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«Non dubbiar, mentr'io ti guido» - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:59

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«Non dubbiar, mentr’io ti guido»

Daisaku Ikeda si ispira alle parole di Dante Alighieri per spiegare ulteriormente il legame tra maestro e discepolo. Josei Toda sosteneva l’importanza di far emergere persone capaci e nello stesso tempo di non disprezzare gli altri, dicendo: «Gli arroganti sono il peggio del peggio»

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Daisaku Ikeda si ispira alle parole di Dante Alighieri per spiegare ulteriormente il legame tra maestro e discepolo. Josei Toda sosteneva l’importanza di far emergere persone capaci e nello stesso tempo di non disprezzare gli altri, dicendo: «Gli arroganti sono il peggio del peggio»

Quattordici anni fa lo studioso americano delle religioni, Nicholas Gier – che utilizza da circa trent’anni il mio libro Buddismo, il primo millennio in un corso all’Università dell’Idaho – fece visita al Centro culturale della Soka Gakkai di Chubu. Fu ascoltando il canto del coro della Divisione donne che si convinse del valore della nostra filosofia e del movimento buddista. Recentemente, il professor Gier ha ricordato quell’episodio insieme a Masao Yokota, presidente del Centro di Boston per gli studi sul ventunesimo secolo, rammentando quanto lo avesse colpito «vedere delle donne così ispirate, impegnarsi insieme per dar vita a una musica così bella, che dava un’immagine molto positiva della Soka Gakkai».
Gier è impegnato in importanti ricerche sulle religioni mondiali e sui conflitti religiosi, e apprezza e sostiene i valori incarnati dalla SGI. Ha affermato: «Credo che un umanesimo religioso, come quello buddista, e della SGI in particolare, sia la migliore base per realizzare la pace nel mondo. Ciò che scatena la violenza nelle religioni è l’idea di un’esclusività religiosa, l’idea che una confessione sia migliore di un’altra».
Quando, nel 1956, ebbe inizio la campagna di Osaka, gli attuali membri della Divisione giovani non erano ancora nati, perciò ora vorrei parlarvi brevemente di come è iniziata la leggenda dell’”invincibile Kansai”.
All’epoca mi ero preso la responsabilità di guidare l’impresa di raggiungere lo straordinario record di 11.111 nuovi membri in un solo mese nel capitolo di Osaka. Erano gli ultimi anni di Toda, e io lottavo con tutto me stesso, col desiderio di scrivere una storia senza precedenti negli annali di kosen-rufu mentre lui era ancora vivo. Promisi di rendere possibile l’impossibile. Il mio cuore era perfettamente unito a quello di Toda, nel desiderio condiviso di vincere nella lotta per kosen-rufu. Durante una campagna elettorale che ebbe luogo poco tempo dopo, riportammo una vittoria così eccezionale, che un giornale dell’epoca, scrisse un titolo a effetto: «È stato realizzato l’impossibile!». Toda mi ringraziò più volte per il mio impegno.
Il vero spirito di maestro e discepolo comporta il fatto di riuscire a proteggere il proprio maestro nei momenti cruciali, nelle circostanze più difficili. Non importa che tutti lo sappiano, il Gohonzon lo sa. Ho fatto conoscere a tutto il mondo la grandezza di Toda e Makiguchi. Un rispetto formale non è sufficiente: è un vero discepolo chi vince nella realtà concreta alla luce del sole. Spero che ognuno di voi possa realizzare qualcosa di altrettanto grande, che risplenda negli annali del nostro movimento nel ventunesimo secolo.

