Riuscire a superare il rancore verso la causa della nostra sofferenza, è un ottimo inizio per trasformare questa energia: da forza negativa, il rancore può diventare uno straordinario motore verso il miglioramento
Tutti vogliono migliorare. Le librerie traboccano di pubblicazioni su come migliorare se stessi. Quando avevo undici anni, c’era una rivista che si chiamava American Girl piena di articoli su come costruire la propria personalità, come diventare una buona amica o come pettinarsi con la “coda di cavallo” in tre modi diversi. E le inserzioni nell’ultima pagina invogliavano le lettrici a richiedere opuscoli gratuiti del tipo Create il vostro look personale, Trasformate la vostra camera da letto o quello che divenne la mia Bibbia, Guida a una bella pelle luminosa: volevo migliorare.
Ma il miglioramento di sé implica che manchi qualcosa o che ci sia qualcosa da aggiustare. Il Buddismo di Nichiren invece ci indica una trasformazione vitale più grande che consiste nel realizzare la nostra identità più profonda, la nostra Buddità innata, e ci avvia al cambiamento che accompagna questo processo, cioè la nostra “rivoluzione umana”. A volte ho l’impressione che si interpreti la rivoluzione umana sullo stesso piano del “perdere peso”, “abbandonare le cattive abitudini”, “risolvere una brutta situazione”: tutte cose che possono anche far parte della rivoluzione umana ma non ne costituiscono certo la dinamica fondamentale.
Il secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, diceva che “rivoluzione umana” è sinonimo di conseguimento della Buddità. Nel Buddismo di Nichiren, raggiungere la Buddità significa scoprire la grandezza della propria vita e di quella degli altri. La rivoluzione umana è la grande causa e il grande effetto della nostra pratica. Poniamo una causa per la nostra rivoluzione umana quando, di fronte a una determinata situazione, decidiamo di affrontarla e superarla per la nostra crescita come Bodhisattva della Terra. Per contro, l’effetto della rivoluzione umana si sperimenta quando, continuando a praticare giorno per giorno, ci rendiamo conto che in modo del tutto naturale la nostra compassione è cresciuta e il nostro carattere è profondamente cambiato. Si tratta di uno scopo enorme ma necessario, se vogliamo che kosen-rufu sia realizzato: le nostre singole rivoluzioni umane, considerate collettivamente, sono kosen-rufu.
Mentre si trovava in carcere, Toda recitava per comprendere un brano del Sutra Muryogi (Sutra degli infiniti significati). Questo lo portò a comprendere che il Budda è la vita stessa, acquisì la profonda convinzione di essere un Bodhisattva della Terra e decise di far proprio il desiderio del Budda di propagare Nam-myoho-renge-kyo. È un buon esempio di causa ed effetto. Non è curioso che Toda si sia illuminato proprio nel chiuso di una cella, il luogo meno libero del mondo? Invece di provare amarezza e rancore, continuando a recitare Nam-myoho-renge-kyo si sforzò di andare oltre. In un certo senso, la SGI nacque in quella piccola cella.
Qualcuno ha detto che Nelson Mandela ha trascorso i suoi ventotto anni in carcere preparandosi a diventare presidente del Sud-Africa. La sua determinazione di non odiare i suoi carcerieri gli permise di espandere spiritualmente la sua vita che, dal punto di vista fisico, era limitata; si impegnò a costruire un senso di comunità e di cooperazione fra tutti i prigionieri, anche quelli che gli erano stati nemici; si iscrisse a corsi per corrispondenza di legge e di economia. Trascorse quei ventotto anni a migliorare se stesso per mostrare al mondo una grande vittoria che producesse un grande cambiamento sociale. Le persone come Toda e Mandela hanno superato le loro circostanze, trovato una grande libertà e dato il via a importanti cambiamenti per l’umanità intera.
E noi? Forse possiamo pensare che la nostra sfera d’influenza sia limitata; eppure il Sutra del Loto dice che ognuno potenzialmente è un Budda e Nichiren Daishonin ci ha insegnato come concretizzare questa potenzialità. Ikeda ci dice che non esiste nessuno che non abbia una missione e che, in quest’epoca, sono le persone comuni come noi che, perseguendo la propria rivoluzione umana, gettano le basi per la pace cambiando il destino dell’umanità.
L’Illuminazione non è un processo intellettuale: si trova soltanto in una pratica intensa e incessante. Come esseri umani, abbiamo a che fare con il nostro ego e, quando incontriamo difficoltà, tendiamo a sentirci confusi. Il modo per uscirne è risvegliarsi a una causa più grande del nostro ego. In tal modo il nostro io eterno può emergere dal nostro piccolo io. È il primo atto della nostra rivoluzione umana, i risultati del quale nessuno potrà mai portarci via.
