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Occasioni imperdibili - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

7 dicembre 2025 Ore 00:27

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    Occasioni imperdibili

    Fra gli obiettivi del 2010, mettere al centro di tutte le attività le riunioni di discussione, vero cuore della Soka Gakkai. In questa nuova serie accoglieremo testimonianze, domande ed estratti su questo tema per far sì che «anche chi viene per la prima volta si diverta e senta di aver imparato qualcosa di Buddismo. Altrimenti avremo fatto loro sprecare del tempo» (J. Toda)

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    Fra gli obiettivi del 2010, mettere al centro di tutte le attività le riunioni di discussione, vero cuore della Soka Gakkai. In questa nuova serie accoglieremo testimonianze, domande ed estratti su questo tema per far sì che «anche chi viene per la prima volta si diverta e senta di aver imparato qualcosa di Buddismo. Altrimenti avremo fatto loro sprecare del tempo» (J. Toda)

    Il gruppo è prima di tutto un microcosmo di relazioni e quello che avviene al suo interno è spesso un assaggio di ciò che viviamo al di fuori. Discutendo sugli argomenti da trattare in queste pagine abbiamo visto quanto sia importante poter avere uno scambio diretto con i responsabili di gruppo, ovvero coloro che per primi si trovano a portare sulle spalle l’onere dell’andamento della riunione. In questa sezione si racconteranno storie di gruppi, del loro sviluppo a volte anche combattuto; cercheremo di rispondere alle domande più frequenti e proporremo brani che possano essere di ispirazione alle attività del gruppo. Ma per fare questo abbiamo bisogno delle vostre testimonianze e della vostra partecipazione. Raccontateci la vostra riunione più emozionante, oppure ciò che vi ha colpito di più la prima volta che ci avete messo piede, i vostri quesiti più ricorrenti o la storia del vostro gruppo.
    Quando io ho iniziato a praticare, nel lontanissimo 1978, le riunioni si tenevano addirittura ogni settimana, e considerando che solo dopo qualche anno sono passate a due al mese – come avviene tutt’oggi – posso calcolare di aver partecipato a qualcosa come settecento riunioni di discussione. Non male, eh? Di queste, ce ne sono alcune che ricordo particolarmente: sono quelle che hanno lasciato dentro di me un segno indelebile.
    Per esempio, quella volta in cui sono arrivata alla riunione pessimista e priva di energia, e ne sono uscita volando sulle parole che avevo ascoltato e che mi avevano contagiata, oppure quell’altra in cui ho faticato immensamente per prepararmi ad accogliere alcuni ospiti, ma che si è poi rivelata una bellissima serata di accrescimento per tutti i partecipanti. Accade però che nel mare magnum delle attività, questi due appuntamenti mensili non abbiano la giusta rilevanza: a volte sembra che le riunioni di discussione siano solo una pausa fra una riunione di staff e una di settore o di capitolo, e questo è davvero un peccato. Il presidente della SGI Daisaku Ikeda parla di queste riunioni addirittura come “il cuore della nostra organizzazione”. «Queste riunioni di discussione sono come un grande fiume – scrive Ikeda nella Saggezza del Sutra del Loto – in cui si riversano gli affluenti di tutte le altre attività, quelle volte ad allargare la cerchia dei nostri amici e quelle che servono ad approfondire la fede e la conoscenza del Buddismo. Questo fiume ampio e profondo, creato dalla confluenza di una miriade di corsi d’acqua, avanza verso l’oceano del secolo dell’umanità. Sulle sue rive si apriranno vaste e fertili pianure di cultura umana. Una volta il presidente Toda disse: “Non importa se partecipa solo una persona. Spieghiamole il meglio possibile i princìpi buddisti, raccontiamo la nostra esperienza e discutiamo con calore della vita e della pratica di kosen-rufu. Se sono venute anche solo due persone ed entrambe tornano a casa con un senso di gioia e soddisfazione per aver parlato del Gohonzon ed essersi reciprocamente incoraggiate, sarà stato un successo” […]. La cosa importante è creare una relazione basata sull’empatia. Discutere significa dialogare a tu per tu. È quindi essenziale che venga dato valore a ogni singola persona. È la chiave per generare incontri di discussione vivaci e di successo. I nostri incontri non costituiscono una “tradizione” semplicemente perché si tengono regolarmente da molti anni, ma perché sin dall’inizio lo spirito delle riunioni è stato quello di avere sempre a cuore ogni singolo partecipante: dare valore a ogni individuo e rispettarlo costituisce la tradizione della Soka Gakkai. Visti dall’esterno, si tratta di incontri di piccoli gruppi di persone, non particolarmente elaborati; anzi, non esistono riunioni più semplici e naturali, eppure esse costituiscono la “rugiada” che nutre e fa schiudere la vita delle persone; sono incontri pervasi di speranza. […] Sono incontri pieni di risa, lacrime, emozioni. La riunione di discussione è un’oasi per le persone che esprimono la loro determinazione e la loro gratitudine, dove la sofferenza si trasforma in coraggio e la stanchezza in soddisfazione. Queste piccole riunioni sono l’immagine in miniatura dell’armonia che dovrebbe crearsi tra gli esseri umani, sono un vero modello di democrazia» (ed. Mondadori, vol. II, pag. 3).
    Gli zadankai (za significa sedere, dan dialogare e kai riunione) non sono un’invenzione recente. Nichiren Daishonin incoraggiava i discepoli a incontrarsi per leggere insieme le lettere che inviava loro e dal 1930 in poi – anno di fondazione della Soka Gakkai – le riunioni di discussione sono diventate vere e proprie colonne su cui si reggono le attività in ogni paese. Ci sono real­tà dove gli incontri sono mensili, ma perlopiù avvengono ogni quindici giorni; ci sono paesi dove le persone sono costrette a incontrarsi davanti a una tazza di tè perché non godono di libertà di religione e non possono dichiarare di praticare il Buddismo; ma ovunque lo scopo di questi eventi è quello di potersi scaldare il cuore, condividere i sogni e accendere dentro di sé quelle scintille di speranza che un incontro può stimolare. In ultima analisi, la trasmissione da un cuore a un altro fa sì che si possa uscire da uno di questi incontri non solo con il desiderio di tornarvi al più presto, ma anche con la certezza che vivere sulla propria pelle gli insegnamenti buddisti e poter spartire questo tesoro con gli altri è il miglior modo per praticare il Buddismo.

