Era ancora un bambino quando il padre conobbe Nichiren e ne divenne seguace. Ancora nell’adolescenza fu costretto ad assumere le redini della famiglia e del villaggio di Ueno. Sia per la sua giovane età che per il suo coraggio Nanjo, oggi, può essere considerato il simbolo del gruppo Leonardo
Nichiren lo chiamò “il saggio di Ueno”. Eppure, questo giovane discepolo nato nel 1259, cui si rivolgeva con tale rispetto, con una considerazione così profonda, non era che un ventenne. Il Daishonin lo aveva incontrato per la prima volta quando era appena un bambino, alla morte del padre Nanjo Shichiro, che aveva abbracciato nell’ultimo periodo della sua vita il Sutra del Loto.
È il 1279 quando Nichiren scrive a Nanjo – che ora sostiene la sua famiglia e amministra il villaggio di Ueno – una lettera piena di intensità ma anche di apprensione; è un momento critico per il Giappone, a causa delle continue calamità – epidemie, conflitti, l’incombente invasione mongola – e ancora più difficile per Nichiren e i suoi discepoli: per via dei risultati ottenuti nella propagazione dell’insegnamento ad Atsuhara, le autorità avevano messo in atto una serie di persecuzioni, che per la prima volta non erano rivolte direttamente a Nichiren, ma ai suoi discepoli. Venti credenti laici erano stati arrestati illegalmente e torturati, tre di loro erano stati messi a morte. In quei mesi terribili Nanjo Tokimitsu aveva dato rifugio a quanti poteva, sostenuto le loro famiglie, negoziato la liberazione dei compagni di fede, mettendo a repentaglio la sua stessa vita e subendo pesanti tassazioni come ritorsione al suo atteggiamento protettivo.
Il modo più nobile di vivere
Cosa scrive Nichiren al suo giovane discepolo in quel preciso momento, cosa gli chiede? «In Cina c’è una cascata chiamata la Porta del Drago. Le sue acque precipitano da un’altezza di cento piedi, più rapide di una freccia scagliata da un forte arciere. Si dice che un gran numero di carpe si raccolgano nel bacino sottostante sperando di risalire la cascata e che quella che riuscirà nell’impresa si tramuterà in un drago. Tuttavia, non una sola carpa su cento, su mille o anche su diecimila riesce a risalire la cascata, nemmeno dopo dieci o venti anni. Alcune sono trascinate via dalle forti correnti, altre cadono preda di aquile, falchi, nibbi e civette, e altre ancora vengono pescate con le reti, con i cesti e a volte perfino con i dardi, dagli uomini che si allineano su entrambe le rive della cascata larga dieci cho. Tale è la difficoltà per una carpa di diventare un drago. […]. Conseguire la Buddità non è più facile che […] per una carpa risalire la Porta del Drago» (La Porta del Drago, RSND, 1, 890).
La Porta del Drago è il simbolo di una scelta estrema, dell’impresa realizzata da Nichiren nel corso della sua vita per propagare il corretto insegnamento e che ora mostra al suo discepolo perché possa fare la stessa cosa, perché colga questa sfida. Il Daishonin chiede ardentemente a Nanjo di non indietreggiare mai, di non lasciarsi fermare da niente sul sentiero dell’Illuminazione: anzi, proprio perché ha superato una prova così difficile e dolorosa, lo esorta a nutrire la convinzione che questa missione è il modo più nobile di vivere. «È mio desiderio che tutti i miei discepoli formulino un grande voto» (Ibidem, 891).
Queste parole sono l’esito di un percorso durato anni, a fianco del suo discepolo, incoraggiandolo nelle difficoltà, allenandolo nella fede: le lettere che il Daishonin scrive a Nanjo Tokimitsu sono scritti importanti e densi di riflessioni, sono “guide” dirette a un giovane per stimolarlo a sviluppare le proprie potenzialità di fronte alle difficoltà mostrandogli come il Sutra del Loto sia un sistema di riferimento infallibile per la comprensione della vita. “Leggendo” con lui il sutra e mostrandogli l’esempio con la sua stessa vita, Nichiren incoraggia costantemente Tokimitsu, per il suo matrimonio, per la nascita di un figlio, per affrontare la perdita delle persone care, per il comportamento da tenere con gli altri, anche quando essi siano ostili; risponde alle sue domande, lo sostiene nella malattia e gli spiega l’importanza dell’offerta.