Voglio narrarvi un’esperienza di Ronnie Smith [scomparso nel 2003, n.d.r.], che è stato vice direttore generale della SGI-USA. Negli anni Settanta, agli inizi della sua pratica buddista, trovò un impiego come apprendista in una fabbrica di lamiera. Le assunzioni erano controllate da un sindacato che, dal punto di vista razziale, era molto chiuso e assumeva persone di colore solo perché obbligato dal governo federale. L’azienda lo assunse controvoglia, i colleghi lo accolsero male e il direttore era fermamente deciso a farlo licenziare: gli assegnava gli incarichi più difficili senza insegnargli niente e non lo incoraggiava mai. Ronnie pranzava da solo, e percepiva i discorsi degli altri che si riferivano a lui con la parola “N” [“negro”, n.d.r.]. Tutte le notti Ronnie recitava Nam-myoho-renge-kyo per riuscire a continuare, per imparare il lavoro e avere l’energia spirituale per andare a lavorare il giorno dopo. Il direttore diventò sempre più ostile e violento nei suoi confronti. Infine Ronnie ne ebbe abbastanza. E andò a parlare con un membro della SGI-USA più anziano nella fede che lo ascoltò a lungo e poi gli disse: «Sai, penso proprio che tu debba recitare per la felicità di questo tizio».
Ronnie pensò che fosse pazzo, ma lo fece lo stesso e ogni notte quando tornava a casa recitava per la felicità del suo capo. Dopo una settimana qualcosa cominciò a succedere. Recitando così, cominciò a provare dentro di sé odio puro. E più cercava di andare oltre e di provare sentimenti di compassione buddista, più uscivano da lui un odio profondo e una collera che non sapeva di nutrire. E, mentre perserverava tenendo sempre a mente lo scopo di imparare il lavoro e affrontare questa collera e questo odio, qualcosa cambiò. Diventò un abile artigiano, tanto che fu chiamato a lavorare alla Casa Bianca e il suo esempio fece cambiare idea e sentimenti dei suoi colleghi. Il comportamento autoritario e sprezzante del suo capo cambiò fino a fargli dire che era fiero di lui. E anche Ronnie fu molto fiero, quando una mattina si presentò un altro apprendista afroamericano e il capo, mettendo un braccio sulle spalle di Ronnie, disse: «Eh sì, questo mi fa ricordare la prima volta che arrivasti qui!».
Continuando a recitare per la felicità di quell’uomo, cioè per qualcosa di più grande della mera sopravvivenza o della vendetta, Ronnie realizzò il suo voto come Bodhisattva della Terra. Una volta assunta una simile prospettiva superiore, anche se, via via che veniva fuori la sua rabbia, gli sembrava di mentire a se stesso, in realtà stava facendo nella sua vita una profonda rivoluzione. Stava trasformando i suoi stessi demoni, la sua collera, il suo razzismo. Il suo capo rispose allo lotta interiore di Ronnie e i suoi colleghi poterono assistere a un grande esempio di rivoluzione. Quella fabbrica diventò un luogo di integrazione razziale: una vittoria su tutti i fronti. Ma il primo vincitore fu Ronnie: un uomo veramente forte che può trasformare qualsiasi cosa, un uomo libero.
Il presidente Ikeda ci insegna che le chiavi per vincere nella vita sono: determinazione, preghiera e azione. Forse, tramite queste indicazioni possiamo delineare una strategia per la nostra rivoluzione umana.
Determinazione – Nel profondo di noi stessi siamo Bodhisattva della Terra, siamo connessi a qualcosa di più grande dei nostri stessi bisogni e, in quanto tali, formuliamo un voto. E un voto contiene allo stesso tempo un desiderio e una promessa. Il Budda desidera salvare tutte le persone, renderle uguali a sé. Se sviluppiamo il suo stesso desiderio, ci risveglieremo al potere del Budda dentro di noi. Il tipo di determinazione che ci sostiene deriva da una visione superiore del significato e dello scopo della vita, come quella di Nelson Mandela, dei primi tre presidenti della Soka Gakkai, di Ronnie Smith. A volte, la nostra determinazione parte da un punto molto più umano, ma comunque efficace. Per esempio dal sentimento: «Basta, non voglio più vivere così». Questo è ciò che è accaduto a me diversi anni fa. Il presidente Ikeda ha detto che le determinazioni hanno una “vita media” di circa tre giorni, quindi ci suggerisce di rinnovarle almeno un centinaio di volte l’anno!
Preghiera – Preghiamo risolutamente per avere la saggezza di trovare soluzioni, preghiamo con forza per la felicità e la crescita delle persone. Nichiren Daishonin ci dice: «Quando invochi la Legge e reciti il Sutra del Loto, devi essere profondamente convinto che Myoho-renge-kyo è la tua stessa vita» (SND, 4, 4). Recitiamo finché non sentiamo fiducia nella nostra preghiera. Niente è più potente e dà maggiori risultati di un abbondante Daimoku.
