Il Buddismo insegnato da Nichiren Daishonin ha l’unico scopo di rendere felici le persone e realizzare la pace nel mondo. È una religione concreta e attiva che trova il suo senso più profondo solo se vissuta quotidianamente, solo se chi la pratica si sforza – giorno dopo giorno e per tutta la vita – di sperimentare i suoi profondi principi. Il presidente Ikeda, utilizzando le parole di Jawaharlal Nehru, che fu primo ministro indiano dal 1947 al 1964, ha spiegato che il Buddismo decadde in India quando Shakyamuni fu divinizzato. Alla sua nascita il Buddismo insegnava il modo di vivere come veri esseri umani, Shakyamuni infatti si mostrava ai suoi discepoli come esempio di vita. In questa stretta relazione con la vita quotidiana esisteva l’autentica via di maestro e discepolo. A un certo punto, tuttavia, l’essere umano Shakyamuni diventò un dio superiore alle altre persone, un oggetto di culto, e non fu più considerato come un esempio di vita. La via di maestro e discepolo si perse e il Buddismo scomparve dall’India.
Anche lo studio – nell’insegnamento del Daishonin – è strettamente collegato alla vita quotidiana: non serve per accrescere la propria erudizione, ma per diventare felici noi e gli altri che vivono con noi. Appena si esce fuori dal corretto atteggiamento insegnato dal Budda originale si trova in agguato il peggior nemico della pratica buddista: l’arroganza. Scrive il Daishonin nell’Insegnamento per l’Ultimo giorno della Legge (SND, 5, 217): «Fra i miei discepoli, quelli che credono di conoscere bene la dottrina, sono quelli che sbagliano», ciò significa che il Gosho va sempre letto come se fosse la prima volta e che il nostro cuore più è sinceramente rivolto a realizzare concretamente e ogni giorno kosen-rufu, più riesce a mantenersi umile e ricco di spirito di ricerca. Scrive il presidente Ikeda: «Nella Soka Gakkai studiamo la suprema filosofia del Buddismo di Nichiren Daishonin; mi auguro che tutti voi, responsabili del nostro movimento studiate con assiduità e serietà i principi buddisti imprimendo quotidianamente, anche solo un poco, le scritture del Daishonin nel vostro cuore. Toda diceva sempre che nello studio non bisogna perdere di vista i punti essenziali e perdersi in questioni di minore importanza. Una volta in una discussione su Shijo Kingo (Nakatsukasa Saburo Saemon-no-jo), Toda disse: “Studiate attentamente per acquisire una salda comprensione degli insegnamenti del Daishonin. Discussioni futili sul fatto se storicamente sia esistita un’unica figura chiamata Nakatsukasa Saburo Saemon-no-jo o se si trattava di due persone, non mi cambiano la vita. Quello che mi importa è come Shijo Kingo metteva in pratica la propria fede, come il Daishonin gli insegnava a lottare per kosen-rufu. Io studio il Buddismo allo scopo di compiere azioni concrete”. Toda privilegiava sempre l’aspetto pratico dello studio buddista, per incarnare lo spirito di maestro e discepolo e per far progredire kosen-rufu» (seconda parte della riunione dei rappresentanti nazionali di prossima pubblicazione, n.d.r.).
Quindi, in sintesi, il nostro studio non serve per diventare profondi conoscitori del Buddismo, ma vivaci e costanti realizzatori di shakubuku che ogni giorno – senza mai fermarsi per tutta la vita – leggono il Gosho come se fosse sempre la prima volta e lo mettono in pratica nella loro esistenza quotidiana.
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