Scegliere in cosa credere è di cruciale importanza per realizzare la propria vita. Quando si percepisce questo, parlare della pratica buddista agli altri diventa il modo per manifestare la propria gratitudine nei confronti del Gohonzon
Prosegue la pubblicazione del terzo capitolo del volume 27, “Strenua lotta”.
Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto
[12] Nell’abitazione dove si teneva la riunione di discussione, una signora in kimono, dall’aria dignitosa e distinta, spiegava che le dottrine religiose non sono tutte uguali, ma che ne esistono alcune elevate e altre basse, alcune profonde e altre superficiali. Era Haruko Taoka, la responsabile del capitolo Bunkyo.
«Ciò in cui crediamo può avere un’influenza enorme su di noi. Se crediamo a un impostore scambiandolo per una magnifica persona, egli potrebbe ad esempio ingannarci portandoci via del denaro. Ma se invece crediamo in persone di valore che hanno a cuore i propri amici e le seguiamo, impariamo molto, riceviamo consigli utili e possiamo migliorare noi stessi.
«Se ci fidiamo di una mappa sbagliata scambiandola per corretta, non riusciremo mai a raggiungere la nostra meta. Se invece abbiamo in mano una mappa corretta e la seguiamo, saremo in grado di arrivare a destinazione. Ciò è ancora più vero nel caso di una religione, il fondamento del modo di vivere di una persona, che dovrebbe essere la mappa capace di guidarci verso la felicità. Credere, ad esempio, in una dottrina religiosa erronea scambiandola per vera, non farà che sconvolgere dalle fondamenta la nostra vita. Per costruire la felicità è necessario credere in un insegnamento religioso corretto. Non è affatto vero che una religione vale l’altra».
Poi spiegò con forza perché, fra tante religioni, il Buddismo di Nichiren Daishonin è l’insegnamento supremo. Pur essendo la prima volta che sentiva discorsi del genere, Tsuruko Kaneda si convinse. La persona che prese successivamente la parola fu il responsabile incaricato del capitolo Bunkyo, Shin’ichi Yamamoto.
Era un giovane di appena venticinque anni. Shin’ichi era preoccupato per Tsuruko, una delle due sorelle Kaneda che avevano partecipato all’incontro, per il suo aspetto estremamente sofferente. La voce energica di Shin’ichi risuonò nella stanza: «Molte persone si impegnano disperatamente, al meglio delle loro possibilità, per cercare di diventare felici. Purtroppo però non è detto che tutte ci riescano solo perché si sono sforzate. Come mai, pur impegnandosi tutte allo stesso modo, esistono al mondo persone che hanno successo e riescono a diventare felici e altre che non ci riescono? Questo disse Shin’ichi dipende dalla buona fortuna. Se abbiamo buona fortuna i nostri sforzi vengono naturalmente ripagati e daranno vita a quel meraviglioso frutto che è la nostra felicità».
[13] Appena sentì pronunciare da Shin’ichi le parole “buona fortuna”, Tsuruko Kaneda pensò a suo fratello scomparso. Egli aveva studiato presso l’Accademia di Fisica di Tokyo (oggi Università della Scienza di Tokyo) con brillanti risultati, e su di lui la famiglia aveva riposto tutte le speranze. I genitori erano entrambi di salute cagionevole e tutta la famiglia viveva quasi nell’indigenza. Sia Tsuruko che la sorella maggiore, per sostenere economicamente il fratello furono costrette a rinunciare a iscriversi all’università e dovettero andare a lavorare.
Poco prima della laurea suo fratello si ammalò gravemente di tubercolosi. Vomitava in continuazione sangue e dopo cinque anni di cure morì giovane, a soli ventotto anni. Prima di morire disse alla madre: «Quanto è ingiusta la vita! Se proprio dovevo morire così giovane era meglio non fossi mai nato. Ma forse tutto ciò ha un significato profondo. Sono convinto che a questo mondo esiste una “vera” religione capace di spiegartelo, capace di farti vivere meglio la tua vita. Mamma, ti prego di cercarla!».
