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Non sentire la minima paura nel cuore - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 07:50

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Non sentire la minima paura nel cuore

Monica Gaggero, Borgomanero (NO)

Al corso nazionale donne Monica ha raccontato la profonda esperienza di fede che ha vissuto nella relazione con suo figlio. Di come ha trovato la forza di accogliere e sostenere fino in fondo il suo percorso di chiusura estrema, con amore incondizionato, continuando a coltivare nel suo cuore la speranza e la fiducia…  Fino a vederne la ripresa

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Ho iniziato a praticare questo Buddismo nel 2005, a quarant’anni, in un momento in cui avevo lo stato vitale di un animale in trappola, con un matrimonio in profonda crisi e in apparenza nessuna possibilità di cambiamento. Nel giro di tre mesi ho ricevuto il Gohonzon.
Con l’arrivo della responsabilità di gruppo la mia vita si è riempita di sfide e opportunità: io che per natura sono un po’ asociale, mi sono dovuta rapportare a tante persone diverse e in poco più di un anno il gruppo che mi era stato affidato si è diviso. Iniziare a recitare Daimoku è stato come tornare a respirare, anche se ci sono voluti anni e la fine di un secondo matrimonio per comprendere che potevo vivere bene anche senza un uomo al mio fianco.
Le guide di Sensei mi incoraggiavano a diventare una persona forte, realizzata e indipendente per poter vivere una relazione di successo. Da allora ho trascorso più di otto anni da sola, curando davanti al Gohonzon la mia crescita come persona, come pediatra, come madre e come responsabile della Soka Gakkai, promettendo solennemente in una lettera al mio maestro che avrei vinto in ogni aspetto della mia vita.
Sono stati anni molto intensi, durante i quali mi sono sentita ogni giorno più completa.
Quando mia figlia maggiore è andata a vivere all’estero e sono rimasta sola con mio figlio Francesco, ho potuto vivere la più grande esperienza di fede. Francesco era un bambino molto timido, impacciato, con interessi e giochi particolari, e io avvertivo con forza la somiglianza tra me e lui: anche io ero stata una bambina timida e piena di paure. A dodici anni il mio dolce bambino si è trasformato: ha iniziato a respingermi e pian piano ha chiuso fuori dalla sua vita me e il mondo intero, scuola inclusa. Nel giro di qualche mese è diventato irraggiungibile per chiunque avesse fatto parte della sua vita fino ad allora; non parlava, non chiedeva, compiva come un automa ogni gesto quotidiano. Con l’ingresso alle superiori non è stato più in grado di ottenere un risultato sufficiente. Ero impotente e incredula, non mi era possibile aiutarlo in alcun modo. Recitavo un Daimoku “disperato” perché sentivo che solo pregando davanti al Gohonzon potevo trovare una via di uscita.
La saggezza emersa grazie al Daimoku mi ha guidata verso una scuola che, pur essendo in apparenza una scelta folle (un liceo classico per il quale mio figlio sembrava totalmente inadeguato) si è rivelata una protezione immensa; dopo un rifiuto iniziale ad accettare un ragazzo così complicato, lo hanno accolto con tutte le sue difficoltà e hanno lavorato per permettergli di manifestare tutto il suo potenziale. Grazie alla psicologa della scuola, inoltre, è stato possibile giungere alla diagnosi di autismo ad alto funzionamento (S. di Asperger). Davanti al Gohonzon ho cercato e ho trovato la forza di accogliere questa nuova situazione e di sostenere mio figlio in modo incondizionato. E pian piano Francesco si è ripreso, ha creato legami profondi con i compagni e gli insegnanti, è entrato a far parte del coro della scuola e si è diplomato con voti altissimi. Al secondo anno di liceo, per la grande fatica affrontata, è caduto in depressione ed è stata necessaria una terapia farmacologica per scongiurare il pericolo di suicidio. Ricordo la paura folle che provavo in quei giorni, con mio figlio chiuso a chiave in camera per giorni, al buio e in assoluto silenzio. Mettevo un carrello con cibo e acqua e un vassoio fuori dalla porta ed ero felice se, qualche ora dopo, veniva tirato dentro. Recitavo Daimoku cercando di non pensare a quello che avrebbe potuto fare là dentro, da solo, immaginando di avvolgerlo in una rete di protezione e amore.
Leggevo e rileggevo il Gosho Risposta a Kyo’o, e determinavo di sviluppare coraggio:

«Ovunque tuo figlio possa saltare e giocare, non gli accadrà niente di male; potrà andare in giro senza paura come il re leone» (cfr. RSND, 1, 365)

In quel periodo mi fu consigliato di fare Daimoku per sentire fiducia e speranza, perché mio figlio non era solo l’oscurità che stava manifestando in quel momento. Io recitavo immaginando di vederlo scendere la scala di casa, bello, felice e fiero. Ed è ciò che al momento opportuno si è verificato. Francesco oggi sta bene, è felice, realizzato, vive da solo a Milano dove frequenta la facoltà di Fisica, perfettamente padrone della sua originalissima vita. Comunicare con lui è sempre difficile e spesso frustrante, ma grazie all’apertura che è avvenuta nel mio cuore sento il cuore del mio ragazzo e so che il legame tra noi è forte come non mai.
E anche se le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare mi hanno causato un dolore immenso, si sono rivelate una grandissima opportunità: ho dovuto imparare a restare fedele alla mia natura nonostante il rifiuto e ad amare in modo incondizionato, indipendentemente dall’essere ricambiata. Ho sviluppato una profonda autonomia. Ho imparato il rispetto verso l’altro, ma anche verso me stessa. E sono diventata forte. Nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile senza la pratica buddista.
C’era una frase del Gosho sempre con me:

«Non dovresti sentire la minima paura nel cuore. Sebbene una persona possa aver professato la fede nel Sutra del Loto molte volte sin dal remoto passato, è la mancanza di coraggio che le impedisce di ottenere la Buddità» (I tre ostacoli e i quattro demoni, RSND, 1, 568)

Due anni e mezzo fa, nella mia vita è entrato Marco: è stata una grande sfida vincere la paura di rimettermi in gioco e lasciare entrare un’altra persona nella mia perfetta zona di comfort. Il fatto è che io a quel punto mi sentivo veramente felice, realizzata e indipendente, ed evidentemente pronta per una nuova, emozionante esperienza.
La mia gratitudine per il mio maestro è immensa e ho determinato di far crescere tantissimo il settore del quale sono responsabile e di sostenere i bambini e gli adolescenti in difficoltà nella zona in cui lavoro tramite un progetto con i Comuni, portandovi una visione diversa del valore di ogni singola persona: la visione della vita che il maestro Ikeda mi ha trasmesso.

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