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Per ricercare la fede ci vuole coraggio - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 08:08

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    Per ricercare la fede ci vuole coraggio

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    In un celebre film il protagonista si trova ad attraversare un canyon profondo centinaia di metri per raggiungere il Santo Graal dall’altra parte. Per superare l’ostacolo deve decifrare la frase «Solo chi ha fede può passare». E lui di fede non ne ha! Trema di paura ma si “affida” pur non credendo: muove un passo verso il nulla, a occhi chiusi, e misteriosamente, cammina nel vuoto senza cadere! L’eroe getta una manciata di sassolini a terra e il “vuoto” si rivela essere sotto ai suoi piedi un semplice sentiero di vetro!
    Avere fede non significa confidare nella magia, ma affidarsi, avere il coraggio di andare avanti nonostante l’apparenza e svelare così le soluzioni nascoste agli occhi di chi non ha la fiducia di avanzare. Chi si ferma, chi perde il coraggio di andare avanti, perde anche la cosa più importante, la fede, la cosa che permette di concretizzare le nostre aspirazioni più profonde.
    Praticare significa mantenere aperto il collegamento con la sorgente universale dell’energia, che è in perenne mutamento: e non si può farlo da fermi, sarebbe come pretendere di salire su un treno in corsa stando seduti su una panchina. Muoversi interiormente, rimettersi in gioco è l’unico modo che abbiamo per viaggiare di pari passo con la nostra stessa vita.
    La fede del Buddismo non promette miracoli. All’inizio della pratica riceviamo dei benefici visibili che ci aiutano a continuare, ma in seguito si manifestano proporzionalmente al nostro avanzamento nella ricerca personale. Il nostro scopo come buddisti è la rivoluzione umana. La parola rivoluzione è dinamica e significa “cambiamento completo, duraturo e profondo”. Avere coraggio nella fede significa questo, anche dopo decenni di pratica: fare Gongyo, scovare obiettivi chiari, di quelli che fanno battere il cuore e recitare per realizzarli. L’insorgere del “terremoto” vitale della fede è immediato, ma non deve spaventare, come ammonisce Nichiren Daishonin: «Sviluppa sempre di più la tua fede fino all’ultimo istante, altrimenti avrai dei rimpianti. Per esempio, il viaggio da Kamakura a Kyoto dura dodici giorni: se viaggi per undici giorni e ti fermi quando ne manca uno solo, come puoi ammirare la luna sopra la capitale?» (Lettera a Niike, SND, 4, 209). Parte la sfida: continuare il viaggio e reiterare instancabilmente gli obiettivi nonostante gli ostacoli, con passione, costruendo giorno dopo giorno, Gongyo dopo Gongyo, lustro dopo lustro, tutta la fiducia che serve per arrivare fino in fondo, senza fermarsi mai.

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    «Come chiedi cibo quando hai fame e cerchi acqua quando hai sete, come desideri vedere la persona amata, implori una medicina quando sei ammalato o come una bella donna desidera cipria e rossetto, allo stesso modo devi riporre fede nel Sutra del loto. Se non lo fai, in futuro avrai dei rimpianti»
    (Persecuzione con spade e bastoni, SND, 5, 228)

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    La testimonianza

    Vent’anni di Daimoku

    Sembra ieri che qualcuno ti ha parlato di Buddismo per la prima volta. Da quel giorno, sono passati già più di vent’anni. Se poi in famiglia sono in tre a praticare, quanto Daimoku è passato nella vita di Aldo, Vittoria e Titti Filippi?
    Se fosse un semplice calcolo matematico, non basterebbe un foglio intero per scrivere le ore, i giorni, gli anni. Nel Buddismo la matematica si misura con la vita. Con la vita com’era e con la vita come è: per differenze e confronti. Quella della famiglia Filippi comincia a Roma, ora prosegue a Genova. Con quale fede, dopo oltre vent’anni di pratica?
    Vittoria: «Ho acquisito consapevolezza del potere che è dentro di me. Percepisco che tutto è dentro di noi ed è diminuita la lotta tra quello che ero e quello che volevo diventare. In questo lungo percorso, ho avuto la fortuna di avere al mio fianco tante persone il cui sostegno si è sempre rivelato prezioso. Per il futuro? Tenere sempre vivo il desiderio di alimentare, in ogni momento, lo spirito di ricerca».
    Aldo: «Oggi vivo il mio rapporto con la pratica con grande senso di libertà. Ho percepito fino in fondo il significato del diritto di fare Gongyo e Daimoku e quanto questo migliori la nostra vita, come spiega spesso sensei. Ecco, per me la pratica non è più un dovere che, a volte, sfociava in abitudine. Mi ritrovo a praticare, dopo vent’anni, con una profonda fede e con la convinzione di poter affrontare ogni cosa, consapevole dei grandi benefici ricevuti».
    Titti: «Dopo ventitré anni di Buddismo, sento forte il desiderio di voler trasmettere tutta la ricchezza che la mia vita ha accumulato in questi anni. Non ho mai pensato un giorno, un’ora, un attimo di smettere. Non ho mai smesso di fare shakubuku. Ogni cosa si paventasse all’orizzonte ho sempre cercato di affrontarla basandomi sulla legge di causa ed effetto. Così, se qualcosa non funziona è perché non funziono io. Auguro a chiunque legga queste righe di non smettere mai di praticare e di poter godere appieno di questa meravigliosa Legge».
    a cura di Alessandro De Falco

