Ho incontrato il Buddismo per la prima volta grazie a due amici di famiglia: in quell’occasione fu messo un seme prezioso nella mia vita che sarebbe sbocciato qualche anno dopo con la decisione di ricevere il Gohonzon.
Oggi, grazie alla pratica buddista, da giovane incapace di relazionarmi con i miei coetanei, vittima di bullismo per la mia omosessualità e il sovrappeso, costantemente pronto a giudicare e a sentirmi giudicato, sono diventato un giovane in grado di sostenere tanti altri giovani, senza paura nelle relazioni umane e senza quei 20 kg in più di peso e di sofferenza addosso!
Dall’età di quattordici anni avevo iniziato ad avere relazioni con ragazzi, dapprima miei coetanei, compagni di scuola. Crescendo iniziai a cercare uomini più grandi, entrai nel mondo delle chat, poi dei locali notturni. Quando avevo diciannove anni i miei genitori scoprirono in modo piuttosto traumatico la mia natura omosessuale. Quel giorno mi sembrò di assistere al mio funerale da vivo: mia madre in lacrime sul divano e mio padre impietrito, che con lo sguardo fisso riuscì solo a predirmi che la mia vita sarebbe finita “nel baratro”. Fu terribile e mortificante, anche perché ero consapevole di aver intrapreso la strada sbagliata nelle mie relazioni: la notte ero spesso in discoteca nelle vesti di una spudorata drag queen, mentre di giorno studiavo infermieristica.
Il caos era la mia zona di comfort, la promiscuità e l’ostentazione erano lo scudo per non osservare il mio cuore. Da quel momento, in casa, non si fece più cenno al mio orientamento sessuale; la mia vita non interessava più, faceva paura a tutti, forse anche a me stesso.
Poi incontrai Marco, con il quale porto avanti un rapporto da oltre quindici anni, tra tante difficoltà e tanto amore. Mi laureai e iniziai a lavorare come infermiere, anche se riuscivo a tenere a bada le mie tendenze distruttive con fatica.
Una notte fui vittima di un atto omofobo da parte del fidanzato di mia sorella che squarciò le quattro ruote della mia auto e con lo stesso coltello scrisse “GAY” sul cofano, di fronte al portone della casa in cui abitavo e sono cresciuto, la casa dei miei nonni. Non dissi nulla a mio padre per non creare fratture familiari e denunciai il fatto “contro ignoti”. Ero debole e impaurito. Stavo vivendo anche un forte disagio lavorativo e mi sentivo senza vie d’uscita.
In quei giorni mi capitava di incontrare buddisti in ogni luogo che frequentavo. Io non volevo più tirarmi indietro. Così iniziai a praticare il Buddismo e a frequentare le riunioni della Soka Gakkai.
Dopo aver ricevuto il Gohonzon provai a parlarne con mio padre ma non reagì bene… E così, per anni, non si parlò più neppure di questo.
Nel frattempo anche Marco divenne membro della Soka Gakkai e proseguimmo la nostra relazione basandoci sui princìpi del Buddismo.
Per i miei genitori era una persona a cui voler bene e da accogliere in famiglia, ma era sempre “l’amico di Valerio”, e per me ogni volta era un colpo al cuore.
In questi anni ho recitato sempre molto Daimoku, ho fatto tanta attività nella Soka Gakkai, ho accompagnato cinque amici a ricevere il Gohonzon e ho basato tutto sugli insegnamenti di Sensei.
Tutti questi sforzi mi hanno portato a brillare sul posto di lavoro, un ospedale del Vaticano, e a essere amato e rispettato da tutti.
Ma perché non poteva accadere anche in famiglia?
Per affrontare definitivamente questo aspetto del mio karma, con molto coraggio io e Marco abbiamo deciso di sposarci. È stata l’esperienza di fede più incredibile della mia vita.
Non volevo mettere a disagio i miei genitori, ma volevo realizzare la mia vittoria fino in fondo, senza scuse e senza compromessi. A settembre scrissi loro una lettera: li ringraziai del loro affetto e comunicai che a giugno ci saremmo sposati. Grazie al Daimoku sentii emergere in me un’empatia e una gratitudine inaspettate; affermai che ero consapevole della loro difficoltà ad accogliere la nostra decisione e che, comunque, un posto in prima fila per loro ci sarebbe stato.
Dopo questa notizia sparirono per settimane e quando ricomparvero non vi fecero il minimo cenno. Così passò l’inverno, e anche la primavera. Organizzavo il matrimonio senza sapere se avrebbero partecipato.
Nel corso di questi anni ho fatto tanta attività nel Gruppo futuro, sostenendo i ragazzi delle scuole medie e superiori. Si tratta di un tesoro prezioso che porterò sempre con me. Dalle guide del maestro Ikeda per i Futuro ho imparato che per trasformare la relazione con i miei genitori dovevo riaccendere la convinzione nel mio cuore e recitare Daimoku per provare una profonda gratitudine nei loro confronti. Così iniziai a sforzarmi di porre cause nuove, cause di amore e di rispetto, esattamente ciò che desideravo ricevere da loro.
Si avvicinava la data del matrimonio e non avevo notizie. A maggio mi sfidai in un’attività in cui avrei approfondito proprio il tema della “famiglia armoniosa” e, con tanto Daimoku, affidandomi completamente al Gohonzon, misi l’obiettivo di trasformare quella situazione.
Fu così che un giorno mia madre mi chiamò per dirmi che non sarebbe mai mancata al mio matrimonio, che era molto orgogliosa dell’uomo che ero diventato e che anche mio padre lo era. Con lui c’era ancora una distanza da colmare, ma sapevo come fare: basare tutto sulla preghiera desiderando sinceramente una svolta. E una mattina di inizio giugno ho ricevuto una sua telefonata in cui mi diceva che non sarebbe mai mancato al nostro matrimonio!
Così il 22 giugno 2022, con i miei genitori in prima fila, abbiamo festeggiato la nostra unione con la decisione di rinascere insieme vita dopo vita. Per noi è stata l’occasione per celebrare le nostre vittorie come discepoli di Sensei.

Nel frattempo siamo rientrati nel programma di formazione dell’affido familiare del nostro comune come prima coppia gay. Inoltre sono stato il primo dipendente del Vaticano a richiedere e ottenere il permesso matrimoniale per un’unione civile, e alcuni miei colleghi, ispirati dal mio esempio, hanno trovato il coraggio di manifestare liberamente la loro vera natura sul posto di lavoro e nella vita.
Concludo con una frase di Sensei che mi ha sempre incoraggiato:
«Sii semplicemente te stesso. Tutto ciò che devi fare è continuare a recitare Nam-myoho-renge-kyo e avanzare in libertà, fedele a te stesso. Questo è quanto spiega il principio buddista di rivelare la propria natura intrinseca» (BS, 176)
