Ho promesso al maestro di trasformare la mia tendenza alla rabbia in coraggio di essere felice, e di utilizzare la mia vita per creare valore
Sono nata in una famiglia numerosa e profondamente disunita: io e i miei fratelli siamo cresciuti senza nostro padre e negli anni anche noi ci siamo quasi tutti allontanati uno dall’altro. Ero molto aggressiva: nel mio cuore c’era l’inferno e la sfiducia condizionava ogni mio rapporto. Nonostante mia madre cercasse di essere il sole della famiglia e i nonni si prendevano cura di noi con amore, eravamo abituati ad avere sempre sedie vuote alle recite scolastiche, ai pranzi di Natale e nella realtà di ogni giorno.
Quando iniziai a praticare, grazie alla mia amica Livia, fui molto colpita da una frase di sensei: «Quando il sole sorge tutto ciò che esiste ne assorbe l’energia. Allo stesso modo diventando il sole della famiglia, sarete in grado di illuminare tutto ciò che vi circonda». Ho sempre avuto il sogno di riempire quelle sedie e grazie alla pratica decisi di diventare il sole della mia famiglia. Recitando Daimoku emerse il desiderio di riavvicinarmi a mio padre. Poco dopo mio fratello, che aveva tredici anni e non avevo mai conosciuto, mi scrisse chiedendomi di vederci. Colpita da quel gesto, accettai. Nichiren Daishonin afferma: «L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» (RSND, 1, 1008). L’esperienza di conoscere mio fratello smosse in me qualcosa e così decisi di incontrare mio padre. Fu un’esperienza incredibile: riuscii ad ascoltare mio padre con tutta me stessa. Fu l’inizio di una relazione autentica e da allora non ci siamo più separati. Una cara amica, incoraggiata dalla mia esperienza, ha deciso di ricevere il Gohonzon. Stavo accumulando i “tesori del cuore”, trasformando la rabbia in felicità.
Nel frattempo mi capitò di lavorare per un film. In breve molte persone sul set iniziarono a chiedermi del Buddismo finché arrivammo a praticare, nelle pause pranzo, anche in dieci persone. Alla fine delle riprese due di loro divennero membri della SGI e un’altra ragazza, un anno dopo, ricevette il Gohonzon!
Nel frattempo anche i rapporti con mia madre miglioravano in modo così evidente che il figlio di suo marito, colpito, iniziò a praticare. Così, nel mio primo anno di pratica, cinque dei miei shakubuku erano entrati nella Soka Gakkai.
Nel 2013 mio padre si ammalò e noi fratelli, dopo anni, ci ritrovammo insieme. In quell’occasione mia sorella Rita notò in me un profondo cambiamento. Mio fratello scherzando le disse che ero cambiata perché ero diventata buddista, e di lì a poco sua figlia Giulia, sedicenne, cominciò a praticare, seguita a breve anche da mia sorella. La disarmonia, però, era ancora presente: mia madre e Rita non riuscivano a parlarsi. Io continuavo a pregare per l’unità della famiglia. Quando Rita decise di ricevere il Gohonzon, finalmente riuscì a sciogliere il rancore verso mia madre e a creare un nuovo rapporto. La malattia di mio padre divenne così l’occasione per trasformare il karma familiare e creare valore. Praticavo con tutto il cuore per la felicità di ognuno di noi senza giudicare, affidandomi solamente al Gohonzon, e così fece anche mia sorella. In quel periodo anche mia nipote Giulia entrò a far parte della Soka Gakkai. Con i miei fratelli ci unimmo creando tra noi un legame bellissimo. Decisi di aprire casa per due ore al giorno fino a che mio padre fosse guarito. Dopo un mese uscì dall’ospedale e mia madre decise di venire con me per accompagnarlo a casa. Quel giorno per la prima volta vidi mia madre preparare il pranzo per lui. Trovarmi lì con loro fu un immenso tesoro del cuore che ha cambiato per sempre la natura dei nostri legami.
Quest’anno a Natale tutte le sedie si sono riempite. Eravamo ben sei membri della Soka Gakkai seduti a tavola, senza contare mio padre che pratica regolarmente da più di un anno. A oggi nove dei miei shakubuku hanno ricevuto il Gohonzon.
Il 28 aprile dell’anno scorso la mia vita è cambiata totalmente: in pochi minuti mi ritrovai senza casa, senza soldi e senza la persona con cui pensavo di costruire una famiglia. Mi ricordai una frase del Gosho: «Quando accade un grande male, seguirà un grande bene» (RSND, 1, 992). Recitai subito per trasformare questa situazione e il giorno dopo aprii casa per sette ore di Daimoku. Decisi con tutta me stessa di diventare una persona indipendente e senza paura, di trovare casa e lavoro entro tre mesi e di andare in Giappone dal mio maestro. Dopo una settimana iniziai a lavorare nell’organizzazione di eventi a livello europeo e parlai della pratica a molte colleghe che erano colpite da come stavo ricostruendo la mia vita.
A giugno del 2016 sono partita per il Giappone grazie al regalo di un’amica. Al Kosen-Rufu Daiseido, mentre recitavo Gongyo insieme alla voce del mio maestro ho promesso solennemente che sarei diventata felice senza lasciarmi sviare da nessun ostacolo e che avrei aiutato gli altri a fare lo stesso. Ho vissuto momenti straordinari, tanto che ho sentito gratitudine per il fidanzato che mi aveva lasciato. Ero davvero felice.
Tre mesi dopo ho firmato il contratto di casa mia, esattamente come e dove la volevo, e da marzo ci vivo con il mio attuale compagno.
Ho promesso a sensei di trasformare la mia tendenza alla rabbia in coraggio di essere felice, e di utilizzare la mia vita per creare valore. Sento che con tutto lo sforzo di questi anni di pratica sto mettendo le basi per la felicità eterna mia e di tutte le persone che amo. Le mie giornate hanno un altro ritmo e io mi sento più forte. Il mio grande obiettivo è di non smettere mai di praticare, diventare sempre più felice insieme agli altri, con lo stesso spirito del mio maestro.