Scegliere con accuratezza i responsabili futuri, mettere al centro i giovani, avere cura delle persone comuni, coltivare la relazione col maestro. Sono punti salienti che Ikeda sottolinea come essenziali per proseguire la costruzione della Soka Gakkai continuando a diffondere gli ideali di pace in maniera concreta
Il Buddismo è una lotta per vincere. In ogni aspetto della vita, si vince o si perde; è una verità immutabile. Diventiamo felici o infelici, vinciamo o perdiamo? Questo è il punto centrale della nostra lotta. Nichiren Daishonin scrive che la sfida per propagare l’insegnamento corretto nell’Ultimo giorno della Legge è più accanita della famosa disputa tra il governatore di P’ei, Liu Pang, e il suo rivale, Hsiang Yü, che combatterono per l’impero cinese (vedi L’apertura degli occhi, SND, 1, 159). Scrive anche: «In questi venti anni e oltre, non ho conosciuto né un’ora, né un solo istante di pace o tranquillità. Yoritomo lottò contro i suoi nemici per sette anni, tuttavia ci furono delle pause nelle ostilità» (WND, 2, 599). Perfino nelle battaglie più accanite ci sono momenti di quiete, ma la lotta del Daishonin per kosen-rufu continuò senza respiro, con una serie senza fine di confronti estremamente duri e feroci. Tuttavia, egli perseverò nell’enorme impegno di liberare l’umanità dalla sofferenza per mezzo della grande filosofia buddista di pace: tale era l’intensità del suo spirito combattivo. Makiguchi, Toda e io abbiamo ereditato e condiviso lo stesso spirito del Daishonin, per questo la Soka Gakkai si è sviluppata nel mondo fino a questo punto. Sono stati i primi tre presidenti a porre le solide fondamenta della Gakkai, facendo proprio il mandato del Daishonin, e condividendo nella loro successione lo spirito del maestro e discepolo. Proprio per questo spirito indomito, è difficile sconfiggere la Soka Gakkai. Ciascuno di noi tre è stato incarcerato e ha lottato per le proprie convinzioni senza risparmiarsi, affrontando e combattendo i tre potenti nemici e i tre ostacoli e i quattro demoni descritti dal Daishonin. Ognuno di noi ha incarnato perfettamente lo spirito del devoto del Sutra del Loto. È per amore del futuro, che chiedo a tutti voi di basare la vita sul sentiero Soka di maestro e discepolo. Ho combattuto tutte le mie battaglie seguendo la guida di Toda. All’epoca, molti responsabili della Gakkai più anziani di me lo denigravano, criticandolo e malignando su di lui quando si trovò ad affrontare circostanze difficili. Io ho sempre dichiarato che Toda era il vero discepolo di Makiguchi e un grande leader che agiva in pieno accordo con gli insegnamenti del Daishonin; per questo saremmo dovuti restare al suo fianco senza curarci di ciò che gli altri potevano dire.
«Non lesino la mia vita, / ma dove sono i giovani portabandiera?». Sono due versi della Canzone dei compagni, composta da Toda quando si trovava in prigione [venne tratto in arresto insieme a Makiguchi per il rifiuto di accettare lo shintoismo come religione di stato, n.d.r.]. I praticanti più anziani tradirono Makiguchi quando, durante la guerra, fu perseguitato dalle autorità militariste. La generazione più vecchia tende a essere ambigua e calcolatrice. I membri dell’epoca di Makiguchi furono spinti da interessi personali e dalla preoccupazione per la propria posizione sociale: erano egoisti e miravano al proprio tornaconto. La nuova generazione, invece, è spesso più capace di rimanere fedele alle proprie convinzioni: i giovani sono più franchi e onesti. È per questo che Toda, quando prese da solo l’iniziativa di ricostruire la Soka Gakkai e di risvegliare il movimento per kosen-rufu nel dopoguerra, dichiarava sempre che i giovani erano importanti e attendeva che emergessero per portare avanti il suo lavoro.