Il viaggio di Dante

Come sapete sono un grande appassionato di Dante Alighieri (1265-1321). Tra le sue numerose opere ricordo la raccolta poetica Vita nuova, il trattato filosofico Convivio e il trattato politico Monarchia, ma il suo capolavoro è, naturalmente, la Divina commedia, che continuò a scrivere nei suoi ultimi anni e che è una delle opere più alte della letteratura mondiale. Qualche giorno fa un responsabile della Divisione studenti me ne ha regalato una copia, che ho molto gradito, perché stavo pensando di rileggerla.
La Divina commedia inizia descrivendo il viaggio di un maestro, il poeta romano Virgilio, con un allievo, cioè Dante stesso. Virgilio incoraggia il suo giovane allievo, con severità ma in modo affettuoso, conducendolo lungo la “retta via”, dicendogli: «Non dubbiar, mentr’io ti guido». Dante possedeva una visione lungimirante dell’essenza e della totalità della vita. Come vediamo nella Divina commedia, la relazione tra maestro e discepolo permea ogni suo aspetto, più profonda e resistente perfino di quella tra genitore e figlio. In questo grande poema epico, inoltre, Dante condanna e denuncia la malvagità e la barbarie, indicando l’arroganza come causa di corruzione e rovina.
La sua vita fu un succedersi di avversità, a partire dalla morte della sua amata fino all’ingiusto esilio dalla sua terra. Capita a tutte le persone buone e oneste di dover affrontare problemi e difficoltà: è impossibile che tutto fili sempre liscio nella vita. Credo che, considerandolo dalla prospettiva buddista, si possa ottenere una comprensione molto più profonda del suo messaggio.
Ho un bellissimo ricordo di quando a Firenze, nel giugno del 1981, con alcuni membri della Divisione giovani, ho visitato la Casa di Dante, parlandone insieme a loro. E proprio Firenze, la città di Dante, mi ha fatto omaggio del Sigillo della Pace della Repubblica di Firenze (nel marzo 2007) e del Fiorino d’oro (nel giugno del 1992).
Nel suo trattato Monarchia, Dante afferma che il mondo funziona meglio, quanto più forte è la giustizia. Se nel mondo non prevale la giustizia, ci troveremo in posizione davvero critica. Dante asserisce inoltre che colui che desidera tirar fuori il meglio dagli altri, deve porsi lui stesso nella condizione migliore. Se volete essere una guida per gli altri, dovete innanzi tutto prendere iniziative concrete, dando un esempio che gli altri possano seguire. Questo è anche lo spirito di un vero praticante buddista.
Ancora nella Divina commedia, Dante scrive: «Ben puoi veder che la mala condotta / è la cagion che ‘l mondo ha fatto reo». Quanto è vero! Ho custodito e portato avanti lo spirito puro e nobile di Makiguchi e Toda. Rimanere fedele a esso e proteggere i nostri membri è doveroso per un vero leader di kosen-rufu.