Dopo aver finito di parlare, Shin’ichi aprì la discussione alle domande dei partecipanti. La signora Kaneda parlò di suo fratello e chiese a Shin’ichi: «Esiste veramente quella “vera” religione di cui parlava mio fratello? Per quanto mi riguarda, credo soltanto che la vita e la società siano profondamente ingiuste e che in questo mondo le persone sincere alla fine ci rimettano sempre». Shin’ichi annuiva con decisione, e le sorrise.
«Ho capito! Fino alla fine suo fratello era alla ricerca del Buddismo di Nichiren Daishonin. La prego innanzitutto di pregare per lui. Quando recitiamo il Daimoku di Nam-myoho-renge-kyo le vibrazioni che il suo potere mette in moto, sono in grado di raggiungere ogni angolo dell’universo. Chissà quanto ha dovuto soffrire fino a oggi! Ma gli essere umani nascono in questo mondo per essere felici e possono sicuramente diventarlo grazie a questo Buddismo. Non bisogna rassegnarsi mai! Perché non proviamo insieme questa pratica? Esiste un cammino nella vita che ci conduce direttamente alla felicità. Questo è il Buddismo di Nichiren. Tutte le fatiche che dovremo affrontare dopo aver intrapreso il cammino corretto della vita, daranno frutti meravigliosi. Se invece sbagliamo la strada maestra ogni fatica sarà sprecata, sarà come cercare disperatamente di attingere acqua con un recipiente bucato».
[14] Shin’ichi, con pazienza, cercò di far comprendere alla signora Kaneda, tra le altre cose, che tutti gli esseri umani possiedono un karma e che grazie al Buddismo del Daishonin sono in grado di trasformarlo e di manifestare nella propria vita una condizione vitale di incrollabile felicità.
Egli desiderava che questa donna, che sicuramente aveva vissuto numerose traversìe, diventasse assolutamente felice. Lo shakubuku non è altro che il modo in cui si manifesta il nostro forte desiderio della felicità altrui. Nonostante fosse la prima volta che incontrava questo giovane, la signora Kaneda percepì la sua sincerità e la sua ferma convinzione.
Le parve come se una luce fosse penetrata all’improvviso nel suo cuore avvolto dalle tenebre. «La prego, voglio praticare anch’io!»: esclamò. Con voce pacata Shin’ichi le disse: «Quando inizierà a praticare le persone che le stanno intorno si opporranno alla sua fede. Le funzioni demoniache faranno a gara nel manifestarsi. Come spiega Nichiren Daishonin nel passo del Gosho: “[Se la propagate, i demoni sorgeranno certamente]. Se così non fosse, non ci sarebbe modo di sapere che questo è il vero insegnamento” (RSND, 1, 446), tutto ciò avviene perché il Buddismo di Nichiren è l’insegnamento originale. Per questo non è possibile portare avanti fino in fondo questa fede senza coraggio. È pronta a questo?».
«Sì», rispose lei. La signora Kaneda formulò questa salda promessa nel cuore: «Nella mia vita non ho fatto altro che trascorrere le giornate pensando solo che volevo morire. Se è vero che grazie a questa pratica posso trasformare la mia vita, porterò avanti fino in fondo la mia fede, a dispetto di chi si opporrà».
La sorella che l’aveva accompagnata a quello zadankai, invece, non volle aderire alla Soka Gakkai. La signora Kaneda si impegnò con tutte le forze nella pratica del Buddismo. Poco dopo, il decorso della tubercolosi del suo primogenito si arrestò, e ciò gli permise di tornare a scuola. Ella cominciò a percepire il potere della fede. Ogni giorno partecipava con entusiasmo alle attività della Soka Gakkai. Non esiste una forza più grande capace di convincere le persone dell’esperienza dei benefici accumulati. L’esperienza di fede genera convinzione e le azioni di una persona convinta sono in grado di generare nuove meravigliose esperienze.
Poco dopo aver iniziato a praticare, la signora Kaneda ebbe l’opportunità di ascoltare la lezione che Shin’ichi tenne nel settore sul trattato di Nichiren Daishonin Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese. Questa lezione ebbe un grande impatto su di lei e le sembrò che le avesse aperto gli occhi.
