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Senza alcuna distinzione - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:37

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Senza alcuna distinzione

«Quando i discepoli decidono di vivere secondo le aspirazioni del loro maestro, recitano e si impegnano seriamente per questo scopo, nella loro vita sgorgherà la stessa forza del maestro». Questa assenza di differenze fra maestri di fede e seguaci è il cuore della settima puntata di questa serie ispirata ad alcuni brani del Daishonin

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«Quando i discepoli decidono di vivere secondo le aspirazioni del loro maestro, recitano e si impegnano seriamente per questo scopo, nella loro vita sgorgherà la stessa forza del maestro». Questa assenza di differenze fra maestri di fede e seguaci è il cuore della settima puntata di questa serie ispirata ad alcuni brani del Daishonin

«Noi esseri comuni incatenati dalle illusioni e dai desideri possiamo ottenere istantaneamente gli stessi benefici del Budda Shakyamuni, perché riceviamo tutti i benefici da lui accumulati. Il sutra afferma: “[Sperando di] rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi”»
(Lettera alla Santa Nichimyo, RSND, 1, 288).

«Quando inizio a parlare di Makiguchi, non riesco a smettere», diceva spesso Josei Toda riferendosi al proprio maestro, il primo presidente della Soka Gakkai.
Diceva anche: «La nostra era una relazione di maestro e discepolo, simile a quella tra padre e figlio; è impossibile misurare la profondità del legame che ho condiviso con Makiguchi. Io conoscevo il suo reale stato vitale, nessun altro lo conosceva. Ero solito dire agli altri che un giorno si sarebbero vantati di averlo conosciuto. E, come avevo previsto, averlo conosciuto è oggi l’orgoglio di tutti i suoi discepoli». Makiguchi e Toda condivisero esattamente lo stesso pensiero quando si trattò di mettersi alla guida di kosen-rufu e combattere coraggiosamente contro i tre potenti nemici (vedi DB, 849).
Nel regno del Buddismo i maestri di fede cercano di mettere in grado i discepoli di raggiungere il loro stesso stato vitale, anzi desiderano che diventino persone ancora migliori di loro. L’amore e la compassione che i maestri nutrono per i loro discepoli sono più elevati del cielo e più profondi dell’oceano – infinitamente più alti e profondi di quanto i discepoli possano immaginare.
Quando i discepoli decidono fermamente di vivere secondo le aspirazioni del loro maestro, pregano e si impegnano seriamente per questo scopo, nella loro vita sgorgherà la stessa forza del mae­stro. Questo impegno condiviso tra maestro e discepolo è l’essenza del Buddismo.
Così Nichiren Daishonin scrive a una sua discepola, la Santa Nichimyo: «Noi esseri comuni incatenati dalle illusioni e dai desideri possiamo ottenere istantaneamente gli stessi benefici del Budda Shakyamuni, perché riceviamo tutti i benefici da lui accumulati. Il sutra afferma: “[Sperando di] rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi”».
Questo è un insegnamento molto profondo. Attraverso il benefico potere della Legge mistica, noi persone comuni oppresse da problemi e sofferenze possiamo far sì – proprio così come siamo – che le nostre esistenze brillino del supremo splendore della Buddità. Tale è l’insegnamento meraviglioso e infinitamente compassionevole del Daishonin, il Budda dell’Ultimo giorno della Legge.
La frase qui citata dal Daishonin: «[Sperando di] rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi» (SDL, 45) appare nel capitolo Espedienti. Shakyamuni aggiunge poi di aver realizzato questo grande voto, quello di elevare tutti i suoi discepoli esattamente allo stesso stato vitale di Buddità che aveva ottenuto.
Il Daishonin rassicura calorosamente la Santa Nichimyo che, come afferma questo brano del sutra, lei otterrà gli stessi benefici del Budda Shakyamuni, il signore della dottrina, e la incoraggia quindi a continuare a lottare nella pratica buddista con assoluta fiducia e serenità.
Toda si risvegliò all’essenza del Buddismo durante la Seconda guerra mondiale, quando era in carcere a causa delle proprie convinzioni. Una volta, in una riunione, sebbene fosse felicissimo delle esperienze dei membri che stavano ricevendo grandi benefici attraverso la pratica buddista, commentò ironicamente: «I benefici che avete raccontato non si possono neanche confrontare con il tipo di beneficio che si può ottenere attraverso la fede. Se paragonassimo il beneficio da me ottenuto alle dimensioni di questo auditorium, quelli conseguiti da voi potrebbero corrispondere al mio dito mignolo!». Cercava di convincere i membri del fatto che avrebbero potuto ottenere benefici molto più grandi. Desiderava che tutti indistintamente sperimentassero l’incalcolabile beneficio che lui aveva ricevuto nella sua vita come risultato della sua pratica costante del Buddismo del Daishonin. Questo era ciò che aveva più a cuore.
Il concetto espresso nella frase «[Sperando di] rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi» è realmente rivoluzionario nella storia della religione e della filosofia. Rappresenta un grandioso insegnamento di autentico umanesimo. Solamente il Buddismo proclama inequivocabilmente lo scopo di elevare tutte le persone indistintamente al supremo stato dell’essere, la condizione vitale dell’Illuminazione definita Buddità.
Sono le persone la cosa più importante. Esse non sono i mezzi per raggiungere uno scopo, ma sono esse stesse lo scopo. Tentare di usare gli esseri umani per i propri fini è una funzione della natura diabolica del potere.
Al contrario, per il pensiero buddista, lo scopo o il fine sono le persone stesse, e tutto deve essere finalizzato alla loro felicità e al loro benessere. Il potere fondamentale per riuscire a farlo è la Legge mistica che consente ugualmente a tutte le persone di ottenere uno stato vitale identico a quello del Budda.