Era il 14 agosto 1947, sessant’anni fa, quando incontrai Toda per la prima volta. Aveva quarantasette anni e io diciannove, ma ricordo ancora oggi quell’incontro come se fosse ora. Per i successivi dieci anni Toda mi allenò scrupolosamente, dandomi un’istruzione. Mi affidò le sorti del nostro movimento di kosen-rufu consegnando l’intero nostro futuro a un giovane che aveva ventotto anni meno di lui. Mi mise al centro dei giovani della Soka Gakkai, permise loro di esprimere appieno il proprio potenziale e poté così attingere dal potere della giovinezza. È per questo che la Soka Gakkai è potuta crescere, diventando l’organizzazione che è oggi. La scelta dei responsabili futuri è estremamente importante. Un errore può avere le conseguenze più disastrose causando sofferenze incalcolabili a tutti. È per questo che individuare e far crescere successori di valore è uno dei compiti più importanti di chi occupa posizioni di responsabilità. L’impegno condiviso da Toda e da me, come maestro e discepolo, verso il Buddismo e kosen-rufu, è ciò che ha portato alla comparsa di un numero crescente di Bodhisattva della Terra. La forza trainante di questa crescita straordinaria fu la convinzione assoluta di Toda riguardo l’importanza dei giovani e lo spirito che lo portava a tenerli in grande considerazione. Quando un responsabile parla con loro, non dovrebbe mai lasciarsi trasportare dall’emotività fino a rimproverarli o trattarli in modo autoritario o con superiorità. Ovviamente i giovani hanno bisogno di essere preparati, ma mi auguro che lo facciate pregando sinceramente affinché si sviluppino pienamente, avanzando per dare il proprio contributo alla Soka Gakkai e alle comunità di appartenenza, così come alla pace nel paese e in tutto il mondo. Dobbiamo dimostrare che teniamo a loro e incoraggiarli con calore. È mia volontà, oggi, ribadire l’importanza di questo tipo di approccio. Inoltre ricordate sempre che, per quanto invecchiate, è importante rimanere giovani nel cuore. Anche quando aveva superato i settant’anni, Makiguchi soleva spesso dire: «Noi giovani», esprimendo lo spirito per cui il cuore di coloro che praticano il Buddismo del Daishonin è eternamente giovane. Spero che tutti i nostri membri avanzino con cuori giovani.
Dare responsabilità ai giovani
I giovani hanno il cuore puro, e se li aiutiamo a esprimere tutto il loro potenziale possiamo far sì che la Soka Gakkai duri per sempre. Makiguchi e Toda li stimavano e anch’io ho sempre fatto lo stesso. Non c’è da fidarsi delle persone manipolatrici, calcolatrici o di chi mira al proprio tornaconto; nel regno della fede non conta lo status sociale o il ruolo all’interno dell’organizzazione, ma piuttosto se ci stiamo impegnando per kosen-rufu con lo spirito di maestro e discepolo. Ho lottato con tutto ciò che avevo per sostenere e aiutare Toda, lavorando più duramente di chiunque altro per costruire le basi della Gakkai. Nessun altro discepolo ha ingaggiato una lotta altrettanto intensa per realizzare gli obiettivi di Toda. Tante e tante volte egli mi ha chiamato nel cuore della notte per discutere di qualche faccenda e io sono sempre corso al suo fianco. Mia moglie sa bene le dure sfide che abbiamo affrontato allora per dar vita a un’organizzazione davvero forte, in grado di offrire un contributo positivo alla pace e capace di realizzare kosen-rufu. Ero anche determinato a non permettere a nessuno di insultare o fare del male a Toda; l’ho difeso risolutamente e ho parlato con forza e chiarezza per mettere a tacere tutti gli avversari. Lo spirito è determinante: i veri discepoli hanno il coraggio di prendere le difese del maestro e di affrontare con decisione ogni antagonista.
