L’obiettivo è arrivare ad almeno 50.000 firme per l’introduzione di una nuova disciplina nelle scuole secondarie continuando a parlare con la gente del perché sia necessario allevare giovani sensibili al senso di uguaglianza e di giustizia
Sedute al tavolino del bar della scuola dove insegnano, Tiziana e Graziella, discutono, come amano fare ogni giorno, di fronte a una tazza di caffè. Lavorano entrambe presso l’istituto tecnico Caio Plinio di Como; Graziella insegna diritto e Tiziana italiano, ma si sono appassionate al tema dei diritti umani in occasione della preparazione della mostra promossa su questo tema dalla Soka Gakkai a Venezia, come in molte altre città italiane.
All’improvviso, ma quasi all’unisono, nasce l’idea: promuovere una proposta di legge d’iniziativa popolare per introdurre nelle scuole la disciplina dell’“educazione ai diritti umani”. Insieme agli studenti iniziano un lavoro serrato che vede anche la presentazione della loro stesura della proposta di legge al Consiglio d’Europa e al Centro diritti umani all’Università di Padova e tra mille difficoltà il 26 aprile 2002 depositano la proposta in Cassazione a Roma. «I progetti sui diritti umani a cui avevamo lavorato fino a quel momento con i nostri ragazzi – racconta Graziella Mattaliano – avevano l’obiettivo di conoscere questi diritti ma soprattutto di imparare a praticarli nelle nostre vite. Quella vita di cui io non sentivo affatto la preziosità! Sei anni in cui abbiamo elaborato e realizzato progetti che ottenevano riconoscimenti internazionali e, cosa più importante, rendevano felici i ragazzi del “Gruppo diritti umani”. Anni in cui si sono alternati momenti di coraggio e di paura, di stanchezza e di voglia di andare avanti con determinazione, chiedendoci ogni tanto quale fosse il senso di tutto questo, sostenute sempre dal Daimoku e dalle parole di sensei che hanno guidato e motivato costantemente le nostre azioni». Con il chiaro obiettivo di provare a mettere in pratica la ricchezza di valori di cui Ikeda parla, come nella Proposta presentata a Johannesburg: «Scopo ultimo delle attività della SGI è determinare – iniziando con una riforma o “rivoluzione umana” a livello individuale – il fiorire universale di una filosofia di vita fondata sul rispetto».
Un rispetto per la vita che, secondo la tradizione buddista, si basa su uno scritto che dice: «Che tutti gli esseri, quelli visibili e quelli che non possono ancora essere visti, quelli che sono nati e quelli che desiderano ancora nascere, possano tutti godere della felicità!». Questo è il motivo per cui gli insegnamenti buddisti danno particolare risalto al ruolo che possiamo avere come protagonisti di un cambiamento positivo. E nel 1903 Tsunesaburo Makiguchi, nella Pedagogia dell’educazione creatrice di valore, auspicava un modo di vivere “contributivo” basato sulla consapevolezza della natura interdipendente delle nostre esistenze, delle relazioni che ci uniscono gli uni agli altri e al nostro ambiente. Un tipo di vita in cui ci impegniamo attivamente per realizzare la nostra e l’altrui felicità.
Raccolta di firme
L’11 gennaio 2003 la raccolta delle firme è partita ufficialmente. In una conferenza organizzata dal Comitato promotore Legge per i diritti umani nella scuola – composto non solo da membri dell’Istituto Buddista –, dal comune di Como e dalla Cisl, che hanno dato piena adesione all’iniziativa, i ragazzi e gli insegnanti del Caio Plinio hanno presentato la raccolta insieme ad Antonio Papisca, direttore del Centro diritti umani all’Università di Padova, e Nanni Salio, direttore dell’istituto torinese Sereno Regis.
Papisca ha osservato come i diritti umani, basati sul valore della vita, possono diventare, e in parte già lo fanno, un ponte tra le istituzioni locali e quelle internazionali: «Dal ’91, da quando cioè i comuni possono darsi nuovi statuti, in molti hanno inserito nel nuovo testo un richiamo alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo».
«Durante la drammatica corsa agli armamenti della guerra fredda, l’UNESCO aveva identificato tre aree pedagogiche per costruire la pace, cioè l’educazione ai diritti umani, allo sviluppo e al disarmo – ha ricordato Nanni Salio –. Ma non basta la conoscenza formale di queste materie, bisogna imparare operativamente la trasformazione nonviolenta del conflitto, sperimentandola già nell’ambiente scolastico».
Makiguchi propose il concetto di “competizione umanitaria”, basata sul riconoscimento dell’interdipendenza delle comunità umane e sugli aspetti cooperativi del vivere, «riportando così – ha osservato Franco Malusardi – la parola competizione al suo significato etimologico di “cercare insieme”».
