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Proposte di pace di Daisaku Ikeda: una finestra sul mondo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:51

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    Proposte di pace di Daisaku Ikeda: una finestra sul mondo

    La proposta di pace di Daisaku Ikeda è un appuntamento fisso per i membri della Soka Gakkai. I suoi contenuti donano forma e concretezza alla realtà di ogni giorno che si evolve rapidamente a livello sociale, economico e ambientale, proponendo allo stesso tempo nuovi approcci a vecchie tematiche

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    La proposta di pace di Daisaku Ikeda è un appuntamento fisso per i membri della Soka Gakkai. I suoi contenuti donano forma e concretezza alla realtà di ogni giorno che si evolve rapidamente a livello sociale, economico e ambientale, proponendo allo stesso tempo nuovi approcci a vecchie tematiche

    Tra il 31 dicembre e il primo gennaio di ogni anno intercorrono solo pochissimi istanti. Eppure si nomina gennaio e si pensa ai buoni propositi, ai nuovi obiettivi e al desiderio che la qualità della propria vita migliori in quanti più aspetti possibili. Ogni anno a gennaio, nel giorno della fondazione della Soka Gakkai Internazionale (avvenuta a Guam il 26 gennaio 1975), il presidente della Soka Gakkai Internazionale Daisaku Ikeda invia una proposta di pace all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ogni anno da trent’anni. Mentre scriviamo, la trentunesima edizione sarà già stata pubblicata e in molti aspettano di poter leggere questa “finestra” sulla società per capire meglio il mondo che li circonda, la realtà che vivono e magari poter cambiare qualcosa. In meglio. Le proposte di pace del presidente Ikeda non hanno niente a che vedere con astratte considerazioni su come dovrebbero andare le cose e tanto meno si esauriscono su questioni spirituali o dottrinali specifiche del Buddismo. Questi testi parlano dei tempi che viviamo, della realtà sociale, economica, politica e ambientale di oggi, facendo un’attenta analisi dell’incoerenza tra il mondo che si vorrebbe e le cause che invece si pongono. Leggere una proposta di pace di questo genere è un po’ come cercare “voi siete qui” su un mappamondo, ricordandosi che siamo piccoli, ma tanti, e che insieme si può cambiare qualcosa. A dicembre scorso è uscita una raccolta in inglese e giapponese di estratti delle proposte raggruppate per tematiche e soggetti dal titolo Un forum per la pace: proposte di Daisaku Ikeda all’ONU per commemorare la trentesima edizione (1983-2013). In attesa di poterla sfogliare anche in italiano pubblichiamo alcuni estratti di quelle degli ultimi anni.

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    Leggere la storia attraverso le proposte

    Sul numero 164 di Buddismo e Società sarà pubblicata la proposta di pace del 2014; nell’attesa di questa chiave di lettura dei fatti dell’anno appena trascorso presentiamo alcuni estratti delle proposte dal 2010 al 2013

    2010
    Nel pieno di una crisi economica diventata ormai mondiale, Daisaku Ikeda riflette sull’urgenza di recuperare valori umani autentici e senso del presente:
    «Emmanuel Todd, noto politologo francese, spiega così “il culmine logico” della globalizzazione incentrata sulla finanza: “Desiderando ‘liberare l’individuo’ dalle costrizioni del collettivo, è riuscita soltanto a creare individui mediocri che, in preda al terrore, si rifugiano nel culto e nell’accumulo del denaro”. […] Perfino gli aspetti negativi della globalizzazione, come la povertà o la disparità di reddito, vengono affrontati unicamente in termini di valori monetari, rendendo sterile e priva di anima qualsiasi discussione su questi temi. Dobbiamo renderci conto che il sistema di valori basato sulla capacità economica come unico metro di giudizio del valore umano non è altro che il sistema di valori degli individui mediocri descritti da Todd, e può addirittura rappresentare l’assenza assoluta di qualsiasi valore […]. Sono rimasto colpito da un’affermazione fatta dal critico letterario giapponese Shozo Kajima in una recente intervista: “Solo il qui e ora è la vera realtà. […] Dobbiamo appassionarci al qui e ora. Se una persona è invecchiata nei sentimenti è già vecchia, qualunque sia la sua età”. Invece di affannarci a cercare la ricchezza materiale e la felicità all’esterno, Kajima ci esorta a “risvegliarci alla ricchezza delle capacità che possediamo dentro di noi e che non sappiamo di avere”. L’espressione “qui e ora” mi fa venire in mente il proverbio “scava sotto i tuoi piedi e vi troverai una sorgente” e l’affermazione di Einstein: “La mia eternità è adesso. Ho un solo interesse: realizzare il mio scopo qui dove sono”. […] Il qui e ora è il fondamento e il cardine, l’alfa e l’omega di tutti gli aspetti dell’attività umana. Se non rimaniamo saldamente ancorati a questo principio e ci basiamo su un mondo virtuale, finiamo per diventare schiavi di quelle tecnologie che noi stessi abbiamo creato, oscillando in modo incontrollato fra l’euforia scatenata dalla bolla economica e la disperazione provocata dal panico finanziario. La realtà sarà corrosa e distrutta dal suo equivalente virtuale. La funzione autentica della religione è aiutare le persone a ritornare nella realtà del qui e ora, realizzando la necessaria correzione di rotta di una civiltà fuori controllo».