Un insegnamento di speranza

Un fattore chiave per rendere tutte le persone uguali al Budda è lo spirito di non dualità di mae­stro e discepolo. Se ci si dimentica di questo spirito, si finisce per santificare il Budda e considerarlo come un essere speciale separato dalle persone comuni. Fu proprio per questa ragione che il vero messaggio del Buddismo andò gradualmente perduto nella sua trasmissione verso Est, dall’India alla Cina, fino al Giappone. Il Buddismo di Nichiren Daishonin, che sostiene l’essenza del Sutra del Loto, è un insegnamento di speranza che sfuggì da questo declino.
Nel brano che stiamo studiando il Daishonin scrive: «Riceviamo tutti i benefici da lui [Shakyamuni] accumulati». In altri termini, noi che abbracciamo la Legge mistica possiamo ottenere istantaneamente, e pienamente, l’immenso beneficio – il magnifico stato vitale – che Shakyamuni conseguì nel corso di lunghi eoni di pratica.
Toda diceva: «Credendo fermamente che non vi sia alcuna distinzione tra il Gohonzon, il Daishonin e noi, dovremmo recitare Daimoku nutrendo nel cuore un profondo apprezzamento e un’immensa gratitudine. Se facciamo così, il ritmo della nostra esistenza si sincronizza con quello dell’universo e la nostra vita si collega con la grande vita cosmica, permettendoci di sprigionare un’incredibile forza vitale».
Perciò non esistono avversità o sofferenze che non possiamo sconfiggere, e per nessun motivo falliremo lo scopo di diventare felici. Toda diceva inoltre che, se ci sforziamo assiduamente nella fede, nella pratica e nello studio, non resteremo per sempre persone illuse e ignoranti, in balia delle varie sofferenze. Tutti i membri della SGI possono far risplendere la loro esistenza dello stesso raggiante stato vitale del Budda.

