Ho cominciato a praticare il Buddismo nel novembre del 1989, quando è caduto il muro di Berlino ed anch’io, dopo mesi di insistenze da parte di un’amica, ho fatto cadere il mio muro interiore di paura che mi impediva di affidarmi alla Legge mistica.
Sono la seconda di cinque figli; la più grande ha 52 anni e la più piccola 36. Ognuno di noi vive solo, da “single”. I miei genitori erano molto violenti, soprattutto mio padre, litigavano giorno e notte, e inoltre mia madre beveva molto. Così noi bambini maturammo l’idea che la vita di coppia fosse solo una sofferenza senza scampo.
Dopo pochi mesi di pratica, all’età di 35 anni, ho sentito che avevo trovato qualcosa di infinitamente grande, che tutto dipendeva da me e mi sono buttata a capofitto nell’attività. Ho conosciuto un ragazzo austriaco di cui mi sono innamorata ed ho cominciato a frequentare anche la Soka Gakkai austriaca, grazie alla quale ho incontrato tante persone di tutta Europa con molta esperienza di pratica, che mi hanno aiutato nei primi passi nella fede.
Il più grande beneficio è stato liberarmi dall’odio che provavo per i miei genitori e dagli incubi che avevo fin da piccola, pieni d’angoscia e risentimento soprattutto nei confronti di mia madre. Ho cominciato a comprendere la sofferenza dei miei genitori e a provare gratitudine per le cose positive, in particolare per avermi messa al mondo.
C’erano due desideri che coltivavo sin dall’inizio della pratica: il primo era che la Soka Gakkai italiana si impegnasse attivamente nel campo dei diritti umani; l’altro era viaggiare per il mondo e riuscire a fare un’esperienza lavorativa all’estero.
Ho cominciato a partecipare all’attività degli educatori nel 1994 e da allora la mia vita professionale ha fatto molti passi avanti: nel 2001 sono riuscita a pubblicare un libro sui diritti umani, quattro anni fa sono diventata formatrice dei futuri insegnanti di diritto ed economia nella scuola di specializzazione post-universitaria, sono stata tutor on-line di tre corsi universitari e ho introdotto l’insegnamento dei Diritti umani nelle quattro scuole dove sono stata negli ultimi anni.
Dopo due anni di pratica, nel 1992, ero arrivata terza in un concorso per insegnare nelle scuole italiane all’estero ma non mi avevano mai chiamata. Al Ministero degli Affari Esteri mi ripetevano sempre che non esistevano cattedre di Diritto ed Economia nelle scuole italiane all’estero e che i concorsi vengono banditi per tutte le discipline, indipendentemente dal fatto che ci siano posti o meno.
Verso la fine del ’99, iniziò una fase di grande sofferenza, che aumentava di mese in mese e durò quasi due anni. Mi ponevo continui interrogativi sul senso di quello che facevo, dubitavo di potermi adeguare ad un modo di fare attività che ritenevo assai distante dalla compassione buddista e spesso pensavo di lasciare la responsabilità di capitolo. Il senso di pesantezza era sempre più profondo, mi sembrava una vita inutile, svuotata di significato. L’unica convinzione assoluta che mi rimaneva era quella della morte. Per fortuna, nonostante la sfiducia e i dubbi, ho continuato a praticare e a studiare il Buddismo regolarmente. In un saggio che ho letto e riletto, Ikeda afferma: «Possiamo affermare che in un mondo spesso assurdo e pieno di contraddizioni si può ottenere uno stato vitale pienamente risvegliato soltanto attraverso un processo continuo e doloroso di dubbio e riflessione, che utilizza appieno le risorse della conoscenza, dell’emozione e della volontà.»
Nonostante questo mio generico senso di sfiducia, lo scorso aprile decisi di partecipare ad un nuovo concorso per insegnare all’estero. Sapevo che non c’era alcuna possibilità di partire ma, avevo sentito spiegare ai corsi buddisti che se abbiamo anche una sola possibilità su un miliardo di realizzare un certo obiettivo dobbiamo agire. Da anni leggevo una frase di Ikeda: «Se ciò per cui pregate è davvero per il vostro bene, la realizzazione del vostro desiderio vi renderà anche persone migliori, e non c’è dubbio che una realizzazione ci sarà, ma non pensate che debba necessariamente essere immediata».
Lo scorso novembre ho partecipato alle attività per il 72° anniversario della Soka Gakkai. In quell’occasione ho recitato per conseguire una grande prova concreta che mi impedisse di allontanarmi dalla pratica e mi facesse sperimentare nuovamente la gioia dei primi anni. E cos’è successo? Qualcosa che non mi sarei mai aspettata: sono arrivata prima al concorso per l’estero e “misticamente” è stata istituita una cattedra di Diritto ed Economia ad Addis Abeba, in Etiopia, il quarto paese più povero del mondo, dove andrò ad insegnare in un Istituto tecnico frequentato in maggioranza dalla popolazione locale. Sento che sarà una sfida alla mia paura, ma anche un’occasione concreta per creare valore.
Roberta Faggian,
insegna Diritto ed Economia alle scuole superiori