Il maestro rivolge una cura particolare a questo suo discepolo cui è mancata prematuramente la guida paterna eppure, nell’incoraggiarlo, ribalta la sua stessa condizione: è proprio la dedizione del figlio a sostenere la vita del defunto padre, poiché la fede nel Sutra del Loto è il modo più nobile di ripagare il debito di gratitudine verso i propri genitori, la massima espressione di pietà filiale (vedi La storia di Ohashi no Taro, RSND, 1, 602). Nell’allenare Nanjo, Nichiren torna insistentemente sul tema della fede, non risparmia le sue forze e le sue parole per ammonirlo: «Oltre a mantenere una salda fede, devi pregare senza risparmiare le forze. La mia determinazione [di salvarvi] non è affatto debole, ma tutto dipende dalla forza della fede di ciascuno» (Ibidem, 606).
Il Daishonin non nutre dubbi sulla realizzazione di kosen-rufu; la sua preoccupazione non riguarda la quantità dei discepoli ma la qualità, la forza della loro fede: conosce le dinamiche che possono spingere le persone ad allontanarsi e a trascinare gli altri con sé, e non manca di farlo notare a Tokimitsu: «Ci sono persone che pur avendo una comprensione superficiale fingono di avere una fede solida e parlano con arroganza agli altri credenti e, così facendo, spesso distruggono la fede degli altri» (L’opera di Brahma e Shakra, RSND, 1, 710). Sa anche che il suo discepolo sta affrontando persone di alto rango che minacciano e ostacolano la sua fede e che questa difficoltà può diventare per il giovane Nanjo una grande opportunità per manifestare saggezza e maturare una capacità di discernere il vero dal falso, senza farsi influenzare dalle circostanze esterne o dal timore di perdere il proprio status. Una prova da cui il risoluto discepolo uscirà vincitore, come Nichiren non manca di fargli notare, elogiando la sua “fede come l’acqua”, contrapposta al fuoco di chi, ascoltando l’insegnamento, arde di passione ma con il tempo tende ad abbandonare la fede. «Avere fede come l’acqua significa credere sempre, senza mai retrocedere» (I due tipi di fede, RSND, 1, 798).
Gratitudine per le offerte dei discepoli
Quasi ogni lettera di Nichiren a Tokimitsu si apre con un ringraziamento al discepolo per le offerte ricevute: dolci di riso, patate e grano per nutrirsi, sakè e vesti per rinfrancarsi dal freddo, frutta, sale, olio, monete… Nanjo, come anche sua madre, continua a inviare regali, non vacilla mai, nonostante le ritorsioni delle autorità di Kamakura che lo hanno pressato a tal punto: «Tu stesso non hai il cavallo che dovresti montare e tua moglie e i tuoi figli non hanno gli abiti che dovrebbero indossare» (Il ricco Sudatta, RSND, 1, 964). La gratitudine del maestro si trasforma in commozione, quando, nelle montagne innevate di Minobu – in cui Nichiren si è ritirato dal 1274 – non sarebbe riuscito a sopravvivere senza il grano inviato dal discepolo, un dono che diventa “altro”, talmente prezioso da trasformarsi nei caratteri del Sutra del Loto. «Proprio mentre stavo pensando che, anche se non mi fossi ammalato, sarei sicuramente morto di fame, è arrivato il grano che tu mi hai mandato. È più meraviglioso dell’oro e più prezioso dei gioielli. […] Come potrebbe allora il grano di Tokimitsu non trasformarsi nei caratteri del Sutra del Loto?» (Risposta a Tokimitsu, RSND, 1, 824). Nichiren desidera spiegare al suo discepolo il profondo significato di quella azione che travalica la sua stessa vita, che diventa sostegno alla propagazione del Sutra del Loto, e dunque causa per la felicità di tutta l’umanità: «Se fare offerte al Budda produce tali benefici, fare offerte al Sutra del Loto ne produrrà di ben più grandi» (I due tipi di fede, RSND, 1, 798). Allora Nanjo è come il bambino che offrì una torta di fango al Budda e che nella vita successiva divenne il re Ashoka, o come Sudatta, «che per sette volte era diventato povero e per sette volte era diventato ricco», ma che aveva trasformato il proprio destino donando a Shakyamuni e ai suoi discepoli le ultime cinque misure di riso rimaste per la sua sopravvivenza (Il ricco Sudatta, RSND, 1, 963).