Una pionieristica dichiarazione dei diritti umani

È anche estremamente significativo che il Daishonin abbia insegnato questo fondamentale principio di “divenire uguale al Budda” proprio alla Santa Nichimyo, una donna. A quei tempi in Giappone si credeva che le donne avessero un profondo karma negativo. Invece proprio in questa lettera il Daishonin conferì alla sua discepola il più alto onore, dandole il nome buddista di Nichimyo (Sole Meraviglioso) e dichiarandole che poteva ottenere lo stesso stato vitale del Budda. Potremmo considerare questa affermazione come una pionieristica dichiarazione dei diritti umani che riguarda la liberazione delle donne e il rispetto nei loro confronti.
Sono stato veramente fortunato ad aver intrapreso un dialogo con Austregésilo de Athayde (1898-1993), presidente dell’Accademia brasiliana delle lettere e uno dei redattori della Dichiarazione universale dei diritti umani. Profondamente colpito dalla lungimiranza del Buddismo di Nichiren e dalle attività umanistiche della SGI, Athayde a questo proposito commentò: «È grazie al Buddismo che la necessità di lavorare senza sosta per combattere la discriminazione e per realizzare la libertà e l’uguaglianza è diventata un dovere di tutta l’umanità. Il Buddismo è diventato una forza essenziale di idealismo». Le sue parole sono un notevole omaggio al nostro movimento.
Si pensa che la Santa Nichimyo sia la stessa persona a cui il Daishonin si riferisce altrove nei suoi scritti come la “madre di Oto” (cfr. WND, 2, 1030). Rimasta vedova quando era ancora giovane, Nichimyo perseverò fermamente nella sua pratica buddista e affrontò anche il lungo viaggio da Kamakura all’isola di Sado, dove il Daishonin era esiliato, con la neonata Oto. Deve avere avuto un grande coraggio per intraprendere questo viaggio allo scopo di incontrare il maestro, a dispetto di tutti i pericoli esistenti in un’epoca turbolenta.
In questa lettera il Daishonin loda Nichimyo come la «più grande devota del Sutra del Loto fra tutte le donne del Giappone» (RSND, 1, 289). Alla luce di questo brano, penso che Nichiren avrebbe indubbiamente applaudito con forza tutti i membri della SGI che fanno lunghi viaggi per partecipare ai corsi in Giappone, manifestando spirito di ricerca per approfondire la loro comprensione del Buddismo. I benefici che essi ricevono sono incalcolabili.
In ogni caso, nulla può eguagliare il coraggio di una donna sincera e devota. Toda soleva dire: «Nessuno è più degno di fiducia dei nostri sinceri membri. Le donne, in particolare, in un periodo di crisi mostrano coraggio».

Una lotta comune

Ne La raccolta degli insegnamenti orali Nichiren Daishonin afferma: «La parola “insieme” [nel brano: “Adesso dovete andare avanti diligentemente e raggiungere tutti insieme il luogo ove si trova il tesoro” (SDL, 182), n.d.r.] si riferisce alle parole […] “[sperando] di rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi”» (BS, 112, 57). Uno stato vitale uguale a quello del maestro può essere realizzato quando i discepoli “lottano insieme” con il maestro. Questo significa che condividendo la stessa sorte del maestro, vivendo le stesse sofferenze e gioie e vincendo insieme su sfide e avversità, i discepoli arrivano a conseguire lo stesso immenso stato vitale, gli stessi benefici e le stesse virtù del maestro.
Makiguchi diceva: «Se avete veramente compreso con la vita quello che sto dicendo, sarete in grado di esprimerlo con parole vostre, sia verbalmente sia per iscritto, e sarete anche in grado di dimostrarlo con le vostre azioni. Capire nel pensiero, nelle parole e nelle azioni è autentica comprensione». Toda mise in pratica gli insegnamenti di Makiguchi precisamente in questo modo, con lo spirito di generosa dedizione. «I discepoli devono seguire la via del discepolo», diceva Toda. «Sia nelle parole che nelle azioni dobbiamo rivelare gli insegnamenti del nostro maestro con le nostre esistenze». Questo è il reale spirito di un discepolo nel Buddismo.
Quando gli affari di Toda caddero in terribili difficoltà finanziarie mi impegnai al massimo per proteggerlo e aiutarlo, con l’unico desiderio che egli assumesse la guida del movimento di kosen-rufu per il bene di tutta l’umanità. Ho combattuto e pregato instancabilmente perché ciò accadesse. Toda aveva letto gli insegnamenti del Daishonin e li incarnava nella propria vita. Per questo decisi che il dedicarmi sinceramente a sostenerlo fosse il modo migliore per ottenere una reale e seria comprensione dei profondi princìpi del Buddismo, e convogliai tutte le mie energie giovanili in questo impegno. Durante quel doloroso periodo di lotta intensa, le mie discussioni con Toda aprirono la strada a molti dei più importanti successi conseguiti fino a oggi dal movimento di kosen-rufu.
Ogni giorno che abbiamo passato insieme, affrontando sofferenze e dure prove uniti nello spirito, Toda mi ha trasmesso il suo elevatissimo stato vitale, la più intima essenza del suo essere. Ho un debito enorme verso di lui, una riconoscenza sconfinata.
Sfortunatamente ci furono anche discepoli che lo tradirono e abbandonarono la fede quando lui cadde in disgrazia. Ci furono addirittura degli ingrati – persone che in precedenza avevano fatto gran mostra di devozione – che fecero un improvviso e totale voltafaccia, lo insultarono vigliaccamente abbandonandolo nel momento del bisogno.
Nel Sutra del Loto, subito prima che Shakyamuni riveli il proprio voto di rendere tutti uguali a lui, ha luogo una scena molto significativa, quella in cui cinquemila discepoli arroganti si alzano e abbandonano l’assemblea, proprio nel momento in cui il Budda sta per esporre la verità fondamentale (cfr. SDL, 38).
Credendo erroneamente di aver appreso tutto ciò di cui avevano bisogno, queste persone disdegnano l’insegnamento del Budda. In realtà la loro vita è pervasa dall’ignoranza e dall’ingratitudine. Shakyamuni non tenta di fermarle, le lascia andare e continua la sua predicazione con tranquillità, affermando: «Ora questa mia assemblea è libera dai rami e dalle foglie ed è composta unicamente di individui risoluti e sinceri» (SDL, 38). Quindi procede a esporre la via secondo cui tutte le persone possono ottenere l’Illuminazione, e i suoi veri seguaci gioiscono dal profondo del cuore. Così inizia la rappresentazione del Sutra del Loto.

