Ho conosciuto il Buddismo di Nichiren Daishonin in Italia nel 1992. Ho avuto un’infanzia difficile e travagliata. Allora avevo diciassette anni, i miei genitori erano divorziati da tempo e io vivevo con mio padre, rigido e dalla mentalità ristretta. All’inizio andavo alle riunioni buddiste perché volevo conoscere persone nuove, ma dopo un po’ di tempo capii che il Buddismo funzionava davvero e aveva un potere liberatorio. Le persone che praticavano avevano qualcosa di speciale: entusiasmo, volontà, determinazione di cambiare la propria vita. Praticai per circa un anno senza interruzioni ma poi, a causa della cattiva relazione con la famiglia, decisi di trasferirmi in Ungheria, il paese natale di mia madre. Allora purtroppo in Ungheria non c’era nessuno che praticasse questo Buddismo e così smisi.
Presi il diploma della scuola superiore e incontrai mia moglie Eva. Ma dopo aver concluso gli studi universitari a Pécs ci fu un grande terremoto che sconvolse la mia esistenza ben organizzata.
Mi resi conto che ero gay e che dovevo affrontare questa realtà. Non ci volevo credere, provai a resistere con le unghie e con i denti, come avevo fatto nella mia adolescenza, con la differenza che ora le mie sensazioni erano potenti come un tornado che travolgeva tutto. Non capivo cosa mi stesse accadendo. Mia moglie fu molto comprensiva e cercò di aiutarmi come poteva ma non c’era niente da fare per contrastare le mie tendenze sessuali. Persi l’unica persona che mi avesse veramente e disinteressatamente amato e che a mia volta rispettavo e amavo immensamente. Dovetti dire addio alla mia esistenza ordinata: casa, lavoro, vita familiare. Non fu facile. Ci separammo e nel febbraio 2001 mi trasferii a Budapest dove speravo che fosse più facile iniziare un nuova vita mentre la mia ex moglie andò in Canada.
Iniziò una nuova fase. Nuovo ambiente, nuove persone, nuovo posto di lavoro, tutto solo, senza Eva che era sempre stata al mio fianco. Così precipitai in una grave depressione.
Facevo e faccio attualmente il consulente commerciale per le aziende italiane in Ungheria e nel gennaio 2002 un mio cliente decise di aprire un negozio a Budapest. Uno dei miei compiti era trovare un responsabile per il negozio che parlasse italiano. C’erano tantissimi candidati, ma uno aveva qualcosa di diverso. Ebbi la netta sensazione che fosse la persona giusta e così l’assunsi. Alcune settimane dopo scoprii che praticava il Buddismo di Nichiren Daishonin perché vidi una copia del Nuovo Rinascimento nel suo cassetto. Ne fui molto felice, pensai che nella vita non esiste il caso e mi sentii un po’ meno solo. Poco dopo incontrai i membri buddisti in Ungheria e cominciai nuovamente a praticare, con grande determinazione e intensità. Sapevo che era l’unico modo per rimettere ordine nella mia vita.
Stabilii i seguenti obiettivi:
- capire chi ero veramente, gay, travestito, transessuale che fosse, e trovare il mio vero “io”, quello che volevo dalla mia vita;
- comprare un appartamento a Budapest;
- fare pace con la mia nonna italiana con la quale non parlavo da quattro anni e ristabilire un contatto con mio padre;
- continuare gli studi linguistici che avevo intrapreso in Italia e poi interrotto;
- trovare un compagno col quale costruire una relazione affettiva armoniosa.
Il primo obiettivo mi sembrava il più difficile perché non sapevo da dove cominciare. Così mi affidai al Gohonzon perché mi aiutasse a ritrovare il mio io perduto. Avevo una doppia vita: di giorno ero Viktor e di notte ero Viki. Viktor faceva il consulente commerciale e Viki spettacoli in vari bar gay. Non riuscivo a decidere quale dei due fosse il mio vero io. Fisicamente e psicologicamente ero distrutto ma continuavo a recitare tanto Daimoku, senza perdere la fiducia nel potere del Gohonzon. Dopo otto mesi di Daimoku determinato ho trovato me stesso: ho capito che non volevo accettare la mia tendenza sessuale, che avevo terrore della solitudine e la combattevo con tutte le mie forze. E, via via che imparavo a conoscermi, ho sentito che ero un uomo gay che voleva realizzare se stesso attraverso il proprio lavoro intellettuale e non ballando in locali equivoci. Capii che ero un uomo e volevo rimanere tale.