[15] Shin’ichi, spiegò con chiarezza cosa significhi praticare il Buddismo di Nichiren Daishonin. «Il Buddismo di Nichiren insegna che non è sufficiente che noi stessi raggiungiamo la Buddità, o che noi stessi diventiamo felici. Afferma infatti che solo divenendo felici insieme alle persone che ci circondano, solo nella prosperità dell’intera società si trova anche la nostra serenità, la nostra felicità.
«Ad esempio, se le persone a noi vicine soffrissero a causa di una calamità naturale, anche se noi ci fossimo salvati non riusciremmo certamente a provare felicità. Perciò il Daishonin sottolinea che il cardine della pratica buddista consiste non soltanto nella recitazione individuale del Daimoku, ma nella pratica di shakubuku e della propagazione della Legge. La suprema felicità non risiede cioè nel vivere beatamente rinchiusi nel proprio egoismo, bensì nel propagare l’insegnamento originale per la felicità di tutti. In altre parole, il Buddismo di Nichiren è l’insegnamento religioso volto a kosen-rufu attraverso lo shakubuku e la propagazione della Legge, e ciò rappresenta una delle sue caratteristiche principali.
«Qual è l’obiettivo di kosen-rufu? È quello di “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese”. “Adottare l’insegnamento corretto” significa piantare nel cuore delle persone l’insegnamento originale, e la conseguenza di ciò sarà la “pace nel paese”, cioè la realizzazione della prosperità e della pace nella società. Per questo coloro che abbracciano il Buddismo di Nichiren hanno la missione di creare una società dove le persone comuni possano veramente affermare di essere felici.
«Guardate lo stato in cui versa la nostra società: troppe persone sono dispiaciute o soffrono per la miseria, per le malattie o per le discordie in famiglia. Guardate poi il nostro mondo: non c’è fine agli sconvolgimenti e alle guerre che lo dilaniano. Noi siamo comparsi in questo pianeta con la grande missione di Bodhisattva della Terra per risolvere le sofferenze delle persone. L’attività che svolgiamo quotidianamente deciderà le sorti future dell’umanità».
Tsuruko Kaneda sentì gli orizzonti del suo mondo allargarsi all’infinito. Provò la sensazione di trovarsi per la prima volta in mezzo al grandioso corso della storia, cosa che non aveva mai immaginato fino ad allora. Quando le persone si risvegliano alla consapevolezza della missione di kosen-rufu aprono le porte alla propria rivoluzione umana.
[16] Al pensiero di lottare anche lei per il grande ideale di kosen-rufu, Tsuruko Kaneda sentì battere forte il cuore e si sentì pervadere da una forte emozione. Shin’ichi sorrise, come se avesse intuito ciò che provava e disse: «Tutti noi che abbracciamo il Buddismo condividiamo una grande e profonda missione. Kosen-rufu è una lotta in cui si decide il destino dell’umanità, da essa dipende la realizzazione della pace nel mondo. Voi che state intraprendendo questa grandiosa, nobile battaglia, non dovete lasciarvi schiacciare dalle vostre piccole angustie o preoccupazioni, né demoralizzarvi. Secondo un famoso detto: “Se vuoi conquistare il mondo intero, conquista prima te stesso”. Tutto parte dalla lotta con noi stessi. Dalla vittoria in questa lotta, dipenderanno tutte le altre vittorie».
Tsuruko rimase profondamente impressionata dal discorso di Shin’ichi. Il suo cuore si illuminò della luce della missione di kosen-rufu. Da quel momento, iniziò a dialogare con gioia sul Buddismo di Nichiren Daishonin con le persone intorno a lei. La sorella, meravigliata del cambiamento di Tsuruko che giorno dopo giorno appariva sempre più gioiosa e piena di vita, cominciò a praticare. Infine, anche il marito di Tsuruko aderì alla Soka Gakkai. Per dimostrare la grandezza del Buddismo non esiste forza più potente della prova concreta della rivoluzione umana.
La signora Kaneda trasmetteva inevitabilmente agli altri quella gioia che le riempiva le giornate, proprio una persona come lei che in passato pensava solo a voler morire. Divenne così una “campionessa” della propagazione della Legge mistica.