Se ad assumere le maggiori responsabilità fossero persone che non si sono mai battute strenuamente in prima persona per realizzare gli obiettivi del maestro, sarebbero i nostri membri a soffrirne. La Soka Gakkai deve assegnare responsabilità ai giovani, facendo tesoro della loro vitalità ed energia per avanzare. Allo stesso tempo, chiedo ai giovani di rispettare i sentimenti e i valori dei più anziani. I nostri giovani non dovrebbero essere arroganti o concentrati solo su se stessi; sarebbe come voltare le spalle ai propri genitori per vivere una vita egocentrica ed egoistica. I prossimi anni sono molto importanti. Penso che nessuno si fosse aspettato la nomina di una persona tanto giovane quando, seguendo le orme di Toda, divenni terzo presidente della Soka Gakkai nel 1960. Di ritorno a casa dopo la cerimonia, mia moglie mi disse: «Da oggi, farò conto di non avere più un marito. Considero questo giorno come un funerale nella famiglia Ikeda». Con questo intendeva farmi sapere che condivideva la mia determinazione per cui, da quel giorno in poi, mi sarei dedicato totalmente al Buddismo del Daishonin e alla Soka Gakkai. Quando mi dimisi da presidente, nell’aprile del 1979, lei mi accolse col suo solito sorriso amabile, e mi disse: «Capisco. Ti stimo per il duro lavoro che hai portato avanti e sono felice che sia riuscito a mantenerti in buona salute». Ero assolutamente tranquillo rispetto a tutto quello che era successo, tuttavia ero molto preoccupato per i nostri membri, sinceri e infaticabili.
Non dimenticherò mai l’atmosfera opprimente che si respirava alla riunione generale di centro, il 3 maggio 1979, nella palestra dell’Università Soka, subito dopo le mie dimissioni. Individui corrotti e traditori si erano alleati con il clero e stavano complottando per prendere il controllo dell’organizzazione. Come presidente, ero loro d’intralcio e ostacolavo i loro piani, così ebbero l’idea di costringermi a rassegnare le dimissioni. L’arroganza e l’invidia sono davvero veleni spaventosi. Una volta dimesso da presidente, non avevo più neanche una scrivania per lavorare in sede. Dopo la riunione generale del 3 maggio, mia moglie e io ci recammo a Yokohama, nella prefettura di Kanagawa, dove l’oceano sconfinato unisce il Giappone al resto del mondo. Avevo deciso di fare del mondo il mio palcoscenico, uscendo dai ristretti confini del Giappone e portando su scala globale la mia battaglia. A prescindere dalle circostanze in cui mi sono trovato, ho sempre adottato un punto di vista ampio intraprendendo i passi necessari per raggiungere i miei obiettivi. Ero in salute, perciò mi accinsi con determinazione ad aprire una nuova strada, orgoglioso di stare in prima linea e di lottare al fianco di chi si impegnava per kosen-rufu. Mi sono dato da fare più di chiunque altro per essere all’altezza della fiducia sincera dei membri e per costruire un’organizzazione senza precedenti per kosen-rufu: al giorno d’oggi, non ne esiste un’altra che possa vantare la straordinaria solidarietà tra persone comuni che si trova nella Soka Gakkai. È fondamentale che i nostri responsabili più alti siano sempre intransigenti nel contrastare i disonesti e i malintenzionati e che non smettano mai di sforzarsi tenacemente per la nostra causa, anziché andarsene in giro gonfi d’orgoglio per cose che niente hanno a che vedere con kosen-rufu. Devono sempre comportarsi con integrità e buon senso. Raccogliendo tutta la nostra saggezza e creatività, collaboriamo per costruire una nuova Gakkai che soddisfi appieno i nostri membri, permettendo loro di risplendere con una sempre maggiore forza e luce interiore.