    2011
    In un mondo in cui si viene travolti dalle informazioni, Ikeda parla dell’importanza di non intrappolare e farsi intrappolare dalle parole: «Bergson diffidava di quella fiducia disinvolta e avventata nelle parole che ha causato la svalutazione e il degrado del linguaggio a cui assistiamo oggi: “La mia iniziazione al vero metodo filosofico ha avuto inizio nel momento in cui ho buttato a mare le soluzioni verbali, quando ho trovato nella vita interiore un importante campo di sperimentazione”.
    «Tale dichiarazione richiama il concetto buddista di muki, che si riferisce al risonante silenzio che il Budda mantenne sulle questioni metafisiche astratte. […] Per Bergson il campo di sperimentazione, o la realtà vera, è “mobile, o piuttosto è movimento”. Il flusso del cambiamento incessante che caratterizza la vita creativa prosegue senza fine o pausa. Per percepire quel movimento è essenziale mantenere ciò che il critico letterario giapponese Hideo Kobayashi (1902-82) definì «agilità dello spirito», che ci permette di “esercitare prudenza quando si tratta di usare parole conosciute per descrivere ciò che non si conosce”. Kobayashi conosceva profondamente la filosofia di Bergson e, quando ci incontrammo nel 1971, ne discutemmo ampiamente.
    «Le parole spesso interrompono il flusso del cambiamento continuo, imponendo rigidità e portandoci a confondere quelle che sono “semplici istantanee prese sul cambiamento” con l’esistenza stessa. Questa tendenza a fraintendere il tempo come se avesse le stesse caratteristiche dello spazio è il bersaglio della critica di Bergson. […] Quando delle realtà fluide vengono immobilizzate nel linguaggio si arriva alla doppia trappola della presunzione e della credulità, entrambe terreno fertile per l’apatia intellettuale, lo stereotipo, il pregiudizio e il dogma. E ciò può indurre le persone a conclusioni superficiali, debolezza spirituale e indolenza. […] Molti anni fa, incontrando degli studenti, feci notare che il pensiero ideologico implica sempre un certo grado di categorizzazione rigida. Al contrario, la filosofia buddista della Soka Gakkai non richiede uniformità ma si concentra sulla comprensione delle reali condizioni dei tempi per poi estrapolare le scelte migliori. La rigida categorizzazione è sinonimo di stereotipizzazione, del voler considerare statico ciò che è mobile» (BS, 146, 8).

    2012
    Nel marzo precedente uno tsunami dalla violenza imprevedibile colpisce le coste giapponesi. Nella catastrofe migliaia di persone muoiono e altrettante perdono tutto. Il presidente Ikeda riflette su come l’identità individuale possa sopravvivere a queste tragedie grazie ancora una volta ai legami umani:
    «Secondo la prospettiva della sicurezza umana, quando le persone vivono crisi ripetute e disastri imprevedibili che le fanno soccombere – come la povertà estrema, le malattie, l’indebitamento oppure sconvolgimenti o disastri che riguardano tutta la società – ci dovrebbero essere delle mani pronte ad afferrarle. Una casa è ben più di un semplice contenitore dei processi della vita; in essa è iscritta la storia della famiglia, ed è piena delle emozioni e delle sensazioni della vita di tutti i giorni. Racchiude quel particolare tipo di tempo che collega il passato al presente e il presente al futuro; la sua perdita crea una frattura nella storia della nostra vita. Quando poi a essere devastate sono intere comunità, […] vengono recise in un istante le connessioni tra le persone e i luoghi. L’intensità di questa perdita cresce proporzionalmente al nostro amore e al nostro attaccamento alla comunità. […] Per questa ragione credo che sia di tutti noi la responsabilità di sostenere le persone nella ricostruzione della loro vita aiutandole a riacquisire un senso di speranza e soprattutto se sono state costrette a cambiare residenza o lavoro, a scoprire nuovi luoghi dove ritrovare un senso di appartenenza. […] Nelle scorse proposte avevo cercato di affrontare il tema delle distorsioni della società globale che hanno creato queste “disparità di vita” e “disparità di dignità”. Mi riferisco all’inaccettabile diseguaglianza nel valore accordato alla vita e alla dignità degli esseri umani meramente in base alla società in cui sono nati o alle circostanze in cui sono cresciuti (BS, 152, 7).

    2013
    La società è immersa in una crisi d’identità: il consumismo non è più un rifugio percorribile per milioni di persone. La solidarietà torna alla ribalta e la diversità acquista valore:
    «La principale speranza di armonia nel nostro tormentato mondo risiede semmai nella pluralità delle nostre identità, che si intrecciano l’una con l’altra e sono refrattarie a divisioni drastiche lungo linee di confine invalicabili a cui non si può opporre resistenza. Naturalmente i membri di qualunque gruppo etnico o tradizione religiosa non rappresentano un corpo unico nella loro identità: gli ambienti in cui sono cresciuti, le loro occupazioni e i loro interessi come singoli individui sono diversi, come lo sono le loro convinzioni e i modi di vivere. È grazie a questa diversità di identità che, pur sussistendo differenze concrete di etnia o religione, è sempre possibile trovare nello scambio umano da persona a persona punti di confluenza e risonanze reciproche. […] Ciò può permetterci di superare le “linee di confine invalicabili” e stabilire molteplici legami stratificati di empatia e amicizia» (BS, 158, 18).

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