Percepire che nelle parole del maestro non c’è giudizio, e che ciò che è gravoso un attimo prima, quello dopo può diventare un trampolino di felicità. Trovare negli scritti di Nichiren il coraggio di apprezzare la propria vita esattamente com’è
«Da Kamakura, nella provincia di Sagami, alla provincia settentrionale di Sado ci sono più di mille ri di montagne e di mare. Le montagne sono infide e il mare burrascoso, con pioggia e venti fuori stagione, infestati da banditi e pirati; a ogni stazione di posta la gente è bestiale come cani e tigri. Ti sarà sembrato di attraversare da viva i tre cattivi sentieri. […] Non riesco nemmeno a immaginare le difficoltà che avrai sopportato durante il viaggio e tantomeno sono in grado di descriverle a parole, così depongo il pennello»
Lettera a Nichimyo, RSND, 1, 289
Oggi ho attraversato il mare, come Nichinyo, per tornare a casa. Ma per me la burrasca è tra le mura che hanno custodito la mia infanzia. Questo luogo, contenitore di vite, racchiude frammenti di memorie lontane e vicine depositate negli anni. Mi chiedo come facciano le pareti a essere ancora integre. Come siano sopravvissute ai venti del dolore, della malattia, della violenza che hanno imperversato in questi anni sui suoi abitanti. Come hanno fatto a vedere tutto quello che accadeva senza crollare? Giusto un po’ di intonaco scrostato. E noi, questo piccolo universo di esseri umani che è la mia famiglia, come abbiamo fatto a sopravvivere a così tante difficoltà?
Io lo so, lo leggo nelle parole di Nichiren. Lo leggo tutte le volte che voglio capire, trovare il senso di questa vita, di queste tempeste. E di come si uniscono alla felicità.
Quando Nichiren scrive a Nichimyo Shonin: «Ti sarà sembrato di attraversare da viva i tre cattivi sentieri» immagini a intermittenza scorrono davanti ai miei occhi: un vestitino bianco, l’odore della malattia, l’assenza, le urla, la follia, il carcere, le lacrime. Quasi quarant’anni in pochi istanti: la mia famiglia, la sua storia, la mia vita.
Continuo a leggere: «Non riesco nemmeno a immaginare le difficoltà che avrai sopportato durante il viaggio e tantomeno sono in grado di descriverle a parole, così depongo il pennello». Non riesco più a trattenere le lacrime. Per anni ho parlato di quello che accadeva nella mia famiglia con vergogna, sentendomi profondamente sbagliata e debole. Come se il dolore fosse una colpa. Fiumi di Daimoku e l’attività byakuren hanno protetto questa casa e i suoi abitanti da ogni tempesta ma, emergenza dopo emergenza, a un certo punto ho iniziato a dimenticare i miei sogni. Procedevo come un automa, anestetizzata, rinchiusa nel mio senso di impotenza.
Con queste poche parole Nichiren ha dato voce a quel dolore negato. E proprio come canta Leonard Cohen «C’è una crepa in ogni cosa. È da lì che entra la luce» allo stesso modo l’infinita compassione di Nichiren mi abbraccia, mi prende per mano e mi riporta laddove le mie ferite sono un gioiello prezioso di cui essere orgogliosa. Mi riporta al rispetto per la mia vita, al desiderio di realizzare tutti i miei sogni, soprattutto quelli impossibili. E questo perché dietro ogni sua parola c’è il profondo voto del Budda di rendere felici tutte le persone. Quando dice: «Questo significa che coloro che credono nel Sutra del Loto sono uguali al Budda Shakyamuni» (RSND, 1, 288) lo dice anche a me. Anche io, come figlia, sorella, nipote, donna, essere umano, ma soprattutto come devota del Sutra del Loto, sono uguale al Budda Shakyamuni. È per questo che sono qui, in questa casa. Perché in quanto Budda ho fatto un voto e «Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla Via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?» (SDL, 319 [305]). Proprio qui, tra queste pareti, Nam-myo-ho-renge-kyo risuona maestoso nel mio cuore. Dove, se non qui, devo intonare questo imponente inno alla vita?
«Kosen-rufu – scrive Ikeda – è una riforma sociale edificata sulle fondamenta della riforma di ogni singola famiglia» (Saggezza, 3, 370 [4, 231]). Tutto parte dalla mia rivoluzione, sempre.