Da giovane Robert Olivier, originario del Missouri, fece esperienza diretta dei test delle armi nucleari sulle truppe statunitensi. Per questo è considerato un “veterano atomico”. Attraverso la pratica buddista ha imparato a credere di nuovo nella bellezza della vita. Questa intervista è tratta da World Tribune, il settimanale della SGI americana
Può descriverci la sua esperienza come soldato e in seguito come “veterano atomico”?
Nel 1951 facevo parte di un’unità militare che partecipò al primo test delle armi nucleari usate dalle truppe degli Stati Uniti. La mia unità era composta da centoquarantatré uomini; io sono l’unico a essere ancora in vita, e sono felice di esserlo per poter raccontare questa storia.
Cosa ricorda delle esercitazioni?
Entrai nell’esercito nel 1950 e fui collocato in California. La mia unità fu poi trasferita all’accampamento Desert Rock, nel Nevada.
Arrivati lì, ricevemmo delle direttive attraverso gli altoparlanti.
Un ufficiale spiegò che eravamo stati condotti in quella postazione per testare le armi nucleari, per guadagnare un vantaggio rispetto all’Unione Sovietica nella gara delle armi nucleari, e vincere così la Guerra Fredda. Eravamo preoccupati degli effetti che le radiazioni avrebbero avuto sulla nostra capacità di generare figli, ma ci fu detto che non avremmo sofferto di effetti collaterali dovuti all’esplosione e che solo piccole quantità di radiazioni sarebbero rimaste nel terreno. Ma in seguito scoprimmo che questa informazione era falsa. Essendo tutti molto giovani e fidandoci del nostro governo, pensammo che quelle informazioni fossero veritiere.
Eravate preoccupati durante questi test?
Le indicazioni ricevute ci facevano pensare che tutto sarebbe andato bene, ma durante un test ci fu un errore di calcolo e la bomba fu sganciata più vicino del solito all’accampamento. I nostri tendoni furono spazzati via e il cielo diventò improvvisamente nero. Era mezzogiorno, ma sembrava notte. Ci fu detto di non preoccuparci, poiché “i livelli di radiazioni erano insignificanti”.
Cosa accadde dopo Desert Rock?
Ognuno di noi andò per la sua strada. Io andai in Corea e poi fui distaccato in Giappone, dove incontrai Saeko, l’amore della mia vita, e nel 1955 ci sposammo. Dopo numerosi tentativi di avere figli, consultai un medico che mi disse che non sarei mai stato in grado di avere figli. Così nel 1963 adottammo la nostra splendida figlia, Emily, che aveva solo quindici giorni.
Come ha conosciuto il Buddismo?
Nel 1965, durante il mio soggiorno in Vietnam, mia moglie fu introdotta alla Soka Gakkai e ricevette il Gohonzon. Inizialmente mi opposi, ma lei fu determinata e continuò a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Saeko ricevette subito tanti benefici, così nel 1968 iniziai anch’io a recitare Daimoku. Poco dopo un servizio giornalistico rivelò come i “veterani atomici” si stessero ammalando di cancro e perdendo la vita a ritmo allarmante. Entrai a far parte dell’Associazione nazionale dei “veterani atomici” e scoprii immediatamente che molti dei miei compagni erano già morti e quelli ancora in vita soffrivano di serie patologie, tra cui leucemia, cancro alla vescica, cancro alla pelle e altre malattie letali. Nel 2001 scoprii che probabilmente ero l’unico soldato della mia unità ancora vivo.
Conservo ancora le lettere delle vedove che mi hanno aiutato a ricostruire cosa fosse successo agli altri uomini della mia unità.
Nessuno fu in grado di avere figli, e molti di loro non arrivarono a cinquant’anni.
Nel 2016 mi fu diagnosticato un cancro alla vescica: dopo sessantacinque anni stavo ancora subendo gli effetti nocivi delle radiazioni. Fortunatamente fu rilevato in tempo e fui operato con successo. Sono certo che non è stata una coincidenza aver cominciato a praticare il Buddismo proprio mentre iniziavano i miei problemi di salute e scoprivo che i miei ex compagni si stavano ammalando e morendo.
Che effetto ha avuto la pratica buddista nella sua vita?
Il Buddismo mi ha dato il coraggio di andare sempre avanti. Ho visto molta sofferenza e posso capire quanto sia facile perdere la speranza, ma recitando Nam-myoho-renge-kyo ogni giorno e leggendo le guide del presidente Ikeda, nutro ancora speranza nell’umanità, specialmente nei giovani. Ogni volta che recito Daimoku è come se una nuvola si sollevasse dal mio cuore. Le mie esperienze di vita mi hanno aiutato a capire che «un giorno di vita è molto più prezioso di tutti i tesori del sistema maggiore di mondi», come scrive Nichiren Daishonin (RSND, 1, 848).
C’è qualche altro pensiero che vuole condividere?
Negli ultimi sessant’anni il maestro Daisaku Ikeda ha lottato senza sosta per abolire queste orribili armi. Egli comprende l’orrore della guerra perché ha vissuto i bombardamenti a tappeto a Tokyo, durante la Seconda guerra mondiale. Ha anche perso un fratello in guerra. Penso così non perché sono un membro della SGI, ma in quanto essere umano che ha vissuto gli orrori della guerra e delle armi nucleari. Ho una profonda gratitudine per lui.
Cosa direbbe a chi sostiene che le armi nucleari sono necessarie?
Quando vengono usate le armi nucleari non ci sono vincitori. Perdono tutti. L’abolizione delle armi nucleari è l’unica opzione!