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    «Ciò che chiamiamo fede non è niente di straordinario. Come una donna ama il marito, come un uomo dà la vita per sua moglie, come i genitori non abbandonano i figli o come un figlio rifiuta di lasciare la madre, così aver fede significa riporre fiducia nel Sutra del Loto, in Shakyamuni e Taho, nei Budda e bodhisattva delle dieci direzioni, negli dèi benevolenti e recitare Nam-myoho-renge-kyo»
    (Il significato della fede, SND, 7, 209)

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    Allenare la Fede

    Una prova dopo l’altra

    «Rafforza costantemente la tua fede». Con questa frase tratta dal Gosho Il vero aspetto di tutti i fenomeni, Nichiren Daishonin dà una chiara idea della dinamica dell’esistenza. Tutto è sottoposto a un costante flusso di trasformazione e di rinnovamento e non esiste niente di stabile e di irreversibile. Neanche la fede sfugge a questa verità. La frase di Nichiren fornisce anche un suggerimento: “rafforza costantemente” indica infatti un costante allenamento.
    Come ci si allena nella fede? La ricerca della prova concreta suggerisce di trasformare in esperienza di fede ogni desiderio, obiettivo o sofferenza che la vita presenti. L’allenamento consiste quindi nell’abituarsi ad affrontare ogni situazione davanti al Gohonzon, mettendo il Daimoku sempre al centro di ogni vicenda, ringraziando per le cose belle e determinando di approfondire e crescere nei momenti brutti.
    Si può scoprire così che ogni cosa, vissuta con il Gohonzon, diventa unica e preziosa e che è possibile creare un’infinita successione di esperienze grandi e piccole, stabilendo una solida relazione con il Gohonzon e costruendo una naturale tendenza ad affidarvisi in qualunque circostanza, anche – se non soprattutto – nei momenti più bui. Quando sembra infatti che dal profondo della vita possa affiorare soltanto l’oscurità del dubbio, emergerà invece il desiderio di cercare il Gohonzon, di aprire ancora una volta il cuore e di superare un’altra prova che si trasformerà anch’essa in fede in un fluire continuo e naturale.
    Paolo P­ieraccioli

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    «La tua fede nel passato è stata sincera, ma ora devi avere una fede ancora più forte di prima. Allora riceverai una protezione sempre maggiore da parte delle dieci divinità»
    (La supremazia della Legge, SND, 5, 156)

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    La fede all’inizio

    Un fresco desiderio di sperimentare

    Noi che pratichiamo da poco tempo ci poniamo davanti al Gohonzon con il desiderio sincero di sperimentare quali effetti può avere nella nostra vita la recitazione del Daimoku. Non avendo ancora vissuto grandi esperienze di fede, stiamo facendo una cosa di cui non conosciamo bene il significato, la nostra fede è racchiusa essenzialmente nell’esatto istante in cui recitiamo.
    Non abbiamo ancora acquisito quella certezza chiara e assoluta se ciò serva o meno, eppure ci sediamo e recitiamo con desiderio puro e grandi aspettative nel cuore: questa azione è in sé piena di fede. Non a caso spesso capita che riusciamo a realizzare velocemente grandi obiettivi. Anche dopo il primo periodo, continuando a vivere la pratica con questo spirito vincente, puro e ingenuo riusciremo a incarnare la fede più profonda. Coltiviamo questo atteggiamento con lo studio e la ricerca personale: lavoriamo affinché ogni istante di vita sia ricondotto al Gohonzon.
    Luisa Giorgi

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    Un principio buddista

    Nessun dubbio significa fede (mugi wasshin)

    Mu = non avere
    gi = dubbi
    wa = asserire, significato profondo
    shin = fede

    Gli insegnamenti di Nichiren Daishonin non richiedono una fede cieca e assoluta. Per accrescere la nostra convinzione è necessario sperimentare quotidianamente il potere del Gohonzon. È grazie alla prova concreta che la nostra fede diventa sempre più pura liberandoci dai dubbi. Metterci degli obiettivi diventa così un meraviglioso processo senza fine e, mentre realizziamo i nostri desideri sia spirituali che materiali, diventiamo sempre più certi dell’esistenza della natura di Budda insita nella nostra vita. Questo cammino sarà costellato a volte di incertezze, a volte di perplessità ma come incoraggia il Daishonin: «Se non fai domande e non risolvi i tuoi dubbi, non puoi disperdere le oscure nuvole dell’illusione così come non potresti percorrere mille miglia senza gambe» (Lettera a Niike, SND, 4, 253). I modi per risolvere i nostri dubbi sono molti: studiare il Gosho e i princìpi fondamentali, chiedere un consiglio sulla fede, continuare a fare domande finché non siamo soddisfatti, recitare Gongyo e Daimoku con rinnovata determinazione e unitamente alla preghiera fare le azioni appropriate per realizzare quel determinato scopo. Questo costante spirito di ricerca porta a vivere una vita gioiosa e profondamente appagata.
    Manola Fiorini