Diversi corpi, stessa mente

Il poeta tedesco Heinrich Heine (1797-1856) descrive la collera della natura come una voce potente, capace di scuotere ogni cosa con le sue “grida di tempesta” e “parole di tuono”. Anche il potere della voce umana è immenso. Dobbiamo denunciare in modo così fragoroso le ingiustizie da incutere il terrore nei cuori di corrotti e disonesti.
I preti della Nichiren Shoshu hanno avuto davvero un comportamento senza scrupoli, accettando donazioni di somme enormi dalla Soka Gakkai, per poi tradire la nostra buona fede. Alla luce delle scritture di Nichiren Daishonin, per le loro azioni essi andranno incontro sicuramente a dure retribuzioni, basate sulla legge ineludibile di causa ed effetto.
«Il mio vero io deve ancora emergere […]. Deve ancora ergersi, soldato della vittoria definitiva», scrive il poeta americano Walt Whitman (1819-92). Dobbiamo lottare per la vittoria. Dobbiamo alzarci insieme: questo significa essere compagni nella fede. E la vittoria definitiva è quella contro noi stessi.
Un altro poeta tedesco, Friedrich von Schiller (1759-1805) esclama: «Guardate! Gli eserciti scalpitanti si infiammano nel conflitto impetuoso, / Quanto realizzano combattendo, tanto più ottengono quando si uniscono». Senza lottare non si può raggiungere niente di significativo, e questo vale per se stessi, per le famiglie e per l’infinito futuro. Ecco perché si dice che il Buddismo è una lotta, una battaglia da cui uscire vincitori. Anche l’unità, cioè lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, è estremamente importante. Se per realizzare kosen-rufu unite i vostri sforzi con quelli dei vostri compagni di fede, potrete accumulare nella vostra vita una fortuna eterna, riuscirete a far funzionare meravigliosamente nella società i vostri talenti e abilità, e conseguirete successi grandiosi. Facciamo tutti del nostro meglio!
A questo proposito, il poeta e filosofo cinese Yang Hsiung (Yang Xiong; 53 a.C.-18 d.C.) scrisse: «Un maestro è molto importante […]. Invece di lottare da soli, dovreste impiegare le vostre energie per trovare un buon maestro che sia un esempio per la vostra vita». E ancora: «Un maestro veramente degno di rispetto sa cos’è di fondamentale importanza». La relazione tra maestro e discepolo è alla base del Buddismo. Chi lotta con tutto il cuore per kosen-rufu, in accordo con le scritture del Daishonin, chi combatte instancabilmente per proteggere la Gakkai e il suo maestro, lasciando dietro di sé una scia di vittorie, è un vero discepolo. Subentrando alla responsabilità del nostro movimento dopo Toda, ho lottato da solo proprio con questo spirito. È per questo che nella nostra organizzazione sono solo io il maestro. Dico questo per il futuro.
Toda disse: «Sia che si mettesse ai voti o che la decisione venisse lasciata a me, il risultato sarebbe lo stesso: sceglieremmo la stessa persona [come futuro presidente]. In caso contrario, quella persona non sarebbe il leader giusto per kosen-rufu». Fu una lezione molto importante. Inoltre, Toda sosteneva: «Nella Gakkai, dobbiamo sempre nominare nelle posizioni di maggiore responsabilità le persone più capaci». In altre parole, dobbiamo trovare persone sincere e capaci e impegnarci per formarle. Non dimenticatelo mai. Quando vedete qualcuno che ha un grande potenziale, fate risaltare le sue capacità e incoraggiatelo. Fare solo discorsi non fa crescere persone capaci.
Cito ancora le parole di Toda: «Oggi più che mai, si deve porre l’accento sulle capacità delle persone per far emergere sempre più persone di talento». Non dobbiamo diventare un’organizzazione rigida e burocratica che non riesce a trarre il meglio dalle persone di valore o a dar loro l’opportunità di crescere.
Aggiungeva poi: «Gli arroganti sono il peggio del peggio». Ci ammoniva severamente affinché mettessimo alla porta responsabili del genere. E ancora: «Non disprezzate gli altri! Non parlatene male! Non siate arroganti guardandoli dall’alto in basso!» e: «Tra tutte le cose, dovete guardarvi dall’avere un comportamento arrogante, che cancella tutta la fortuna che avete accumulato e vi conduce alla rovina». Dobbiamo tenere a mente queste parole, rispettandole come una preziosa indicazione.

Una nuova fase

Per la Soka Gakkai è iniziata una seconda fase. Le voci dei giovani e delle donne saranno una forza importante per una grande crescita futura e per lo sviluppo del nostro movimento. Dobbiamo tenere in gran conto le loro opinioni ancor più di quanto abbiamo fatto in passato. Io ho sempre dato considerazione alle opinioni dei giovani, fin dai tempi di Toda, da quelle dei miei coetanei compagni di fede e ho sempre fatto tesoro dei pareri delle donne, impegnandomi per assicurare che fosse data loro l’opportunità di dispiegare pienamente il loro potenziale, così come avviene per gli uomini. Lo sviluppo raggiunto oggi dalla Gakkai è dovuto in gran parte all’impegno profuso dai nostri membri delle Divisioni donne e giovani donne.
Toda diceva: «Per migliorare la Gakkai – in qualsiasi campo – non esitate a parlare apertamente con coraggio a coloro che si trovano in una qualche posizione di responsabilità. E quanto a voi responsabili, prestate attenzione a questi giudizi validi e costruttivi! […] Le persone che riescono a convincere i responsabili a intraprendere un’azione sincera sono encomiabili, possiedono un vero talento». Mi auguro che voi tutti diventiate persone del genere.
Tra le scritture di Nichiren Daishonin è riportata una specie di competizione ingaggiata tra maestro e discepolo per parlare in nome della verità. È lo scritto intitolato La petizione di Ryusen-ji, che venne revisionato personalmente dal Daishonin, dopo averlo scritto insieme ad alcuni dei suoi discepoli [i preti Nisshu e Nichiben]. In esso, troviamo il grido appassionato dei suoi discepoli: «Dal momento che questa valida guida è già presente nel paese, che bisogno c’è di ricercare un tale tesoro del paese al di fuori?» (WND, 2, 822). Queste parole stanno a significare che il Daishonin fosse il vero tesoro della nazione. La petizione continua dichiarando con orgoglio: «In un testo buddista che abbiamo letto, è scritto: “Gli dèi celesti accorderanno invariabilmente la loro protezione alla terra dove risiede un saggio”. […] Alla luce di questo brano, il fatto che in Giappone sia presente un saggio, dovrebbe essere motivo di grande gioia in quel paese» (WND, 2, 822-23).
Il desiderio più grande del Daishonin era quello di una società e di un mondo pacifici, e i primi tre presidenti della Soka Gakkai hanno lottato contro i tre potenti nemici proprio con quello stesso spirito, andando incontro a dure persecuzioni, dopo aver intrapreso azioni, derivate da ferme decisioni, per “stabilire il corretto insegnamento per la pace del paese”.
La Soka Gakkai ha conquistato la fiducia e la stima dei paesi vicini e di tutto il mondo. È un’organizzazione meravigliosa sulla quale pensatori di tutto il mondo ripongono le più alte aspettative, riconoscendole di essere un tesoro del Giappone e dell’umanità intera.