Dal capitolo Bunkyo si espanse un movimento che raggiunse, tra i tanti luoghi del paese, la città di Yubari, nell’isola di Hokkaido, le principali città lungo la linea ferroviaria Tokaido, Hachioji (all’estremità ovest di Tokyo) e nacquero diversi centri molto dinamici che promuovevano le attività della Soka Gakkai. Tsuruko si impegnò moltissimo per incoraggiare i compagni di fede che abitavano lontano, spostandosi spesso in treno o in pullman. Un giorno con alcuni membri della Divisione donne andò nella prefettura di Kanagawa e al ritorno, nel treno semivuoto, incontrarono Shin’ichi.
«Vi ringrazio di cuore per tutto ciò che avete fatto. Visto che abbiamo del tempo a disposizione qui in treno, approfittiamo di questa occasione per studiare il Gosho. Avete la raccolta del Gosho?» disse loro. Tutte estrassero il libro dalla borsa. «Per favore, andate a pagina 1261, Risposta alla monaca laica Nichigon».
[17] «Come afferma Nichiren Daishonin – spiegò Shin’ichi alle donne – nel passo del Gosho “Se la tua preghiera avrà risposta oppure no, dipende dalla tua fede. Non è assolutamente colpa di Nichiren [se non ottieni risposta]” (RSND, 1, 957), l’ottenimento delle risposte alle nostre preghiere dipende esclusivamente dalla profondità della nostra fede. In seguito Nichiren spiega: “Quando l’acqua è limpida, la luna vi si riflette”. Sulla superficie dell’acqua, quando questa è limpida e calma vi si riflette la magnifica immagine della luna, ma se è torbida e agitata non si vedrà alcun riflesso. Una persona dalla fede forte e pura, proprio come l’acqua calma e limpida su cui la luna si riflette distintamente, potrà ottenere grandi benefici. Una persona dalla fede debole è invece paragonabile all’acqua torbida e agitata. Non potrà riflettere una bella immagine della luna, né ricevere benefici.
È perciò importante mantenere in ogni situazione una fede pura e coraggiosa. D’ora in avanti, sia nella vita che nella Soka Gakkai, si abbatteranno su di noi prove e traversie di ogni sorta, simili a tempeste. Ma qualsiasi cosa accada, non allontanatevi mai dalla Gakkai e sforzatevi di mantenere sempre una fede pura. In questo modo potrete sicuramente continuare a vivere un’esistenza di grandi vittorie, e dichiarare con orgoglio di essere state più felici di chiunque altro e di aver vissuto una vita meravigliosa e pienamente appagata».
Tsuruko impresse profondamente nel cuore le parole “una fede pura”, che divennero l’orientamento fondamentale per tutto il corso della sua vita. La forza che Shin’ichi trasmise con quella lezione di Gosho in treno, le fece capire come dovrebbe comportarsi un leader.
«Il responsabile di capitolo Yamamoto è anche responsabile della Divisione giovani. Con tutte le attività in cui si impegna assiduamente, almeno in treno avrebbe potuto riposarsi un po’. Ma come se non volesse lasciarsi sfuggire una preziosa occasione, ha deciso invece di tenere per noi una lezione di Gosho durante tutto il viaggio. Una persona che dedica tutti i suoi sforzi alla felicità dei suoi amici: questo è un leader. Voglio cercare di vivere anch’io così. Non è forse il miglior modo per rispondere alle sue aspettative?».
[18] Tsuruko Kaneda era entusiasta di partecipare ai viaggi che Shin’ichi faceva insieme ad altri responsabili in tutto il paese per offrire guide personali ai membri, e si recò anche nell’area di Fujieda, situata nella prefettura di Shizuoka.
Shin’ichi era venuto a sapere dai responsabili locali che c’era un membro in quella regione che stava lottando contro la malattia, e il giorno dopo andò personalmente a incoraggiarlo. Dopo aver ascoltato il resoconto delle sue condizioni di salute, con parole affettuose gli trasmise una forte convinzione, sottolineando l’importanza di recitare Gongyo mattina e sera e di studiare i princìpi fondamentali. Tsuruko percepì la profonda compassione di Shin’ichi, il quale era deciso a far sì che ogni membro ricevesse benefici grazie alla fede basata sul Gohonzon. «Questo – pensò – è lo spirito che si deve adottare in una guida personale!». Anche gli altri membri che si impegnavano con Shin’ichi nelle attività della Gakkai compresero profondamente il vero significato e lo spirito di tali attività attraverso le sue azioni. Queste attività svolte insieme al responsabile Shin’ichi erano diventate il massimo onore per lei e per gli altri compagni di fede del capitolo Bunkyo. Da parte sua, Shin’ichi li considerava meritevoli compagni di fede degni di fiducia e nutriva per loro grande stima e profondo affetto. In cuor suo aveva giurato che per loro non avrebbe risparmiato le forze.
