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Per amore di mio figlio - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:28

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Per amore di mio figlio

Tadashi Ashida, Gran Bretagna

Silenzio e incomprensioni. Un muro senza nome che rischiava di distruggere l’armonia familiare e la sua stessa vita, abbattuto grazie alla preghiera e alla voglia di felicità da condividere con gli altri. Un muro abbattuto dalla forza dell’amore

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Silenzio e incomprensioni. Un muro senza nome che rischiava di distruggere l’armonia familiare e la sua stessa vita, abbattuto grazie alla preghiera e alla voglia di felicità da condividere con gli altri. Un muro abbattuto dalla forza dell’amore

Pratico il Buddismo di Nichiren Daishonin da ventisette anni, sono sposato e ho tre figli. Anche se all’apparenza sembravamo una famiglia felice, la relazione con Ryo, il mio secondo figlio, era piuttosto difficile. Finché era alle elementari sembrava che tutto andasse bene ma dall’inizio della scuola secondaria il suo comportamento era cambiato. Trascorreva molto tempo giocando al computer e in famiglia non parlava più con nessuno. Si chiudeva in camera e viveva in un mondo tutto suo.
Ovviamente iniziò a perdere amore per la scuola. Cominciò col mancare un paio di giorni alla settimana fino ad accumulare due settimane di assenza a trimestre. Le ragioni che adduceva per le sue assenze andavano dal mal di testa, al mal di stomaco, alla stanchezza ma ci rendemmo conto che il suo non era soltanto un problema fisico. Cominciò a ricoprirsi di bolle su tutto il corpo e nonostante lo avessimo portato da vari specialisti nessuno riuscì ad identificarne la causa. Provammo anche con le medicine alternative ma senza risultato. L’eruzione cutanea fu dolorosa non solo per Ryo ma anche per me e mia moglie che dopo un po’ sviluppammo gli stessi sintomi (condividiamo tutti i dolori con Ryo).
In quel difficile periodo, in cui fu seguito anche da una psicologa della scuola, cominciò a diventare violento nei nostri confronti. Un giorno che cercammo di parlargli lui si arrabbiò a tal punto da spaccare un vetro e ferirsi. Era pieno di rabbia, ansia e autodisprezzo e non riusciva a controllarsi. Sebbene facessimo ogni possibile sforzo per dialogare con lui, appena cominciavamo a parlare si chiudeva in se stesso e rifiutava di risponderci. L’unico modo di comunicare era recitando tantissimo Daimoku ogni giorno per riuscire a parlargli e si trattava di una impresa veramente ardua. Ogni volta la forza del Daimoku che avevamo recitato determinava il successo o il fallimento del nostro tentativo. Un giorno perdemmo la pazienza e l’affrontammo senza aver recitato abbastanza Daimoku. La sua reazione fu: «Io odio questa famiglia, vorrei poter essere adottato da qualcun altro».
Quella frase mi distrusse, rimasi attonito e come di pietra. Quell’episodio mi scosse così profondamente che diventai tanto pessimista da avere problemi anche nella relazione con mia moglie. Sentivo che la distanza fra di noi era enorme. L’effetto di quelle parole fu tale che non riuscii più a concentrarmi sul lavoro e anche la mia salute peggiorò. Ogni giorno affrontando quella tremenda situazione piangevo dentro di me. Anche se cercavo con tutte le mie forze di cambiare la situazione, sembrava che non succedesse niente.
Ricevetti diversi consigli da vari responsabili e sapevo che dovevo fare appello a tutto il mio coraggio e continuare ad andare avanti, anche solo di un centimetro alla volta, fino alla vittoria. Ero un responsabile della SGI-UK e coordinavo il gruppo dei membri di lingua giapponese, ma, nonostante tutta l’attività buddista a cui prendevo parte, quando tornavo a casa provavo un immenso dolore all’idea di dover affrontare la realtà di quella situazione.