Aprire la strada alla pace

Personalmente, sono orgoglioso di aver lottato per aprire la strada a un cammino di pace e amicizia per la creazione di un mondo senza guerre. Sono stato più volte in Cina e Unione Sovietica durante la Guerra Fredda, motivato dalla determinazione di aprire un varco nella diffidenza e nel sospetto che separava i paesi, tramutandoli poi in fiducia reciproca e amicizia.
Nel 1960 cominciarono a emergere tensioni tra Cina e Unione Sovietica, che, nel 1969, diedero origine a diverse preoccupanti schermaglie militari lungo i confini. Nel settembre di quello stesso anno il premier sovietico Aleksey Kosygin (1904-80) e quello cinese, Zhou Enlai (1898-1976) si incontrarono per un colloquio all’aeroporto di Pechino, scongiurando temporaneamente lo stato di crisi. Lungo i confini, però, entrambi i paesi continuavano a schierare forze militari, e la situazione rimaneva molto tesa.
Nel 1972, il presidente americano, Richard Nixon (1913-94), visitò la Cina, favorendo un passo avanti nello stabilire delle relazioni amichevoli tra Stati Uniti e Cina. Si realizzarono altri progressi ricucendo legami amichevoli tra Cina e Giappone. Ma l’Unione Sovietica interpretò questi sviluppi come una minaccia alla propria sicurezza.
Quindi, nell’agosto del 1973, al Congresso nazionale del partito la dirigenza cinese espresse chiaramente l’esigenza di prepararsi per un attacco a sorpresa a opera del governo sovietico, e i due paesi continuarono a guardarsi con profondo sospetto e a scambiare provocazioni verbali. Andai in Cina per la prima volta nel maggio del 1974. Sia per le strade di Pechino che in una scuola media mi capitò di vedere molte persone impegnate a scavare rifugi in vista di un possibile attacco sovietico. Nel settembre dello stesso anno andai in Unione Sovietica, dove, incontrando Kosygin, gli chiesi chiaro e tondo: «L’Unione Sovietica sta pensando di attaccare la Cina?». Lui mi rispose: «Non abbiamo nessuna intenzione di attaccarla o di isolarla».
Quando gli chiesi se avessi potuto trasmettere questo messaggio ai cinesi, egli, prontamente, mi diede il suo assenso. Così, quando a dicembre tornai in Cina, e incontrai, a Pechino, il vice premier Deng Xiaoping (1904-97), gli riferii ciò che aveva detto il leader sovietico.
Fu un incontro indimenticabile. Da allora in poi, i rapporti tra Cina e Unione Sovietica cominciarono a migliorare gradualmente. Nel maggio del 1989 Michail Gorbaciov, allora segretario generale del partito comunista sovietico, si recò a Pechino, incontrando i vertici di governo cinese e restaurando normali relazioni tra i due paesi. Come sapete, attualmente Russia e Cina sono unite da forti rapporti di cooperazione.