Aver chiarito chi ero era stato un grosso passo, ma ciò non significava che il passo successivo, cioè accettarmi, fosse più facile. Così decisi di affrontare razionalmente la questione e mi recai da uno psicologo. Ero consapevole che da solo non ce l’avrei fatta e che mi occorreva un aiuto esterno. La psicoterapia mi ha aiutato moltissimo e ho cominciato a elaborare i miei traumi infantili e i problemi che mi avevano causato nella sfera sessuale. Dopo un anno circa di terapia ho ottenuto notevoli risultati. Il Buddismo ha accelerato il processo: la mia sensazione è che il Buddismo sia riuscito a raggiungere e curare i livelli psicologici inconsci più profondi mentre lo psicologo mi ha aiutato a razionalizzare e integrare ciò che emergeva nella mia vita.
C’era poi l’obiettivo dell’appartamento: volevo un piccolo seminterrato vicino al centro, con parcheggio e naturalmente a un prezzo accessibile. Cominciai a recitare Daimoku. Pensavo che sarebbe occorso tantissimo tempo prima di trovare ciò che cercavo. E invece non fu così. Lo trovai prestissimo. Non potevo credere ai miei occhi: vendetti l’appartamento di Pècs che mi procurò metà della somma necessaria per l’acquisto della nuova casa, “misticamente” trovai la banca giusta dove mi diedero un mutuo a condizioni estremamente favorevoli e così riuscii a realizzare il mio sogno. Certo non fu facile, dovetti superare montagne di problemi piccoli e grandi, ma alla fine vinsi.
E veniamo alle relazioni familiari. Come dicevo all’inizio, sono cresciuto in circostanze difficili e i rapporti con la mia nonna italiana e mio padre erano molto tesi perché entrambi pensavano che non avessi corrisposto alle loro aspettative. Quando mi trasferii in Ungheria ogni rapporto cessò. Non accettarono la mia partenza, pensavano che non gli volessi bene e che non m’importasse di loro. Io a mia volta non riuscivo a perdonarli per come mi avevano trattato da piccolo. Ma continuavo a recitare per riuscire a perdonarli e rappacificarci. Poi cominciai ad agire. Prima con mia nonna. Cercai tre volte di mettermi in contatto con lei. Le prime due mi riattaccò il telefono sul viso dicendo che non mi conosceva. Mi fece molto male, mi sentivo ripudiato ma non mi arresi e continuai. La terza volta accettò di scambiare qualche parola. Era molto fredda e sulle sue. Secondo lei la colpa di tutto era solo mia perché ero la pecora nera della famiglia. Ma, nella telefonata successiva, era di umore migliore, come se cominciasse un po’ a calmarsi. Da allora, con mia immensa felicità, abbiamo cominciato a sentirci regolarmente.
Lo scopo successivo, molto più difficile, è stata la riconciliazione con mio padre, che per me è molto importante. Sapevo che ci sarei riuscito ma ci sarebbe voluto più tempo.
Nel 1999 iniziai in Italia un dottorato in linguistica, che avevo interrotto durante quella fase tormentata della mia esistenza. Recitai per capire se fosse la cosa giusta per me e compresi che lo era, che mi occorreva per provare, a me, ma anche alla mia famiglia italiana ciò che valevo. Infatti i miei familiari disprezzavano tutti i titoli di studio che avevo ottenuto in Ungheria perché dicevano che lì essere promossi era facile. Perciò nel gennaio 2003 scelsi un tema assolutamente nuovo e iniziai a scrivere la mia tesi. Fu difficile, non solo per via dell’argomento in sé – il fenomeno dell’interferenza nei bambini bilingui ungaro-italiani – ma specialmente perché riguardava direttamente traumi che risalivano alla mia infanzia: complessi di inferiorità, sensazione di non essere accettato, ecc.
Rimaneva infine da concretizzare il mio desiderio di trovare un compagno. È una cosa che crea difficoltà a tante persone ma avevo la sensazione che per me fosse più dura che per chiunque altro perché ero insicuro, non mi stimavo abbastanza e avevo ancora tanta paura di affrontare la realtà. Con la mia ex moglie Eva mi ero sentito felice, sicuro e realizzato, prima di capire che ero gay, e, dopo il divorzio, tutte quelle belle sensazioni erano andate in fumo.
Dovevo imparare a reggermi sulle mie gambe, a trovare la felicità dentro di me e non in qualcosa o qualcun altro. Com’era difficile! Perciò decisi di praticare ancora più forte per questo e per trovare il compagno adatto.
Nel maggio 2003 ho incontrato una ragazzo meraviglioso che rispetto e che mi piace molto. Penso che sia la persona giusta e che possiamo renderci reciprocamente felici.
Intanto con la mia nonna italiana il rapporto è migliorato sempre di più e ci siamo anche incontrati. Nel giugno del 2003 mi sono laureato in Italia con un risultato molto buono. Sono stato fiero dell’interesse che la commissione ha dimostrato per il tema raro da me scelto, visto che nessuno aveva mai scritto niente sui fenomeni interferenziali tra italiano e ungherese. Oltre ciò mi ha reso felice l’aver conseguito il dottorato, che era il mio sogno.