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    Fede e Vita quotidiana

    È il comportamento che fa la differenza

    «Nessuna cosa che riguardi la vita o il lavoro è in qualche modo diversa dalla realtà fondamentale» (SND, 4, 287).
    Questa frase del Daishonin spiega molto chiaramente che non esiste Buddismo separato dalla vita quotidiana: è solo nella vita reale, affrontando le difficoltà concrete che essa ci presenta che si può verificare il potere della pratica buddista.
    La fede (il cuore sincero che desidera credere) ci mette in grado di sviluppare la saggezza necessaria alle azioni da compiere lungo il cammino nel lavoro, nello studio, nelle relazioni, in tutto ciò che la vita quotidiana richiede. Ad esempio, se si è malati ci si cura o, meglio ancora, ci si prende cura della propria salute evitando di ammalarsi e così via.
    Per quanto si possa dichiarare la propria convinzione, dedicare ore ed ore alla pratica o essere campioni nell’attività buddista, è il comportamento nella vita di tutti i giorni l’unico vero rivelatore del proprio livello di fede.
    Nel Gosho è scritto: «Considera il servizio al tuo signore come la pratica del Sutra del Loto» (SND, 5. 164): quando possiamo vivere ogni attimo della nostra vita con lo stato vitale del Budda, come se stessimo recitando Daimoku, stiamo manifestando una fede pura.
    Marinella Giangreco

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    Sempre pronta a ripartire

    Intervista a
    Valentina Nannini, responsabile nazionale della Divisione giovani donne.

    Si può iniziare senza credere?
    All’inizio della pratica è del tutto normale mancare di fede nel Buddismo di Nichiren, ma dovrebbe essere del tutto naturale fidarsi di coloro che ce ne parlano e ci invitano a mettere in pratica alcuni princìpi. Già questa prima azione è un atto di fede che ci permette di aprire la strada a una fiducia propria e sperimentare così concretamente il potere del Daimoku nella nostra vita, perché è solo sperimentando che possiamo cominciare e poi continuare a credere.

    Come si è evoluta la tua fede nel tempo?
    In un nuovo approccio alla vita. Se prima un problema mi risvegliava angoscia e ansia e solo alla fine mi suscitava il desiderio di recitare Daimoku, ora mi porta direttamente al Daimoku e a un immediato ottimismo che mi fa vedere nel problema stesso l’occasione per un nuovo cambiamento interiore. Oggi riesco a gioire nelle difficoltà più dure, trovando in esse aspetti piacevolmente divertenti. Guardo la vita con la totale libertà di chi può decidere in ogni momento la direzione da prendere.

    Come fai per mantenerla?
    Per quanto mi riguarda, le difficoltà e i grandi obiettivi sono un grande espediente per mantenere una fede allenata. Poi sicuramente la fortuna di fare attività con tante persone, avere la possibilità di confrontarsi costantemente permette di mantenere la vita aperta e pronta a nuovi cambiamenti. Infine in ogni momento cruciale, trovare sempre le risposte nelle parole di sensei e di Nichiren. Questo mi ha permesso ogni volta di essere pronta a mettermi in discussione e ripartire sempre da questo momento in poi.

    Fidarsi del Gohonzon è fidarsi di se stessi. Cosa ci impedisce di credere che ce la possiamo fare?
    Non credere che, così come siamo, siamo dei Budda perfettamente dotati di tutto il potenziale che ci occorre per realizzare ogni aspetto della vita. Fortunatamente, e non a caso, Nichiren ha iscritto Nam-myoho-renge-kyo al centro del Gohonzon. Così tutte le volte che perdiamo di vista la nostra vera natura, e il nostro grande potenziale possiamo tornare lì davanti e dire: «Già, ma la mia vita è al centro, e la sofferenza è un aspetto di essa e non la vita stessa». Riconosciuto ciò, decidere ancora una volta che possiamo sperimentare subito questa assoluta felicità, non domani, non quando saremo cambiati, non quando avremo detto o fatto certe cose, ma adesso e soprattutto così come siamo.

    Un consiglio per affidarsi completamente al Gohonzon?
    Che bella domanda… mi sta accompagnando da un po’ di tempo ormai… Semplicemente mi viene da dire: manifestare e desiderare, dichiarando con ogni preghiera ciò che vogliamo realizzare davanti al Gohonzon. Poi non pensarci più, e questa è la cosa più difficile. Dovremmo fidarci di Nichiren quando dice: «Nessuna preghiera rimarrà senza risposta» e preoccuparci unicamente di alimentare un alto stato vitale per dominare il “cavallo pazzo” della nostra mente. Credo che la chiave risieda proprio nella semplicità, nella capacità di sorridere alla vita in mezzo alle difficoltà con leggerezza.

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