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Sempre e solo opportunità - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:58

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Sempre e solo opportunità

Fabiana Arieti, Verona/Ginevra

Il presidente Ikeda afferma che il corso della nostra vita è determinato da come reagiamo, da quello che facciamo nei momenti più bui. Con queste parole del maestro nel cuore e con il sostegno dei membri della SGI, iniziai a dedicarmi al cento per cento alle attività

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Il presidente Ikeda afferma che il corso della nostra vita è determinato da come reagiamo, da quello che facciamo nei momenti più bui. Con queste parole del maestro nel cuore e con il sostegno dei membri della SGI, iniziai a dedicarmi al cento per cento alle attività

Era il 2008, mi ero laureata da poco in biologia e mi sentivo confusa su ciò che avrei voluto realizzare nella vita. Decisi di trasferirmi a Trieste per partecipare a uno stage in un laboratorio di ricerca. Vanessa, la segretaria più gentile che io avessi mai incontrato, mi avvolse con la sua sincera amicizia e mi insegnò a recitare Nam-myoho-renge-kyo e soprattutto a credere che avevo un potenziale illimitato, nonostante la mia testa non lo pensasse. I primi benefici della pratica mi portarono in Svizzera per fare un dottorato di ricerca in biologia molecolare all’Università di Ginevra, dove iniziai a prendere parte alle attività della SGI. Nel 2009 decisi di ricevere il Gohonzon, pochi mesi dopo iniziai l’attività di protezione come byakuren che fin dal primo momento è stata per me fonte di grande gioia e ispirazione.
Una delle mie prime determinazioni fu quella di diventare coraggiosa, responsabile e di ripagare il debito di gratitudine verso i miei genitori. Il primo anno a Ginevra non fu semplice: il lavoro in laboratorio mi impegnava moltissimo; la ricerca dell’appartamento così come le lingue (inglese al lavoro, francese nella vita) rappresentavano grandi ostacoli. A ciò si aggiunse la fine di una relazione affettiva che durava da qualche anno. Nonostante la stanchezza, nonostante non capissi né parlassi francese, lottai per cercare di partecipare assiduamente alle attività della SGI. Nel 2010, venni nominata vice responsabile di settore giovani donne. Nel luglio dello stesso anno, poche settimane prima di partire per il mio primo corso a Trets, uno dei Centri culturali europei, ricevetti una notizia sconcertante: le analisi mediche di mio padre avevano rivelato che il tumore rimosso anni prima, non solo aveva ricominciato la sua evoluzione, ma aveva anche già attaccato le ossa, propagandosi in un modo per la medicina considerato irreversibile.
La notizia mi destabilizzò al punto da non essere più in grado di lavorare. Era il buio totale. Il presidente Ikeda afferma che il corso della nostra vita è determinato da come reagiamo, da quello che facciamo nei momenti più bui. Con queste parole del maestro nel cuore e con il sostegno dei membri della SGI, iniziai a dedicarmi al cento per cento alle attività. Ogni attività mi permetteva di fare il pieno di energia che poi utilizzavo per sostenere la mia famiglia in Italia e per “sopravvivere” al lavoro. Ogni giorno era una dura lotta tra la voglia di mollare tutto, di tornare in Italia, e il coraggio di lottare a qualsiasi costo. Provavo una sofferenza fortissima al pensiero di separarmi da mio padre e di quanto tutta la mia famiglia stesse soffrendo. Non riuscivo neanche ad affrontare l’argomento. Recitavo moltissimo Daimoku e chiamavo mio padre ogni giorno, per sostenerlo anche solo con una parola. Recitavo per diventare la miglior figlia possibile. Grazie a tutto quel Daimoku scoprii una forza che non avevo mai sperimentato prima. Iniziai a tornare a Verona molto più spesso, per sostenerlo e per stare vicino a mia madre e a mia sorella. Quei viaggi in treno divennero occasioni indimenticabili per parlare del Buddismo a molte persone.
Nell’estate del 2010, nonostante gli effetti collaterali delle chemioterapie, mio padre riuscì a dedicarsi alle cose che amava: andare in bicicletta, prendersi cura dell’orto e della casa assieme a mia madre. Dopo un anno di terapie, però, iniziò a sentirsi stanco e scoraggiato. Le sue tendenze negative riemersero più forti di sempre. Spesso, quando gli parlavo al telefono, mi diceva che credeva che la sua malattia fosse una “punizione” e che si vergognava di come “si era ridotto”. Quelle sue certezze mi facevano soffrire profondamente. Così, decisi di recitare Daimoku per essere in grado di non arrabbiarmi con lui a causa delle sue convinzioni, per rispettare la sua vita e perché lui potesse percepire il valore della lotta che stava conducendo. Pregavo perché potesse veramente vincere! Iniziai ad approfondire la mia fede attraverso lo studio, leggendo le guide di sensei riguardo alla malattia, la vita e la morte. Cercavo disperatamente nel Gosho le risposte ai miei dubbi. Nello stesso periodo mi nominarono responsabile byakuren di capitolo.
