui non piace a nessuno perché ha spesso un’espressione che sembra sempre dire: “Ho da fare! Non seccatemi!”».
Masaru perse tutta la fiducia che riponeva nelle sue capacità di insegnante. «Non sono riuscito a realizzare i miei ideali», pensò sconsolato.
Si ricordò allora delle parole di un’amica dell’università, che faceva parte della Soka Gakkai: «Il Buddismo ti mette in grado di attingere al tuo infinito potenziale. Solo realizzando la propria rivoluzione umana si può trasformare gli altri».
Casualmente, la sua amica lo ricontattò in quel periodo, si incontrarono di nuovo e questa volta decise di partecipare a una riunione di discussione.

Piantare i semi del Buddismo

C’erano voluti cinque anni da quella prima conversazione con la sua compagna di università per ottenere un risultato.
Se piantate i semi del Buddismo, prima o poi daranno i loro frutti. Ecco perché è importante parlare agli altri di questa filosofia, anche se in quel momento non mostrano un particolare interesse. Come afferma il Gran Maestro Miao-lo (711-782) sentir parlare della Legge è il “seme”, mentre risvegliare la fede corrisponde al “germogliare del seme”».
Ine, la madre della ragazza che aveva introdotto Masaru al Buddismo di Nichiren, si prese cura del giovane e gli insegnò a praticare. Ine aveva superato diverse malattie e ne era uscita diventando una persona molto più positiva e allegra grazie alla sua pratica. Era fermamente convinta dell’efficacia del Buddismo.
La donna spiegò a Masaru i princìpi della filosofia di Nichiren da tutte le possibili angolazioni.
A causa del lavoro, Masaru non poteva partecipare alle riunioni, ma quando rincasava la sera tardi, spesso e volentieri trovava attaccati alla porta di casa dei messaggi di incoraggiamento come questo: «Sono preoccupata per te, hai una grande missione. Per favore, fai del tuo meglio, senza mai mollare, indipendentemente dalla sfida che hai di fronte».
Quando Ine riusciva a vedersi con lui, ascoltava con grande attenzione quello che aveva da dirle. Quando Masaru riuscì ad aiutare i suoi scolari a cambiare rotta, lei condivise fino in fondo la gioia del giovane. Ine era una casalinga e una grande osservatrice: notava ogni suo minimo cambiamento, e in quelle occasioni gli diceva frasi del tipo: «Ultimamente mi sembri più allegro».
Tutte le volte che Masaru vedeva Ine la trovava sempre molto rassicurante e da quegli incontri ne usciva rivitalizzato.
Si chiedeva anche il perché. «Deve essere perché Ine crede totalmente in me; e poi mi incoraggia sempre con tutta se stessa, lo sento. Posso percepire che il suo profondo desiderio è quello di vedermi felice e progredire nella mia rivoluzione umana. Questo deve essere il motivo per cui mi sento sempre così rincuorato e rinvigorito ogni volta che ci vediamo», pensò tra sé e sé.
Improvvisamente Masaru si rese conto che proprio queste erano le cose in cui era stato maggiormente carente come educatore.
«Ho provato in tutti i modi a essere un buon insegnante, ma, ad esempio, mi è mai venuto in mente oppure ho veramente creduto che tutti quei bambini hanno una nobile missione? Quanto sono stato determinato a vedere ognuno di loro felice? In realtà stavo solo cercando di diventare bravo in questo mio lavoro senza pensare minimamente ai sentimenti dei miei scolari. Perseguivo solo il mio ego».

Lo scopo dell’educazione è creare individui felici

Lo spirito fondamentale dell’educazione deve basarsi innanzitutto sul desiderio di vedere felici i propri studenti.
Masaru Kito, avendo imparato da Ine il vero spirito dell’educazione, si impegnava a recitare Daimoku seriamente tutti i giorni, pensando agli scolari della sua classe. Col passare del tempo, riuscì ad arrivare ai loro cuori e i bambini smisero di marinare la scuola: la classe ebbe un cambiamento inimmaginabile. Mentre Shin’ichi Yamamoto [pseudonimo di Daisaku Ikeda, n.d.r.] si trovava nell’edificio Man’yo, all’interno del campus dell’Università Soka, disse a Masaru: «Ho appena ricevuto un resoconto completo di tutte le attività svolte dal Dipartimento educatori. Sono venuto a sapere che molti dei membri più giovani sono maturati. Gli educatori hanno fatto molte cose quest’anno».
Masaru replicò: «Grazie, presidente Yamamoto. Nella seconda metà di agosto, alcuni membri del Dipartimento educatori si recheranno in visita in Unione Sovietica su invito del Ministero della pubblica istruzione sovietico. Faremo del nostro meglio per continuare a consolidare la rete di dialoghi che lei ha iniziato già da tempo».
«Conto su di voi» esclamò Shin’ichi. «Proseguirò anche a impegnarmi al massimo per promuovere gli scambi internazionali in ambito culturale, per il Giappone e il mondo intero. Dobbiamo fare in modo che i nostri figli, che cresceranno assumendosi la responsabilità della prossima generazione, si rendano conto di quanto sia strettamente interconnesso il mondo intero.
«Desidero che i membri del Dipartimento educatori trasformino il percorso che ho tracciato in un grande movimento per la pace nel mondo. Senza successori, il sentiero che è stato intrapreso con tutta la passione e l’entusiasmo possibili sarà ricoperto di erbacce e scomparirà in poco tempo. Perciò è di vitale importanza assicurarsi che tutto ciò che farete continuerà a crescere e a svilupparsi nel futuro.
«Io e mia moglie stiamo pregando sinceramente affinché nessuno dei membri del Dipartimento educatori che si recherà in visita in Unione Sovietica si ammali e perché sia un’esperienza positiva e significativa per tutti loro».
Gli occhi di Masaru si riempirono di lacrime quando Shin’ichi augurò piena salute ai membri del Dipartimento educatori, anche se era evidente che lui stesso non stava troppo bene. La sincerità si trasmette attraverso le parole di attenzione che rivolgiamo agli altri. L’incontro ben presto si concluse.
Masaru avrebbe voluto chiedere a Shin’ichi di partecipare al corso estivo del Dipartimento educatori che ci sarebbe stato il giorno seguente; ma vedeva perfettamente che Shin’ichi era esausto e non provò neanche a chiederglielo.

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