Il presidente Harada e il direttore generale Masaki
Con la guida del presidente Minoru Harada e del direttore generale Masaaki Masaki, nominati entrambi nel novembre 2006, la Soka Gakkai sta avanzando con slancio e fresca energia. Vorrei cogliere l’occasione per presentarveli ancora una volta. Il presidente Harada ha sessantacinque anni, è nato nel novembre del 1941 ad Asakusabashi, nel quartiere Taito di Tokyo, per poi trasferirsi nella circoscrizione Itabashi. Suo padre dirigeva una piccola azienda produttrice di obi, le fasce decorative che vengono indossate con i kimono. Cominciò a praticare poco dopo la madre, che era diventata membro della Soka Gakkai quando lui frequentava la sesta classe elementare. Lo conobbi nel settembre 1961, quando aveva diciannove anni, la stessa età che aveva Toda quando incontrò Makiguchi, e che avevo anch’io quando conobbi Toda. Quando Harada frequentava l’Università di Tokyo, fu nel gruppo degli studenti con i quali iniziai la serie di lezioni su La raccolta degli insegnamenti orali. Era un ragazzo studioso e serio e, nel 1964, dopo la laurea, cominciò a lavorare negli uffici del Seikyo Shimbun, con l’incarico di sovrintendere alla pubblicazione a puntate sul quotidiano del mio romanzo La rivoluzione umana dal primo gennaio 1965 fino al terzo volume compreso. Per conservare i miei manoscritti originali, trascriveva personalmente le pagine da mandare al tipografo. Io sapevo del suo duro lavoro ed è proprio per questo impegno instancabile dietro le quinte, portato avanti anno dopo anno, che ora è presidente della Soka Gakkai. Durante la bufera di critiche sorte in occasione del cosiddetto “Incidente della libertà di parola” Harada rimase al mio fianco, dirigendo uno degli uffici chiave del quartier generale della Soka Gakkai (vedi NRU, 14, 161). Nessuno meglio di lui sa ciò che ho fatto negli anni, avendomi accompagnato anche in molti dei miei viaggi oltreoceano, come in quelli per incontrare l’eminente storico inglese, Arnold J. Toynbee (1889-1975) e il premier cinese Zhou Enlai (1898-1976). È stato testimone dei momenti più importanti della storia del nostro movimento. Come Toda, e come l’eroe del Romanzo dei tre regni Chuko K’ung-ming (Zhuge Liang; 181-234), ho sempre guardato in prospettiva al futuro comportandomi di conseguenza e, nel corso degli anni, ciò ha significato anche seguire la formazione di Harada. Per ventidue anni è stato segretario generale della Soka Gakkai, la posizione di massima responsabilità operativa in sede centrale dando un contributo straordinario all’edificazione delle solide basi su cui ora poggia la nostra organizzazione.
Il direttore generale Masaki, è nato nell’aprile del 1954 nella circoscrizione Hirano, Osaka. Si è associato alla Soka Gakkai nel 1961, insieme ai genitori, all’età di sette anni, apprendendone lo spirito e crescendo nell’energia dinamica del “Kansai sempre vittorioso”. Desiderando che il loro figlio potesse diventare una persona di valore per kosen-rufu, con un atteggiamento davvero lodevole e altruista, i suoi genitori racimolarono i fondi necessari per mandarlo alla scuola superiore Soka di Tokyo; in seguito frequentò anche l’Università Soka. In qualità di presidente dell’associazione studentesca, si dedicò completamente a costruire le basi della nuova scuola. Dopo la laurea, venne a lavorare alla sede della Soka Gakkai e due anni dopo diventò il responsabile nazionale anziano della Divisione scuole superiori. Quando, nell’aprile del 1979, mi dimisi da terzo presidente, Masaki rimase fedele al sentiero di maestro e discepolo nello scompiglio che ne seguì e collaborò alla costruzione di una Divisione futuro i cui membri erano in esatta armonia con il mio spirito. Nel corso degli anni, è stato responsabile nazionale dei Soka-han, responsabile della Divisione giovani uomini e responsabile della Divisione giovani. All’epoca della seconda questione con il clero [emersa nel dicembre del 1990], Masaki contrastò il loro tentativo di distruggere l’organizzazione, parlando con chiarezza per confutare gli errori e rivelare la verità. In seguito ricevette la responsabilità della regione di Tokyo e della Divisione nazionale uomini prima di essere nominato direttore generale.