Azione – La padronanza di sé, i nostri modelli di umanità e trasformazione fanno sì che siamo sempre liberi di agire, in qualsiasi circostanza. La nostra esistenza può condurre gli altri alla felicità. Azione significa anche smettere di compiere azioni di valore negativo. Possiamo pregare forte per un lavoro, per perdere peso o per migliorarare una relazione, ma se le nostre azioni contraddicono il nostro desiderio, non otterremo altro che frustrazione. Concretizzare le nostre preghiere è la più grande sfida della nostra rivoluzione umana. Non è sufficiente recitare come un Budda, bisogna anche agire come un Budda. L’energia che trasfondiamo nell’aiutare gli altri a trovare la Legge e a praticare il Buddismo è la cosa importante. Il nostro impegno nella comunità buddista, le nostre azioni per proteggerla e per garantirne la crescita riflettono tutte la nostra determinazione a realizzare la nostra rivoluzione umana.
Ricordo che un responsabile della Soka Gakkai del Kansai, una volta, accennò al fatto che queste componenti danno frutti solo quando non nutriamo rancori, quindi:
Vivere senza rancore – Serbare rancore è l’opposto della trasformazione, della rivoluzione e del superamento, ci impedisce di provare gioia e alimenta le divisioni e l’infelicità. Ma, diciamocelo, provare rancore sembra legittimo! Non pensate che persone come Nelson Mandela o Ronnie Smith avessero il diritto di nutrire il più grande rancore del mondo? Sì, ma sapevano anche che li avrebbe avvelenati. Il segreto per liberarci dai rancori è essere attivi, decidere di agire per primi pensando: «È una cosa ingiusta, disgustosa e proprio per questo la userò per la mia rivoluzione umana, per pulire me stesso e acquisire dominio di me. Non permetterò che questa cosa mi usi».
Una volta ricevemmo la più sintetica spiegazione che abbia mai sentito sulla rivoluzione umana: «Ciò che provate o che vi sta succedendo in questo preciso momento, è il vostro vero allenamento buddista. Usatelo per il vostro futuro». La persona che teneva la lezione ci esortò ad affrontare le nostre circostanze senza giudicare o valutare gli altri: «Determinate di usarle per sviluppare voi stessi», disse. «Proprio perché questa cosa vi fa soffrire, dovete affrontarla. Se non considerate come vostra missione migliorare la situazione, non coglierete mai quell’elemento che è esattamente ciò che vi occorre per la vostra crescita personale». E ci esortò a non permettere che i problemi catturassero il meglio di noi.
«Risolvere i problemi – proseguì – è un processo infinito. Non fatevi trascinare, preda delle illusioni, in un labirinto. Usatelo invece per catapultarvi nel cambiamento. Ringiovanitevi attraverso la preghiera che vi darà la convizione e il coraggio per risolvere il problema. Se lottate davvero, pensando che questo è il vostro problema e non di qualcun altro, la fede vi mostrerà la strada. Non illudetevi pensando che se solo “la tal persona” cambiasse o scomparisse, ciò porrebbe fine alla vostra sofferenza. Se anche questo avvenisse, sarebbe solo una parte della soluzione, non tutta la soluzione. Se considerate il problema come un vostro problema, creerete la vostra soluzione, qualcosa che nessuno potrà mai portarvi via, la vostra rivoluzione umana. Se riuscite a sentire che risolvere è compito vostro, sospendete le critiche e pregate davvero profondamente, non avrete mai più bisogno di sentirvi apatici o senza speranza. Ogni volta che sfondate un muro, aumenta la vostra forza».
Come Bodhisattva della Terra possiamo identificare il nostro karma, per quanto “pesante” o problematico ci appaia, con la nostra missione. Con questi strumenti possiano scoprire tesori interiori e vera libertà spirituale.
Nel dizionario Webster trovo queste definizioni di “libertà”: libertà dalle costrizioni, capacità di esercitare la scelta, pieno accesso. Finché continuiamo la pratica del Buddismo di Nichiren abbiamo questa libertà. E se tutto questo è troppo difficile da ricordare, eccovi la cosa più semplice in assoluto che ho sentito dire dal presidente Ikeda riguardo alla rivoluzione umana: non si tratta di qualcosa di enorme e misterioso, in realtà è molto semplice. Se, per esempio, non vi piace leggere, ma sapete anche che conoscere più cose migliorerebbe la vostra vita, cercate di leggere almeno quindici minuti al giorno. Alla fine dell’anno avrete accumulato un bel po’ di letture. Se trasferiamo questo esempio nella nostra vita, un “libro” di cui ogni giorno rappresenta una “pagina”, e ci sforziamo di “leggere” ogni “pagina”, alla fine del libro avremo fatto un bel po’ di lavoro: oserei chiamarlo rivoluzione umana.