La crisi finale si verificò nel febbraio 2001. Ci mandarono a chiamare dalla scuola di Ryo per dirci che se non fosse tornato a frequentare non sarebbe stato ammesso agli esami. Era una situazione disperata, non avevamo altro che il Gohonzon e sapevamo che l’unica cosa che potevamo fare era recitare Daimoku. Al ritorno dalla scuola recitai come non avevo mai fatto prima. Non recitavo perché cambiasse ma per capire che cosa stava succedendo. E improvvisamente capii. Provai una sensazione di totale fusione con il Gohonzon. Non sentivo altro se non che «io sono Nam-myoho-renge-kyo». In quel momento compresi totalmente il concetto buddista di ganken ogo che significa che noi abbiamo scelto volontariamente di nascere in circostanze avverse per poter aiutare gli altri. Nella Saggezza del Sutra del Loto il presidente Ikeda spiega così questo concetto:
«Noi che sosteniamo la Legge mistica siamo originariamente nobili Bodhisattva della Terra. Siamo i compagni che giurarono durante la Cerimonia nell’aria di realizzare kosen-rufu. Toda spesso diceva che “se lo ricordava”. Allo stesso tempo siamo comuni esseri umani. Dobbiamo però renderci conto che è per nostra scelta che appariamo in questa forma e sperimentiamo varie sofferenze. È il principio di ganken ogo: nascere come comuni mortali in circostanze avverse è il karma (o espediente) che abbiamo volontariamente creato per dimostrare il potere della Legge mistica (verità) e aiutare gli altri. Questo vuol dire che potremo affrontare e risolvere qualsiasi problema. Nel tormentato mondo di saha interpretiamo il ruolo di protagonisti nel dramma di kosen-rufu» (Saggezza, 1, 97).
La mattina dopo Ryo venne nella nostra stanza e ci disse: «Voglio andare a scuola». Non riuscii a trattenere lacrime di gioia. Finalmente avevo conseguito una vittoria.
Ryo sapeva di avere pochissimo tempo per preparare l’esame e così si mise a studiare duramente. Riuscì a dare l’esame per il diploma di scuola secondaria nel giugno 2001 e con sua stessa sorpresa ottenne un ottimo risultato, cosa che stupì i suoi insegnanti e gli diede più fiducia in se stesso. A settembre si è trasferito in una scuola vicina a casa. Ogni mattina si sveglia alle sette e non vede l’ora di andare a scuola. Non è mai mancato un giorno e ha avuto anche la fortuna di incontrare degli amici meravigliosi (che per sua stessa ammissione è come se conoscesse da sempre). Ora sta studiando sodo per essere ammesso ad una importante università il prossimo anno ed è diventato un giovane uomo eloquente e gentile. Di recente Ryo ci ha aiutato nel trasloco dell’ufficio dicendo che era felice di poter ripagare un debito di gratitudine nei confronti nostri e dei membri della Divisione giovani che gli avevano fatto visita in quel momento così turbolento. Ero senza parole sentendogli dire una cosa così bella e a volte mi domando se quel periodo così difficile non sia stato soltanto un brutto sogno.
Adesso che ho superato il trauma mi rendo conto che Ryo è stato davvero un buon amico che mi ha insegnato molte cose, come per esempio il vero significato dell’amore e del rispetto. Ho capito anche che grazie a questa esperienza potrò incoraggiare tanti membri che vivono problemi simili e che è proprio per questa ragione che ho “scelto” di avere questo tipo di karma.
Da allora sono lieto di dire che intorno a me sono cambiate tante cose. Il mio figlio maggiore ha cominciato a praticare il Buddismo, la relazione con mia moglie è più solida che mai, i miei affari hanno cominciato a migliorare e la mia famiglia è davvero felice. L’anno scorso abbiamo incontrato per caso la psicologa che aveva seguito Ryo durante il suo ultimo anno prima del diploma. Era impressionata da quanto fosse cambiato e gli chiese se voleva essere intervistato per un video che stava realizzando per aiutare altri ragazzi e famiglie in difficoltà. Rispose che sarebbe stato felicissimo di dare il suo contributo.
Sono fermamente convinto che abbiamo bisogno di affrontare le difficoltà per poter scoprire la nostra identità più profonda, quella di Bodhisattva della Terra. Il secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda una volta disse: «I Budda hanno assunto la forma di comuni esseri umani per affrontare la sofferenza (per salvare la gente). Questo è il principio dell’espediente mistico e segreto. Tutti voi siete Bodhisattva della Terra… Il fatto che siamo solo comuni mortali è l’espediente mistico e segreto; la verità è che siamo Budda» (Ibidem, 94).

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