La legge della vita
Sono stato da poco informato che l’università statale pedagogica L.N. Tolstoj di Tula, un’importante istituzione educativa russa che prende il nome dal grande scrittore, ha intenzione di conferirmi un dottorato onorario. Da ragazzo sono stato un avido lettore delle opere di Lev Tolstoj (1828-1910), e Guerra e pace rimane, per me, una delle sue opere più memorabili. Mi hanno riferito che l’inno di quell’istituto, situato nella provincia di Tula dove lo scrittore è nato e cresciuto, contiene questo verso: «Proteggeremo la reputazione del grande Tolstoj». Egli scrisse: «Più l’uomo comprende la vera legge della vita, più la sua esistenza migliora, più confusa è la comprensione di quella legge, peggiore è la sua vita». Il Buddismo insegna proprio questa legge della vita, e le due vie di pratica e studio insegnate da Nichiren Daishonin la arricchiscono immensamente. Inoltre dichiarò: «La stupidità nasce solo dalla vanità». I presuntuosi e gli arroganti alla fine soccombono alla follia e conducono se stessi alla rovina. Tolstoj affermava anche: «La malvagità degli uomini può essere dominata dagli uomini, e […] questo è il solo compito e scopo della loro vita». In altre parole, parlar chiaro in nome della verità e lottare contro falsità e ingiustizia è il modo di vivere più nobile e ammirevole. Ripensando a quando era ragazzo, il grande scrittore disse: «La lode agisce in modo così potente non solo sui sentimenti, ma anche sulla mente». Le parole di apprezzamento sincero sono un mezzo molto efficace per aiutare le persone a realizzare il loro potenziale. Incoraggiate, più che cercar sempre la colpa e criticare: è questa la chiave per far crescere individui capaci.
Cos’è la vera felicità?
Adesso vorrei condividere con voi alcune parole di Nichiren Daishonin: «Quando sei felice, recita Nam-myoho-renge-kyo ricordando che la felicità in questa vita non è che un sogno dentro un sogno, e che la sola vera felicità si trova nella Pura Terra del Picco dell’Aquila. Pratica diligentemente fino all’ultimo istante della tua vita» (Le quattordici offese, SND, 5, 181). Vera gioia e senso di appagamento si acquisiscono solo attraverso la pratica buddista. Avere tanti soldi o essere persone di successo nella società sono cose che riescono a dare soltanto l’illusione della felicità; solo praticando il Buddismo possiamo instaurare, nel nostro io più profondo, uno stato di felicità autentica e duratura. È qualcosa che costruiamo all’interno del nostro cuore. Vorrei ora dedicare ai membri della Divisione giovani alcune citazioni di pensatori mondiali. Il famoso poeta indiano Rabindranath Tagore (1861-1941) scrisse: «Un codardo non può aspettarsi altro che la sconfitta». Questo è proprio vero. Lo scrittore giapponese Doppo Kunikida (1871-1908) affermò: «La debolezza è la peggiore mancanza, la forza d’animo la virtù suprema». Siate forti e fatevi strada nella vita con coraggio! Pur praticando il Buddismo del Daishonin, se siete esitanti, codardi o bloccati dalla paura, non sarete capaci di trasformare voi stessi. Nel dramma storico Enrico VI, Shakespeare scrisse: «Di quali empietà non son capaci l’anime perverse, accumulando così sul loro capo l’eterna dannazione». Queste parole meritano una attenta riflessione.