Il 3 maggio 1960 Shin’ichi assunse la presidenza della Soka Gakkai. Quando venne decisa la sua nomina, i membri del capitolo Bunkyo si domandarono felici in che modo potevano festeggiare l’avvento del nuovo presidente. Si ricordarono così di un’esperienza che Shin’ichi un giorno aveva raccontato.
Quando Josei Toda era stato nominato secondo presidente, Shin’ichi aveva determinato che per celebrare la nascita di quel grande maestro di kosen-rufu, in qualità di discepolo si sarebbe necessariamente dedicato alla propagazione della Legge mistica. E così il giorno stesso dell’entrata in carica del presidente Toda, il 3 maggio 1951, nello stesso luogo della cerimonia di insediamento, un conoscente che Shin’ichi aveva introdotto al Buddismo del Daishonin ricevette il Gohonzon. I membri di Bunkyo pensarono: «Festeggiamo anche noi la nomina a terzo presidente di Yamamoto Sensei con una grande campagna di shakubuku!».
Cogliere in ogni occasione l’energia per propagare il Buddismo: questo è il vero modo di agire della Gakkai, l’organizzazione promotrice di kosen-rufu. Il capitolo Bunkyo si lanciò in un’appassionata attività di propagazione e nel mese di aprile conquistò brillantemente il primo posto per il numero di nuovi aderenti.
[19] Nel corso della riunione generale di Centro del 3 maggio del 1960 in cui Shin’ichi assunse la carica di terzo presidente della Soka Gakkai, fu annunciata la suddivisione in tre capitoli del capitolo Bunkyo, notevolmente ingrandito. In quell’occasione Tsuruko Kaneda fu nominata responsabile della Divisione donne dell’appena istituito capitolo Shinjuku. All’epoca Tsuruko viveva nella circoscrizione di Itabashi, a Tokyo. Un responsabile di settore che abitava nella circoscrizione di Shinjuku aveva messo a disposizione una stanza della sua abitazione che era diventata l’ufficio del capitolo. Questo era il luogo dove Tsuruko svolgeva principalmente le sue attività e dove ritornava la sera, dopo essere passata a casa per preparare la cena.
Si impegnava anche nell’andare a trovare a casa i membri del capitolo e nel dare loro guide personali. Era l’epoca in cui i membri della Soka Gakkai facevano attività nei capitoli delle persone che li avevano introdotti al Buddismo, pur abitando spesso in zone molto distanti; nel caso del capitolo Shinjuku, alcuni abitavano a Meguro, Setagaya e altre circoscrizioni di Tokyo, in prefetture vicine come Chiba e Kanagawa, e lontane come quella di Nagano. Per recarsi dai membri, Tsuruko doveva quindi prendere autobus, treni e vari altri mezzi di trasporto, e poteva al massimo andare a incontrare due o tre membri al giorno. Le spese giornaliere di trasporto erano per lei motivo di preoccupazione e ogni giorno cercava di risparmiare il più possibile. Inoltre, non avendo il telefono in casa, anche una semplice comunicazione o un report richiedevano molti sforzi.
A volte doveva aspettare il suo turno, nelle notti invernali, tremando di freddo davanti alle cabine telefoniche; ma quando riceveva notizie sui membri che avevano ritrovato la forza di agire grazie al suo incoraggiamento, che accumulavano benefici e affermavano di essere diventati veramente felici, tutte le sue fatiche e preoccupazioni scomparivano in un attimo. Per le guide personali utilizzava un quaderno su cui annotava minuziosamente tutti i dettagli relativi alle situazioni in cui si trovavano le persone che incontrava e i consigli che aveva dato. Recitava inoltre Daimoku con sincerità per ognuno di loro, con cui era costantemente in contatto, affinché tutti potessero superare le loro sofferenze. Pensava che una guida personale potesse definirsi “completa” nel momento in cui la persona che la riceveva superava le proprie sofferenze e preoccupazioni e mostrava la meravigliosa prova concreta della fede. Pregando e agendo per la felicità dei membri del capitolo, Tsuruko ricevette numerosi benefici. Dalla circoscrizione di Itabashi traslocò in quella di Nerima, in una grande casa dove era installato un telefono. Tutti i membri della sua famiglia riacquistarono la salute e, più di ogni altra cosa, la sua divenne una famiglia armoniosa e felice.
