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Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:50

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Per capire meglio

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La difficoltà di avere la “stessa mente” del Budda
Alla domanda: «Nonostante mi sia sforzata e veda anche qualche buon cambiamento, stento a sentire la stessa mente (doshin) del Budda, del maestro» Franco Malusardi, vice direttore generale, ha risposto che se itai doshin è la chiave per realizzare kosen-rufu, possiamo dire che doshin è l’elemento fondamentale della pratica buddista, quindi il nostro vero problema.
La più grande delle illusioni degli esseri umani è pensare che felicità sia lo stabilire una condizione immutabile, mentre la realtà della vita ci dimostra che tutto cambia e si trasforma.
In quest’ottica, anche percepire la difficoltà di avere la stessa mente del Budda e sentirsi inadatti a realizzarla, è frutto dell’illusione di chi ricerca una condizione stabile e immutevole. Nessuno è “difettoso”, quindi incapace di raggiungere un certo obiettivo, per esempio quello di essere in itai doshin; semmai il Buddismo insegna che proprio grazie al fatto di percepire un limite, possiamo decidere di superarlo. Se il nostro stato vitale si innalza, anche le difficoltà vengono percepite come necessità di confrontarsi con questo limite, trasformandolo in valore. Manifestando quello spirito combattivo di cui ci parla spesso il presidente Ikeda, impariamo ad avere il coraggio di trasformare la disillusione in voglia di sfidarsi e di migliorare. È importante avvicinare sempre più il nostro cuore al cuore del maestro. Questo atteggiamento ci permetterà di realizzare itai doshin e kosen-rufu.

Compiti dei responsabili, modalità di nomina e responsabilità a termine
Il direttore Tamotsu Nakajima, ha risposto a una serie di domande che vertevano sulla responsabilità (quali sono i compiti dei responsabili, perché esiste un così alto numero di responsabili, quali sono le modalità per le nomine e se si può prevedere che gli incarichi abbiano una scadenza temporale), ricordando che il motivo per cui facciamo attività nella Soka Gakkai è la realizzazione della nostra rivoluzione umana e della pace nel mondo. In tal senso assumersi una responsabilità significa ricercare sempre un miglioramento nella propria vita e aiutare gli altri a diventare felici. Non ci sono regole fisse, l’importante è cercare continuamente, ogni giorno, di migliorare se stessi e manifestare rispetto e gratitudine verso gli altri, portando avanti ogni cosa con saggezza.
Per scegliere i nuovi responsabili è importante individuare ogni volta la persona più adatta e al tempo stesso riuscire a valorizzare al massimo le capacità di ognuno. Anche se organizzativamente le cose da sbrigare sono molte, ci dobbiamo ricordare sempre qual è lo scopo primario per cui siamo responsabili, cioè realizzare kosen-rufu il prima possibile; i criteri a volte rischiano di camminare da soli. La base deve essere il Daimoku: recitando Daimoku ciascuno tira fuori dalla sua vita la saggezza necessaria per valorizzare ogni persona.
Non c’è una differenza sostanziale nei compiti da svolgere fra i vari livelli: qualsiasi responsabile ha a che fare con altri esseri umani e si impegna nello shakubuku.
Anche riguardo ai vari livelli e all’alto numero di responsabili, ricordiamoci sempre il punto di partenza: aiutare le persone a praticare bene. Se i gruppi sono troppo numerosi diventa impossibile fare questo, oppure se un settore copre un territorio molto vasto diventa complicato portare avanti l’attività, quindi, ancora, le scelte devono basarsi solo sullo scopo fondamentale: sostenere i membri e propagare questo Buddismo nella società.
Infine, stabilire un limite temporale alla durata in carica di un responsabile, potrebbe essere una buona idea ma attualmente risulta di difficile attuazione. È importante avere molta flessibilità per affrontare le situazioni che cambiano di continuo.

La riunione di discussione deve essere organizzata in un giorno preciso?
«Il giovedì è il giorno tradizionale nel quale si organizzano gli zadankai ma, se ci sono necessità differenti, si possono organizzare in altri giorni?». È normale che con l’aumento del numero delle persone che praticano, nascano esigenze diverse, ha detto Asa Nakajima, vice direttore e responsabile nazionale della Divisione donne. I gruppi si possono organizzare nei giorni e negli orari più adatti ai membri che partecipano, l’importante è che questi gruppi siano sostenuti dai responsabili e che questi membri non vengano lasciati a loro stessi.

Come migliorare lo studio del Gosho che viene organizzato nelle case?
La domanda: «Nella mia città le riunioni di studio del Gosho non sono di incoraggiamento per i partecipanti; chi le prepara è come se fosse chiuso nel mondo di Studio», è stata l’occasione per Asa di ricordare le caratteristiche che dovrebbe avere lo studio del Buddismo. Le lezioni sul Gosho dovrebbero trasmettere non solo la teoria, ma anche l’esperienza di vita e un’alta condizione vitale. E ha raccontato che anche Katsuji Saito, quando tiene le lezioni sul Gosho, le arricchisce sempre con riflessioni legate alla vita quotidiana e con la sua esperienza. Ma anche chi partecipa, dal canto suo, deve contribuire alla riunione con un atteggiamento umile, preparandosi prima e non aspettando passivamente di ascoltare una lezione. Infine ha ricordato che Toda diceva sempre che lo studio serve per approfondire la fede e non smettere mai di praticare.

Esistono dei prerequisiti per ricevere il Gohonzon?
La consegna mensile dei Gohonzon ha suggerito alcune riflessioni: a chi chiedeva se «Esistono dei criteri da verificare prima di consegnare i Gohonzon a nuovi membri?». Mitsuhiro Kaneda, direttore generale onorario, ha risposto che il criterio è uno solo: rispetto assoluto per chi decide di ricevere il Gohonzon. Il punto fondamentale è sostenere chi vuole ricevere il Gohonzon prima e dopo. «Quando io ho ricevuto il Gohonzon – ha aggiunto – non sapevo ancora recitare Gongyo, ma il mio responsabile, dopo averlo aperto nella mia casa, veniva a recitare e a insegnarmi Gongyo mattina e sera».
E ai responsabili che non vogliono firmare le schede di richiesta del Gohonzon perché non conoscono questi futuri membri, Kaneda ha suggerito di andare personalmente a conoscere queste persone, oppure di chiedere il parere dei responsabili di gruppo o di settore o anche di chi ha parlato loro del Buddismo. Può accadere di compiere degli errori, ma poi si impara; è sbagliando che si cresce. Al posto della sicurezza che offrono i criteri è meglio imparare ad approfondire il senso di responsabilità.

Il Buddismo è incompatibile con altri insegnamenti?
Kaneda ha chiuso la riunione rispondendo all’ultimo quesito: «Si può praticare un altro insegnamento in contemporanea con il Buddismo di Nichiren Daishonin?». Partiamo dalla domanda: quale insegnamento permette di superare le otto sofferenze che incontriamo nella vita? La nostra ricerca dovrebbe mirare a trovare un insegnamento profondo e completo in grado di dare risposta a questa domanda. Nei primi anni di pratica è abbastanza difficile avere la consapevolezza di averlo veramente trovato, ma piano piano questa consapevolezza aumenta. Satoru Izumi, pioniere della Soka Gakkai, comparava chi mescola pratiche diverse a una famiglia con una moglie e due mariti. Per evitare la confusione ricordiamo a chi inizia a praticare il Buddismo che conviene sempre sperimentarlo senza mischiarlo con altri insegnamenti; anche sei o dodici mesi di pratica buddista sono sufficienti per decidere la strada da prendere.

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