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Agorà - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:22

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    Agorà

    Un nuovo contributo al dibattito sull’opportunità di prendere in maggior considerazione la lingua e la cultura italiana nel presentare sulla rivista del materiale che, al di là del suo profondo significato dottrinale che non viene messo in discussione, nasce in un contesto molto diverso quale quello della lingua e della cultura giapponese

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    Un nuovo contributo al dibattito sull’opportunità di prendere in maggior considerazione la lingua e la cultura italiana nel presentare sulla rivista del materiale che, al di là del suo profondo significato dottrinale che non viene messo in discussione, nasce in un contesto molto diverso quale quello della lingua e della cultura giapponese

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    Auguri alla neonata Agorà. Da molto tempo si avvertiva l’esigenza di uno spazio per riflessioni e – perché no – per critiche, fatte con l’unico scopo di migliorare la rivista. Sono perfettamente d’accordo con la lettrice che ha inaugurato questa rubrica, che è fondamentale «tentare una libera e autonoma strada, tutta italiana, di rivolgersi ai membri della Soka Gakkai». E, prendendo spunto da questo, vengo alle mie riflessioni.
    Mi riferisco agli articoli del presidente Ikeda che occupano le prime – talvolta anche dieci – pagine del Nuovo Rinascimento. Ora, si ha l’impressione che tutto questo materiale venga tradotto e poi pubblicato nella sua totalità. A mio avviso, invece, sarebbe opportuno scegliere ciò che meglio si adatta alla cultura italiana.
    Tutti noi concordiamo sulla grandezza di Ikeda come leader religioso e come figura di primo piano per il raggiungimento della pace nel mondo, sulla profondità dei suoi insegnamenti, per cui siamo sempre desiderosi di trarre nutrimento spirituale dalla lettura dei suoi interventi in materia dottrinale, ma, visto la difficoltà di eccellere in qualsivoglia campo dell’umano sapere, i suoi contributi in campo letterario mi sembra che non rivestano lo stesso interesse e spessore. Infatti, ciò che va bene per i lettori giapponesi non è detto che lo possa egualmente per quelli italiani: diversa la cultura, diverso il percorso storico.
    Esempi alla mano: il commento in due puntate de La Divina Commedia (per altro non esente da qualche imprecisione concettuale), mi fa riflettere che, se ciò può essere istruttivo per i lettori giapponesi, che forse non hanno molta dimestichezza con Dante, può rivestire scarso interesse per noi italiani, che abbiamo a disposizione ben sette secoli di commenti puntigliosi e approfonditi cui attingere.
    Altro esempio: otto pagine su Goethe (Nuovo Rinascimento, n° 290) risultano forse eccessive considerando che, non avendo l’intento di approfondire il punto di vista letterario, si limitavano a un’analisi non particolarmente innovativa e significativa della personalità del poeta tedesco.
    Ancora, alcuni riferimenti a Cicerone (Nuovo Rinascimento, n° 293) lasciano quanto meno perplessi per l’interpretazione che viene data del pensiero politico dello stesso, non esattamente corrispondente alla realtà storica.
    In altre parole, senza nulla togliere alla grandezza di Ikeda, ma, anzi, per meglio farla risaltare, suggerirei di selezionare il materiale che di volta in volta giunge dal Giappone, privilegiando quello a carattere prettamente dottrinale. Mi chiedo, e pongo a voi questo interrogativo, se invece non ci sia l’obbligo, quanto meno morale, di pubblicare qualsiasi cosa venga trasmessa.
    Ringrazio per l’accoglienza che, mi auguro, vorrete riservare a queste riflessioni.
    Lucia Bregoli

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    Io tempero le matite

    Io questa mostra la volevo fare. Mi piaceva l’idea di portare nella mia città una mostra del genere. Io questa mostra la so fare. Potrei bendarmi e farla. Pensavo. Datemi un telefono e un computer e conquisterò il mondo.
    Poco prima che l’intera macchina partisse Andrea, un promotore della mostra La città dei diritti umani a Pesaro, mi disse: tu farai fotocopie. Anzi temperi le matite… perché sei pericolosa.
    Io pericolosa? Ma se passo le giornate a piangere e a disperarmi su tutto quello che non ho e anche che ho? Come posso essere pericolosa? Io?
    Ok, si parte. Per temperare le matite ci vuole una segretaria! Ecco, io sarò la segretaria della Mostra dei diritti umani di Pesaro. Io che ho fatto eventi da 180.000 persone! Io che ho fatto l’aerosol a Bono Vox, che ho fatto salire sul palco David Bowie, che ho seguito Renato Zero per tutta la penisola, io, io , io… una segretaria! Vabbè, lo faccio, anche perché diciamocelo… è un anno che non faccio salire sul palco proprio nessuno. Ed è questo che mi fa piangere di notte, di giorno, sempre… quasi mai davanti al Gohonzon perché io di avere il Gohonzon mi sono dimenticata. Gongyo perché bisogna farlo, Daimoku solo quando ho tempo.
    Rieccolo il mio demone! Mi guarda e mi urla: non ce la fai! Sei finita! Ti sei fatta il vuoto intorno. Fa anche qualche apprezzamento fisico: sei ingrassata, abbruttita e hai sempre le occhiaie.
    E io incasso. Butto giù. Io che non faccio mai parlare nessuno, con lui, il demone, non reagisco. Lo lascio parlare, in fondo ha ragione.
    Poi le esperienze, il Daimoku forzato del lunedì sera, della mattina alle sei con i bomboloni caldi, dei ritagli di tempo, quasi sempre il Daimoku degli altri.
    Arriva prima o poi, soprattutto dopo un anno e mezzo che progetti, il momento in cui guardi il calendario e ti accorgi che mancano due settimane. Se poi questa data corrisponde alla data del tuo ennesimo obbiettivo fallito, qualcosa succede. Succede che capisci che non hai cuore. Perché sei solo capace. Hai solo esperienza. Ma non hai cuore. Ti manca la pazienza. La passione di una volta. Ti mancano i sogni.
    Ed ecco che inizi a guardare il Gohonzon e capire che questa è la produzione più importante della mia vita. Quella che mi dà opportunità di far capire agli altri che TUTTI hanno una missione. Quella che parla di anima e sorrisi, non solo di impianti e palchi.
    È vero, sono una buona organizzatrice. Ma ora posso insegnare a me stessa e agli altri quanto è importante la voce, al telefono, con i professori, le maestre che ci chiamano… e imparo a lasciar parlare il cuore. Ora faccio Gongyo al mattino con gioia, recito pochi minuti di Daimoku in più ogni giorno.
    E alle sei del mattino insieme agli altri mangio i bomboloni caldi. E la sera quando ci si chiudono gli occhi per la stanchezza ci abbracciamo e ridiamo. Quante cose da fare ma che gioia!
    Poi arriva il 25 ottobre e io ho il cuore che batte forte.
    E realizzo che sono felice. Che non mi importa del palazzetto dello sport o dello stadio perché il Gohonzon, la mia vita, per me vuole molto di più. E nemmeno mi importa che non mi voglia più nessuno. Saprò rendermi indispensabile, come dice sensei. Ciò che conta è che la mia città si sia fermata a riflettere sui diritti umani.
    E così, il 9 novembre, mentre ancora qualcuno smonta la mostra suona il telefono.
    «Ciao Titti, bisognerebbe promuovere la data di Pesaro di Baglioni, ci pensi tu?»
    Ancora un palco, ancora un artista, ancora un camerino in cui recitare Daimoku. Ma ora mi sembra tutto diverso. E nessuno tempera le matite come me.
    Tiziana Angeramo

     

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