[20] Nella primavera del 1978 il numero delle persone che Tsuruko aveva annotato sul suo quaderno delle guide personali superò il migliaio. Nacque così una grande cerchia di persone felici. Aveva saputo ravvivare nel cuore di ognuno la fiamma del coraggio e della convinzione, e li aveva risvegliati alla missione di kosen-rufu: questo era il nobile e immenso valore della sua impresa. Quel quaderno divenne un tesoro di cui si sentiva profondamente fiera.
Shin’ichi venne a sapere delle attività della signora Kaneda che perseverava con sincerità e tenacia nell’incoraggiare i suoi compagni di fede. Il 9 maggio 1978, durante una riunione informale al Centro culturale di Nerima, Shin’ichi le disse: «Le persone che si impegnano con serietà, costanza e sincerità sono persone forti che alla fine vinceranno sicuramente nella loro vita. Questa è la pratica buddista. Se diventando responsabili non si continua a impegnarsi, anzi, si cerca di barcamenarsi nell’organizzazione evitando le difficoltà, non si potrà trasformare né il proprio stato vitale, né il proprio karma. Solamente affrontando fino in fondo fatiche e sforzi per realizzare kosen-rufu, per la Gakkai, per i nostri compagni di fede, e perseverando in questo impegno senza lamentarci, potremo costruire una felicità indistruttibile». Shin’ichi fissò poi lo sguardo sui membri della Divisione uomini.
Vide il vice responsabile di circoscrizione Kiyoô Hayashida che era stato precedentemente responsabile del capitolo Minami Shinjuku, e lo chiamò dicendogli: «La prego, venga qui». Era una persona di statura modesta, dal viso tondo, sui cinquantacinque anni. Appena avanzò verso di lui, Shin’ichi gli chiese: «Il signor Hayashida, giusto? Mi ha parlato di lei un responsabile di Nerima. So che si è sforzato molto, ma la vera lotta inizia ora. Se tutti i risultati e le esperienze maturate finora non fossero di aiuto ad altre persone, non avrebbero alcun significato. Coloro che si sono impegnati con dedizione nelle attività della Gakkai durante la fase pionieristica hanno la responsabilità di trasmettere nel modo migliore gli insegnamenti ricevuti e tutto ciò che hanno appreso ai compagni con meno esperienza nella fede. Si può adempiere alla propria missione nella vita solo sforzandosi fino alla fine. La prego di rimanere eternamente un giovane che continua a sfidarsi e a progredire. Io farò lo stesso!».
[21] Kiyoô Hayashida aveva aderito alla Soka Gakkai nel 1955. Circa un anno prima aveva conosciuto il Buddismo di Nichiren Daishonin grazie a un suo concittadino più anziano di lui che l’aveva aiutato a trovare un impiego; si era anche prestato come intermediario per un suo eventuale matrimonio [in Giappone il matrimonio combinato è una pratica meno frequente di una volta, ma ancora diffusa, n.d.r.].
Quell’uomo era responsabile di settore. Nel febbraio del 1955 sua moglie si recò a casa dei coniugi Hayashida per dialogare con loro sul Buddismo del Daishonin. Dopo aver ascoltato le sue parole piene di energia e convinzione sul potere straordinario del Buddismo, la moglie decise di iniziare a praticare ed entrò a far parte della Soka Gakkai.
