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Senza mai retrocedere - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:35

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    Senza mai retrocedere

    «Penso a me stessa come alla ruota di un grande carro che, anche se molto lentamente, deve ­andare avanti» racconta Francesca di un momento difficilissimo della sua vita in cui combatte con la depressione seguita a una esperienza di mobbing sul lavoro

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    «Penso a me stessa come alla ruota di un grande carro che, anche se molto lentamente, deve ­andare avanti» racconta Francesca di un momento difficilissimo della sua vita in cui combatte con la depressione seguita a una esperienza di mobbing sul lavoro

    Ho iniziato a praticare il Buddismo nel 1996. Ho sempre conservato nel cuore una frase dal Gosho: «Più preziosi dei tesori di un forziere sono i tesori del corpo e prima dei tesori del corpo vengono quelli del cuore. Dal momento in cui leggerai questa lettera sforzati di accumulare i tesori del cuore» (RSND, 1, 755). Mi sono sforzata di praticare correttamente, senza mai indietreggiare e la mia vita si è effettivamente arricchita di tesori del cuore, che hanno portato a immensi tesori del corpo e copiosi tesori del forziere. Siamo a maggio 2004. Sono raggiante, ho realizzato tutti gli obiettivi che mi ero fissata, tra cui il lavoro sempre sognato: essere responsabile delle relazioni esterne in una piccola azienda. La vita, però, non tarda a ricordarmi che niente è per sempre. Inizia un periodo dove le mie mansioni vengono trasferite a un collega appena assunto e io vengo spostata continuamente fuori sede; uno alla volta mi tolgono tutti i miei poteri decisionali e i contratti da me conclusi vengono rettificati; in poche parole subisco “mobbing”.
    A settembre, senza alcun motivo apparente, vengo licenziata con una telefonata. La scorrettezza di questo gesto mi permette di oppormi sindacalmente e di ottenere un’immediata riassunzione, ma lo choc mi traumatizza e, mentre l’azienda mi decurta pesantemente lo stipendio, io ricado nel mio vecchio amico-male: la depressione. Cerco di reagire, sostenuta dalla psicoterapia ma, quando a gennaio vengo passata da dirigente a operaia alla catena di montaggio, sprofondo, non ho più la forza di tornare in azienda, mi rivolgo a un avvocato e intento una causa. Sto sempre peggio, ma non smetto neppure per un giorno di recitare Daimoku, penso a me stessa come alla ruota di un grande carro che, anche se molto lentamente, deve andare avanti e per questo ogni giorno lotto con “coraggio e diligenza” davanti al Gohonzon. Lo psicologo, vista la gravità della situazione mi affida alle cure di uno psichiatra che mi prescrive molti farmaci: dormo diciotto ore al giorno e il sonno è pesantissimo! Non sono più autosufficiente, mia figlia Rachele, che all’epoca aveva solo dieci anni, mi lava e mi veste, e la fortuna accumulata negli anni si manifesta in tanti meravigliosi amici che si occupano degli aspetti pratici: dalla spesa alle commissioni e, inoltre, gli amici buddisti mi sostengono anche pregando per me.
    In meno di un anno mi vengono tolti i farmaci, i medici considerano questa guarigione un record. Nell’estate del 2007 ricomincio un po’ a lavorare. Il tribunale mi sottopone a una lunga serie di accertamenti per verificare il mio stato mentale e nella valutazione del quoziente intellettivo prendo un punteggio altissimo, ma dai controlli risulta anche che ho sofferto di un trauma e di conseguente depressione. A ottobre 2008 concludo la mia causa dopo una serie estenuante di rinvii… e la perdo! Il mio avvocato è esterrefatto, in quaranta anni di carriera non gli era mai successa una cosa del genere. Sono spaesata, ma non mollo l’impegno né nella pratica e né nell’attività. A febbraio, grazie a un incoraggiamento, correggo il mio atteggiamento nella recitazione del Daimoku, assumendomi la responsabilità fino in fondo di ciò che mi accade e mi circonda. Decido di realizzare una vittoria assoluta. La trasformazione del difficile rapporto con mia mamma è stato il primo passo. Regalo al mio avvocato un testo buddista e nella dedica scrivo che sicuramente andrò in appello prima dei due anni previsti: dopo otto mesi l’appello è fissato. Metto a disposizione la mia casa per l’attività e recito Daimoku a oltranza sentendo il sostegno di tutti. Provo un’enorme gratitudine per tutto ciò che ho passato, per la forza di lottare sempre per me e per gli altri, per questi anni che mi hanno fatto diventare la meravigliosa persona che sono.
    Arriva la sentenza: ottengo il versamento di tutti gli stipendi dal 2005 a oggi, dei relativi contributi e il reintegro sul posto di lavoro. Vittoria assoluta. Ho verificato come tutte le cose negative si siano trasformate in un enorme beneficio. Ho firmato la rinuncia al reintegro e perciò ho ottenuto un’ulteriore buonuscita. Adesso lavoro da marzo a luglio come responsabile in un ufficio di consulenza e, grazie a questa nuova condizione economica, essendo una mamma single, ho tanto tempo libero da dedicare a mia figlia.

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