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Quel qualcosa in più - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:26

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    Quel qualcosa in più

    Simone scopre di essere un Budda così com’è e inizia ad apprezzare i suoi lati positivi e a conseguire risultati sia nello studio che nel lavoro

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    Simone scopre di essere un Budda così com’è e inizia ad apprezzare i suoi lati positivi e a conseguire risultati sia nello studio che nel lavoro

    Ho iniziato a praticare il Buddismo a Roma, mentre frequentavo l’ultimo an­no delle superiori. Non ero mai stato uno studente modello: i miei insegnanti, fin da piccolo, ripetevano sempre la stessa frase: «È intelligente ma non si applica», e una volta sono stato anche bocciato.
    Praticando correttamente, e studiando, sono riuscito a presentarmi alla maturità senza nemmeno un’insufficienza (cosa mai accaduta) prendendo il massimo dei voti all’orale. In seguito mi sono iscritto all’università scegliendo il corso di Lingue e letterature moderne, io che le lingue straniere non le avevo mai amate. Avevo fatto questa scelta perché ero convinto che non avendo frequentato il liceo classico non avrei potuto frequentare il corso di laurea in Lettere.
    Arrivato alla fine del secondo anno però mi sono arenato perché sostenere gli esami di lingua era quasi impossibile con la mia preparazione di base. Non mi sono scoraggiato e dopo un agosto passato recitando Daimoku e studiando molto, aprendo la “guida dello studente” mi sono accorto che tutti gli esami che avevo sostenuto fino a quel momento erano validi anche per il corso di laurea in Lettere e così ho deciso di cambiare indirizzo universitario. Volevo inoltre diventare indipendente, trovare un lavoro e lasciare la casa dei miei. Così feci, ma trovai solo lavori svilenti e l’università diventava sempre più pesante.
    Anche se mi stavo applicando, i miei voti hanno cominciato a calare drasticamente. Studiavo come un matto, lavoravo, mi pagavo l’affitto e le spese, ma non riuscivo a sentire il mio valore. Avrei voluto essere uno studente modello. Alla fine mi sono laureato comunque con 103/110 con una tesi su Gandhi. Mi sono iscritto alla laurea specialistica avendo ormai inquadrato il problema: «Se io sono un Budda così come sono, sarò anche uno studente-Budda così come sono!». Ho cominciato a seguire le lezioni sentendo che potevo essere solo lo studente che ero, senza fingere: facevo Daimoku, attività, cercavo di vedere i miei lati positivi nonostante tutto e studiavo per recuperare le lacune accumulate negli anni. In questo modo ho cominciato a prendere dei 30 agli esami, io che voti così alti non li avevo mai presi. Continuando ad apprezzare i miei sforzi ho trovato anche un bel lavoro, finalmente ben retribuito, e mi sono trasferito da Roma a Milano.
    Lavorare e vivere da solo non è stato semplice, ma avevo imparato la lezione. Quando, dopo una mattinata di lavoro mi mettevo sui libri, in quel momento stavo manifestando la Buddità e valorizzavo la mia vita, stavo facendo qualcosa in più, qualcosa che mi arricchiva oltre i voti che “bisogna” prendere. Che fatica e che lotta davanti al Gohonzon contro la mia tendenza a svalutarmi, contro l’impulso a non rispettare le scelte fatte, a non apprezzarmi in quanto studente! Oggi sono due anni che abito a Milano, ho un contratto a tempo indeterminato, ho dato tutti gli esami con voti altissimi (ho la media del 29) e mi accingo a scrivere la tesi.

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