Il Sutra del Loto
Margarita I. Vorobyova-Desyatovskaya, dell’Istituto di studi orientali dell’Accademia russa delle scienze di San Pietroburgo, è un’importante studiosa del Sutra del Loto. Ella ha recentemente visitato Tokyo. Il 24 settembre scorso ha tenuto una conferenza nella quale ha espresso ammirazione per il nostro movimento che, sotto la mia guida, ha propagato il supremo insegnamento di Shakyamuni – Il Sutra del Loto – in Giappone e nel mondo intero. Ha poi fatto notare che il sedicesimo capitolo “Durata della vita” del sutra si conclude con una domanda che Shakyamuni pone a se stesso: «Questo è il mio pensiero costante: / come posso far sì che tutti gli esseri viventi / accedano alla via suprema / e acquisiscano rapidamente il corpo del Budda?» (SDL, 16, 305). In altre parole, sosteneva, Shakyamuni si sta chiedendo come può fare in modo che ogni persona ottenga la Buddità, e ha generosamente suggerito che la risposta potesse trovarsi nel modo in cui io ho vissuto la mia vita. Vorrei chiarire che non riferisco le sue parole per orgoglio o per darmi delle arie, ma per farvi capire che siamo entrati in un’epoca in cui i massimi pensatori del mondo sono profondamente interessati al movimento umanistico della SGI e studiano i princìpi e gli ideali buddisti sui quali si basa.
Avanzare con spirito giovanile
In conclusione, vorrei condividere con i giovani alcune importanti linee guida di Toda. «Chiunque sembri lavorare per kosen-rufu, ma in realtà sta solo perseguendo i propri fini personali ed egoistici, è mio nemico», dichiarò con energia. Poiché questo è ciò che mi ha insegnato, anch’io ho assunto un atteggiamento severo verso tali individui. Non dobbiamo tollerare responsabili spinti da interessi egoistici che sfruttano l’organizzazione, o individui che, dopo aver raggiunto posizioni importanti con l’aiuto morale e materiale dei membri, diventano arroganti e si approfittano del proprio ruolo per trarne vantaggio personale. Sono nemici del Buddismo, i cui errori devono essere valutati seriamente e denunciati con forza. Toda diceva anche: «Non importa minimamente chi è considerato una grande persona nella società o nel paese. Ciò che conta davvero è la grandezza dal punto di vista del Buddismo». Sono i membri che lottano instancabilmente nella prima linea di kosen-rufu a essere veramente degni di rispetto; coloro che si adoperano con impegno e serietà nelle attività della Gakkai sono i più ammirevoli e nobili. Toda era assolutamente convinto di ciò. Quando un responsabile di alto livello usa l’età come scusante per smettere di agire in prima linea, preoccupandosi più del proprio benessere che di quello dei membri, allora non è più adatto al suo ruolo. I responsabili centrali dovrebbero lottare al pari e al fianco dei membri. Risplendendo di gioia e vigore, dovrebbero tenere vivo e trasmettere attivamente il messaggio che la Soka Gakkai è basata sull’impegno condiviso da maestro e discepolo verso kosen-rufu e che non esiste un modo di vivere più soddisfacente e appagante. Ripartiamo con lo spirito dei giovani, diamo loro posizioni di responsabilità importanti assicurandoci, in tal modo, che la Gakkai rimanga sempre energica e vitale.