Sono già molte le risposte a questa iniziativa e i patrocini offerti dai comuni. Ma quello che colpisce di più sono le «tantissime persone comuni, buddisti e non buddisti, – commenta Tiziana Bombardieri – che continuano a chiamare da tutta Italia per informarci che si sono attivate, per dirci che sono felici di fare un’attività di così grande valore e per ringraziarci per questa grande opportunità. Ho capito che è importante non chiuderci tra noi, ma andare verso coloro che non praticano, confrontarci con loro, esserci con tutta la forza che il nostro Buddismo possiede, perché la nostra epoca ne ha assolutamente bisogno e noi non possiamo privarla di questa enorme risorsa di vita e di valori».
Libertà è conoscenza
Il pregiudizio è figlio dell’ignoranza. Questo lo sa bene anche il professor James Fishkin dell’Università del Texas, inventore di un interessante esperimento. Si sceglie un campione casuale di persone, selezionato però con metodi scientifici e rappresentativo delle opinioni comuni su di un certo argomento. Si chiede alle persone cosa pensano di un dato tema, poi si fornisce loro materiale informativo a riguardo, con la possibilità di fare domande ad alcuni esperti. E soprattutto dopo aver permesso alle persone di aumentare le proprie conoscenze si offre loro l’opportunità di incontrarsi in piccoli gruppi per discutere e confrontarsi.
Poi si ripete la rilevazione e ci si accorge che di fronte alla possibilità di avere informazioni concrete e più precise di quelle normalmente a disposizione, le persone molto spesso cambiano idea.
Superare il pregiudizio attraverso l’informazione e la conoscenza è uno dei temi anche della Proposta di pace presentata all’ONU lo scorso anno: «Sono convinto che un continuo e concreto impegno nel campo dell’educazione ai diritti umani – ha scritto Ikeda – sia la chiave per creare un mondo più umano. E promuoverebbe anche l’ideale universale di una “pace giusta, generale e duratura …nella quale tutte le persone possano coesistere e godere di eguaglianza, giustizia, sicurezza e diritti umani riconosciuti a livello internazionale”. Nessuno nasce con idee razziste o di esclusione. Nella maggior parte dei casi i sentimenti di pregiudizio e discriminazione, cioè l’odio per gruppi diversi dal proprio, vengono inculcati nelle persone durante il cammino di crescita verso l’età adulta. Per questo la SGI, a sostegno del Decennio delle Nazioni Unite per l’Educazione ai Diritti umani, ha svolto numerose iniziative per far crescere la consapevolezza di quanto sia importate la tolleranza».
Le altre iniziative
Non è la prima volta che i membri dell’Istituto Buddista prendono parte a raccolte di questo tipo. Fra l’aprile del 1999 e il febbraio 2000 l’Istituto Buddista ha raccolto in Campania quasi 14.000 firme a sostegno della proposta di legge regionale di iniziativa popolare per la promozione e diffusione di una cultura dell’educazione alla pace e ai diritti umani, effettivamente diventata poi legge regionale il 29 febbraio 2000 (legge del 7 aprile 2000 n. 12). Con questa legge è stato anche istituito il premio “Campania per la pace e i diritti umani” e il 10 dicembre è stato ribattezzato come “Giornata per la pace” .
Sempre nel 1999 l’Istituto ha partecipato attivamente alla raccolta di firme per la moratoria della pena di morte promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Oltre ad aver creato un’importante occasione di confronto con molte persone sul tema della pena di morte e ad avere preso parte a molte iniziative che ruotavano intorno a questo tema, i membri dell’Istituto hanno raccolto 450.000 firme a sostegno della moratoria, consegnate direttamente nelle mani di Sister Helen Prejean, attivista nel sostenere la causa dei prigionieri nel braccio della morte, e che in un’intervista a Buddismo & Società ha dichiarato di pensare alla nostra epoca come a un fiume che ci sta portando nella direzione del rispetto dei diritti umani. Un flusso che, anche se viene impedito, cerca di fluire ai lati con un getto ancora più potente.
È questa la forza della coscienza di uomini e donne che decidono di usare il potere che è nelle loro mani: il dialogo che stimola l’immenso potenziale interiore, ispirando le persone a collaborare per la pace e la felicità di tutta la comunità globale.
Aurelio Peccei, co-fondatore del Club di Roma, durante un colloquio con Daisaku Ikeda ha affermato che «la gamma di capacità ancora dormienti in ciascun individuo è così grande che queste possono essere trasformate nella più grande risorsa umana. Solo sviluppando tali capacità, adeguate alla nostra nuova condizione nel mondo attuale, potremo porre ordine e armonia nelle nostre vite e nella relazione con la natura, progredendo verso il futuro». Esther Gress, poetessa danese amica di Ikeda, ha lasciato queste parole: «Se vuoi cambiare il mondo / Devi cambiare l’uomo. / Se vuoi cambiare l’uomo / Devi far sì che voglia cambiare». Un augurio e insieme una promessa.