L’incontro con Nelson Mandela

Come ho detto nella prima parte di questo discorso, sono presenti oggi alcuni rappresentanti dal Sudafrica, con Loren Braithwaite, direttore generale della Soka Gakkai sudafricana.
Sono fiero della profonda amicizia che mi lega all’ex presidente sudafricano Nelson Mandela, che ammiro molto. Ci siamo incontrati due volte: la prima fu nell’ottobre del 1990, solo otto mesi dopo la sua liberazione, dopo ventisette anni e mezzo di carcere. Quel giorno, dietro il suo sorriso gentile, ho visto risplendere luminosa una volontà ferrea. Il nostro secondo incontro a Tokyo, nel luglio del 1995, durante la sua visita ufficiale come capo di stato. Entrambe le occasioni sono state assolutamente indimenticabili.
Quando il mio primo incontro con Mandela stava per concludersi, mi disse: «L’abbondante raccolto di oggi consiste nelle parole di saggezza che ci ha donato». Aggiungendo poi: «Lasciamo questo luogo un po’ migliore di quando siamo arrivati. Non mi dimenticherò mai di lei».
La sera del nostro incontro, Mandela presenziò a un banchetto d’addio in suo onore offerto dagli ambasciatori di vari paesi africani. Al ricevimento dichiarò che, sebbene deluso dalla risposta del governo giapponese, quel pomeriggio aveva incontrato la guida della più grande organizzazione laica buddista del Giappone, e in quell’occasione era stato accolto nella sua lingua e aveva ricevuto parole di grande saggezza e incoraggiamento che aveva intenzione di portare con sé per condividerle coi suoi connazionali. Il medico che seguiva Mandela mi disse che il suo paziente, prima completamente esausto, si era rinvigorito, e mi ringraziò sinceramente per averlo incoraggiato.
Le persone di tutto il mondo conoscono bene i dialoghi franchi e sinceri che ho condotto, riconoscendone valore e importanza. Questo ha fatto sì che anche la Soka Gakkai ne guadagnasse in fiducia e rispettabilità. Mi auguro che anche voi siate ambasciatori della verità e della grandezza del nostro movimento, parlandone con orgogliosa fiducia.

Far crescere i giovani

Vorrei ora prendere spunto da qualche perla di saggezza di pensatori famosi. La prima è di Apollonio, filosofo neo-pitagorico dell’antica Grecia, citata da Michel de Montaigne (1533-92), filosofo e saggista francese, per spiegare che chi mente è servile, mentre chi dice la verità è libero. È proprio così, come diceva già il filosofo del primo secolo d.C., che viaggiò in India alla ricerca della saggezza, e che si oppose alle persecuzioni dell’imperatore Nerone, il tiranno dell’antica Roma.
Vorrei ora passare a Carl Hilty (1833-1909), filosofo svizzero, che era anche un eminente giurista, professore universitario e leader politico, autore di opere come Felicità e Per notti insonni. In quest’ultima si legge: «Le peggiori qualità che una persona possa avere sono l’invidia e la vanità». Attraverso le pagine della storia, conosciamo infiniti casi di persone buone e oneste che hanno subìto persecuzioni, sono state screditate, patendo sofferenze tremende a causa di invidie odiose o dell’orgoglio e della vanità di potenti.
Sfortunatamente ci sono state decisamente troppe persone che sono rimaste a guardare senza intervenire, o che li hanno scherniti sprezzantemente quando si verificavano quelle persecuzioni. Dobbiamo porre fine a quest’epoca di ingiustizie, costruendone una nuova, nella quale si riconoscano e rispettino i diritti e la giustizia.
Di un’impresa del genere mi piacerebbe essere alla guida, ma, per realizzare ciò, desidero anche far crescere dei responsabili davvero in gamba e ancora più giovani. Conto sui membri della Divisione giovani. A qualsiasi costo, sono determinato ad assicurarmi che la Soka Gakkai sia solida, per poi affidare tutto a voi, miei giovani successori. Ecco come posso ripagare il mio debito di gratitudine. Lo devo a Makiguchi e Toda.

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