Insieme al Budda

Lo spirito di maestro e discepolo è la linfa vitale del Buddismo. Il Budda non può realizzare da solo il voto di rendere tutte le persone uguali a lui. La concretizzazione del suo desiderio dipende anche da quanto i discepoli che hanno appreso i suoi insegnamenti si impegnano realmente nella pratica buddista con un senso di riconoscenza, e decidono di mostrarsi all’altezza delle aspirazioni del loro maestro. Questa è la chiave: la via di maestro e discepolo non è completa se la fiamma della gratitudine non brucia nei cuori dei discepoli.
Ne La raccolta degli insegnamenti orali il Daishonin afferma: «Quando il maestro e i discepoli hanno pienamente risposto l’uno agli altri e i discepoli hanno ricevuto l’insegnamento, così che possono ottenere il risveglio al quale il sutra si riferisce quando dice: “Ho fatto il voto di rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi”, questo è ciò che il sutra chiama “risvegliare gli esseri viventi alla saggezza del Budda”» (BS, 110, 56).
La vittoria dei discepoli è la vittoria del maestro. Poiché noi della Soka Gakkai, seguendo la via di maestro e discepolo, abbiamo combattuto insieme con saggezza e forza pari a quelle del Budda, siamo stati in grado di propagare diffusamente la Legge mistica in Giappone e nel mondo.
Il Daishonin ammonisce severamente: «Chi è consapevole [che in questo mondo ci sono quattro debiti di gratitudine] è degno di essere chiamato uomo, mentre chi non lo comprende non è che una bestia» (Conversazione tra un santo e un uomo non illuminato, RSND, 1, 122).
Quei discepoli di animo vile che nel passato dimenticarono il loro debito di gratitudine verso Toda lo denunciarono e, commettendo un orribile tradimento, fecero senza eccezione una fine disgraziata e miserabile. Allo stesso modo, quegli individui corrotti ed egoisti che in tempi più recenti si sono rivoltati con astio contro la Soka Gakkai, calpestando la sincerità e il sostegno dei compagni di fede, hanno imboccato una strada rovinosa verso la sofferenza e la sconfitta. In accordo con la legge di causa ed effetto, la prova tangibile di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato si rivela con chiarezza; l’abbiamo vista con i nostri occhi.
Più forte è la gratitudine che sentiamo verso il nostro maestro, più grandi sono la capacità e la forza che siamo in grado di manifestare. Nel momento in cui facciamo voto di ripagare il debito di gratitudine verso il nostro maestro, ci avviamo su un sentiero che conduce alla vittoria di maestro e discepolo nel livello di vita più profondo. E così saremo in grado, insieme al nostro maestro, di godere eternamente di un meraviglioso stato vitale identico a quello del Budda.

