Oggi la mia famiglia è felice, l’impossibile è diventato possibile, la sofferenza della malattia si è trasformata in gioia e anche il desiderio di viaggiare è diventato realtà
Prima di incontrare il Buddismo vivevo nella sofferenza e cercavo appiglio in qualunque religione o filosofia incontrassi, ma nessuna sapeva darmi le risposte che cercavo. Per tutta la vita mi ero sentita poco amata dai miei genitori, avevo sposato un uomo che loro non approvavano, col quale abbiamo creato una bella famiglia con due figli: Barbara e Cristian. Crescendo Cristian iniziò a manifestare problemi che gli impedivano di camminare, parlare ed essere autonomo. Affrontammo due anni di ricerche, finché un giorno una TAC rivelò la realtà nuda e cruda: mio figlio avrebbe avuto ancora solo tre mesi di vita.
Dopo la diagnosi, idrocefalia triventricolare, ebbe inizio una serie di interventi, sette per la precisione. Nonostante tutto reagiva: voleva vivere.
Ogni piccolo passo avanti di Cristian era il risultato di un enorme sforzo mio, di mio marito e di mia figlia, ma io stavo esaurendo la mia energia e oscillavo tra la collera e l’inferno; avrei distrutto tutto (quanti piatti rotti!) ma non potevo mollare. Fu a questo punto che, tramite un’amica, arrivò il Buddismo nella mia vita: iniziai a recitare Daimoku con lo scopo di trovare le migliori cure per mio figlio. Dopo qualche mese il primo beneficio fu che acquistò l’equilibrio, smise di cadere, imparò a nuotare, ad andare in bicicletta e migliorò a scuola.
Recitavo moltissime ore di Daimoku ogni giorno e per potergli assicurare le cure adeguate mio marito doveva fare due lavori. I soldi non bastavano mai, ma fui incoraggiata a non accontentarmi di appianare i conti e a mirare più in alto, al punto che misi l’obiettivo di viaggiare, buttando il cuore oltre l’ostacolo. Facevo offerte per kosen-rufu non appena potevo, anche se la cifra era piccola, e “misticamente” trovavamo sempre i soldi necessari per fare le cose, sentendo gratitudine e speranza. Offrivo tutto ciò che avevo: soldi, tempo, energie, casa, attività di staff al Centro culturale. Non perdevo mai occasione di sfidarmi nonostante le mie insicurezze. Ero responsabile di un gruppo che cresceva armonioso; poi di un settore, e infine di un capitolo. Divoravo le riviste buddiste e anche se non le capivo fino in fondo, provavo a mettere in pratica nella vita di tutti i giorni ciò che leggevo, facevo shakubuku riuscendo a trasformare quella parte oscura di me che mi impediva di condividere con gli altri il potente mezzo che avevo incontrato. Nel presidente Ikeda ho trovato un maestro di vita che mi ha permesso anche di sciogliere il rancore nei confronti dei miei genitori.
In casa praticavo solo io, ma il mio desiderio era che lo facesse tutta la famiglia e quando Piero, mio marito, perse il lavoro, determinai che ne trovasse uno nuovo, retribuito meglio, entro pochi giorni. Nel Gosho Il vero aspetto del Gohonzon si legge: «Poiché l’imperatore di Han credette senza alcun dubbio nelle parole del suo servitore, il fiume gelò. Li Kuang fu in grado di trafiggere la pietra perché pienamente convinto che fosse la tigre che aveva ucciso suo padre» (RSND, 1, 846). Incoraggiata da queste parole condivisi con Piero il mio obiettivo e lui mi guardò scettico. Ma io ero convinta e il mio desiderio si realizzò come avevo deciso e lui, dopo questa grande prova concreta, iniziò a praticare!
Cristian intanto era cresciuto e faceva passi da gigante, al punto da essere arrivato al diploma. Un’altra sfida: volevamo che avesse un titolo di studio come gli altri, non di serie B. Perciò io e suo padre iniziammo a recitare perché si sentisse allo stesso livello dei suoi compagni di scuola. Il risultato fu che trovammo dei magnifici professori che gli fecero sentire il suo valore, senza emarginarlo mai, e nel 1999, grazie alla modifica di una legge, poté sostenere gli esami con la stessa commissione degli altri.
Anche Cristian a quattordici anni ha iniziato a praticare e ha totalmente ribaltato la sua vita. Ogni giorno si impegna nel lavoro, nel Daimoku, nello studio del Buddismo insieme ai compagni di fede del settore di cui è responsabile giovani e nell’attività soka-han.
Oggi la mia famiglia è felice con figli e nipoti che mi riempiono di soddisfazioni, l’impossibile è diventato possibile, la sofferenza della malattia si è trasformata in gioia e anche il desiderio di viaggiare è diventato realtà.
Queste parole del presidente Ikeda dedicate alle madri mi hanno scaldato il cuore anche nei momenti più duri:
Le madri hanno splendidi cuori risoluti.
La loro nobiltà non risiede nell’apparenza o nei vestiti,
nell’agiatezza o nei beni personali,
nella grandezza della loro casa o dei giardini.
Le madri sono il Sole, splendono su tutto.
Sono la Terra, che dona infinitamente.
Sono il simbolo della felicità, ottimiste sempre,
a testa alta procedono orgogliose.
(NR, 421, II)