In seguito il responsabile di settore disse a Kiyoô: «Visto che sua moglie ha iniziato a praticare, non le sembra una bella occasione per conoscere meglio la Gakkai? Perché non prova anche lei a recitare, mattina e sera, tre volte Nam-myoho-renge-kyo e a partecipare insieme alle nostre riunioni di discussione?». Ma la religione non lo interessava e continuava a rifiutare gentilmente le sue proposte. Dopo un po’ di tempo, non trovando più scuse per respingere quegli inviti, sebbene con riluttanza partecipò un paio di volte alle riunioni. Kiyoô era di salute cagionevole, aveva un carattere introverso e non aveva fiducia in se stesso. Lavorando per le Ferrovie nazionali giapponesi godeva di una certa stabilità economica, ma provava continuamente un senso di vuoto. Pensava di essere solo una piccola, insignificante parte di una grande organizzazione.
Le persone che partecipavano alle riunioni di discussione erano vestite in modo semplice. Nessuno aveva l’aria di essere benestante, ma tutte raccontavano con gioia le loro esperienze personali vissute grazie alla pratica: c’era chi aveva superato una malattia, chi aveva perso il lavoro ma ne aveva trovato un altro a condizioni più favorevoli… Ognuno di loro era sereno, soddisfatto, pieno di gioia e vitalità, e sapeva dare una risposta chiara a domande difficili dal punto di vista filosofico, come ad esempio «Perché viviamo?» e condivideva una ferma convinzione su come avrebbe dovuto condurre la propria esistenza.
Kiyoô chiese di aderire alla Gakkai e il responsabile gli disse: «Nel Buddismo di Nichiren Daishonin non basta pregare individualmente. Nichiren afferma: “Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o un solo verso” (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 339). Ciò significa che non è sufficiente recitare Daimoku per sé, bisogna anche propagare questa filosofia, introdurre altre persone a questo Buddismo. Questa è la pratica buddista corretta. Lei ne sarebbe capace?».
[22] Kiyoô mise immediatamente in pratica ciò che gli era stato detto alla riunione di discussione. Appena questa terminò, si diresse infatti verso la casa di un amico che gestiva un negozio di biciclette e iniziò subito a parlargli della pratica buddista: «Penso di entrare a far parte della Soka Gakkai, perché non provi anche tu a praticare con me?».
«Ma che religione è?» gli chiese l’amico con espressione dubbiosa. «Veramente – rispose Hayashida – non la conosco bene neanche io, ma piuttosto che essere salvati da un Dio o da un Budda, sembrerebbe un insegnamento basato sul principio che ognuno ha dentro di sé la “funzione” della Buddità e si può scoprire se è veramente così soltanto praticando. Tu ce l’avresti il coraggio di passare all’azione, di sperimentare questa pratica?». Hayashida gli stava riferendo semplicemente tutto quello che aveva sentito fino a quel momento.
L’amico, che riponeva in lui una fiducia assoluta, dopo averci pensato un po’, sembrò aver preso una decisione e disse: «Se lo dici tu, ci provo anch’io». Hayashida si sentì sollevato, e disse in cuor suo: «Benissimo!». Sua moglie aveva già iniziato a praticare, ma lui aveva proposto all’amico di aderire alla Gakkai mentre lui stesso era ancora indeciso. In ogni modo, indubbiamente era riuscito a fare attività per la diffusione del Buddismo ancor prima di entrare a far parte del movimento. Il giorno in cui Hayashida aderì alla Gakkai, si presentò al luogo dell’appuntamento con il suo responsabile di settore, insieme all’amico che desiderava iniziare a praticare. I membri del settore dissero tra loro tutti emozionati: «Ma che persone di valore! E come cresceranno in futuro!»; «Prendiamoci bene cura di loro!».
Il responsabile e gli altri membri trasmisero approfonditamente a Hayashida i princìpi fondamentali. Andarono insieme a fare attività e gli spiegarono l’importanza delle guide personali, dei dialoghi sul Buddismo, dell’atteggiamento corretto nello studio del Gosho, e delle comunicazioni e dei resoconti all’interno dell’organizzazione. Hayashida, che era molto scrupoloso, assimilava ogni cosa come sabbia asciutta che assorbe l’acqua. Dopo un mese dalla sua adesione alla Gakkai era responsabile di un piccolo nucleo di membri, dopo tre mesi divenne responsabile di gruppo, e infine di settore. Consapevoli della propria missione, le persone crescono rapidamente nella fede.
(continua)