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    L’approfondimento / Un incontro indimenticabile
    Ikeda racconta come conobbe il suo maestro

    Un giorno [il 14 agosto 1947,
    n.d.r.] un vecchio amico mi invitò a partecipare a una riunione “sulla filosofia della vita” che si teneva vicino a casa mia. Ero molto curioso e mi preparai per l’incontro. Vi trovai un uomo sulla quarantina dalla voce piuttosto roca che dava l’impressione di essere completamente a suo agio. Le lenti spesse dei suoi occhiali catturavano la luce. All’inizio non capii di cosa stesse parlando, era qualcosa che aveva a che fare col Buddismo, ma poi cominciò a commentare argomenti vari, da questioni di vita quotidiana alla politica contemporanea. Non si trattava né di un sermone religioso tradizionale, né di una lezione sulla filosofia. Le sue parole erano concrete e utilizzava esempi che tutti conoscevano per spiegare verità profonde. La stanza era piena di gente abbigliata in modo misero, ma l’aria era satura di energia ed emozione.
    Toda non assomigliava a nessuna delle persone conosciute prima. Parlava in modo semplice con un linguaggio piuttosto rude, tuttavia emanava calore intorno a sé. Era strano, ma era come se lo conoscessi già e mi sembrava un vecchio amico. Quando ebbe finito di parlare, l’amico che mi aveva accompagnato, ci presentò. Mi guardò intensamente da dietro le sue lenti, i suoi occhi brillavano, e sorrise mentre mi chiedeva quanti anni avessi. «Diciannove», risposi io stimolato da un insolito senso di familiarità. Lui mi disse con nostalgia che era la stessa età che lui aveva quando venne a Tokyo. Mi ritrovai a porgli domande che mi inquietavano sulla vita e sulla società.
    Le sue risposte, del tutto franche e dirette, lasciavano intravedere una mente acuta. Per la prima volta in vita mia percepii che la verità era a portata di mano. Emanava convinzione. Quando seppi che aveva trascorso due anni in prigione perché si era opposto all’aggressione bellica del Giappone, e che era rimasto fedele alle sue convinzioni, compresi che era qualcuno in cui avrei potuto riporre assoluta fiducia. L’incontro fortuito con Toda divenne un momento cruciale nella mia vita. Dieci giorni dopo divenni un membro della Soka Gakkai.

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    Il meglio di noi
    Pratico da diversi anni ma spesso mi capita di dare tutto per scontato, anche se, effettivamente, realizzo i miei obiettivi solo quando riesco a dare il meglio di me. Riflettendo su questo punto ho scelto di fare un passo in avanti nella mia rivoluzione umana e ho deciso di ripartire dal mio gruppo. In occasione della scorsa riunione di discussione abbiamo stabilito tutti insieme di trattare l’argomento della “prova concreta” con lo scopo che ognuno di noi arrivasse alla riunione con un’esperienza da raccontare. Io, da fotografo free-lance avevo un gran timore a presentare il preventivo per un lavoro a un committente sfuggente. In realtà, ho capito dopo, non stavo dando valore alla mia professionalità e alla mia vita. Ho recitato Daimoku con lo scopo di incontrare questa persona ed essere sicuro di me, di farmi capire, di crederci. E così è stato: sono riuscito a fissarci un appuntamento e a stabilire il preventivo per la mia prestazione. Alla riunione ognuno ha raccontato qualcosa e ci siamo incoraggiati a vicenda. Mi sono reso conto di quanto sia davvero importante “far vivere” il nostro gruppo attraverso le nostre esperienze di fede.
    Alessio del Lama

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    Gli opposti si armonizzano
    Quando si è disposti a partire da se stessi, si può essere in grado di smantellare i pregiudizi e costruire un rapporto sincero. È ciò che è accaduto ad Anna e Sabrina

    di Anna B. e Sabrina M.

