Marco Renzetti, diciannove anni, vive a Roma e ha ricevuto il Gohonzon lo scorso aprile
Da quanto tempo pratichi il Buddismo?
Ho iniziato due anni fa, ma da quattro anni andavo saltuariamente alle riunioni con mia zia e non mi dispiaceva fare Daimoku. In realtà quando avevo dieci anni partecipai alla cerimonia di apertura del suo Gohonzon e rimasi molto colpito. Mi ha spinto a praticare il fatto che si pone l’accento sul potenziale infinito dentro di noi, a differenza di altre religioni. Con i buddisti mi sono sempre sentito a mio agio, nelle riunioni mi rilassavo, quando recitavo Daimoku ho sempre provato un senso di quiete.
Hai avuto difficoltà in famiglia prima di ricevere il Gohonzon?
Tante. La cosa principale è che ho riconosciuto che dipendeva dalla mia indecisione. Attraverso il Daimoku e lo studio del Buddismo ho eliminato tanti dubbi che si riflettevano nei miei genitori come rifiuto e antipatia verso la pratica. Quando ho aperto il Gohonzon a casa c’erano tutti, compresa mia nonna! Che ci fossero tutti i miei familiari era molto lontano dalle mie aspettative…
Vuoi raccontarci un’esperienza che ti ha colpito?
A maggio dell’anno scorso ho fatto un concorso per uno stage di genetica. Nei mesi precedenti non ho studiato perché avevo altri pensieri nella testa. A una settimana dal test non volevo più partecipare, ma la sera prima sono andato a zadankai. Si parlava degli obiettivi, l’importanza di realizzarli e di andare fino in fondo. Tornato a casa ho praticato e anche la mattina dopo ho fatto Daimoku con l’idea che tutto “ricomincia da ora”. A quel punto ero deciso e sono andato. Durante il test mi sono sfidato, volevo raggiungere il miglior risultato possibile. Cinque giorni dopo ho avuto la risposta, ma sentivo che avevo già vinto con l’aver partecipato.
Il giorno dei risultati ho scoperto che su ottocento partecipanti sono arrivato quarantacinquesimo, e primo a livello regionale! Ho potuto fare una settimana di stage in un laboratorio di genetica e fisiologia vegetale, che poi è diventato un tirocinio di quattro mesi e mi hanno affidato un progetto interno legato agli studi elaborati nel laboratorio.
Questa è una delle mie prime esperienze e forse la più bella della mia vita. È iniziata allo zadankai.
Mi ha arricchito sia dal punto di vista delle relazioni umane che dal punto di vista dello studio. È stata la mia prova concreta.
Riesci a parlare del Buddismo ai tuoi amici?
Assolutamente sì. Spesso non di mia iniziativa perché ho paura di essere invadente. Sono loro che mi chiedono informazioni… Alcuni sono venuti a zadankai e uno di loro ha iniziato a praticare. Sono pieno di gioia nel vederlo impegnato nella sua rivoluzione umana e questo è più forte dell’orgoglio di averlo convinto. È come veder brillare me stesso e il diamante che rappresento nella rete di Indra.