Tokimitsu non smette mai di sostenere Nichiren e la propagazione anche quando, appena ventitreenne, è affetto da una grave malattia. Avrebbe potuto facilmente retrocedere, lui che aveva avuto una vita così complessa, segnata da gravi lutti: quella del padre e del fratello maggiore prima, quella del fratello minore poi, perdite che avrebbero segnato profondamente la madre. Lui che aveva dovuto diventare adulto in fretta, per assumere grandi responsabilità, che era nato in una famiglia di guerrieri e cresciuto negli ambienti militari di Kamakura, provato da numerose difficoltà avrebbe potuto diventare una persona dura, persino incattivirsi. «Ora tu […] essendo una persona comune dell’ultima epoca, nato in una famiglia di guerrieri, per definizione dovresti essere un uomo cattivo, ma il tuo cuore è quello di un uomo buono. La ragione è che, quando dal governante fino al popolo nessuno crede nell’insegnamento di Nichiren e quei pochi che credono sono tormentati con pesanti tasse o con la confisca delle terre, o vengono addirittura messi a morte, è difficile aver fede. Eppure, sia tua madre che il tuo defunto padre hanno creduto. Ora che sei succeduto a tuo padre, hai spontaneamente abbracciato la fede» (La conferma del Sutra del Loto, RSND, 1, 984). Come già suo padre e sua madre, Tokimitsu aveva creduto nel Sutra del Loto e nelle parole di Nichiren. La malattia fu una grande sfida per questo giovane uomo a un passo dalla Buddità, ma neanche in quel momento il saggio di Ueno ha nutrito dubbi. Neanche lì, quando ancora non sapeva che sarebbe guarito prolungando la sua vita di cinquanta anni, ha pensato di aver fallito, che la pratica “non funzionasse”, che avrebbe potuto intraprendere un’altra strada, o che il Sutra del Loto e il suo maestro affermassero il falso. Nanjo è la carpa che si trasforma in drago, è uno straordinario compagno di fede per tutti noi.
Alla morte del Daishonin, nel 1282, Nanjo Tokimitsu offrì a Nikko Shonin, di cui aveva sostenuto la campagna di propagazione e che era diventato il successore di Nichiren, una parte delle sue proprietà, che costituì il nucleo originario del tempio principale, il Taiseki-ji. Tokimitsu morì nel 1332. Suo nipote, figlio di una sorella, ereditò l’insegnamento da Nikko e divenne il patriarca del Taiseki-ji con il nome di Nichimoku.
Per approfondire: La Porta del Drago, esperia edizioni, 2009
Gli scritti indirizzati a Nanjo Tokimitsu
Fortuna in questa vita (RSND, 1, 583);
La storia di Ohashi no Taro (RSND, 1, 602);
L’opera di Brahma e Shakra (RSND, 1, 708);
I due tipi di fede (RSND, 1, 798);
L’insegnamento per l’Ultimo giorno della Legge (RSND, 1, 801);
Risposta a Tokimitsu (RSND, 1, 823);
Persecuzione con spade e bastoni (RSND, 1, 854);
La Porta del Drago (RSND, 1, 890);
Il terzo giorno dell’anno nuovo (RSND, 1, 899);
Il comportamento filiale (RSND, 1, 917);
Il ricco Sudatta (RSND, 1, 963);
La persona e la Legge (RSND, 1, 972);
La conferma del Sutra del Loto (RSND, 1, 983).