Nell’aprile del 2011 mio padre recitò Daimoku per la prima volta. Durante l’estate ebbe dei miglioramenti, la chemioterapia sembrava funzionare, tanto che in quel periodo ebbe la forza di lavorare nell’orto e di dedicarsi con amore alla casa. Quella fu la sua ultima estate. Se n’è andato il 15 maggio del 2012. Qualche giorno prima di lasciarci mi ha detto che l’orto di quell’ultima stagione era stato il più bello che potesse ricordare di aver mai coltivato.
La mia sofferenza e la mia paura di separarmi da lui si sono completamente sciolte nel momento in cui, poche ore prima della sua morte, ho riconosciuto il contrasto tra la sofferenza del suo corpo e la pace che vedevo nei suoi occhi.
Negli ultimi anni della sua vita mio padre mi ha generosamente dato l’opportunità di trasformare paure profondissime. Inoltre, ho imparato a rispettare tutti gli aspetti della sua esistenza: la negatività, la generosità, le lamentele, le battute, le sue convinzioni. Giorno dopo giorno, ho imparato a rispettare anche la sua morte, determinando di creare attraverso di essa il massimo valore possibile. Nichiren Daishonin scrive: «Finché era in vita egli era un Budda vivente e ora è un Budda defunto. Si è Budda sia nella vita sia nella morte. Questa è la profonda dottrina del conseguimento della Buddità nella forma presente» (RSND, 1, 403). Durante il periodo della malattia di mio padre, il più duro della mia vita, tre care amiche alle quali avevo parlato di Buddismo hanno non solo iniziato a recitare Daimoku, ma hanno anche deciso di ricevere il Gohonzon. Ciò mi ha reso veramente felice e mi ha fatto comprendere quanto le nostre vittorie, ma soprattutto le nostre lotte profonde, possano essere fonte di ispirazione per gli altri.
Nell’agosto del 2012 ebbi l’opportunità di tornare a Trets. Desideravo profondamente condividere la mia esperienza con i giovani europei, per incoraggiarli a essere forti anche di fronte alla sofferenza più grande! Proprio durante quel corso ci fu il lancio della campagna europea della prova concreta ed ebbi l’occasione di recitare molto Daimoku per fissare dei grandi obiettivi per la mia vita. Determinai di finire il dottorato in biologia con successo e di dedicare la mia vita alle persone che soffrono a causa della malattia, in particolare il cancro, e di farlo concretamente attraverso il mio lavoro, dando una svolta definitiva alla ricerca e alla medicina.
Pochi mesi dopo il mio professore di tesi ha inaspettatamente cambiato il mio progetto di ricerca proponendomene uno nuovo, sul cancro. Così, dopo più di tre anni senza risultati, tutto ha iniziato a muoversi a una velocità diversa. In pochi mesi ho ottenuto in laboratorio risultati che in tre anni non ero mai riuscita ad avere. Così, il mio lavoro di ricerca sta per essere pubblicato e il 31 gennaio 2014 ho discusso la mia tesi di dottorato con successo. Inoltre, recitando Daimoku per capire quale fosse la mia missione, ho capito che voglio diventare medico. Pochi giorni dopo aver preso questa decisione davanti al Gohonzon, ho trovato su internet un programma particolare per biologi che vogliono fare medicina, non lontano da Ginevra. Inoltre, poco tempo fa il mio professore di tesi mi ha comunicato che, grazie anche al mio contributo, ha ricevuto un grosso finanziamento dall’Associazione internazionale per la ricerca sul cancro. Così, mi ha proposto di rimanere più a lungo in laboratorio per portare avanti altri aspetti del mio progetto. Il nuovo contratto prevederà un cospicuo aumento di stipendio, che mi servirà per mantenere i miei studi e che rappresentano per me la concretizzazione di tutti gli sforzi compiuti per fare la differenza nel mio ambiente di lavoro. La morte di mio padre è stata la molla decisiva per dedicarmi alla felicità degli altri, cioè a kosen-rufu. Attraverso questa esperienza ho profondamente sentito la mia vita fondersi con la mia missione. Ho capito che comprendere qual è la nostra missione ci permette di dare un colpo di acceleratore alla nostra vita e di far emergere il nostro spirito di bodhisattva. Come scrive Ikeda nella Nuova rivoluzione umana: «Tutte le storie importanti iniziano dalle difficoltà» (NR, 523, 22). Sono determinata a continuare a lottare insieme al mio maestro con il voto di rendere felici il massimo numero di persone possibile, e mio padre sarà sempre con me in questa missione.

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