L’incontro con il Buddismo ha portato Francesco ad agire ponendo nuove cause per la sua vita: così è riuscito a realizzare un progetto sociale per prevenire i danni causati dall’abuso di sostanze e ha recuperato il rapporto con il figlio
Ho incontrato il Buddismo nel 2015 in un periodo di profonda sofferenza, in cui non sentivo più il valore della mia vita. Cercavo in ogni modo di alleviare quel dolore, aggrappandomi alla droga e di conseguenza vivevo una vita squilibrata. Vagavo cieco alla ricerca di una via.
In un momento di disperazione, grazie a una mia amica, partecipai al mio primo zadankai. Ricordo che mi colpì l’energia pura e positiva e ne uscii rinvigorito. Da quel giorno ho iniziato piano piano a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Nonostante la profonda sofferenza in cui ero avvolto, la mia vita scandita da conflitti familiari e problemi economici, decisi di sperimentare la pratica, di partecipare agli zadankai e studiare il Buddismo. Più avanzavo con queste azioni più percepivo che il buio della mia vita diventava meno oscuro e ogni giorno vedevo con maggior lucidità che la via che stavo cercando era la mia stessa vita e che avevo tutta la forza per poterla vivere.
Il dolore che percepivo aveva, sotto la luce del Daimoku, un nuovo colore e sentivo di avere finalmente la possibilità di scegliere una vita felice per me e per mio figlio Noah.
Grazie al Daimoku, raccolsi tutto il mio coraggio e decisi di agire per porre nuove cause di valore. Decisi innanzitutto di cambiare lavoro, perché non mi rispecchiava più e mi portava ad avere uno stile di vita sregolato e vicino alle sostanze di cui ero dipendente. Mi occupavo di modificazioni del corpo come body piercing, impianti di silicone e altre pratiche più estreme. Inoltre, chiusi la relazione con la madre di mio figlio.
Mi ritrovai quindi senza lavoro e senza casa e la sofferenza più grande era non poter vedere Noah, in quanto la sua mamma decise di allontanarlo da me, dal momento che non potevo contribuire economicamente. Mi sentivo vuoto, come un sacco della spazzatura. Sentivo che la mia dignità era persa.
A giugno del 2015 decisi di ricevere il Gohonzon… ma ad agosto, in balia di una cieca sofferenza, smisi di praticare. I compagni di fede mi stavano vicino, venivano a trovarmi a casa e mi incoraggiavano senza giudicarmi.
Grazie al loro sostegno piano piano ricominciai a praticare. Trovai un lavoro di pulizie e così, mentre guadagnavo qualche soldino, assunsi anche l’atteggiamento adatto per reindirizzare positivamente la mia vita. Una volta pagato l’affitto non restava molto da spendere: ho mangiato prevalentemente riso in bianco per quasi due anni e d’inverno il termostato era sempre sotto lo zero… riuscivo a scaldarmi facendo Daimoku e studiavo il Gosho a lume di candela perché spesso non c’erano soldi neanche per le bollette. Quel periodo me lo porto nel cuore come uno dei più duri, ma al tempo stesso anche uno dei più belli perché è stata l’opportunità per approfondire il valore e la profondità della mia vita, grazie allo studio del Gosho.
È proprio questo che ho sempre desiderato, sentire la profondità della mia vita!
Recitavo chiedendomi “Chi sono?” e attraverso questo interrogativo approfondivo lo studio e il legame con il maestro Ikeda. Giorno dopo giorno costruivo la mia identità, senza più bisogno di cercare altrove. Davanti al Gohonzon compresi che quella era la mia occasione per rinascere, per mettere delle nuove basi dentro me. Volevo essere un uomo e un padre di valore. Più sentivo emergere questa vita dentro di me, più il mio ambiente si trasformava.
Durante i momenti di sofferenza invece di cadere nelle vecchie abitudini, grazie a uno stato vitale alto, avevo la forza non solo di resistere ma addirittura di scegliere nuove possibilità.
Nichiren Daishonin dichiara nel Gosho Il tamburo alla porta del tuono: «Quando il re leone ruggisce vedendo i cuccioli minacciati da altre fiere e uccelli da preda, i cento cuccioli prenderanno coraggio e la testa delle altre fiere e uccelli da preda si romperà in sette pezzi. Il Sutra del Loto è come un re leone che regna su tutti gli altri animali» (RSND, 1, 843).
Mi dedicai al volontariato e al sostegno di persone che come me erano in difficoltà e mi impegnai molto anche nelle offerte per kosen-rufu, sfidandomi nonostante le circostanze economiche fossero ancora molto critiche.
La mia vita si stava aprendo e non ero più concentrato sulla mia sola sofferenza. Aiutando gli altri aiutavo anche me stesso. Recitando Daimoku mi venne un’idea: realizzare un progetto sociale e di comunità per prevenire i danni causati dall’abuso di sostanze. Proposi questo progetto a una cooperativa sociale e il coordinatore, notando le mie capacità e il mio impegno, decise di assumermi, nonostante non avessi una laurea.
Proprio io, che avevo abusato di sostanze per tanto tempo e ora ne ero libero, potevo comprendere e sostenere chi stava vivendo la stessa difficoltà.
Iniziai questo percorso lavorativo incoraggiato dalle parole di Sensei: «Cerca di essere paziente e affronta con tenacia ogni sfida, una alla volta. L’autostima non può essere costruita dall’oggi al domani. Ogni cosa ha bisogno di tempo. Se continuerai a fare sforzi coraggiosi giorno dopo giorno, alla fine acquisterai fiducia» (NRU, 9, 173).
Condivisi il Buddismo con molti giovani e due di loro hanno ricevuto il Gohonzon e oggi praticano!
Seppur piccolo, percepivo uno stipendio e potevo finalmente contribuire al sostentamento di mio figlio. Dopo quattro anni finalmente riuscii a rivederlo. Il nostro rapporto era tutto da ricostruire, lui non si fidava di me. Non sapevo come comunicare con lui; mi affidai al Gohonzon e ogni Nam-myoho-renge-kyo che pronunciavo era per avvicinarmi al suo cuore. Lo abbracciavo con il mio Daimoku.
Percepivo un dialogo con lui anche senza parole e il nostro legame era saldo, nonostante la lunga lontananza. Trovai una casa perfetta, a pochi minuti da Noah, così potevamo passare del tempo insieme e potevo anche ospitare le riunioni dei giovani della mia zona. Grazie alla pratica buddista, in quei duri anni ho ricostruito la mia vita, me stesso, decidendo di assumermi la responsabilità della mia esistenza, senza se e senza ma.
Più sentivo gratitudine più vedevo la ricchezza nella mia vita.
Il vuoto che sentivo dentro si è trasformato in un quadro di mille colori. Oggi il rapporto con mio figlio è gioioso e con la sua mamma non ci sono più litigi. Ho incontrato una nuova compagna con cui convivo e insieme stiamo costruendo la nostra famiglia felice, accogliendo mio figlio. E lavoro come educatore in una comunità per tossicodipendenti. Sono fiero della mia vita e sento di aver costruito un castello di forza dentro di me grazie al Buddismo e al legame con Ikeda Sensei. Determino di vivere una vita senza rimpianti e di avere il coraggio di sfidarmi ogni giorno. Determino di essere un uomo di valore, un compagno leale e un padre presente. Determino di non smettere mai di praticare e di essere sempre fedele a me stesso.