Un nuovo scenario
Toda chiedeva ai giovani di essere sinceri e onesti, non egoisti calcolatori, e io ho seguito per tutta la vita questa indicazione. Si aspettava che si facessero carico della Gakkai e contava su di loro, aggiungendo che senza la loro crescita, non si sarebbe realizzato né kosen-rufu né un futuro luminoso. La Divisione giovani è ora entrata in un periodo decisivo. Proprio come la marea che cresce e si abbassa, i tempi stanno cambiando in modo sensazionale e per la Gakkai è giunto il momento di svilupparsi e di allargare la propria base in modo esponenziale rispetto al presente. Lo scenario sul quale voi giovani potrete agire liberamente ed esprimervi appieno è stato quasi completamente ultimato: già si può quasi scorgere ciò che mi ero prefigurato. Starà a voi impegnarvi al massimo su quello splendido palcoscenico e sviluppare ulteriormente la Gakkai, renderla ancora più grande e bella, un’organizzazione vittoriosa che non possa essere scalfita dalle tempeste o dalle avversità più dure, una Gakkai che fornisca fondamenta indistruttibili per la pace mondiale.
Miei giovani amici, conto su di voi! Toda fece una dichiarazione piena di passione in cui affidava ai giovani, che amava più di ogni altra cosa, la trasmissione dei princìpi e degli ideali che sosteneva. Li spingeva anche ad accettare le sfide più difficili, dedicandosi attivamente alla nobile missione di kosen-rufu. La Soka Gakkai, asseriva, è un’organizzazione costruita da persone di valore, perciò dobbiamo costantemente impiegare le nostre energie per individuare e far crescere nuovi talenti, lavorando intensamente per far sì che la Gakkai abbia basi solide, costituite da individui veramente capaci. Chiedeva a noi giovani di prestare estrema attenzione alle sue parole, sottolineando il fatto che ci stava affidando totalmente il futuro e si aspettava che facessimo del nostro meglio. Ho inciso nel mio cuore ogni prezioso insegnamento di Toda, e ora lo trasmetto a voi giovani, in cui ripongo una fiducia immensa.
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Il Seikyo Shimbun in sette date
Con cinquanta redazioni in Giappone e otto corrispondenti nelle maggiori città del mondo, il quotidiano Seikyo Shimbun, come nei desideri di Toda, è diventato “la risorsa essenziale per diffondere i nostri sforzi per kosen-rufu“.
• 1951, 20 aprile. Esce il primo numero (due sole pagine), distribuito in 5000 copie, ogni 10 giorni.
• 1957, 2 agosto. Le pagine del giornale, ormai settimanale, salgono a otto.
• 1965, 15 luglio. Diventa un quotidiano.
• 1970, 28 settembre. Inaugurazione del palazzo di 10 piani (di cui tre sotterranei), sede centrale del giornale a Tokyo.
• 1990, 19 luglio. La tiratura raggiunge le 10.000 copie.
• 2001, 24 gennaio. Il Seikyo Shimbun compie 50 anni.
• 2004, 6 novembre. Festeggia il numero 15.000. È ormai un quotidiano di dodici pagine letto da oltre cinque milioni di persone.
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Guerra e pace
Scritto quando Lev Tolstoj ha 35 anni, Guerra e pace racconta la Russia all’epoca delle guerre napoleoniche (tra il 1805 e il 1812). I personaggi del romanzo sono molti, anche se i principali sono tre: Andrej Bolkonskj, Natasha Rostova e Pierre Bezuchov. I due personaggi maschili sono le due metà dello stesso Tolstoj. Il primo è figlio di una potente famiglia aristocratica che, stanco della sua esistenza, a trent’anni, si pone il problema del senso della vita. Pierre Bezuchov è invece il figlio illegittimo di uno degli aristocratici più ricchi di Russia. In punto di morte il padre decide di riconoscerlo e donargli tutta la sua eredità. Da figura un po’ ridicola, Pierre si ritrova improvvisamente ricco e fortunato. Come cambieranno le loro vite con l’arrivo della guerra? L’argomento di Guerra e pace è, appunto, la capacità di costruire il proprio destino o di dargli senso una volta che la storia con la S maiuscola (di cui la guerra è la forma più sconvolgente) irrompe nelle vite degli esseri umani.