Oltre la legge della giungla

La grave depressione economica che stiamo attraversando causa difficoltà a tutti i paesi nel mondo, compreso il Giappone. I nostri membri stanno lottando coraggiosamente per vincere: nelle regioni più fredde, su isole remote e in isolate comunità montane si stanno impegnando energicamente per diffondere la Legge mistica. Ci sono anche tanti membri che vivono in aree martoriate da disastri naturali che con incredibile forza d’animo e vigore continuano a dare un contributo alle loro comunità, mentre incoraggiano e sostengono gli amici con calore. Dappertutto i membri della SGI sono impegnati nella grande impresa di espandere il compassionevole insegnamento del Budda secondo cui tutti possono conseguire lo stato vitale della Buddità, stanno cioè lottando per creare una società in cui tutti possano vincere.
Per favore non arrendetevi mai alla sconfitta. La fede nel Buddismo del Daishonin ci consente di trasformare qualunque fatto negativo in qualcosa di positivo, secondo il principio di “trasformare il veleno in medicina”. Nel Buddismo si tratta di vincere. Desidero che siate vittoriosi. Cito le parole del primo ministro indiano Jawaharlal Nehru (1889-1964): «Come dice il Budda, la vera vittoria consiste nella vittoria di tutti, e non contempla la sconfitta».
La futurologa americana Hazel Henderson ha prospettato la visione di un win-win world, un mondo di tutti vincitori. Nel nostro dialogo abbiamo discusso del raggiungimento di questo traguardo attraverso la trasformazione della storia umana, evolvendo da un passato basato sulla legge della giungla, verso un futuro in cui ognuno possa vincere. Per far strada a una siffatta epoca le persone devono essere forti, devono crescere, devono essere piene di speranza e devono essere unite.
Uno degli appellativi del Budda è “il vittorioso”. Guidare tutte le persone a sviluppare il grandioso stato vitale di un supremo trionfatore, uno stato vitale che s’innalza alto quanto l’Himalaya, è il nobile ideale buddista vagheggiato da Shakyamuni e da Nichiren Daishonin, espresso nel concetto di «rendere tutti uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi». Ed è anche lo spirito Soka di maestro e discepolo.
Eminenti pensatori in tutto il mondo stanno iniziando a trovare ispirazione dalla via di maestro e discepolo espressa nel Buddismo. Per esempio, il rettore dell’Università Columbia del Paraguay, Roberto Elías Canese ha detto: «La filosofia buddista è uno strumento positivo per la rinascita spirituale. Poiché ogni persona è messa in condizione di far sgorgare dalla propria vita la massima energia positiva, può a sua volta trasmettere agli altri la serenità e la saggezza che ha acquisito dal suo maestro».
Elías Canese ha una profonda comprensione del nostro movimento. La relazione tra maestro e discepolo fa sgorgare dentro di noi il bene più grande inerente a tutte le persone: la forza più potente per la verità e la giustizia.
Anche il governatore Kim Sang Soon della contea di Cheongdo nella Corea del Sud, che mi ha conferito la cittadinanza onoraria (nell’aprile 1999), ha lodato la via di maestro e discepolo della SGI. Nel discorso tenuto in quell’occasione osservò che la gratitudine è ciò che ci rende veramente umani, e che il desiderio di una persona di mostrare riconoscenza per tutto ciò che ha appreso e acquisito la sprona a stabilire la direzione migliore per la propria vita e a trovare il miglior modo per ripagare il debito verso i suoi maestri.

Verso i prossimi cinquant’anni

Quest’anno segna il cinquantunesimo anniversario della morte di Toda. Nella profondità della mia vita sento ancora la sua voce risonante che mi chiama: «Daisaku, Daisaku!». Sento come se avessi ricevuto la vita dal mio maestro, la sua eredità spirituale scorre dentro di me.
Presto sarà di nuovo il 16 marzo, il giorno di kosen-rufu, che celebra la solenne cerimonia del tempo senza inizio in cui Toda consegnò a me e agli altri suoi giovani successori il testimone della nostra nobile causa. In quel giorno del 1958, davanti a molti ospiti importanti Toda dichiarò con orgoglio: «La Soka Gakkai è la regina del mondo religioso!». Questo è l’invincibile spirito della Gakkai che brillerà per sempre. Ho ereditato fedelmente la nobile causa del mio maestro e la sua potente convinzione; le ho diffuse con coraggio dappertutto nel mondo e ne ho provato la validità.
Ora si sta alzando il sipario su un nuovo magnifico palcoscenico di kosen-rufu, un palcoscenico che si apre sui prossimi cinquant’anni. Miei fidati discepoli, che vibrate dell’eterna forza vitale che è stata vostra sin dall’infinito passato, levate in alto il magnifico vessillo della vittoria di maestro e discepolo!

Io sono un leone,
sii un leone anche tu,
i nostri cuori uno, come maestro e discepolo.

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