    Anna: La prima riunione a cui ho partecipato, sola, senza conoscere nessuno, era una riunione della Divisione donne. Mi hanno colpito il sorriso e le parole di accoglienza di Sabrina. Ho iniziato a frequentare il gruppo di cui era responsabile. Avevo recitato Gongyo e Daimoku da sola per quattro mesi, volevo scoprire se faceva per me. Ero in una fase di “ascolto” degli argomenti delle riunioni di discussione e di quello che accadeva dentro di me.

    Sabrina: Quando Anna è arrivata nel gruppo ho pensato che fosse una persona chiusa e, poiché si esprimeva poco, avevo deciso che era anche superficiale. Con questa convinzione interiore mi avvicinavo a lei per incoraggiarla nella pratica, figuriamoci!

    Anna: Quando parlavo a tu per tu con Sabrina era sempre di fretta e, se non parlavo velocemente, concludeva lei il discorso e di quelle conclusioni non me ne facevo niente perché non erano le risposte alle mie domande.

    Sabrina: Alle volte mi spazientivo ed ero brusca con il risultato che Anna si offendeva e si ritraeva.

    Anna: Il comportamento di Sabrina non mi ha fatto mai mettere in dubbio l’interesse che nutrivo per questo Buddismo e la mia presenza alle riunioni, perché ne condividevo i tanti princìpi.

    Sabrina: Pur riuscendo a sostenere Anna nella pratica e nel ricevere il Gohonzon, tra noi c’era sempre un certo imbarazzo. Lei intanto stringeva legami con gli altri membri del gruppo, con mia grande sorpresa perché, giudicandola chiusa, mi chiedevo come fosse possibile.

    Anna: In seguito, altri episodi rafforzarono i miei preconcetti su Sabrina, ma ogni volta che avevamo opinioni diverse, tacevo. Se avessi sostenuto le mie idee, avrei potuto confrontarmi con lei e contribuire al benessere del gruppo.

    Sabrina: A un certo punto mi sono messa a recitare Daimoku per la sua felicità e per trasformare i sentimenti contrastanti che c’erano fra noi. Così ho potuto fare luce sui miei pregiudizi e smantellarli. Il primo era che Anna fosse una persona superficiale e di scarsa cultura. Questo pregiudizio si basava sul fatto che lei lavorava in un negozio di abbigliamento, cosa che mi rimandava al rapporto difficile con mia madre, ossessionata dai vestiti. Insomma guardavo Anna con gli occhi del mio passato, ovvero con gli occhi del karma.

    Anna: La svolta per me è avvenuta quando le ho raccontato di una mia difficoltà e lei mi ha incoraggiata a mettere in campo la risorsa dell’umorismo che dubitavo di possedere. Nel corso di quell’esperienza, ho percepito che aveva colto un aspetto importante della mia personalità. Ho capito che, grazie a lei, ora ero “dotata” di una visione a trecentosessanta gradi, perché vedeva quello che io non riuscivo a cogliere.

    Sabrina: La recitazione stava dando i suoi frutti. Ma i miei pregiudizi erano tanti… Mi ero fissata che Anna fosse molto sola. Ma alle riunioni, Anna iniziò a portare tantissimi amici. Mi venne il sospetto che avesse una vita sociale molto più vivace e aperta della mia. L’esperienza con Anna mi ha insegnato quanto si deve stare attenti nel giudicare le persone e le situazioni.

    Anna: Io invece ho imparato a esprimere le mie opinioni, a usare “la voce del Budda”, come dice il presidente Ikeda. E anche a comprendere che si può cercare di mettersi al riparo stando sempre zitti, ma anche parlando molto, come faceva Sabrina.

    Sabrina: Stando vicino ad Anna ho imparato un nuovo linguaggio, quello della dolcezza, dell’attenzione e della delicatezza.

    Anna: Ho la certezza che qualsiasi rapporto, anche quello che ci sembra lontano anni luce, può essere trasformato in un rapporto di valore attraverso la pratica buddista.

    Sabrina: Così smontando i pregiudizi e approfondendo la conoscenza reciproca, siamo diventate amiche e la nostra amicizia ci riem­pie di gioia. Apprezzando lei, ho apprezzato me stessa.

    Anna: Ora il nostro rapporto è di totale sintonia, fiducia e sostegno nella fede, giorno dopo giorno. E non potrei proprio farne a meno.

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